Per il neo presidente della Consob Paolo Savona i dossier roventi da affrontare non mancano e fra gli ultimi c’è anche una curiosa lettera presentata dalla lobby bancaria e rivelata dal giornalista Gianfranco Ursino su “Il Sole 24 Ore” l’8 febbraio. Riguarda i costi dei prodotti finanziari consigliati ai risparmiatori.
In questo documento Abi, Assoreti, Assogestioni e Assosim, le principali associazioni di riferimento del mondo bancario italiano e del risparmio gestito, fanno fronte comune e chiedono sostanzialmente di sospendere quanto richiesto dalla normativa (Mifid 2 dove Mifid è l’acronimo in inglese di “Direttiva sui Mercati degli Strumenti Finanziari”) riguardo la trasparenza sui costi dei prodotti finanziari da comunicare ai risparmiatori, perché desiderano maggiori chiarimenti.
Diverse associazioni dei consumatori (e non solo) sono già sul piede di guerra come l’Adiconsum che ha richiesto alla Consob e al Ministero dell’Economia e Finanze di respingere immediatamente al mittente la richiesta “affinché non si generino ulteriori squilibri nel mercato e soprattutto riduzioni delle tutele dei consumatori”.
In Italia mettere per iscritto i costi dei prodotti finanziari è come parlare di corda in casa dell’impiccato
i costi dei prodotti finanziari: scatta l’obbligo di rendicontazione
L’industria del risparmio gestito nostrano vanta il primato poco invidiabile di far pagare ai propri sottoscrittori fra i costi sui prodotti finanziari più elevati di tutta Europa come ha indicato recentemente uno studio proprio dell’Esma. Proprio l’autorità a cui la triplice alleanza banche-reti-società di gestione chiede tramite la Consob di sospendere la partita dopo che l’arbitro ha già comunicato da anni tutte le regole che tutti gli intermediari dovrebbero rispettare.
Nel decennio 2008-2017 secondo i calcoli dell’Esma i costi dei prodotti finanziari azionari venduti alla clientela retail in Italia hanno impattato per il 37% sulle performance lorde dei fondi quando la media europea si è fermata ad appena il 24 per cento.

E la settimana precedente a questa rivelazione ha fatto scalpore un report di Mediobanca Securities che picchia duro contro molte società del risparmio gestito italiane, tirando fuori i dati di un precedente studio.
Nel 2016 le società del risparmio gestito quotate a Piazza Affari si sono portate a casa mediamente un 3% di ricavi commissionali dai fondi consigliati alla clientela. Con alcune società di gestione (Azimut, Banca Generali e Banca Mediolanum) che sono riuscite a incamerare un ulteriore 0,84% alla voce commissioni di performance anche per prodotti finanziari che avevano registrato nella realtà rendimenti negativi.
le banche provano a fare melina sui costi dei prodotti finanziari
Non sfuggirà che la richiesta di rinvio dei rendiconti Mifid2 avviene dopo un anno horribilis come il 2018 con gli intermediari che dovranno mettere per iscritto che magari il -10% di rendimento ottenuto dal risparmiatore su 100.000 euro di capitale deriva sì dall’andamento dei mercati ma soprattutto dall’aver consigliato strumenti (magari pure della “casa”) che si sono mangiati il 4% del rendimento.
Per effetto della normativa europea Mifid2 tutte le imprese d’investimento devono illustrare ai propri clienti i costi degli strumenti e prodotti finanziari consigliati nell’anno precedente. Cosa significa?
Se avete per esempio 100.000 euro investiti dovreste ricevere un rendiconto che vi spiega in valore assoluto e in valore percentuale quanto vi sono costati i prodotti e strumenti finanziari che la banca o il consulente vi ha consigliato e inoltre quanti di questi soldi che avete pagato sono ritornati alla banca o alla rete per cui il consulente lavora sotto forma di commissioni.
