Un misto di ignoranza e avidità. Costata ai clienti della Banca Popolare di Milano oltre 300 milioni di euro di sudati risparmi. Investiti su consiglio dei dipendenti della banca su un titolo che era venduto come una normale obbligazione, ma che già dal nome era chiaro che non fosse proprio così. Sul famigerato Convertendo BPM 2009/2013 6,75% furono investiti in tutto 406 milioni di euro in parte da investitori istituzionali ma in parte maggiore dai clienti della banca.
L’acquisto del titolo fu spinto in tutti i modi agli sportelli della BPM su mandato dei vertici della banca, si legge nelle carte del pubblico ministero Roberto Pellicano e finì in tasca a 15000 clienti tra cui pensionati, casalinghe, impiegati. I risparmiatori della banca che hanno sottoscritto il convertendo BPM hanno perso tra il 70% e il 90% di quanto investito. Due anni prima della scadenza del titolo, il 22 dicembre 2011 Banca Popolare di Milano decise di anticipare la scadenza del prestito procedendo alla conversione anticipata delle obbligazioni in azioni. I clienti subirono una perdita almeno pari a 2/3 del capitale investito nel titolo di cui non avevano compreso le caratteristiche.
Con la Mifid l’ignoranza “paga”
Alcuni clienti della Banca Popolare di Milano hanno fatto causa all’istituto e grazie al tavolo di contrattazione che la banca ha istituto con alcune associazioni dei consumatori hanno recuperato una parte del capitale investito. Nessuno ha recuperato il 100%. I piu’ “ignoranti” in materia di investimenti finanziari, hanno ottenuto fino al 65% di quanto avevano investito. Chi invece non era proprio a zero come grado di conoscenza in materia finanziaria, ha ottenuto un rimborso del 30%. La BPM per questa vicenda ha pagato risarcimenti per 57 milioni di euro, una cifra molto inferiore (quasi 9 volte meno), all’ammontare del danno procurato ai risparmiatori.
Chi pagherà per questa distruzione di risparmio? I soliti noti, i risparmiatori. L’accusa di truffa nei confronti degli allora vertici di Banca Popolare di Milano (Massimo Ponzellini, ex Presidente BPM, Enzo Chiesa, ex condirettore generale e ex responsabile area finanza della banca, Fiorenzo Dalu, ex direttore generale della banca, Ivano Venturini, responsabile compliance e Marco Frascolla, ex funzionario audit di Bpm) va verso l’archiviazione. Non perché non siano emerse responsabilità a loro carico, ma perché il reato è difficile da dimostrare. Scrive infatti il pm Roberto Pellicano che “gli indagati hanno spinto spregiudicatamente la collocazione del prodotto presso la rete commerciale” ma non vi è prova che “i vertici abbiamo illustrato con chiarezza alla rete di vendita la reale natura del titolo, la cui comprensione (assolutamente fuori dalla portata conoscitiva dell’investitore) è rimasto legato alle specifiche conoscenze dei singoli venditori”. Ovvero la colpa non è solo dei vertici ma è comunque anche dei dipendenti della banca secondo il pm, che hanno collocato il prodotto ai clienti. Anche se “la vendita era spinta dalla dirigenza” i vertici non possono essere individuati come unici e soli responsabili in quanto “cio’ non è sufficiente a escludere l’autonomia del comportamento dei venditori in ogni singola negoziazione”. Il pm Roberto Pellicano motiva così la richiesta di archiviazione nei confronti degli ex vertici della BPM.
Banchieri in galera? Questa sì che è una chimera
Se il giudice accoglierà la richiesta del Pm, nessuno dei vertici di allora di BPM subirà una condanna per un comportamento che il pubblico ministero definisce “spregiudicato”. Tutti coinvolti ma nessun colpevole. “La strada del penale in questi casi – spiega Letizia Vescovini avvocato specializzata in diritto bancario e degli intermediari finanziari – si presenta molto in salita; difficilmente si ottiene una condanna e ancora più difficilmente questa condanna consente al risparmiatore di riavere i soldi investiti perché magari nel frattempo i responsabili si sono spogliati del loro patrimonio. Poi è possibile che nel corso del procedimento il reato di prescriva. Solitamente è consigliabile procedere con una causa civile se si vuole riottenere il denaro investito. La giurisprudenza della Cassazione in questi anni si è evoluta in modo estremamente favorevole per il risparmiatore e se la banca viene condannata in sede civile è sicuramente in grado di provvedere al pagamento del dovuto”.
Dalle truffe mi guardi Dio, che dai Pm mi guardo io
I banchieri si sa quando sentono la magistratura sul collo, sono bravissimi a spogliarsi di tutto come recentemente ha fatto Gianni Zonin, ex Presidente della Banca Popolare di Vicenza, che ha intestato quasi tutto quello che aveva a moglie e figli.
