Dopo il rally guidato dalla tecnologia, come si muoverà il mercato azionario? C’è ancora spazio per i tech o è il tempo dei ciclici? Ecco un intervento di UBS.
“Gran parte della performance del mercato azionario americano è legata alla tecnologia; escludendola, l’indice S&P 500 è salito solo del 6% lo scorso anno. L’Europa resta al di sotto dei livelli pre-COVID”: è quanto afferma il CIO Matteo Ramenghi di UBS.
Secondo l’analisi, le borse globali hanno registrato consistenti rialzi, dai minimi dello scorso marzo, che hanno portato il rapporto prezzo/utili (P/E) circa 20 volte superiori, un premio significativo rispetto alla media storica.
Il gestore di UBS sostiene che buona parte della performance è spiegata dai bassi tassi d’interesse. Infatti, la mancanza di alternative sul mercato obbligazionario spinge molti investitori verso quello azionario, che di questi tempi promette anche flussi di cassa superiori grazie ai dividendi. Il gestore ricorda che il rapporto prezzo/utili è una semplificazione per attualizzare gli utili attesi di un’azienda: a fronte di un tasso di sconto più basso, il valore attuale di quegli utili è ovviamente più alto.
I risultati del quarto trimestre dello scorso anno hanno comunque fornito un importante supporto: sia negli Stati Uniti che in Europa, circa tre quarti dei risultati delle aziende, calcolati nei trimestri, hanno battuto le aspettative, mediamente del 15%. Si tratta del maggiore scarto mai registrato, nonostante le restrizioni entrate in vigore alla fine dello scorso anno.
Secondo UBS questo andamento dimostra la grande capacità di consumatori e imprese di adattarsi a situazioni avverse: a livello assoluto gli utili rimangono ancora al di sotto dei livelli pre-COVID, ma le società hanno saputo contenere i costi e difendere margini e flussi di cassa.
Dallo studio emerge che il mercato stia cominciando a prendere in considerazione anche un ulteriore fattore, che con tutta probabilità si rivelerà il più importante.