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Nell’ultimo periodo abbiamo sentito spesso parlare dell’indagine sulla Juventus per le famose plusvalenze sospette e fatturazioni false. Ma come tutti sappiamo molte squadre di calcio sono quotate sui mercati finanziari italiani ed europei. È così redditizio investire sulle società di calcio?
Il caso delle azioni Juventus sono un esempio per capire perché investire nelle squadre di calcio è un rischio. Si respira, infatti, confusione vera nel mondo del calcio professionistico, dopo che la procura di Torino ha aperto un’indagine sulla Juventus F.C. per plusvalenze sospette e fatturazioni false.
Il caso che riguarda le azioni Juventus ha preoccupato non pochi tifosi/investitori, tra cui uno che domandava se le azioni Juventus fossero in caduta libera e se investire nelle squadre di calcio ha senso e se si possono valutare un’opportunità finanziaria interessante. Ecco la domanda del tifoso bianconero a cui ho risposto sul quotidiano Domani, all’interno della Posta del Portafoglio.
Ho letto in queste settimane delle vicissitudini anche in Borsa della Juventus: il titolo è crollato per l’inchiesta della procura di Torino sulle plusvalenze sospette. Investire sulle azioni del calcio è un investimento coi piedi o potrebbe essere un affare nel lungo periodo? Si potrebbe approfittare di questa fase per entrare sui ribassi e così medio il prezzo di carico? Ci sono fondi d’investimento specializzati in questo comparto?
T.
Ecco quale è stata la mia risposta.
Investire in azioni del calcio conviene?
Peter Lynch, uno dei più grandi money manager della storia diceva: “investite solo nei business che anche un idiota può amministrare, perché presto o tardi un idiota probabilmente li amministrerà”. È lecito, dunque, chiedersi se investire in azioni del calcio conviene o meno.
Per perdere soldi ci sono diversi metodi ma quello di investire in azioni del calcio è fra i più efficaci. Troppe le incertezze, i fatti imprevedibili e volubili perché la palla è rotonda e non sappiamo mai dove può andare. Investire seriamente in questo business è troppo rischioso: nitroglicerina quasi pura. Salvo che non commerciate naturalmente in giocatori come Mino Raiola o siate un po’ “ricchi e scemi” come pensava Giulio Onesti, presidente del Coni.
Christian Seifert, l’amministratore delegato uscente della Lega calcio tedesca, qualche tempo fa ha criticato pubblicamente la mancanza di equilibrio delle società calcistiche definendole: “macchine brucia soldi mal gestite”.
Come sono andate le azioni del calcio (o meglio delle società di calcio) nel corso di questi anni? Nel 1992 fu creato un indice azionario europeo che misurava l’andamento in Borsa dei club quotati, il Dow Jones Europe Stoxx Football. Lo scorso agosto questo indice è stato dismesso (non c’erano file di investitori istituzionali interessati evidentemente) ma in un periodo di tempo certo significativo il rendimento di un ipotetico investitore che replicava questo indice sarebbe stato sostanzialmente poco più di zero in 30 anni. E con botte da orbi per chi fosse entrato sui massimi (-80% dai picchi del 1998).
Per fare un confronto, nello stesso periodo un risparmiatore che avesse investito nel più noioso indice azionario europeo Euro Stoxx che raggruppa tutte le principali società quotate in tutti i settori avrebbe moltiplicato per quattro il capitale di partenza. E senza considerare un 2% in più ogni anno mediamente di dividendi percepiti rispetto a chi ha puntato sul pallone.
«Acquisire azioni delle società di calcio può senza dubbio essere un affare», assicurava Sergio Cragnotti (ex n.1 della Cirio condannato poi per bancarotta fraudolenta), patron della Lazio, il primo club calcistico a quotarsi a Piazza Affari nel 1998.
Il tifoso azionista laziale da quel lontano collocamento oggi è in rosso del -95%: in pratica ha perso quasi tutto. È chiaro quindi che se si considerano questi esempi rilevanti alla domanda se investire in azioni del calcio conviene è difficile dare una risposta affermativa. E lo dimostra anche questo grafico.
E nell’ultimo anno anche la Juventus in Borsa è precipitata ben sotto il prezzo del collocamento del 2001 e in queste settimane si è rimangiata anche il famoso “effetto Ronaldo” che aveva visto schizzare il titolo nell’estate 2018 con l’annuncio dell’ingaggio del miglior goleador della storia del calcio.
È cronaca di questi giorni che i dirigenti più importanti della Juventus sono indagati per falso in bilancio e false fatturazioni. Con un faro sui 282 milioni di euro di plusvalenze generate negli ultimi 3 anni nello scambio dei calciatori. E potrebbero aggiungersi a questa indagine altre figure di diverse squadre, perché i giochi arditi di bilancio sono, purtroppo, da troppo tempo, una parte dello show.
