I certificates sbattono contro le montagne russe dei mercati

Certificates, cosa sono? È la domanda che si pongono molti investitori a cui da tempo le banche emittenti propongono con insistenza questi derivati strutturati, i cui meccanismi di funzionamento non sono per nulla facili da comprendere. Ma l’improvvisa inversione di tendenza delle borse ha fatto venire al pettine alcuni nodi

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Sapete chi è un giargiana? No? Peccato. Perché, per citare il Milanese Imbruttito, “se non sai chi è un giargiana, sei un giargiana”. Sapete i certificates cosa sono? No? Tranquilli, se non lo sapete non siete dei certificates. Ma probabilmente prima di investire in questo tipo di strumento finanziario avreste bisogno di ascoltare con attenzione un consulente finanziario indipendente. E diciamo subito che noi come SoldiExpert SCF, non li consigliamo. Se invece c’è ancora qualcuno che li utilizza senza conoscerne funzionamento e complessità forse un po’ giargiana nell’animo lo è davvero… Perché con i mercati in altalena, i certificates s’infrangono contro le montagne russe dei mercati.

 

 

I certificati d’investimento piacciono un po’ meno

 

Scherzi a parte, i certificates possono essere certificati d’investimento o certificati a leva. Sono strumenti finanziari derivati e strutturati. Derivati perché il cui prezzo “deriva” da quello di altri strumenti o materie prime, detti “sottostanti”. Strutturati  perché costituiti da una combinazione di opzioni.

Questo significa che sono come pozioni magiche. Incorporano complessi miscugli di probabilità sperando che si verifichino determinate condizioni di mercato. Allo scopo di fornire agli investitori opportunità di guadagno altrimenti difficili da ottenere. Tuttavia, in finanza non c’è opportunità senza rischio. Maggiore è la prima, maggiore è solitamente anche il secondo.

Nel caso dei certificates, ai rischi (di mercato, di emittente, di liquidità e altri) si aggiunge l’estrema complessità della loro composizione. Che rende molto difficile prevederne l’andamento, soprattutto per l’investitore medio. Rispetto invece alla grande facilità che hanno le banche di prevedere (per se stesse) i lauti guadagni derivanti dalle emissioni.

Perché ne parliamo? Perché a causa della forte discesa dei mercati di inizio 2022 (che ha colpito soprattutto i titoli tech e i titoli più di “moda” del 2020/2021) e del forte aumento della volatilità i certificati d’investimento, ora piacciono un po’ meno. Vediamo cos’è successo.

 

 

Cash collect, bonus, express… la fantasia SUGLI INVESTMENT CERTIFICATEs non manca

 

Per comprendere meglio la situazione cominciamo a dire che i certificates non sono tutti uguali. Si dividono infatti in due categorie principali: certificati a leva (leverage certificate) e certificati d’investimento (investment certificate).

Gli investment certificates, poi, si dividono a loro volta in diverse sottocategorie (cash collect, bonus, express, la fantasia non manca di certo agli emittenti) ognuna con caratteristiche peculiari.

I certificati di investimento (investment certificates) sono privi di effetto leva e possono essere anche a capitale totalmente o parzialmente protetto. Questi ultimi sono i più diffusi tra gli investitori, sia per le aggressive campagne di vendita portate avanti dalle banche emittenti, sia per le loro caratteristiche apparentemente più “amichevoli”. Per fare un esempio, i cash collect sono investment certificates che distribuiscono cedole periodiche. Sempre che alla scadenza di ogni periodo (di solito ogni mese) siano soddisfatte le condizioni di mercato previste.

 

 

I certificati a leva sono più rischiosi

 

I certificati a leva sono più rischiosi in quanto incorporano un effetto leva che moltiplica (al rialzo o al ribasso) le performance ottenute rispetto al capitale impiegato. Per questo sono maggiormente adatti a un approccio altamente speculativo. Ciò significa che portano con sé un rischio decisamente più alto rispetto ai loro “cugini” d’investimento.

Ciò che accomuna tutti i tipi di certificates è il fatto di scommettere su una tendenza. Se questa si conferma e viene mantenuta per il periodo di tempo previsto, allora si possono avere bonus, cedole e interessi aggiuntivi. Se invece la tendenza si interrompe, se cioè il prezzo del certificato raggiunge una “barriera” prefissata, si possono perdere tutti i vantaggi previsti. E con i certificati a leva, l’effetto barriera può comportare maggiori rischi per l’investitore.

 

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Lo spauracchio per l’investitore in certificati, quindi è la barriera, ovvero il livello di prezzo a cui la tendenza ipotizzata si interrompe e a cui si perde l’opportunità di guadagno. Per esempio, con i cash collect, la cedola può essere prevista il 20 di ogni mese. Ma se prima di quel giorno il livello barriera viene raggiunto, per quel mese la cedola salterà.

