E’ di questa mattina la rivelazione di un altro scandalo che riguarda una banca italiana, Monte dei Paschi di Siena (che stamane è arrivata a perdere oltre il -6%), di cui Il giornale “Il Fatto Quotidiano” rivela che per abbellire i conti del 2009 sarebbero state nascoste delle perdite sotto un derivato per oltre 200 milioni di euro con un’operazione che a oggi potrebbe aver procurato ulteriori perdite per altri 500 milioni di euro. E di tale contratto stipulato con Nomura lo stesso consiglio di amministrazione, i revisori e la Banca d’Italia si dice che ne sarebbero venuti a conoscenza solo qualche mese fa.
Un vero “scandalo internazionale” come il titolo di un celebre film di fine anni ’40 con protagonista Marlene Dietrich. Dove una delle frasi più celebri è:
« Ma voi che ne sapete di sentimenti? Qual è la vostra vita? Comitati, sottocomitati, sessioni, aggiornamenti, bilanci e interpellanze. Ma avete mai riso? O meglio ancora, avete mai pianto? » |
Ma tranquilli: lo Stato (cioè noi contribuenti e che siamo sicuramente quelli che “piangiamo”) aumenterà il prestito alla banca senese con i cosiddetti MONTI Bond mentre l’ex presidente di questa banca, che negli ultimi anni ha “bruciato” una quantità impressionante di quattrini, ieri sera si è dimesso dall’Abi, il gotha dei banchieri italiani, che nonostante una pessima reputazione di Mussari aveva fatto di tutto per confermarlo su quella poltrona come Presidente.
Vi fidate ciecamente dei banchieri e dei finanzieri di oggi? Io no. Ma nemmeno prima si stava molto meglio…
In questo Paese ci si abitua a tutto e se Bernard Madoff, protagonista della più grande frode finanziaria della storia (65 miliardi di “buco”nel 2008 con i suoi hedge fund che promettevano guadagni “sicuri” e “costanti”) avesse avuto il passaporto italiano e fosse stato un banchiere credo che si sarebbe trovato il modo di salvarlo per “la stabilità del sistema”.
E magari sarebbe a capo di qualcosa invece che in cella negli Stati Uniti condannato a una pena detentiva di 150 anni. Qualcosa di inconcepibile per il nostro Paese dove persino Michele Sindona viene ancora ricordato da alcuni con affetto e stima come un grande banchiere-finanziere “incompreso” e un certo Giulio Andreotti arrivò a definirlo a un certo punto persino “il salvatore della lira”.
Altri tempi? Non so.
Ho meno di 50 anni e mi sono nutrito sin da piccolo di “pane e Borsa” avendo un padre appassionato del listino sin dagli anni ‘60. E quindi non mi stupisco più di nulla, avendo visto negli anni oscillare le fortune di Piazza Affari in modo incredibile, passando più volte dalla polvere all’altare e viceversa.
Non è mai stato facile investire. Non lo è oggi ma non lo era nemmeno nel passato. Anzi, se andiamo a vedere il numero di “sole” rifilate ai risparmiatori nel passato non so proprio chi vince il confronto. Se i tempi antichi o quelli moderni.
A qualcuno magari questi nomi non dicono nulla (titoli atipici, crac Sgarlata, Europrogamme di Arnaldo Bagnasco, galassia Sindona, il Banco Ambrosiano e La Centrale Finanziaria di Roberto Calvi , Eurogest di Paolo Federici, crac di numerosi agenti di cambio alla fine degli anni ’80 e poi di alcune Sim e poi il tempo delle obbligazioni strutturate, dei prodotti opachi, dei collocamenti selvaggi, dei prospetti “maledetti”…) ma le fregature, i tiri mancini, le operazioni sotto il tappeto e le “tosature” ci sono sempre state.

Si stava meglio quando si stava peggio?
Vi è sempre un piacevole effetto nostalgia dei “bei tempi andati” (probabilmente perché eravamo più giovani e spensierati) ma quando si parla di gestione del risparmio e Borsa non so se è proprio corretto. Prendete l’inizio degli anni ’80: la Fiat veniva data già per fallita da giornalisti come Giuseppe Turani e Eugenio Scalfari che avevano già dato anche Piazza Affari come spacciata e simile a un “catino vuoto”.
L’indebitamento (6.800 miliardi) della Fiat dell’inizio degli anni ’80 era ormai pari al fatturato e più del doppio del patrimonio netto: di fronte a Mirafiori il parco di auto invendute era impressionante e ricordo un mio vicino di casa che, visti i continui scioperi, con altri operai per impiegare il tempo durante assemblee e chiusure si era appassionato al ricamo punto e croce e la sua casa era piena di quadretti ricamati nel posto di lavoro.
E allora investire fuori dall’Italia era praticamente impossibile salvo che non eravate dei ricconi che magari avevate portato i soldi in Svizzera con gli spalloni o vi chiamavate Giovanni Agnelli (di cui oggi si celebra il decennale dalla morte).
Non sono quindi d’accordo con quegli investitori che dicono che si “stava meglio quando si stava peggio”: oggi l’informazione finanziaria, come la possibilità di diversificare, fare confronti e investire in modo consapevole, sono molto più numerose. Certo ci sono anche le trappole ma quelle sempre ci sono state e sempre ci saranno e sta a noi investitori riuscire ad evitarle, avendo oggi molte più possibilità che in passato di scansarle (o farne meno).
E non provo nemmeno nostalgia, quindi, per i “Bot che rendevano il 18%” quando l’inflazione rilevata (come nel 1980) era del +21,14% in un anno, per quanto sicuramente in quel mondo oggi lontano le banche erano istituzioni più oneste e meno “tentacolari” di quelle di oggi. E dove il confine fra banca e azzardo era veramente molto labile in diversi casi come la differenza fra Borsa e borseggio.
Esistono alternative per il risparmiatore ai banchieri di Stato e ai “tosatori” di professione? Sì.
Vi è poi una strana “dissociazione” in alcuni risparmiatori. Si lamentano del “sistema” e di quello che passa il convento ma ne rimangono incastrati e spesso dipendenti. Si lamentano del fatto che la propria banca o promotore (o anche buona parte della stampa finanziaria che fa da grancassa al Sistema) lo mettano nel sacco e con consigli poco disinteressati dai risultati nel tempo infimi ma poi continuano a dar loro sempre più fiducia o restarne “incastrati” per motivi anche psicologici come insegna la finanza comportamentale.
Più si perde più si resta attaccati alle proprie posizioni. Sic. E così si premia il peggio.
Ci si lamenta che il “Sistema”, soprattutto bancario-finanziario, è sempre più taroccato e chi più froda o opera in conflitti d’interesse (e danneggia l’interesse dei risparmiatori o propri clienti) più fa carriera (il caso di Giuseppe Mussari, divenuto presidente dell’Abi è clamoroso e non isolato) ma poi si fa fatica a riconoscere che esistano anche delle alternative. E c’è anche chi ha deciso di offrire la propria professionalità ed esperienza senza tirare giochi mancini o costi occulti, cari e furbetti perché crede nel valore della consulenza veramente indipendente e ha dimostrato che investire in modo flessibile, diversificato, intelligente e anche redditizio nel tempo si può, stando dalla parte del risparmiatore, senza compromessi.
E senza nascondere nulla sotto il tappeto.