SALVATORE FERRAGAMO SFILA A PIAZZA AFFARI. E LA FAMIGLIA FA CASSA.

Ultimo giorno per il collocamento per una griffe del "made in Italy" e dovrebbe debuttare a Piazza Affari il 29 giugno. Un collocamento riservato soprattutto a investitori istituzionali (solo il 10% andrà al retail) ma che avviene a prezzi non propriamente popolari. E leggendo il prospetto informativo emergono alcune "chicche" come il trattamento speciale riservato al socio cinese entrato a febbraio di quest'anno e che fra qualche giorno...

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Se c’è una storia imprenditoriale dell’ultimo secolo bella quanto poco conosciuta questa è probabilmente quella di Salvatore Ferragamo. Non solo un vero artista delle scarpe ma un imprenditore visionario come pochi; il Walt Disney delle calzature fatto a mano. Nato nel 1898, undicesimo di quattordici figli, a 11 anni lavora già nella bottega del calzolaio e a 13  anni è titolare del suo primo negozio, dove comincia a creare scarpe da donna: una bottega negli spazi di casa fra la porta d’ingresso e la cucina, una vetrina di fronte alla chiesa, cinque lavoranti dei quali il più anziano ha 18 anni.

Emigra negli Stati Uniti per raggiungere un fratello che lavorava in un’industria calzaturiera. Da qui il prossimo passo è la California e Hollywood dove diventa il “Calzolaio delle Stelle” grazie alla sua fantasia ma anche all’impegno che lo porta a studiare anatomia  umana, ingegneria chimica e matematica all’università di Los Angeles e a realizzare centinaia di brevetti.

Una storia, quella di Salvatore Ferragamo, fatta di alti e bassi incredibili, grandi clienti e vip che acquistavano da lui scarpe a lotti (da Gloria Swanson a Rodolfo Valentino, da Mussolini a Greta Garbo, dai Duchi di Windsor a Audrey Hepburn, da Anna Magnani a Marilyn Monroe) ma anche cocenti delusioni finanziarie culminate anche in una bancarotta per effetto della crisi del ’29.

Negli anni precedenti quando l’industria del cinema si sposta ad Hollywood Salvatore Ferragamo la segue nonostante i molti cerchino di scoraggiarlo dicendogli che non c’è futuro e lavoro per uno che fa il suo mestiere 0vver0 il riparatore e creatore di scarpe.

Nel 1923 apre l’Hollywood Boot Shop e inizia per lui la carriera di ‘calzolaio delle stelle’, così come lo definisce la stampa locale. Il successo è tale da non riuscire a far fronte alle ordinazioni.

La manodopera americana non è però in grado di fare le scarpe che lui vuole e nel 1927 Ferragamo decide di tornare in Italia, a Firenze, città tradizionalmente ricca di abili artigiani. Dal suo laboratorio fiorentino, dove adatta il sistema della catena di montaggio al lavoro specializzato e rigorosamente manuale dei suoi collaboratori, avvia un flusso costante di esportazione verso l’America. Ma la grande crisi economica del ’29 arriva come un fulmine a ciel sereno e interrompe il suo sogno.

Ferragamo riesce negli anni a rimontare in sella, ripartendo dal mercato italiano. Paradossalmente l’autarchia con la carenza di materiali stimola la sua fantasia e lo spinge a creare soluzioni ancora più ardite che decretano alla fine il suo successo mondiale. Sono gli anni delle “inique sanzioni” e in questo periodo Ferragamo produce alcune delle sue creazioni più popolari e imitate, come le ‘zeppe’ di sughero, solide e leggere, utilizzando anche materiali originali come legno, fili metallici, rafia, feltro e resine sintetiche simili al vetro.  E grazie ai suoi successi nel 1938 Ferragamo sarà in grado di pagare la prima rata d’acquisto dell’intero Palazzo Spini Feroni, che rimarrà da allora la sede dell’azienda.

