Nel Mezzogiorno è considerato una delle banche “gioiello” grazie ai risultati conseguiti negli ultimi anni e alla politica di espansione che l’ha portata a diventare una delle 10 banche popolari più importanti in Italia e anche per questo coinvolta nel decreto Renzi che prevede entro la fine del 2016 la trasformazione in società per azioni con l’abolizione del voto capitario.
La Banca Popolare di Bari in Puglia (e non solo) è stato in questi anni nel settore un rullo compressore come ama raccontare Marco Jacobini, presidente della Banca Popolare di Bari, figlio di Luigi (fondatore, nel 1949, della Cassa di Risparmio di Puglia e, nel ’60, della Popolare di Bari) entrato in una banca con 3 sportelli che sono diventati 385 dislocati fra Puglia, Abruzzo, Campania e Basilicata soprattutto.
L’ultima grande doppia operazione è stato l’ingresso un po’ tribolato nella commissariata Tercas e in Cassa di Risparmio di Pescara; la ventesima acquisizione dal 1989 benedetta da Banca d’Italia che ha sempre considerato questo istituto un caso d’eccellenza nel settore grazie ai buoni indici patrimoniali (il valore del Tier1 attuale è del 10,14% a fronte di un requisito minimo del 8,5%) e alla buona qualità del credito nonostante le forti erogazioni creditizie in un’area geografica, come quella meridionale, storicamente abbonata a uno stock di maggiori sofferenze.
Una marcia quasi trionfale che però a vedere l’ultimo bilancio mostra qualche ombra allungarsi sulla Popolare di Bari e i suoi piccoli azionisti che sono numerosissimi anche qui seppure la società non sia quotata in Borsa.
L’ultimo bilancio ha mostrato, infatti, una perdita di quasi 300 milioni di euro per effetto di una pulizia di bilancio a base soprattutto di rettifiche su crediti e altre attività finanziarie. Un pit stop momentaneo secondo i vertici dell’istituto che considerano quello chiuso un anno di svolta e puntano molto sul piano industriale 2016-2020 per riprendere la marcia rassicura il top management pugliese.
Ma a preoccupare maggiormente diversi risparmiatori è stato il taglio del valore delle azioni della Popolare di Bari che è stato portato da 9,53 euro a 7,5 euro. Un taglio del 22% che sulla stampa locale non ha trovato un grande spazio nonostante in questi anni il numero dei piccoli azionisti che hanno acquistato allo sportello le azioni è cresciuto senza soste. Da 31.466 del 2005 a 69. 182 soci del 2015. Una cifra rilevante se si considera che nemmeno lo stadio della città dedicato a San Nicola di Bari, il quarto come grandezza in Italia, potrebbe contenerli.
Con il valore di 7,5 euro per azione la Banca Popolare di Bari ha una valutazione di circa 1,17 miliardi di euro a fronte di un patrimonio netto consolidato di 1,08 miliardi di euro. Un prezzo giusto? La Banca Popolare di Sondrio (333 filiali) che è quotata a Piazza Affari vale attualmente 1,3 miliardi di euro a fronte di un patrimonio di 2,2 miliardi e con un attivo di bilancio e una redditività lorda come il margine d’intermediazione più che doppia e indicatori patrimoniali comparabili fra le 2 banche. Una differenza di valutazioni fra quelle espresse in Borsa e quelle stabilite nelle perizie con cui le banche non quotate hanno valutato in questi anni le proprie azioni che si riscontra non certo solo a Bari.
E anche per questo motivo diversi piccoli azionisti hanno iniziato ad agitarsi sui forum di Borsa e sui social perché dopo quello che è successo in questi mesi a quelli della Banca Popolare di Vicenza o di Veneto Banca (di cui già qualche anno fa avevamo segnalato qui i prezzi fuori dal mercato e consigliato di cercare di liquidare tutto il vendibile) la sindrome di restare intrappolati in un investimento illiquido e con prezzi in picchiata serpeggia in tutta Italia fra le centinaia di migliaia di risparmiatori che hanno acquistato in questi anni allo sportello azioni di banche non quotate.
In uno studio elaborato qualche mese fa dalla società di consulenza Consultique erano state stimate in quasi 16 miliardi di euro le azioni di banche, medie e piccole, non quotate sui mercati regolamentari e difficilmente scambiabili.
