IL CASO BIO-ON COSA PUO’ INSEGNARE? 4 CONSIGLI SEMPRE VALIDI PER CHI INVESTE (BIO E NON)

L'ascesa e la caduta in Borsa di Bio-on, la regina delle plastiche alternative, arrivata a valere oltre un miliardo di euro di capitalizzazione, ha molto da insegnare agli investitori bio e non. La società è accusata da un hedge fund di aver creato un “castello di carte”, con palesi anomalie nella contabilità e nei bilanci e dubbi su buona parte del fatturato come dei crediti. Ecco la storia e 4 consigli utili che si possono imparare da questa vicenda

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oIl mese di luglio 2019 si ricorderà a lungo a Piazza Affari, in particolare per il segmento AIM per l’attacco alla star del listino tricolore Bio-on.  Quotata al listino italiano dedicato alle “PMI dinamiche e competitive”, il gruppo bolognese Bio-on specializzato nelle plastiche biodegradabili, che aveva raggiunto una capitalizzazione superiore al miliardo di euro, è stato attaccato da un fondo hedge (Quintessential Capital Management) con base alle Isole Cayman e domiciliato negli Usa.
L’accusa del fondo hedge (rivelata in Italia dal “Fatto Quotidiano” in un articolo del vice direttore Stefano Feltri) è sostanzialmente quella di aver creato un “castello di carte” con palesi anomalie nella contabilità e nei bilanci e dubbi su buona parte del fatturato come dei crediti denunciati da Bio-on.

Il fondo speculativo (cui dietro c’è un gestore italiano, Gabriele Grego) non fa mistero di avere una posizione al ribasso su questo titolo e già nel passato ha portato simili attacchi a società quotate in altre parti del mondo dopo aver investigato per conto proprio per poi guadagnare dal crollo del titolo con accuse rivelatesi quasi sempre  fondate.

 

Azioni Bio-On in caduta libera

 

Mentre scriviamo la battaglia sul titolo e legale è in corso con il prezzo delle azioni Bio-on che nel momento peggiore è passato in 2 sedute da 56 euro a 15 euro (-74%!) per poi risalire intorno ai 30 euro. Ora mentre scriviamo 1 agosto è il titolo è tornato sotto i 20 euro che rappresenta comunque un -65% rispetto al giorno precedente in cui sono state sferrate nei confronti di questa società le durissime accuse.

 

 

Bio-On è un’azienda quotata nel segmento AIM di Borsa Italiana. Opera nel settore della chimica. Quotata nel 2014 a 5 euro, Bio-on è arrivata a superare a luglio 2018 i 70 euro (e a valere oltre 1 miliardo in Borsa). Oggi (1 agosto 2019) con il titolo che vale 17 euro, la società capitalizza 364 milioni di euro.

 

Il caso sollevato da Quintessential Capital Management (QCM) con la pubblicazione del report e del video ’Una Parmalat a Bologna” ha scatenato naturalmente il panico sul titolo nonostante le ripetute smentite della società per accuse ritenute infondate.

 

 

Lo scandalo Bio-on secondo Qcm

 

Quintessential accusa Bio-on di essere un ’castello di carte” concepito dal management per arricchirsi sulle spalle degli azionisti. A detta di QCM la Bio-on sarebbe una grande bolla, basata su tecnologia improbabile, con fatturato e crediti essenzialmente ’simulati” grazie ad un network di scatole vuote.

 

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Lo storytelling su Bio-on in questi anni è stato particolarmente efficace con il “miracolo” della plastica totalmente ecologica, descritta con la riscoperta di un vecchio brevetto datato 1926 che consente a batteri non patogeni e “amici dell’uomo” a cui vengono dati in pasto scarti lipidici di olio di frittura, barbabietole, glicerolo, patate e prodotti simili che da rifiuti diventano cibo per microrganismi.”

Questo è in sintesi come è stato raccontato il miracolo “bio” di Bio-on: “i batteri mangiano in poche ore le fonti di carbonio degli scarti, come gli zuccheri, trasformandole in riserva di energia, esattamente come è il grasso per l’uomo. Queste riserve producono poliestere lineare, polimero sintetizzato dai batteri, che viene estratto attraverso vapore e mezzi meccanici: grazie a questo si ottengono plastiche biodegradabili e idrosolubili usate in cosmetica, nell’industria ma anche in campo medico, come per fili chirurgici o protesi”.

