Caso Parmalat: lezioni che si possono imparare da un crack

Ripercorriamo le tappe di uno dei casi di risparmio tradito che hanno più bruciato i soldi degli italiani: il caso Parmalat in breve fra omessi controlli, conflitti d'interesse e falsi bilanci

MoneyReport, il blog di SoldiExpert SCF

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È morto Calisto Tanzi il protagonista di una delle vicende di risparmio tradito più brucianti per i risparmiatori italiani: il caso Parmalat.

Il crack della Parmalat nel 2003 ha coinvolto 135.000 risparmiatori e provocato una voragine da 14 miliardi di euro. Nel 2012 la Corte d’Appello di Bologna condannava il patron della Parmalat a 17 anni e 12 mesi per bancarotta fraudolenta. Fausto Tonna, il suo ex braccio destro in Parmalat, fu condannato in appello a 9 anni. Insieme Tanzi e Tonna sono stati ritenuti i responsabili principali del dissesto della Parlamat di cui ripercorriamo le tappe. Per trarne preziose lezioni.

 

una pubblicità “profetica” della Parmalat apparsa sul settimanale Topolino qualche anno prima del crac

 

 

caso Parmalat IN BREVE: una bancarotta da 14 miliardi

 

La realtà nella vicenda Parmalat (quella vera) supera la fantasia e a farne le spese come sappiamo sono alla fine 135 mila risparmiatori con una bancarotta da 14 miliardi di euro (di cui oltre nove miliardi in obbligazioni detenute da risparmiatori). Il buco più grande in Europa (e non c’è molto da vantarci) e che ha visto sul banco degli imputati non solo il management di Parmalat ma anche il gotha delle banche italiani e mondiali (Deutsche Bank, Ubs, Morgan Stanley, Citibank, Credit Suisse e Bank of America, Capitalia, Intesa, Mps, Unicredit, Bnl, Popolare di Lodi solo per citare le più significative) che hanno quasi sempre accettato di transare pur di non rischiare condanne quasi certe in sede civile.

Con un copione simile a quello che è accaduto in altre aziende quotate (per esempio la Cirio) è emerso, infatti, il solito giochetto dello scarica-barile.

 

le obbligazioni Parmalat vendute per anni ai risparmiatori italiani

 

I debiti nei confronti di Parmalat sono stati spostati in molti casi al pubblico dei risparmiatori con il ricorso massiccio all’emissione di obbligazioni che venivano collocate direttamente nel portafoglio dei clienti fino a poche settimane prima del crac. Le banche in questo modo guadagnavano su più fronti. Non solo si liberavano di un debitore al limite dell’insolvenza, passando il cerino a una massa di risparmiatori. Ma riuscivano pure a ottenere un guadagno corposo da quest’operazione, lucrando incredibili commissioni di collocamento che si facevano pagare sia dalla Parmalat che dai malcapitati risparmiatori.

Paradigmatico a questo proposito fu il bond emesso dalla banca svizzera UBS a Parmalat di 420 milioni di euro, dei quali effettivamente solo 110 milioni furono incassati, mentre i restanti 290 milioni tornarono indietro alla banca, come assicurazione in caso di insolvenza il caso del bond da 300 milioni di euro sottoscritto da Nextra del gruppo Banca Intesa dove si dichiararono al mercato delle condizioni diverse rispetto a quelle effettive.

 

Il conto fantasma della Parmalat da 4 miliardi di euro

 

Il caso Parmalat scoppia nel dicembre 2003 quando Bank of America dichiarò che un documento attestante 4 miliardi di Euro sul conto di una loro filiale alle Isole Cayman di una consociata della Parmalat era totalmente contraffatto. Quei soldi non esistevano ed erano una pura invenzione contabile. Col bianchetto, fotocopie e scanner Tanzi, Tonna & Company avevano inventato degli attivi che non esistevano da nessuna parte, senza che nessuno per anni fosse andato a controllare.

Non se n’erano accorte le società di revisione (Grant Thornton e Deloitte & Touche) come la Consob, gli sceriffi di Piazza Affari che per anni avevano preso come oro colato tutti i bilanci fantasiosi partoriti dalla menta di Calisto Tanzi e dal fido ragionier Tonna.

 

caso Parmalat: la Consob ha fatto tutto il possibile ?

 

Una frode che era iniziata nel 1987 secondo lo stesso Calisto Tanzi e che non poteva essere fermata secondo la stessa Consob a leggere quando dichiarato dall’ex presidente Lamberto Cardia: «Sulla Parmalat la Consob ha fatto tutto quello che nelle sue condizioni poteva fare».

Che alla domanda sul perché i bond Parmalat continuassero ad essere quotati nella seconda parte del 2003 si è difeso nelle udienze e nelle interviste, tirando in ballo gli analisti finanziari “le cui valutazioni fino alla fine continuavano a suggerire di comprare o mantenere i bond Parmalat». Un altro scarica-barile..

Una dura lezione dal caso Parmalat

I proventi raccolti dai risparmiatori permettevano alle banche di rientrare dal loro debito verso Parmalat. Emblematico il caso Parmalat sul funzionamento della finanza (non solo italiana) dove la legge della giungla e del più furbo sono sempre in agguato.
O per dirla con lo scomparso John K. Galbraith, collaboratore di Roosevelt ai tempi del New Deal, consigliere economico e amico di John F. Kennedy e allievo di Keynes, la truffa è qualcosa di “fisiologico” nella moderna economia. Per Galbraith non ci sono solo i grandi crack finanziari o gli imbrogli chiaramente definibili come tali anche nelle aule dei tribunali. C’è anche la “frode innocente” perpetrata da chi sa come funziona davvero l’economia ai danni di chi non lo sa e basato sul potere del management delle grandi corporation e delle grandi banche, lasciati completamente liberi di agire indisturbati per il “bene della causa” come raccontava Alexander Solgenitsyn nella Russia comunista.

Un’economia della truffa che secondo il pensiero provocatorio ma sempre attuale di Galbraith si basa una circolazione di opinioni e informazioni, interpretazioni e fatti che non sono spesso verificabili e che nessuno vuole davvero verificare. E’ il (Dio) Mercato, bellezza.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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