Il settore del lusso è stato duramente colpito dal crollo del turismo internazionale e dalla quasi totale scomparsa degli acquisti offshore, quelli fatti nei duty free e nelle vie dello shopping mondiale. Di conseguenza, dopo il -15% nel primo trimestre i ricavi totali di LVMH, Hermès e Kering (Gucci), i campioni del lusso non solo francese ma mondiale sono sprofondati del 39% nel secondo trimestre o -27% nell’intero primo semestre 2020. Il lockdown ha condizionato quindi in modo abbastanza pesante il settore facendo anche qui vincitori e vinti perché i marchi meglio posizionati sull’online e sul continente asiatico e in Cina in particolare come vendite sono quelli che hanno saputo maggiormente tenere botta al durissimo impatto della pandemia.
Sul finire della scorsa settimana il Gruppo Richemont, colosso svizzero del lusso, proprietario in particolare della casa di gioielli Cartier e Van Cleef & Arpels, ha riportato venerdì un calo dell’82% del suo utile netto nel primo semestre, accusando lo shock della crisi sanitaria nonostante un forte rimbalzo delle vendite in Cina. Ha visto il suo fatturato diminuire del 26% sull’intero semestre (terminato il 30 settembre).
Le prospettive per il settore restano fosche con la nuova ondata di lockdown stimano gli esperti di Bank of America, EY, Gam, Bcg-Boston consulting group, S&P global ratingse Hogan Lovells. «Per il 2020 ipotizziamo per il mercato globale un calo delle vendite di beni di lusso tra il -25 e il -45%» ha commentato Guia Ricci, principal di Bcg.
Le aziende del settore abbigliamento hanno dovuto in molti casi svalutare pesantemente i magazzini di merce invenduta e c’è chi come Brunello Cucinelli ha preso la decisione di regalare i capi invenduti (stimati attorno a 30 milioni di euro) delle boutique di tutto il mondo a seguito della pandemia da Covid per donarli a persone bisognose ed evitare di intasare il mercato anche in futuro quando ripartirà la ripresa post pandemia.