 

problemi Bio-on sull’impianto produttivo

 

Il fondo speculativo sostiene che, se anche fosse vero, questo procedimento è completamente anti-economico e che diversi anni dopo la sua costituzione Bio-on non ha ancora prodotto né venduto nulla in quantità significative, se non a scatole vuote da sé controllate o affiliate. QCM indica che l’unico impianto produttivo realizzato sembrerebbe non essere ancora completato o in produzione. La situazione finanziaria reale risulta precaria e la contabilità presenta serie irregolarità, aggiunge il fondo Usa che ritiene insostenibile la situazione di Bio-on e che la società sia presto destinata al collasso totale.

 

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Tutte le dichiarazioni fatte nel passato da questa società sono ora messe al setaccio compreso il curriculum dell’amministratore delegato, Marco Astorri (nel passato a capo di una società che produceva e vendeva sky pass) come i report che consigliavano di acquistare in questi anni il titolo a piene mani firmati unicamente da Banca Finnat, lo stesso istituto che ha accompagnato Bio-on alla quotazione e che si è scoperto in questi giorni esserne anche socio in alcune joint venture.

 

 

Titolo Bio-on: le indagini in corso

 

E come curiosità va rilevato che fra gli investitori istituzionali con una posizione più rilevante in Bio-on c’è il fondo pensione degli Ingegneri e Architetti (Inarcassa) che nel falò rischia di perdere più di 10 milioni di euro. E come curiosa coincidenza c’è da annotare che il Chief Investment Officer (responsabile investimenti) di Inarcassa prima lavorava in Banca Finnat come responsabile asset management. Stessa banca specialist di Bio-on che vedeva a 86 euro il titolo “Buy Buy”.

La società bolognese naturalmente non ci sta a incassare accuse così gravi e la Procura di Bologna ha aperto un’inchiesta contro ignoti per manipolazione del mercato, mentre la stessa Bio-on ha presentato denuncia per diffamazione mentre la Guardia di Finanza dovrebbe indagare ora a vasto raggio e quindi su un doppio binario. La manipolazione, infatti, in teoria, può essere stata commessa da entrambe le parti in causa: da Bio-on, nel caso in cui abbia messo in atto comportamenti scorretti nei confronti degli investitori, o dal fondo Usa nel caso in cui le accuse che hanno scatenato il panico fossero infondate e avesse manipolato il mercato.

La società Bio-on nega quasi tutto anche se alcune accuse come per esempio quella su Virdhi, società con sede a Honolulu che in sede di Ipo era stata presentata come un prestigioso partner d’oltreoceano mentre in realtà era di proprietà degli stessi azionisti di Bio-on, si sono rivelate non infondate. I vertici di Bio-on sostengono che la società produce realmente negli stabilimenti produttivi come in quello bolognese di Castel San Pietro dove vengono prodotte, secondo la società, più di 1.000 tonnellate l’anno di Pha micro-polvere che viene trasportata verso terzi per essere lavorata e produrre oggetti di plastica oppure per produrre cosmetici.

 

 

la difesa della società bolognese Bio-on

 

Per dimostrare che i brevetti di Bio-on stanno in piedi la società bolognese ha fatto intervenire 2 esperti di fama (il professor Paolo Galli e la professoressa Paola Fabbri) che “giurano” sulla sostenibilità del business e la validità della molecola naturale prodotta. I gestori del fondo speculativo ribattono che hanno ragione loro: non si sta parlando di un materiale nuovo che ha rivoluzionato il mercato della bioplastica. Ma soprattutto ritengono “che Bio-on si rifugi dietro fumose dichiarazioni per distogliere l’attenzione dalla questione chiave: la contabilità, il conferimento delle licenze e il fatturato che esiste solo grazie a dubbie vendite (auto-fatturazione) e al sistema di scatole vuote che è stato evidenziato nel report”.

Posizioni inconciliabili dove ci vorrà tempo per capire chi dice il vero o il falso o più vero e più falso ma tutta questa vicenda porta ad alcune considerazioni che qualsiasi investitore o gestore deve forse farsi per trarre qualche lezione utile.

 

caso Bio – On cosa insegna

 

Come abbiamo scritto qualche settimana fa nel documento sul nostro processo di asset allocation non bisogna mai dimenticare che quando si investe ci sono per semplificare due tipi di rischi: quello generico (o sistematico) e quello specifico.