E’ un po’ come se acquistate un viaggio organizzato e il venditore è costretto a specificare quanto è costato il volo, l’albergo, le escursioni e quanto ha ricevuto di commissioni dalla compagnia aerea e dall’albergo che vi ha consigliato. Così potete capire quanto ha guadagnato e giudicare se il servizio prestato è stato all’altezza.


Le 4 associazioni del risparmio gestito sostengono, nel documento inviato alla Consob, che c’è poca chiarezza su come rendicontare i diversi costi dei prodotti finanziari alla clientela e chiedono di poter inviare i rendiconti nel corso del 2019, riferiti al 2018, solo dopo aver ricevuto tutte le informazioni e aver effettuato le elaborazioni dei dati, cosa che appare a molti legali e addetti ai lavori fuori tempo massimo.
L’applicazione della normativa Mifid 2 era stata già rinviata di un anno e fatta slittare con decorrenza gennaio 2018 e il regolamento della Commissione Europea è stato pubblicato nell’aprile 2017.
L’Esma aveva già comunicato che la rendicontazione ex post deve essere fornita a partire dal gennaio 2019 “as soon as possible” ma banche e reti italiane provano evidentemente a buttare tutto in caciara.
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L’associazione delle società di consulenza finanziaria indipendenti (Ascofind) consiglia ai propri associati di adempiere alla normativa senza indugio e anche Nafop, l’associazione dei consulenti finanziari autonomi (persone fisiche) è contro il rinvio all’italiana.
“La nostra Associazione – spiega Massimo Scolari, presidente di Ascofind – sostiene l’importanza della trasparenza dei costi applicati alla clientela. Abbiamo dato indicazione alle società associate di fornire le informazioni sui costi, senza alcuna dilazione, nei tempi e secondo le modalità previste dalle norme in vigore. Tutto questo seppure in un quadro in cui le società di consulenza indipendenti, adempiendo agli obblighi di trasparenza sulle commissioni applicate, potrebbero subire paradossalmente effetti negativi nel confronto dei servizi offerti dagli altri intermediari che hanno posticipato il rilascio delle informazioni ai clienti”.
Sulla trasparenza dei costi dei prodotti finanziari venduti ai risparmiatori italiani non ammette ritardi nemmeno Adiconsum che ha scritto una lettera alla Consob e al Ministero dell’Economia e delle Finanze. “La nostra Associazione consumatori – dichiara Danilo Galvagni, vice presidente di Adiconsum – sostiene l’importanza della trasparenza dei costi applicati alla clientela come strumento di tutela irrinunciabile e non dilazionabile. Visti gli innumerevoli scandali legati alla scarsa trasparenza del settore, siamo convinti che i provvedimenti debbano entrare in vigore immediatamente e senza alcuna ulteriore dilazione, nei tempi e secondo le modalità previste dalle norme in vigore.”
Richiedere adesso di aprire un tavolo europeo di consultazione su come rendicontare i costi dei prodotti finanziari sospendendo l’invio dei rendiconti ai risparmiatori appare quindi bizzarro e sarà interessante vedere la risposta della “nuova” Consob del professore Paolo Savona e se veramente siamo al “governo del cambiamento” oppure al solito “cambiare tutto per non cambiare nulla” con la lobby bancaria più forte di prima.
In seguito alla pubblicazione di questa analisi pubblicata da “Il Fatto Quotidiano” in data 13 febbraio 2019 ha scritto l’Abi, l’Associazione delle Banche Italiane tramite il direttore generale, Giovanni Sabatini alcune precisazioni che riportiamo:
con riferimento all’articolo di Salvatore Gaziano pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 13 febbraio, in merito alla rendicontazione dei costi alla clientela a seguito della piena operatività della MiFID 2, affermiamo con forza che l’Abi non ha mai chiesto un rinvio della rendicontazione dei costi e per quanto di sua competenza, invita le banche ad applicare tempestivamente, come dettato dalla normativa, nel 2019, tutto ciò che riguarda tale rendicontazione.