 

 

I certificati a capitale protetto SONO soggetti a condizioni

 

Fatta questa premessa, veniamo agli avvenimenti che hanno coinvolto i certificates (e specificamente i certificati a capitale protetto condizionalmente) ben descritti anche su Il Sole 24 Plus 24 del 12 febbraio 2022.

Il recentissimo forte assestamento del Nasdaq ha portato con sé il calo del valore di molti titoli azionari importanti. Soprattutto di alcuni big tecnologici utilizzati come sottostanti di numerosi derivati, certificati compresi.

Questo scatto verso il basso del Nasdaq ha messo nel mirino i certificati a capitale protetto soggetti a condizioni e caratterizzati da un’impostazione rialzista. Le loro barriere sono scattate, svincolando i certificates dalle opzioni e lasciandoli in balia del mercato. Questi evento fa comprendere come le complessità dei certificati a capitale protetto – più o meno condizionatamente – debbano essere studiate bene dagli investitori prima di incappare in problemi seri.

 

Certificati a capitale condizionatamente protetto sotto tiro

 

Per entrare un po’ di più nel dettaglio, la discesa ha portato quasi un centinaio di certificati a capitale condizionatamente protetto a violare il livello di barriera. Quindi a perdere quindi la protezione condizionale del capitale. Questi strumenti sono certificati a capitale protetto la cui protezione non è totale ma appunto condizionata da vincoli specifici.

Tuttavia la violazione della barrierea è avvenuta solo per una parte di questi certificates. Ovvero quelli la cui barriera non è posta alla scadenza del certificato stesso ma che può essere raggiunta in qualunque momento. Quest’ultima è detta barriera di tipo americano, rispetto alla prima che è invece nota come barriera di tipo europeo. Quando si verifica questo evento il risparmiatore si trova a perdere molte delle opportunità di guadagno  che lo avevano spinto a sottoscrivere il certificato.

La barriera nei certificates è dunque fondamentale. Quando un investitore decide di acquistare un certificato, l’elemento “barriera” è uno dei principali da tenere in considerazione. Il superamento del livello di prezzo fa svanire per esempio la protezione del capitale investito. Anche i certificati a capitale condizionatamente protetto sono soggetti all’effetto barriera.

 

Rischi e vantaggi deLL’INVESTIRE CON I certificates

 

Investire con i certificates conviene? Come sempre, non esiste uno strumento finanziario migliore o peggiore di un altro. Ognuno di essi può essere utile a investitori con specifici obiettivi, esigenze, competenze, timing. Tuttavia, alcuni strumenti finanziari sono intrinsecamente complessi e con un comportamento di difficile prevedibilità, per cui prima di utilizzarli è meglio riflettere molto bene.

Sul sito di Mediobanca si legge per esempio: “(…) è molto difficile formulare previsioni sull’andamento dei mercati e pertanto risulta molto difficile stimare i possibili esiti dell’investimento nei certificates. (…) I certificates non sono adeguati per investitori che non vogliono assumere il rischio di perdere, in tutto o in parte, il capitale investito (…)”.

 

In finanza sono tutti ladri? In finanza sono tutti ladri?

 

Nel caso dei certificates, sia investment certificates sia leverage certificates, è innanzitutto sconsigliato sottoscriverli al collocamento. Ovvero quando vengono presentati sul mercato la prima volta: in questa fase i costi possono essere compresi tra il 2% e il 4% del capitale investito, se non di più. Questo rischio lo trovate chiaramente indicato nel prospetto informativo obbligatorio di ogni singolo certificato. Quindi vi trovereste immediatamente a pagare 100 e ad avere 98 o 96, con la necessità di recuperare la percentuale pagata al collocatore in termini di performance del certificato. Insomma, investire con i certificates conviene soprattutto dopo il collocamento.

 

 

Capire come funzionano i certificateS

 

I certificates non sono sempre strumenti “liquidi”. Cioè, in alcuni momenti potrebbe essere molto difficile trovare un compratore disposto a ricomprare i nostri titoli. Inoltre, i certificates su azioni o panieri di azioni non distribuiscono i dividendi perché è l’emittente che se li incamera. E ciò può significare la rinuncia a qualche punto di percentuale di guadagno. È chiaro che è necessario capire bene come funziona un certificate per trarne profitto.

Quanto agli investment certificates a capitale parzialmente o totalmente protetto, si tratta di titoli che hanno ovviamente un costo maggiore o un rendimento inferiore. Mentre la garanzia in sé può presentare clausole molto varie da leggere sempre con attenzione. Una consolazione, comunque, è che le perdite realizzate con i certificates possono essere compensate entro quattro anni. Il che può contribuire ad alleggerire la tassazione fissa del 26% sui guadagni. 

Di seguito riportiamo i link di alcuni articoli e ad un video per chi volesse approfondire l’argomento certificates secondo il punto di vista dei consulenti finanziari indipendenti di SoldiExpert SCF. Perché capire come funziona un certificate è la chiave per evitare brutte sorprese.

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Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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