La congiuntura economica mondiale, i saliscendi delle Borse alimentano il cosiddetto rischio generico, detto anche sistematico perché di fatto non eliminabile poiché le fluttuazioni dei mercati non si possono evitare e hanno un impatto su qualsiasi titolo a prescindere dalla sua qualità. Si parla di rischio specifico quando i “pericoli” derivano dalle caratteristiche peculiari del singolo titolo e quindi dell’emittente. Se quest’ultimo si trovasse in difficoltà perché si scopre un buco di bilancio, uno scandalo o un intermediario con una grossa posizione che è costretto a svendere i titoli e farli crollare, si parla di rischio specifico. Se il rischio generico non è evitabile, è possibile contrastare gli effetti di quello specifico ricorrendo alla diversificazione e in questo modo si riduce l’esposizione, e quindi il legame, all’andamento del singolo titolo, controbilanciandola con quella di altri investimenti presenti in portafoglio possibilmente non strettamente correlati come andamento.

la regola del 10%

Questo spiega perché nei nostri portafogli self service di azioni o obbligazioni il peso di un titolo è massimo il 10% (in quelli della consulenza personalizzata è nettamente più basso) poiché evidentemente il rischio di pestare una “merda” (vera o presunta, scusate il francesismo 🙂 esiste sempre sui mercati finanziari e soprattutto quando si investe in modo diretto su azioni o obbligazioni ed è buona regola cercare di evitare la concentrazione.

Sappiamo che qualche risparmiatore preferirebbe portafogli più concentrati poiché magari più facili da gestire.  Il caso Bio-on (comunque vada e in questi anni non è stato certo l’unico… e basti ricordare ai casi recenti di Astaldi o Trevi Finanziaria in settori molto più tradizionali) dimostra come un portafoglio diversificato è uno dei pochi antidoti efficaci che possono comunque ridurre l’impatto di “crisis situation” come quella emblematica scaturita da questa vicenda.
E per questo motivo un patrimonio investito con lungimiranza dovrebbe prevedere una quota di investimento diretto (in azioni o obbligazioni) non eccessivo sulle singole posizioni perché il rischio emittente (ovvero il rischio specifico) può costare caro, molto caro. E naturalmente questo non giustifica l’errore opposto che è quello di avere il portafoglio polverizzato in centinaia di posizioni.

 

Bio-on: si poteva prevedere?

 

L’altra considerazione inevitabile quando capitano situazioni di questo tipo è capire se si potevano prevenire e quanto (comunque vada a finire questa situazione). I bilanci delle società sono veramente affidabili in Italia come all’estero visto che situazioni di questo tipo si ripetono nel tempo in tutte le latitudini nonostante autorità di controllo, collegi sindacali, società di revisione e normative sempre più “stringenti”.

E’ difficile dare una risposta certa a questa domanda ma può valere sempre prima di tutto la considerazione di Peter Lynch, uno degli storici gestori superstar dei decenni passati: “Non investire mai in qualsiasi idea che tu non possa illustrare con un pastello”. Quanti di coloro che hanno investito in Bio-on portando la capitalizzazione a un miliardo di euro avevano chiaro il business di questa società che si presentava come Intellectual Property Company ovvero una società che non produceva lei stessa le bioplastiche, ma vendeva le licenze per produrle attraverso un procedimento così particolare?

 

 

La moda degli investimenti Bio

 

Non sfuggirà ai più attenti osservatori che protagonista di questo caso è un’azienda considerata (a ragione o a torto) un modello di “finanza sostenibile”, un caso presentato dalla stessa società come esempio di rispetto di criteri ESG ovvero attenti all’impatto ambientale, sociale e di governance.

Il trend più “cool” del momento in fatto di investimenti come dimostrano le brochure e le pubblicità di tutti i venditori di prodotti e strumenti finanziari che ora dicono che investire “sostenibile” è bello e fare bene al pianeta fa pure bene al portafoglio perché chi investe “green” o ancora meglio “ESG” può pure ottenere guadagni superiori: qualche mese fa avevamo raccontato sul nostro blog (vedi qui) che ci sembra un po’ una forzatura e la solita fiera delle illusioni dell’industria del risparmio gestito a caccia perenne di “roba da vendere”.

 

E’ veramente credibile che una piccola società, Bio-On, arrivi a valere oltre un miliardo di euro di capitalizzazione, il valore minimo dei cosiddetti “unicorni”, passando da “start up” a regina della plastica alternativa grazie alla trasformazione dei residui della barbabietola da zucchero in plastica green al 100% (ovvero senza una goccia di sostanze chimiche) grazie a dei batteri con delle ganasce da paura che creano una sorta di brodo di plastica primordiale?

Ricordiamoci che da sette anni la Lego, una società che ha ben altre risorse di Bio-on, sta tentando di tutto per fare i suoi mattoncini di plastica con qualcosa di alternativo e non ci è ancora riuscita. Evidentemente i mattoncini impilabili Minerv PHA Supertoys inventati da Bio-on e tutti con plastica bio qualche problemino ce l’hanno se la Lego non se li è già accaparrati (o magari il prezzo è fuori mercato).

