LA MALEDIZIONE DI TELECOM ITALIA COLPISCE ANCORA: 10 ANNI DI DELUSIONI BORSISTICHE.

Dieci anni fa, era il fine luglio 2001, Tronchetti Provera rilevava da Colaninno, Gnutti & soci il controllo di Telecom Italia. Nel maggio 2007 passava poi la mano alla cordata italo-spagnola di Telco, quelli di Telefonica insieme ai soci "forti" Generali, Mediobanca, Intesa San Paolo e famiglia Benetton. In questi giorni si fanno i conti alla holding e il bilancio è amaro come il ritorno di quest'investimento per i tanti piccoli azionisti (quasi mezzo milione) che hanno creduto alle brillanti prospettive del settore TLC. Cosa c'è ancora dietro l'angolo?

MoneyReport, il blog di SoldiExpert SCF

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(Ha collaborato a questo articolo Emanuele Oggioni, gestore azionario di Saint George Capital Management (gruppo Fondiaria Sai), una società di diritto svizzero con sede a Lugano specializzato nell’asset management)

Quando i soci eccellenti di Telco decisero di rilevare dalla Pirelli di  Marco Tronchetti Provera il controllo di Telecom Italia (era l’ottobre 2007) in molti di loro avevano “fiutato” l’affare.

Al posto di un socio industriale non del settore, con capitali non infiniti e qualche problema serio d’immagine subentrava una potenza finanziaria di fuoco (Generali, Mediobanca, Intesa San Paolo e famiglia Benetton che già ne era azionista) e un socio (la spagnola Telefonica) con grandi competenze del settore.

Il titolo in Borsa peggio di così non sembrava potesse andare visto che sotto la gestione Tronchetti era passato da 3,6 a 2,1 euro. Ma il Diavolo non è così facile da scacciare come si dice a vedere poi il comportamento del titolo da quel cambio di gestione a oggi.

 

Dieci anni dall’ingresso di Tronchetti e 4 anni dal passaggio ai soci di Telco: tempo di bilanci

Si “festeggiano” proprio in questi giorni i 10 anni da quando Roberto Colaninno, Gnutti e compagnia bella dopo la scalata delle scalate passarono la mano al gruppo Olivetti-Telecom e per il 23% della Olivetti (posseduto da Bell) i nuovi proprietari di Telecom Italia (Tronchetti Provera e Benetton) pagarono 4,175 Euro per azione: una cifra già considerata allora enorme considerando che le Olivetti nel luglio 2001 quotavano in quell’estate solo 2,25 Euro.
A quell’epoca la telefonia fissa e mobile venivano considerate la gallina dalle uova d’oro e banche d’affari, analisti ed esperti nella maggior parte dei casi consigliavano senza remore il settore.

Qualche anno dopo l’andamento economico-finanziario inferiore alle attese e soprattutto un andamento borsistico molto pesante convinsero Tronchetti Provera a uscire da questa “diversificazione” per tornare a focalizzarsi nel settore dei pneumatici: il famoso “core business”. Aveva acquisito il controllo di Telecom per diversificare ma dopo averci rimesso una montagna di quattrini (e anche molte cause legali rimediate sotto la sua gestione) riscoprì le virtù di concentrarsi nel settore originario.

Come dicono a Milano vale forse il detto “ofele’ fa el to mesté.” che tradotto alla lettera significa: “Pasticciere, fai il tuo mestiere”.

Il 100% di Olimpia, la cassaforte che conteneva il 18% di Telecom Italia passò cosi di mano nel maggio 2007 per 4,16 miliardi di euro di cui 3,3 finirono nelle tasche di Marco Tronchetti Provera  In questa avventura durata 6 anni l’uomo del cinturato Pirelli ci rimette così circa 3,5 miliardi di euro ma può forse consolarsi col fatto che dalla cessione delle attività fotoniche di prima generazione avvenute nel 2000 a Corning aveva ottenuto una simpatica plusvalenza di 3,9 miliardi di euro, di cui una buona parte incassati personalmente grazie a sapienti stock option date alle persone giuste al momento giusto. Ma questa è un’altra storia.

Nel maggio del 2007, a seguito della volontà di Pirelli di uscire dal business telefonico (per Tronchetti Provera era probabilmente scattato lo “stop loss”), la società Telco raggiunge così un accordo per l’acquisto dell’intera Olimpia, a 2,82 euro per azione, in totale 4,16 miliardi di euro.

E pazienza se all’assemblea dell’anno precedente di Pirelli aveva dichiarato che “Telecom è la migliore azienda di telecomunicazioni d’Europa” agli azionisti che si lamentavano del cattivo andamento in Borsa dei titoli, ammettendo però che “se le cose andassero male, sarei il primo ad andarmene”.

