Da una ricerca di Goldman Sachs emerge che durante la pandemia i mercati finanziari hanno mostrato una sensibilità inferiore rispetto al solito ai dati economici.
Gli esperti della banca d’affari statunitense hanno osservato le reazioni del mercato ai dati economici.
Il grafico 1 sottostante mostra che la sensibilità del mercato ai dati economici (misurata dalla risposta dei titoli di Stato USA e delle azioni nei 10 minuti prima e dopo la comunicazione dei dati) ha avuto una tendenza al ribasso a partire da marzo/aprile 2020, quando è apparso chiaro che la pandemia e i lockdown avrebbero causato una profonda recessione.
Il grafico mostra che durante l’autunno le azioni hanno reagito ai dati sulla crescita ma già in inverno la sensibilità è diminuita. Infatti, sia le azioni che le obbligazioni hanno avuto reazioni smorzate alla crescita debole.
Goldman Sachs stima che, negli ultimi tre trimestri del 2020, la sensibilità dei Buoni del Tesoro americani agli indicatori di crescita sia crollata e che corrisponda ad appena il 16% della sua media ventennale.
In modo analogo, anche la sensibilità delle azioni ai dati economici è scesa del 50% al di sotto della media, e anche le reazioni agli shock sull’inflazione sono state poco brillanti in entrambe le asset class (azioni e obbligazioni).
Gli esperti della banca americana hanno notato che, storicamente, durante le recessioni le asset class sono di solito più sensibili ai dati economici: la recessione del 2020 sembrerebbe invece essere l’eccezione alla regola. La spiegazione più semplice a questo fenomeno è che gli investitori si siano concentrati principalmente sulle variabili inerenti la sanità pubblica, che in definitiva avrebbero determinato la durata e la gravità della crisi.
Goldman Sachs sostiene che man mano diminuirà la diffusione del virus con la vaccinazione di massa, le performance dell’economia e i dati sull’inflazione potrebbero diventare driver maggiormente rilevanti per i prezzi degli asset.
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