Spuntano ormai come funghi offerte per remunerare la liquidità detenuta dagli italiani. Un atto di generosità delle banche o un ulteriore sintomo di debolezza dei nostri istituti di credito? Ve lo sveliamo in questo articolo in cui oltre a fare il punto sulla situazione attuale dei mercati e del nostro sistema bancario diamo alcuni consigli operativi per parcheggiare la liquidità attualmente non investita.
In attesa di rientrare sui mercati le offerte per investire la liquidità si moltiplicano come funghi. Complice la nuova aliquota fiscale che dal 2011 passa per i conti di deposito (già esenti dal bollo titoli) dal 27% al 20%. Così le offerte sono ancora più convenienti. E ogni giorno più numerose. Ma da valutare con attenzione non guardando solo al rendimento. Perché anche con queste offerte a go go il sistema bancario cerca di rimettere in piedi i propri conti. Cercando spesso una scorciatoia a una situazione patrimoniale non a prova di bomba.
Al di là delle rassicurazioni di rito allo sportello per cui tutte le banche giurano di essere solide qualche analisi e valutazione prima di inseguire la promozione di turno è d’obbligo.
A che punto siamo del guado
Nulla da stupirsi quindi che la liquidità in portafoglio per i nostri clienti rimanga elevata grazie anche al provvidenziale segnale di uscita del semaforo scattato a fine luglio e che ha evitato perdite di oltre il 20% sulla Borsa italiana.
Conti di deposito, un’offerta tira l’altra
Lo hanno capito già oltreconfine e lo stanno capendo anche gli italiani. In Germania e in Francia sui conti di deposito si sono riversati oltre 1000 miliardi. In Italia il 30% delle attività finanziarie delle famiglie è attualmente liquida. I depositi bancari ammontano a 1342 miliardi di euro di cui 493 sono su conti di deposito liberi e vincolati mentre il restante è sui conti correnti classici.
Le banche riconoscono mediamente ai depositanti un tasso dello 0,95% mentre sui pronti contro termine riconoscono mediamente il 2,15% e sulle obbligazioni che emettono il 2,26%. Il costo della raccolta per le banche è pari all’ 1,84%. Siccome il tasso medio sui prestiti è pari al 4,06% e le banche operano a leva (quindi prestano il denaro raccolto n volte), possono certamente essere in grado di remunerare la liquidità più dei tassi da prefisso telefonico cui ci hanno abituati. Pur rimanendo in guadagno.
Lo ha capito per prima Ing Direct che nel 2001 ha lanciato in Italia il primo conto di deposito ad alto rendimento quello pubblicizzato dalla zucca. E via via nuovi player si sono aggiunti con offerte sempre più interessanti e competitive. Negli ultimi mesi sono scesi in campo anche i grandi big bancari. Fino ad arrivare alle ultime settimane in cui non passa giorno in cui non entra nell’arena una nuova banca o una nuova proposta.
Non è tutto oro quello che luccica
Le motivazioni per cui le banche preferiscono ricorrere alla raccolta diretta sono due. In primis per finanziarsi presso la BCE devono offrire in garanzia dei titoli di stato e questi sono evidentemente uno stock limitato, mentre quando si fanno prestare denaro dai risparmiatori non devono fornire alcuna garanzia. Il secondo è che il canale di raccolta sul mercato interbancario è se non fermo abbastanza bloccato quindi le banche tra loro faticano a prestarsi quattrini. Il terzo che da più le dimensioni della gravità della situazione attuale è che raccogliere denaro direttamente attraverso i depositi migliora il grado di patrimonializzazione di una banca.
E’ come dire che le banche si finanziano a un costo non propriamente efficiente e meno remunerativo di quello storico pur di migliorare il proprio Core Tier ovvero il rapporto tra il patrimonio tangibile della banca e l’attivo ponderato per il rischio. Non potendo ricorrere al mercato per rafforzarsi patrimonialmente dal momento che in questo momento non sarebbe facile fare aumenti di capitale le banche stanno utilizzando tutta una serie di escamotage per abbellire i propri conti.
Anche perché per farli tornare i conti basta come ha dichiarato un banchere al Corriere Economia comprare titoli di Stato e il gioco è fatto. Peccato che il denaro sia da ripagare a vista e i titoli di stato siano soggetti a un rischio di mercato. Insomma anzichè risolvere il problema questo modus operandi lo rende meno evidente.
E il mercato non sta a guardare
Anche il Credit Default Swap sullo Stato Italiano ha toccato a settembre un nuovo massimo storico a 500 punti. E quello delle principali banche italiane non è meno preoccupante per questo al di là delle offerte mirabolanti e del chi offre di più consigliamo sempre di valutare l’affidabilità della banca cui si andiamo a depositare i soldi.
Certo i Credit Default Swap non sono oro colato e non si può basarsi solo su quelli per decidere visto che banche con Credit Default Swap contenuti (a cui il mercato attribuisce un bassa probabilità di default da qui a cinque anni) possono essere rischiose considerando altri indicatori.
Del resto con un’inflazione che viaggia al 2,3% annuo nessuno può permettersi di tenere i soldi sotto il materasso se vuole mantenere immutato il proprio potere d’acquisto.E su questo fronte i depositi vincolati offrono come si può vedere nella tabella sottostante tassi interessanti. Avendo l’accortezza però nel caso di capitale destinato a essere investiti in Borsa quando scatterà il semaforo verde di non vincolare l’intero capitale investito.
Un’altra soluzione per parcheggiare la liquidità è costituita dai pronti contro termine. Che però sono più rischiosi dei conti di deposito perché non offrono l’ombrello di protezione del Fondo di Tutela dei Depositi Interbancari. E spesso hanno come sottostante obbligazioni della banca con cui li si stipula. Anche in questo caso prima di sottoscriverli va valutata la solidità dell’istituto proponente.
Consigli operativi