Certo è che i bilanci degli ultimi anni della Juventus rispetto a quelli degli anni precedenti (nel passato, peraltro, avevamo una bella e simpatica plusvalenza “vera” sui titoli della Juventus in alcuni dei nostri portafogli azionari italiani più speculativi) sono in effetti roba che scotta e l’affare Ronaldo e il sogno (infranto) di grandeur europea di Andrea Agnelli stanno costando moltissimo agli azionisti.
Investire in azioni del calcio potrebbe avere anche un senso, poiché producono non solo emozioni, ma anche contenuti preziosi per lo streaming (televisivo e non) oltre ad altre forme di ricavo come sponsorizzazioni e merchandising. Perciò investire in azioni del calcio si potrebbe prendere in considerazione (seppure con le pinze) nel caso in cui le aziende siano gestire con criteri economici e fonti di entrata diversificate.
In questo caso le squadre di calcio potrebbero essere, quindi, prese in considerazione per un investimento finanziario, ma tutto questo, come sappiamo, accade raramente e la sostenibilità dei bilanci è uno sport poco praticato.
Se guardiamo, infatti, i bilanci delle squadre di calcio italiane degli ultimi anni vediamo spesso cose folli con costi della rosa di giocatori anche di centinaia di milioni di euro (anche il 70% in Europa secondo l’agenzia di rating Fitch), pagamenti sospetti a procuratori e mediatori di ogni tipo, talvolta fidejussioni false, buchi di bilancio da brividi, plusvalenze fittizie e tutto questo spesso accade perché i conti non starebbero in piedi per moltissime squadre.
Acquisti costosi mettono a dura prova il bilancio di un club, perché le spese di trasferimento devono essere poi ammortizzate per anni durante il rispettivo periodo contrattuale del giocatore. Tutto questo genera debiti sempre più ingestibili e con questa forbice ricavi/costi l’idea meravigliosa di molti presidenti (non tutti naturalmente) è aggiustare i bilanci con le plusvalenze derivanti dalle compravendite dei tesserati.
Ci sono certo quelle vere quando un campione esplode e c’è un’altra squadra che te lo richiede a un prezzo nettamente superiore al “cartellino”, ovvero al prezzo di carico in bilancio. È successo alla Juventus con Pogba ceduto al Manchester United nel 2016 per 105 milioni di euro con una plusvalenza pazzesca per la squadra bianconera pure al netto dei 27 milioni di euro corrisposti a Raiola, il procuratore.
Ma poi esistono certamente quelle sospette (come quelle su cui sta indagando la Procura di Torino). E che non riguardano nel mondo del calcio solo la Signora d’Italia (controllata dal gruppo Exor, ovvero Elkann Agnelli) poiché di cani da 30 milioni di euro scambiati con 2 gatti da 15 milioni di euro se ne trovano in moltissimi club. E non solo in Italia.
E questo giochino va avanti da decenni con tante authority e revisori che si sono finora sempre voltate dall’altra parte e ricordo lo scomparso avvocato Victor Uckmar (ex presidente della Covisoc che doveva essere l’organismo della Federcalcio con la funzione di controllo sui bilanci delle società) che tutte queste cose le diceva già oltre 20 anni fa.
Se si usano le plusvalenze fittizie, per esempio, scambiandosi a valori lontanissimi dalla realtà i giocatori solo per aggiustare i conti, si falsificano sostanzialmente i bilanci e questo nel mondo normale sarebbe un reato.
La pandemia ha peggiorato il quadro, ma non è certo la sola causa scatenante della crisi delle azioni Juventus o in generale dell’investire in azioni del calcio, come alcuni presidenti di club sostengono per nascondere la loro pessima gestione e chiedere aiuti o inventarsi cose creative per tappare i buchi e dare un calcio al barattolo (dalla Superlega ai fan token).
I gestori professionali nei fondi d’investimento raramente per queste ragioni puntano sulle azioni del calcio (fra questi il fondo inglese Lindsell Train che detiene il 12% del capitale della Juventus e ha anche in posizione azioni del Manchester United ma sembra deluso dell’attuale management bianconero) e non esistono quindi fondi attivi o passivi specializzati solo sulle azioni dei club calcistici.
In Francia è stato lanciato qualche tempo fa un fondo dedicato al mondo degli sport, ma il suo gestore, Arnaud Morvillez, di Uzès Sport ha spiegato che non investono su questo tipo di società perché considerate troppo rischiose come modello di business. E per questa ragione preferiscono concentrarsi, per non andare nel pallone, su società come Nike, Adidas, Shimano, Puma, Callaway Golf o simili.
Forse è meglio seguire il calcio solo la domenica quando i mercati finanziari sono chiusi e comprendere che investire nelle squadre di calcio è un rischio.
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