Evidentemente Tronchetti nel maggio del 2007 fa qualche riflessione su questo punto e trova dei “patrioti” disposti a rilevarne il controllo con la partecipazione straordinaria degli spagnoli di Telefonica.

 

Svalutate, svalutate, qualcosa resterà

A Piazza Affari (e non solo) la stella di Telecom Italia continua anche sotto la gestione Telco a non brillare. Il titolo negli ultimi 4 anni (dal 2007 ai giorni nostri) è sceso ancora (da 2,4 a 0,9 euro) e l’andamento economico non è stato proprio fra i più brillanti.

I soci di Telco, la holding che raggruppa gli azionisti che ne hanno rilevato il controllo da Tronchetti Provera (Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, Benetton e la compagnia iberica Telefónica) hanno così in questi giorni dovuto nuovamente svalutare il valore della partecipazione in Telecom detenuta.

Lo avevano già fatto nel 2009 per 1,4 miliardi di euro ora lo rifaranno in queste settimane per altri 1,2 miliardi di euro, portando il valore di carico delle azioni Telecom a 1,8 dai precedenti 2,2 euro.

In totale sono così ufficialmente 2,6 miliardi di euro i soldi persi per i soci di Telco per quanto la realtà è ancora peggiore dato che a Piazza Affari il titolo Telecom vale oggi circa la metà del valore stimato dalla banca d’affari che ha assistito Telco nella redazione del bilancio: il titolo Telecom Italia vale ora in Borsa poco più di 0,9 euro.

Come dire che in pancia la holding di controllo Telco ha un’ulteriore svalutazione di ulteriori 2,6 miliardi di euro se dovesse fidarsi dei prezzi di borsa e non del giudizio della banca d’affari Lazard.

Ma i soci di Telco dentro la holding  non possono certo permettersi una valutazione in bilancio così pesante e fotografare la realtà: se lo facessero, infatti, la somma netta delle attività della holding passerebbe a zero.

E di procedere a un massiccio aumento di capitale per ricapitalizzare la holding nessuno dei soci importanti di Telecom ci vuole pensare.

Se Tronchetti Provera aveva realizzato un “bagno di sangue” in Telecom Italia dal punto di vista finanziario i soci di Telco, guardando le valutazioni espresse da Piazza Affari hanno così superato …il “maestro”. La scommessa finanziaria e industriale non sembra stata azzeccata anche se bisogna ammettere che sulla società Telecom Italia sembra esserci sopra una sorta di maledizione di Tutankhamon che grava sui nuovi compratori. Pochi mesi dopo l’acquisto di Telecom da parte della Pirelli arrivò l’attacco alle Torri Gemelle e il crollo dei mercati; dopo l’ingresso da parte dei soci Telco è arrivata la crisi dei subprime, il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers e un nuovo crollo dei mercati… E nel grafico del titolo tutte queste “stilettate” si possono ben vedere.

E a dispiacersene sono in primis i tanti piccoli azionisti e risparmiatori cassettisti che avevano puntato sul titolo Telecom Italia (e prima Tim) convinti che una blue chip di questo tipo aveva un futuro assicurato. Ma non al ribasso…

Via ora alle svalutazioni. Ma senza esagerare…

La decisione nel bilancio di Telco di svalutare la partecipazione in Telecom Italia peraltro coinvolge ora tutti gli stessi azionisti della holding (Generali, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e la spagnola Telefonica). Devono prendere atto della svalutazione anche dentro i rispettivi bilanci  e procedere di conseguenza.

I più perplessi e sfavoriti sono gli spagnoli di Telefonica, soci con il 46%: all’epoca pagarono più degli altri (2,6 euro ad azione contro 2,2) perché speranzosi di portarsi a casa Tim Brasil e di acquistare a “tocchi” quello che c’era di buono dentro Telecom Italia. Ora rischiano una minusvalenza miliardaria.

Ma male se la passano anche gli altri soci che se dovessero deprezzare di 0,4 euro la partecipazione in Telecom Italia tramite Telco dovrebbero registrare una perdita potenziale di 120-130 milioni di euro per Mediobanca e Intesa Sanpaolo e di 370 milioni per Generali che detiene una quota maggiore ma è riuscita “brillantemente” a spalmare le perdite anche sui suoi assicurati, facendoli partecipare a questa “brillante” operazione.

Cosa succede con la “nuova gestione” Telco e quali le prospettive future per il gruppo?

E quanto vale veramente Telecom Italia? Quello che dice (in modo sicuramente non proprio ininfluente per i soci di Telco) la perizia di Lazard per Telco (1,8) o quello che dice il mercato (0,9 euro)?