Risparmiatori che hanno sottoscritto allo sportello quote della propria banca sulla base non di prezzi stabiliti dal mercato come avviene per le società quotate ma sulla base di perizie commissionate dalle stesse banche (alla Popolare di Bari alla Cassa Risparmio Asti o alla Cassa risparmio di Bolzano o in Banca) e dove la liquidabilità dell’investimento non è immediata né garantita. E nel caso della Popolare di Bari gestita tramite un ”Sistema di negoziazione interno” dove l’emittente fa da tramite ma non assume impegni di riacquisto “riservandosi la facoltà di intervenire in contropartita diretta utilizzando il Fondo Acquisto azioni proprie nei limiti previsti dalla legge e dai regolamenti”.
“Le azioni non sono necessariamente titoli ‘a rischio’ perchè dipende appunto dalla situazione della singola banca ma in alcuni casi sono illiquide, ovvero non scambiabili facilmente sul mercato come in Borsa e sono state vendute dalla rete delle filiali alla clientela retail magari in cambio di agevolazioni su finanziamenti, mutui o costi commissioni o convenzioni particolari” spiegava lo studio di Consultique.
E il numero di azionisti che stanno chiedendo di liquidare l’investimento alla Popolare di Bari sembra in forte aumento come ha già indicato l’ultimo bilancio dove nel 2015 la quota di azioni proprie sul capitale è quasi triplicata, passando dallo 0,65% del capitale all’1,67%.
Ma soprattutto cresce il disappunto di diversi piccoli azionisti che scrivono sui forum e ai giornali e che hanno acquistato le azioni negli scorsi anni o sottoscritto l’ultimo aumento di capitale con le azioni offerte a 8,95 euro mentre il valore del titolo è stato portato ora a 7,5 euro e sulla liquidabilità dell’investimento hanno qualche timore.
Fino a un anno fa il tempo medio per la conclusione delle proposte di vendita delle azioni era inferiore ai 90 giorni con riferimento alle transazioni intervenute direttamente tra investitori nel corso dell’ultimo triennio (così veniva dichiarato nel prospetto informativo dell’ultimo aumento di capitale) secondo il “Sistema di negoziazione interno” che regola (teoricamente) in modo cronologico le proposte di negoziazione che giungono alla banca. Ma sul rispetto della cronologia non mancano gli azionisti di minoranza che segnalano di essere stati scavalcati.
Si legge di piccoli azionisti della Popolare di Bari che da giugno dello scorso anno fino alla scorsa settimana erano ancora in attesa di trovare un compratore e la situazione sembra diventare sempre più complicata con un numero crescente di azionisti della Popolare di Bari che provano inutilmente a liquidare le azioni senza trovare controparte.
“Negli ultimi mesi si è sicuramente evidenziato un crescente disagio da parte di diversi piccoli soci della banca che vogliono liquidare le loro azioni e non trovano controparte e sono da molti mesi in lista d’attesa. E il deprezzamento deciso all’ultima assemblea non è stato sicuramente accolto con entusiasmo” spiega l’ avvocato Antonio Pinto che è anche presidente di Confconsumatori Puglia e sta assistendo diversi azionisti Veneto Banca sia sul fronte penale che civile.
“I bilanci di Popolare Bari e delle banche venete e quello che è successo con le passate gestioni non si possono accostare; la situazione patrimoniale della banca pugliese pur al netto delle ultime svalutazioni appare presentare indici sopra l’asticella e non risultano essere stati denunciati casi di malagestio. La liquidabilità delle azioni da parte dei soci sta però diventando un caso su cui ricevo sempre più segnalazioni. La Popolare di Bari con i suoi vertici – ricorda Pinto – ha dichiarato più volte che non ha intenzione di quotare le proprie azioni in Borsa ma è evidente la necessità di garantire ai soci che hanno sottoscritto le azioni la possibilità di liquidarle in tempi ragionevoli e l’ingresso di nuovi soci istituzionali nel capitale della società (fra cui il gruppo assicurativo Aviva che ha già annunciato l’acquisto di una partecipazione nell’ambito della negoziazione di una serie di accordi di bancassurance, ndr) è un opzione che diventa sempre più urgente”.
Del caso della Popolare Bari e delle azioni non quotate insomma se ne sentiremo ancora parlare ed entro fine anno l’istituto dovrà convocare l’assemblea per la trasformazione in spa. E la quotazione delle azioni su un mercato trasparente e con prezzi non decisi dall’alto diventerà probabilmente una realtà seppure amare per molti piccoli soci.
Da questo contributo è stato tratto un articolo pubblicato in data su “Il Fatto Quotidiano” del 18/5/2016 (vedi qui)
@soldiexpert