Oggi il fondatore Salvatore Ferragamo non c’è più (muore nel 1960) ma la sua azienda, che mantiene come marchio il suo nome e cognome, continua a crescere quasi senza sosta allargando anno dopo anno la gamma prodotti. Dalle scarpe all’abbigliamento, dagli orologi alle borse alle cravatte. Un simbolo dello stile italiano portato avanti dalla moglie Wanda Miletti (tuttora presidente onorario della società) e dai 5 figli Ferruccio, Giovanna, Fulvia, Leonardo e Massimo dopo la scomparsa nel 1998 di Fiamma.

Il sogno di Salvatore Ferragamo si appresta ora a entrare a Piazza Affari con il collocamento delle azioni guidato dall’amministratore delegato Michele Norsa che ha deciso di collocare il 25% del capitale (Mediobanca, Jp Morgan e Banca Imi global coordinator dell’operazione).

Ma è un affare partecipare a questo sogno per i piccoli risparmiatori, acquistandone le azioni? Vale la pena partecipare?

Una doverosa premessa. Chi si quota a Piazza Affari non lo fa certo per beneficienza e per svendere la propria società. L’obiettivo è quasi sempre quello di raccogliere risorse per lo sviluppo futuro e avere maggiore visibilità, aprendosi maggiormente al mercato e alle sue regole. In questo collocamento l’obiettivo dichiarato dalla stessa famiglia Ferragamo, per bocca del presidente Ferruccio, è quello di «rendere l’azienda sempre più moderna e manageriale», dando la «possibilità, a chi vorrà, di uscire e prendere strade diverse», tra gli eredi del fondatore.

La quotazione in Borsa come tappa fondamentale del passaggio generazionale: una sorta di exit strategy. Viva la sincerità.

Vedendo il prospetto dell’Ipo colpisce, infatti, che dei quasi 350/400 milioni di euro che la società raccoglierà nemmeno uno di questi entrerà nelle casse della società poiché servirà a ripagare esclusivamente i membri (siamo in presenza di una nutrita prole con oltre una cinquantina di discendenti) della famiglia Ferragamo che vendono o diminuiscono la quota. Il 25% del flottante è, infatti, messo a disposizione dai soci Essegi srl col 5%, Giquattro sas (Giovanna Ferragamo) col 5%, Effesette sas (Ferruccio Ferragamo) col 5%, Finvis sas (Fulvia Ferragamo) col 5%, Nautor Holding srl con l’1,866% e Leonardo Ferragamo col 3,133%. Gente che va (e che vende) ovvero parte della famiglia e gente che viene (gli investitori istituzionali e i piccoli risparmiatori).

Tutto è lecito e tutto è scritto nel prospetto. Ma per l’esordio in Borsa di un marchio così importante del “made in Italy” dopo anni di “stenti” o di società che battono in ritirata (ultimi i casi di Philogen, Rhiag e Moncler) in “zona Cesarini” sarebbe stato certo più bello assistere a un bel collocamento, di quelli veri, dove i soldi raccolti sul mercato servono per finanziare la società e il suo sviluppo e non per far cassa. E diciamo questo perché il prezzo di collocamento non ci sembra un grande regalo al mercato. Anzi. La società viene, infatti, valutata tra gli 1,35 miliardi e gli 1,77 miliardi di euro sulla base di una forchetta indicativa di prezzo fissata tra gli 8 euro e i 10,5 euro per azione

In caso di sottoscrizione integrale delle azioni offerte il flottante dell’azienda si attesterà al 22,73%, quota che potrebbe salire al 25% qualora fosse esercitata integralmente la greenshoe. Di conseguenza l’azionista di riferimento continuerà a essere Ferragamo Finanziaria, con una quota rispettivamente del 56,24% o del 58,52% in caso esercizio o meno della greeenshoe. In entrambi i casi Ferragamo Finanziaria continuerà a esercitare un controllo di diritto su Salvatore Ferragamo che non sarà, pertanto, contendibile.

