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Sono così tante le cose accadute di rilievo nella scorsa settimana che è difficile orientarsi. Un po’ quello che sta succedendo a casa nostra da quando a Roberta è venuta la balzana idea di ristrutturarla con noi dentro.
Si respira comunque aria di ottimismo, perché si inizia a intravedere una luce in fondo al tunnel o almeno così Roberta mi rassicura di settimana in settimana.
Risale, tra una ristrutturazione e l’altra, anche l’economia, con il prodotto interno lordo mondiale che in queste settimane è ritornato al di sopra del picco precedente la pandemia.
In soli 5 trimestri si è registrata contemporaneamente una delle più profonde e veloci recessioni della storia, ma anche una delle riprese più rapide della storia.
Stiamo vivendo qualcosa di eccezionale e il risparmiatore pessimista cronico e apocalittico è in parte travolto da tutto quello che sta accadendo.
E in Italia, dove il numero di pessimisti e chi vede nero è fra i più alti del pianeta, è necessario parlare con una certa cautela delle notizie positive per non apparire delle persone superficiali.
Il mondo, nonostante tutto, va avanti e ha dimostrato di sapersi adattare a una serie incredibile di eventi anche tragici, ma come diceva la storica Deirdre McCloskey “per motivi che non ho mai capito alle persone piace sentirsi dire che il mondo sta andando a rotoli”.
In realtà, quando si parla di soldi, gli studi di finanza comportamentale e della Prospect Theory hanno spiegato il “tarlo” che è presente nel nostro software umano, ovvero nella nostra mente: l’avversione alle perdite. Che valgono più del doppio dei guadagni e per questa ragione se avessi titolato questa newsletter: “Ecco perché i mercati azionari sono sempre più vicini al punto di crollo” avrei ottenuto un tasso di clic minimo doppio!
Ci sono siti, giornali e blogger che vivono su questa “regoletta”, perché conoscono bene i loro “polli”, anzi pardon, lettori e/o utenti.
L’altro giorno in proposito ho ascoltato un’interessante conferenza sul tema di Ruggero Bertelli che è professore associato di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università di Siena dove insegna anche Gestione dei Rischi Finanziari.
Spiegava che ogni notizia negativa diffusa dai media occorrerebbe, come investitori, bilanciarla con almeno 2 positive per riportare il giusto equilibrio e avere un’idea più completa.
I limiti cognitivi dell’homo economicus (che sta subendo anche un bombardamento dei media e dei social dove non c’è mai fine e dove i meno preparati ne sono travolti e plagiati) sono così evidenti che almeno 3 premi Nobel per l’economia sono stati assegnati proprio su questi temi.
Secondo Bertelli bisognerebbe essere “simmetrici” nelle valutazioni di minacce ed opportunità. Purtroppo non lo siamo per natura, se non ci sforziamo. La “dominanza della negatività” la chiama Kahneman, premio Nobel per l’economia del 2002.
“Nel nostro percepito, le brutte notizie, le minacce, i contro contano il doppio delle buone nuove, delle opportunità, dei pro. E questo – attenzione – condiziona le nostre scelte. Si traduce in comportamenti sbagliati, la stagnante prudenza confusa per saggezza. Non è vero che le brutte notizie superano le buone. Le brutte notizie rimbalzano più volte delle buone, ma sono sempre le stesse”.
Ruggero Bertelli ne parla nel suo ultimo libro “La Collina dei Ciliegi” (edito da Wall Street Italia e acquistabile qui) come il titolo della bellissima canzone di Mogol/Battisti dove si parla proprio dell’incapacità di noi umani di “salir sulla collina a veder la mattina”.
Essere ottimisti non significa naturalmente credere a tutto quello che ci viene raccontato e le contraddizioni del “sistema capitalistico” certo esistono e ne parlava già 150 anni fa un certo Carlo Marx, i cui seguaci non hanno dimostrato in verità di opporre un modello migliore quando sono passati dalla teoria alla pratica. Anzi 2 delle economie più col vento in poppa oggi al mondo, quella cinese e quella vietnamita, (quasi 1,5 miliardi di persone) con un Partito unico al potere (quello comunista naturalmente) hanno messo il turbo proprio adottando il sistema capitalista.

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Capirete, quindi, perché in salotto con Roberta abbiamo deciso di mettere ora al centro un quadro che avevamo acquistato oltre 20 anni fa in una galleria d’arte nella graziosissima città di Hội An nella costa centrale del Vietnam. Questo quadro ci racconta un bel viaggio, ma anche la vittoria della libera impresa.
Il capitalismo sarà una cosa “brutta, sporca e cattiva”, ma ha consentito di accrescere il tenore di vita medio delle persone di 20 volte negli ultimi 170 anni e non è poca cosa.
Come ha ricordato Franco Debenedetti nel provocatorio ma anche bel saggio “Fare profitti” (Marsilio Editore) i cambiamenti avvengono con velocità crescente: “ci vollero tre quarti di secolo perché il telefono raggiungesse metà della popolazione, un quarto di secolo per la radio, vent’anni per il personal computer, dieci per internet”.
E non solo! Il numero dei brevetti si è triplicato negli ultimi 25 anni. E accelera anche il turnover delle società.
“Nel 1970 la durata media di una società era mezzo secolo, nel 2010 è la metà. E’ la distruzione creatrice, il fondamento – secondo Schumpeter – del capitalismo di mercato”.
Qualcosa che in Italia viene visto con sospetto e terrore, perché in fondo in fondo alle mammelle di Stato tanti sono rimasti ancora attaccati e non vorrebbero mai staccarsene indipendentemente da tutto.
Poi, se guardiamo il mondo degli investimenti e delle azioni che è quello che più dovrebbe interessare a un risparmiatore, scopriremo che in questi decenni l’utile per azione delle società quotate è aumentato mediamente fra l’1% e il 2% annuo con un dividendo medio sopra il 2%, come abbiamo raccontato nella conferenza dedicata all’Asset Allocation (che abbiamo diviso ora anche in capitoli), e perché crediamo che investire in azioni e con un certo grado di diversificazione e di consapevolezza sia cosa buona e giusta se non si ha l’orizzonte temporale di un gatto che attraversa l’autostrada a luglio in direzione Lerici.
Stai bene ed investi bene,