 

I titoli del futuro come Bio-on

 

Negli anni ’60 le super valutazioni (e le fregature) si trovavano soprattutto nelle aziende che promettevano di fare sfracelli nel campo della plastica considerato il settore del futuro.

Basti rivedere il film “Il Laureato” con una grande interpretazione di Dustin Hoffman, attore protagonista, e una ancora più bella colonna sonora di Paul Simon e Art Garfunkel anche se, forse, del film si ricordano di più l’affascinante Mrs. Robinson e le sue gesta.

E c’è la scena della festa di laurea di Ben (Dustin Hoffman) con il marito della signora (ignaro delle corna) che lo consiglia e lo avvisa: “Ben, il futuro è nella plastica! Dedicati alla plastica!”.

Poi è stato il boom dei titoli dell’elettronica (e anche qui hanno tirato fra alcuni delle fregature pazzesche), poi quelli delle conglomerate per arrivare all’ultimo ventennio dove abbiamo visto valutazioni stellari delle dot.com anche questa volta presentati agli investitori come “i titoli del futuro” prima che una buona parte alla prima grande scrollata dell’albero rivelassero che solo pochi avevano la forza di reggersi in piedi.

Tutto questo per dire che chi investe deve stare attento dai “propagandisti del culto del momento” e costruire portafogli (o farsi aiutare da società di consulenza indipendenti come SoldiExpert SCF) non basati troppo sui “titoli del futuro” ma ben diversificati, non eccessivamente costosi (e questo scordatevelo quasi se vi affidate ai consigli delle banche e di venditori di fondi) e basati su un metodo che non sia magari quello del “fritto misto” arricchito dalle seduzioni dello chef ma qualcosa di più solido.

 

Bio -on: fatturaVA poche decine di milioni di euro PUO’ valere più un miliardo?

La quarta considerazione che facciamo è quella che ha evitato nei nostri portafogli di consigliare Bio-On nonostante alcuni nostri sistemi di tipo quantitativo basati sull’andamento dei prezzi ci avevano consigliato ancora negli scorsi mesi di inserire questo titolo in portafoglio (seppure con una quota modesta) è la valutazione sulla base dei fondamentali di questa società e alcune considerazioni che come Ufficio Studi abbiamo fatto.

 

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I prezzi delle azioni non sono una variabile indipendente ma moltiplicati per il numero di azioni forniscono la capitalizzazione di mercato ovvero il valore attribuito dal mercato alla società (sommando o diminuendo poi la posizione finanziaria). Nel nostro approccio cerchiamo di far valere in certi casi comunque questa componente “fondamentalista” perché se è vero che ci possono essere aziende “growth” ovvero con forti prospettive di crescita che possono giustificare multipli elevati poiché conquisteranno nel futuro mercati sempre più grandi, si deve sempre ricordare che se qualcosa va storto il mercato come può essere generoso nel far salire le valutazioni può essere poi implacabile nello sgonfiarle se qualcosa nel meccanismo si rompe.

 

Il caso Bio-on e quando viene meno la fiducia nel management

 

E se poi è la fiducia nel management o nella proprietà a venire meno, lì non ce n’è per nessuno. Per questa ragione bisogna sempre fare un po’ di tara ai titoli “fenomeno” e non dimenticarsi mai comunque in ordine del postulato 1 e poi del 2 e con il 3 e 4 farsi qualche piccolo ragionamento ulteriore.

Questo non significa naturalmente che se anche applicati tutti e 3 questi principi e in quest’ordine si eviterà di cadere in qualche titolaccio che nel giro di pochi giorni sprofonda a picco (e potrà per questa ragione succedere magari anche a noi perchè sui mercati pure Warren Buffett ha rimediato ogni tanto delle “sole”) ma almeno l’effetto sul vostro patrimonio sarà comunque modesto e non tale da intaccare più di tanto le vostre prospettive di guadagno complessivo poichè una perdita di qualche punto percentuale e anche a due zeri se nella parte bassa (10-20%) e il titolo nel portafoglio ha un peso non preponderante è recuperabile ma se è nella parte alta (intorno al 40-50%) inizia a diventare un problema più serio.

E anche per questa ragione la nostra società si è data un processo d’investimento unico che mettiamo a disposizione degli investitori piccoli e grandi tramite la nostra analisi, ricerca e consulenza indipendente e che abbiamo anche codificato e che mettiamo a disposizione dei nostri clienti.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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Responsabile Consulenza Personalizzata di SoldiExpert SCF

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Francesco Pilotti

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Marco Cini

Esperto di pianificazione finanziara e previdenziale

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