Sul fronte delle sanzioni, in Italia non costituiscono un vero deterrente. Si puo’ benissimo diventare Amministratori Delegati di una banca sistemica anche a fronte di una sanzione comminata dall’Organo di Vigilanza. E’ recentemente accaduto nel caso di Marco Morelli nominato AD del Monte dei Paschi di Siena nonostante abbia ricevuto una sanzione da parte della Banca D’Italia quando era vicedirettore generale di MPS per il collocamento del prestito Fresh da 1 miliardo (mica spiccoli) che servì per finanziare l’acquisto di Antonveneta. ”In Italia – spiega Massimo Scolari Presidente di Ascosim – a differenza di altri paesi più rigorosi come il Lussemburgo, non c’è nessun obbligo di dichiarare le sanzioni ricevute né nessun ostacolo ad assumere cariche in banche o società di gestione nonostante le sanzioni comminate dall’Organo di Vigilanza”.
Oltre a non pregiudicare la futura carriera queste sanzioni sono spesso di ammontare risibile nei casi dei grossi istituti di credito “mentre possono mettere in ginocchio – avverte Scolari – realtà di piccole dimensioni”. Il motivo lo spiega bene Scolari “è come con le multe: per ogni infrazione commessa c’è un quantum da pagare in misura fissa. Solo recentemente, con la riforma del sistema sanzionatorio derivante dalla Direttiva CRD4 l’importo della sanzione è anche commisurato al danno provocato e alle dimensioni dell’istituto di credito per cui si lavora.” Enzo Chiesa ex condirettore di Bpm e responsabile area finanza è stato multato per il collocamento “spregiudicato” del convertendo Bpm per 175 mila euro quando ha ricevuto solo di buonuscita 2,3 milioni di euro. “Le sanzioni sono ridicole per le banche – rincara la dose l’avvocato Letizia Vescovini – si parla sempre di sanzioni per centinaia di migliaia di euro mai per decine o centinaia di milioni di euro. La banca non è disincentivata comportarsi in modo scorretto: economicamente le conviene correre il rischio e se la beccano pagare”.
Come difendersi dai collocamenti selvaggi
Se le Authority hanno le armi spuntate e la Magistratura getta la spugna, come si fa a difendersi in questi casi? In passato erano possibili due strade: rivolgersi a un avvocato o farsi rappresentare da un’associazione dei consumatori come hanno fatto parte dei sottoscrittori del convertendo BPM. Da qualche mese però avverte Massimo Scolari Presidente di Ascosim è possibile anche ricorrere all’arbitro finanziario che è gratuito. Ma raccomanda Scolari “bisogna assolutamente avere a casa una copia del questionario Mifid e spesso i clienti delle banche non lo conservano. E’ un documento che attesta le reali conoscenze in materia finanziaria dei clienti, i prodotti su cui fino a quel momento ha investito e quelli di cui non conosce il funzionamento. Se il cliente ha una bassa conoscenza in materia di investimenti e la banca colloca un prodotto inadatto al suo profilo di rischio, il cliente puo’ far causa alla banca e nella maggior parte dei casi la vince. Con la Mifid dal 2007 la banca puo’ vendere solo i prodotti piu’ adatti alle caratteristiche del cliente individuate tramite un questionario”. Per chi non fosse in possesso di questo documento, il profilo MIFID, il consiglio è di richiederne subito una copia al proprio istituto di credito perché in caso di contenziosi futuri sarà un documento indispensabile per avere giustizia. Il secondo consiglio di buonsenso è di non farsi assolutamente compilare il questionario Mifid dall’impiegato della banca o dal consulente finanziario.
Spesso il risparmiatore si affida e si fida totalmente di quello che gli consiglia l’impiegato allo sportello (bancario o postale) e il promotore finanziario. Difficilmente legge il prospetto informativo prima di sottoscrivere un prodotto , un documento che comunque, secondo Scolari “non credo i piu’ siano in grado di capire in particolare in presenza di prodotti complessi”. Chiedere un secondo parere indipendente sul prodotto consigliato quando non si è dei Gordon Gekko (lo speculatore in Borsa del film cult “Wall Street) della finanza non sarebbe male. Anche se costa qualcosa. “L’unica strada per arginare il potere dei collocatori è la consulenza su base indipendente – sostiene Scolari – quella in cui la parcella è esplicita e il consulente non ha un interesse a collocare al risparmiatore uno specifico prodotto finanziario che lui o la sua banca hanno in quel momento interesse a spingere. ” Risparmiatore avvisato mezzo salvato.