Il confronto da tempo in atto con la Consob, in questa fase di prima applicazione, è volto, senza ritardi, a rendere omogenea l’implementazione della nuova rendicontazione affinché questa sia facilmente comparabile e comprensibile.
Fin dalla fase di consultazione delle norme, nel 2016 e nel 2017, ben prima dell’entrata in vigore della MiFID2, e nel 2018 l ’Abi ha ripetutamente richiamato formalmente l’attenzione su questi temi sia dell’Esma (l’autorità europea dei mercati finanziari) sia della Consob. La normativa infatti lascia troppo ampi spazi interpretativi a discapito di una corretta comprensione e comparabilità degli oneri e costi sostenuti dalla clientela.
La normativa, anche quella secondaria, non ha dettagliato, tra l’altro, quale base prendere a riferimento per calcolare l’incidenza dei costi. Ne consegue che l’obiettivo di rendere perfettamente comprensibile l’incidenza dei costi sarebbe attenuato se ritardassero ulteriormente esplicite direttive in proposito dalle competenti autorità europee e italiane. Il tema, infatti, non riguarda solo l’Italia ma l’intera Europa.
L’obiettivo è quello di avere tempestivamente norme chiare, semplici, stabili, facilmente applicabili, comparabili per prodotti finanziari non solo nazionali e che tutelino realmente il cliente.
Giovanni Sabatini
Direttore Generale Abi
La risposta di Salvatore Gaziano, pubblicata su “Il Fatto Quotidiano”:
Siamo lieti di sapere che l’Abi sostiene “con forza che non ha mai chiesto un rinvio della rendicontazione dei costi e per quanto di sua competenza, invita le banche ad applicare tempestivamente, come dettato dalla normativa, nel 2019, tutto ciò che riguarda tale rendicontazione”.
Nel documento rivelato l’8 febbraio e ripreso (senza smentite) da numerosi siti finanziari abbiamo però letto fra le richieste avanzate da Abi, Assoreti, Assosim e Assogestioni alla Consob che: “Il nuovo obbligo di fornire ai clienti informazioni periodiche ex post sui costi e gli oneri introdotto dalla MiFID II avrà per la prima volta applicazione con riferimento all’anno 2018, ma il rendiconto potrà essere prodotto dai distributori nel corso del 2019 solo dopo aver ricevuto tutte le informazioni dai diversi produttori e aver effettuato le necessarie elaborazioni che a loro volta richiedono tempi tecnici”.
E questa richiesta assomiglia proprio a quella di un “slittamento” in attesa di chiarimenti e poi di eventuali implementazioni che potrebbero necessitare mesi e mesi.
Ci risulta (da interviste con varie associazioni di risparmiatori e consulenti finanziari) che in altri Paesi europei gli intermediari hanno comunque trovato il modo di trovare uno standard per comunicare tale rendicontazione dei costi e la stessa Esma nel sito nella sezione Questions and Answers non si è tirata indietro in questi anni nel fornire chiarimenti e indicare le linee che ciascun intermediario può applicare alla propria realtà, trovando ciascuno il miglior modo per comunicare in modo trasparente e chiaro i costi applicati alla clientela come richiesto dalla nuova Direttiva europea Mifid2, approvata dal Parlamento europeo nel maggio 2014.
Successivamente all’articolo su “Il Fatto Quotidiano” e lo scambio sopra l’Abi (non si ha al momento notizia delle altre associazioni e della loro posizione) ha diffuso una circolare dove invita le propria associate a produrre la cosiddetta informativa ex post sui costi dei prodotti finanziari raccomandati ai clienti e speriamo che eventuali chiarimenti richiesti a Consob ed Esma non possano costituire un motivo per posticipare gli obblighi di legge e inviare i rendiconti a Ferragosto da parte di soggetti che hanno avuto oltre 3 anni di tempo per adeguarsi agli obblighi di trasparenza e si confida che la Consob, come anche richiesto da diverse associazioni e società, si faccia garante di un’applicazione rapida, integrale e corretta della normativa di legge che è nata per tutelare l’investitore finale prima di tutto.