Nel prospetto informativo l’azienda ha precisato che il 90% delle azioni offerte sarà destinato agli investitori istituzionali (anche giapponesi e statunitensi), mentre solo il restante 10% è riservato al retail. Il lotto minimo è di 500 azioni (5mila per il lotto minimo maggiorato, cui è stato riservato fino al 30% dell’offerta pubblica). Con una simile valutazione la società viene valutata fra le 26 e le 36 volte gli utili e se si guarda al rapporto Ev/Ebitda fra le 12,5 e le 16,2 volte. Multipli più elevati di un colosso come Lvmh.

Se si osservano, infatti,  i valori dei competitor come Prada, che si sta quotando a Hong Kong, o aziende come Louis Vuitton (Lvmh) o Burberry i valori mediani sono simili ma per una matricola sarebbe secondo noi più giusto proporre (soprattutto in queste condizioni di mercato) una valutazione più scontata, lasciando al mercato decidere con più libertà (e possibilità di rivalutazione) quale è il giusto prezzo della società.

Certo, la società non ha grandi debiti, è ben diversificata, ha buoni margini e tassi di crescita ma non ci sembra particolarement einteressante da sottoscrivere, soprattutto in questa fase, con fondamentali che per quanto buoni non sembrano giustificare prezzi così generosi per il collocamento. Il dividendo atteso potrebbe attestarsi intorno all’1,5-2% ma quest’anno è già stato spartito fra i soci e quindi c’è da restare a bocca asciutta. Sarebbe auspicabile almeno che sia collocata al prezzo minimo della forchetta ma un piccolo risparmiatore (contrariamente agli istituzionali) deve mettere l’ordine al “buio” e sperare e per questo motivo non ci sentiamo di consigliarla. Come abbiamo scritto nell’articolo dedicato ai bond General Electric collocati recentemente vale per noi il vecchio slogan pubblicitario: “a scatola chiusa si compra solo Arrigoni”.

Ci sarebbe poi da rilevare che il socio cinese entrato recentemente, Peter K.C. Woo con la società Majestic Honour Limited (MHL), in data 28 febbraio 2011 ha pagato un pacchetto dell’8% a 93 milioni di euro, come dire 6,9 euro per azione. Un prezzo inferiore fra il 14 (8 euro) e il 34%  (10,5 euro) di quanto ora richiesto al mercato.

Questo Mister Woo sarà pure una persona importante perché viene considerato un partner strategico del gruppo per il rafforzamento della società  in Cina, Hong Kong, Taiwan e Macao, ma quando si vedono simili passaggi (e non è  il solo perché nell’ultimo anno la famiglia Ferragamo nelle perizie precedenti aveva valutato la società fra i 3,95 e 4,65 euro per azione) a un investitore comune viene sempre il lecito dubbio che sia lui a pagare il conto per tutti.

E ci sarebbe anche da rilevare (basta leggere a pagina 330 del prospetto se passate una notte insonne come il sottoscritto perché i propri bebè non hanno alcuna intenzione di dormire) che la clausola (v) impegna la famiglia Ferragamo, in caso di quotazione entro l’anno, a ricomprare parte di quelle azioni vendute a febbraio a  Mister Woo (il 25% di quel pacchetto ovvero il 2%) entro 10 giorni dal collocamento se il il socio cinese vorrà partecipare anche lui al banchetto a una valorizzazione pari al prezzo di collocamento dedotte proporzionalmente le spese per le quotazione.

In pratica il socio cinese, grazie al collocamento, realizzerà così in pochi mesi  una simpatica plusvalenza fra i 14,8 milioni (nel caso di prezzo del collocamento finale a 8 euro) e i 48,5 milioni di euro (nel caso che il prezzo di collocamento sia a 10,5 euro). Diavolo di un cinese… A lui e alla famiglia Ferragamo nessuno gli può fare le scarpe: per loro comunque vada quest’Ipo (anche al minimo del prezzo della forchetta) sarà un successo..

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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