Il bello dell’analisi fondamentale è che ciascuno può dire la propria e se si guarda cosa dice il “consenso” degli analisti che seguono il titolo Telecom Italia è una fiera dove ognuno può trovare di tutto. Sul titolo Telecom Italia a leggere cosa riassume Bloomberg ci sono 11 consigli d’acquisto (“buy”), 16 che dicono di mantenerla (hold) e 10 di liberarsene (“sell”).

E il target medio dei 28 analisti che si esprimono è di 1,14 euro mentre nell’ultimo anno il target medio è stato di circa 1,20 euro.

Il business momentum della società non è quindi proprio brillante, soprattutto in Italia. Oltre al classico calo della telefonia fissa (che sperimentano tutti gli incumbent europei) si evidenzia da tempo anche una debolezza nel mobile dove la società ha perso quote rispetto a Vodafone e altri concorrenti e mostra continui cali di redditività.

Anche le stime per i risultati del primo semestre dell’anno (che saranno pubblicate il 4 agosto) non sono brillanti: i ricavi della telefonia mobile in Italia sono attesi a -10% nel secondo trimestre 2011 rispetto a un anno fa, mentre quelli del fisso a -5%. Nel primo semestre l’Ebitda (l’utile prima degli oneri finanziari, ammortamenti e tasse) è atteso scendere dell’8%. Le attività brasiliane sono ovviamente più in salute, anche se il loro peso rimane piuttosto marginale: il peso dell’Ebitda del Brasile salirà al 15% del totale di gruppo nel primo semestre 2011  con una crescita attesa del ricavi del 20% nel primo semestre 2011 rispetto ad un anno fa e un aumento dell’Ebitda del 13%, quindi con un calo di redditività se rapportato al fatturato.

Il trend di fondo del business non solo di Telecom Italia (e non per colpa quindi della gestione di Franco Bernabè. amministratore delegato di Telecom Italia)  ma di tutto il settore telefonico europeo rimane “poco allegro”: gli utili e soprattutto la capacità di generazione di cassa calano in modo lento ma costante di anno in anno da ormai molto tempo, e così sarà ancora per il futuro secondo le previsioni.

Del resto è anche vero che i titoli incorporano questo trend discendente, oltre che di recente per Telecom Italia che il fatto di essere un titolo italiano nel mirino degli speculatori anglosassoni ha portato le quotazioni a valori che in altri tempi (solo qualche anno fa) sarebbero sembrati da liquidazione:  oggi Telecom Italia (TIT) vale 7 volte gli utili attesi nel 2011. Ma va detto che non è così a sconto rispetto ad altre blue chips europee del settore.

Per gli amanti del dividendo  bisogna poi ricordare che le azioni di risparmio (TITR) ai livelli di prezzo correnti, offrono un ritorno sul dividendo del 9%, che annualizzato significa ancora di più, visto che la prossima cedola sarà staccata ad aprile 2012.

Quella del dividendo (come la storiella che i titoli con dividendo elevato sono un affare ed è un’ottima strategia accaparrarseli per moltiplicare nel tempo senza fatica i propri risparmi; vedi questo articolo di oltre un anno fa ma sempre attuale) è stato però in questi anni una trappola per molti risparmiatori: la società ha ritoccato al ribasso il valore della cedola (da 0,151 a 0,069) e il titolo è sceso quasi quanto quello ordinario: poco meno del 40%. Il “pavimento” del dividendo elevato non ha propriamente retto..

Sul settore telefonico le nubi non sono ancora passate e secondo un recente report di Nomura le stime di consenso sugli utili futuri dovrebbero essere ulteriormente tagliate per tener conto dell’impatto dell’austerità in Europa e della cannibalizzazione del mobile da parte di Internet. Su Telecom Italia il broker giapponese ha così confermato il rating reduce con target price da 1,08 a 0,95 euro (da 1,02 a 0,86 euro nel caso della risparmio, rating neutral confermato) ma il giudizio negativo riguarda quasi tutte le società del settore.

Come consulenza operativa (e quindi i portafogli di SoldiExpert SCF) da diverso tempo il titolo Telecom Italia non è presente nei nostri portafogli e secondo le nostre strategie (attive e basate su quanto di dice il trend del titolo e non il report di un analista giapponese, francese o italiano, magari in conflitto d’interesse come intermediario o banca) non ci sono ancora segnali di forza per posizionarsi sul titolo.Preferiamo non stare…in linea col titolo: magari non compreremo ai minimi ma in questi anni ci siamo evitati un salasso superiore al 70% della capitalizzazione.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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