La pandemia ha peggiorato lo scenario dei metalli industriali con il lockdown che ha bloccato e fatto crollare i prezzi. E anche l’alluminio ne ha pesantemente risentito arrivando a scendere sotto i 1500 dollari (ora è risalito intorno ai 1760) per tonnellata in un quadro aggravato da un’offerta che è continuata a salire.
L’energia rappresenta il 40% dei costi di produzione dell’alluminio e in questa industria vi è una bassa intensità di manodopera e questo non ha comportato la necessità di grandi tagli alla produzione a causa di COVID-19.
I magazzini si sono riempiti e alcuni mercati di sbocco importanti dell’alluminio come quello dell’industria automobilistica o quello dell’aeronautica o alimentare (lattine) non se la stanno passando ancora oggi troppo bene.
Rispetto all’acciaio l’alluminio pesa quasi un terzo in meno e questo ne ha favorito in questi anni la crescita in industrie come quelle dell’auto e aeronautica sempre più attente anche ai consumi.
L’industria aerospaziale è stata duramente colpita dalla pandemia Covid-19, con le aziende del settore costrette ad adottare misure drastiche per far fronte alla nuova situazione di mercato.
E’ aumentata però anche enormemente l’offerta e a Cina resta il più grande consumatore e produttore di alluminio al mondo, con una quota globale di oltre il 50% e le fonderie cinesi non hanno quasi mai smesso di produrre. I paesi dell’Unione Europea importano ancora circa il 50% del loro fabbisogno di alluminio.
Trump ha cercato di evitare lo strapotere cinese con una guerra sui dazi e l’eliminazione dello status di commercio speciale di Hong Kong ha chiuso una scappatoia commerciale che ha permesso di importare alluminio cinese a basso costo senza il pieno effetto delle tariffe statunitensi.
Il settore cerca ora di trovare un punto di equilibrio ma i dati ultimi trimestrali di Alcoa, il colosso Usa del settore, mostrano come la strada sarà probabilmente lunga.
Si stima una domanda di alluminio primario che dovrebbe scendere del 13% negli Stati Uniti nel 2020 e sono necessari ulteriori tagli di capacità produttiva per evitare un aumento delle scorte che potrebbe mantenere i prezzi sotto pressione per diversi anni.