“In 1000 Comuni non si vende neanche una casa”. E’ questo il titolo di un’intera pagina che il quotidiano Libero dedica alla situazione del mercato immobiliare fra luci (poche) e ombre (tante).
Un’analisi che prende spunto da una ricerca dell’osservatorio di Immobiliare.it secondo cui nel 2017 in oltre un migliaio di comuni dello Stivale siamo a zero transazioni. Segno di una totale assenza di mercato in territori che non offrono opportunità lavorative e stanno vivendo una condizione di abbandono, mentre qualche segno di vitalità si assiste nelle grandi città, e ancor più nelle metropoli come soprattutto Milano.
La situazione dell’Italia resta molto frammentata fra poche grandi metropoli che trainano leggermente la ripresa (Milano soprattutto), le grandi città che seguono, seppur con qualche eccezione, e i piccoli centri che invece soffrono ancora la crisi. Risultato: mentre in Europa nel 2017 i prezzi delle case sono mediamente saliti del +5% in Italia si va a passi di gambero (-0,5%).
Dal 2007, l’anno che si fa coincidere con l’inizio della crisi, il valore degli immobili nel mercato italiano è sceso mediamente di quasi un quarto ma nei piccoli centri e nelle periferie siamo anche oltre il -40%. E come evidenzia questo articolo in numerosi piccoli centri e località il mercato si è totalmente inaridito.
E’ infatti Milano l’unica grande città che ha concluso il 2017 con prezzi in aumento e per comprare casa nel capoluogo meneghino si richiedono mediamente 3.236 euro al metro quadro mentre nel resto della Penisola seppure sono aumentate le transazioni i prezzi restano inferiori a quelli dell’anno precedente (-0,5%) per il sesto anno consecutivo.
Le compravendite immobiliari in Italia sono state 542.480 nel 2017 (+4,9% rispetto al 2016) ma il dato resta di oltre un terzo inferiore a quanto si era scambiato nel 2008.
Sono numerose le ragioni che spiegano questa lunga stagione di crisi e nel passato più volte abbiamo affrontato l’argomento (come in questa analisi https://soldiexpert.com/moneyreport/i-prezzi-delle-case-investimenti-immobiliari/14778/ ) spiegavamo perché per l’immobiliare in Italia non si prospettavano tempi d’oro. Ed è una delle ragioni per cui già a partire dal 2005 spiegavamo perché sulle case in Italia c’era da attendersi un possibile forte ridimensionamento perché i contro del “mattone” iniziavano a superare i pro.
Liquidabilità in forte deterioramento, trend demografico in forte discesa, condizioni economiche dell’Italia e del mercato del lavoro pessime, peso fiscale crescente, stock di immobili detenuti dagli italiani già molto elevato.
E la situazione non è facilmente risolvibile perché alcune di queste condizioni, seppure dal picco della crisi economica ci siamo un po’ allontanati, persistono ancora e lo stock di immobili sul mercato resta elevato sia per questioni generazionali (i figli tendono a disfarsi sempre più degli immobili che ereditano perché li considerano sempre più un costo) sia perché le banche in Italia sono piene di immobili frutto di prestiti marci. Un recente studio di Unimpresa dice che gli immobili costituiscono il 43% degli NPL (crediti che i debitori non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto) in pancia alle banche.
L’investimento immobiliare va quindi valutato attentamente tenendo conto di tante dinamiche. E non solo guardando al prezzo ma anche alla redditività e alla liquidabilità. A partire dalla situazione patrimoniale e reddituale di ciascun investitore e anche spesso dei suoi eredi…
E la considerazione “tanto i prezzi delle case salgono sempre” fa parte di un’epoca storica che probabilmente appartiene al passato come spieghiamo in questo video
In termini reali (ovvero al netto dell’inflazione) i prezzi medi (il grafico è riferito a dati Istat costruiti su appartamenti in zone semicentrali delle principali città italiane) delle case in Italia sono perfino inferiori a quelli di inizio anni ’90. Pochi investimenti hanno fatto peggio.