“Fatti non foste per investire come bruti”. Si potrebbe riassumere in questa frase, quasi parafrasando Dante se non fosse per quel “non” che qui scompare, il Legrenzi pensiero. Sì perché secondo questo studioso di finanza comportamentale e Professore di psicologia cognitiva presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, noi umani, lasciati a noi stessi, siamo proprio fatti per investire come bruti.
Nel suo ultimo libro “Soldi in Testa” (Laterza Edizioni) Paolo Legrenzi ribadisce un concetto che è un po’ il suo mantra. “Siamo fatti male per gestire i nostri soldi” . E siccome siamo fatti male, Legrenzi propone una ricetta tranchant per risolvere il problema di gestire al meglio il nostro patrimonio. Delegare a un terzo la sua cura. Una decisione non solo opportuna ma assolutamente necessaria. Per proteggere i nostri figli dalle nostre paure e mancanze.
Legrenzi va dritto alla pancia del lettore e anche al cuore. Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per permettere al nostro patrimonio di crescere. Ne va del benessere nostro e delle generazioni future “Questa è la generazione dal dopoguerra in poi che avrà in media redditi più bassi della generazione precedente”. Far crescere il patrimonio è un imperativo categorico. Chi oggi ha dei patrimoni ha la grande responsabilità secondo Legrenzi di preservarli e accrescerne il valore per trasmetterli alle future generazioni che staranno peggio, molto peggio dei loro padri.
Fallo per i tuoi figli, glielo devi
Una grande compito ci attende. Ma un compito improbo, per colpa delle nostre emozioni e del funzionamento del nostro cervello quando si tratta di prendere decisioni sugli investimenti. “La ricerca assoluta della sicurezza comporta un altrettanto assoluta certezza di distruggere il valore dei propri risparmi” mette in guardia Legrenzi. Perché gli investimenti sicuri offrono rendimenti reali negativi. Ovvero non proteggono dall’inflazione. E così anno dopo anno noi dilapidiamo il nostro patrimonio. Non solo non cresce ma ne perdiamo ogni anno un pezzo per strada. Finché tra dieci o vent’anni tutta la fatica che avremo fatto per accumulare ricchezza sarà vana perché il nostro patrimonio sarà stato intaccato dall’inflazione. O da investimenti sbagliati.
“Nella gestione dei nostri risparmi non abbiamo le paure giuste” ammonisce Legrenzi “La paura è così forte da farci accettare tassi reali negativi”. O da farci concentrare tutti i nostri risparmi su un unico asset: il Belpaese. “Un miscuglio di errori e illusioni ha condotto gli italiani a non investire il risparmio nel modo più efficiente” sostiene Legrenzi. 2/3 dei risparmi degli italiani sono sugli immobili, il resto è investito su ciò che ci sembra più a portata di mano anzi di mente (depositi bancari, obbligazioni bancarie, titoli di stato). Insomma fuori dall’Italia la maggior parte dei connazionali non si avventura. A meno che…anziché fare da soli non si rivolgano a un consulente che apre una finestra anche mentale su mondi nuovi e apparentemente sconosciuti.
Un’ottima novità per il patrimonio che viene così diversificato su più asset finanziari ma una pessima notizia per il cliente perché quando sono altri a decidere, non per il suo benessere ma per quello del suo patrimonio, la sua tolleranza alla volatilità crolla. Tolleranza che è altissima quando i titoli su cui investire sono stati scelti da lui. E gli suonano familiari. Belpaese escluso “Tutto il resto è ignorato” sostiene Legrenzi.
Si preferisce puntare su ciò che è noto, familiare, anche se non ci si rende conto che così facendo si viola un principio fondamentale del buon investimento: la diversificazione. Non siamo fatti bene per investire i nostri risparmi ma possiamo imparare a farlo secondo Legrenzi “imparando dagli errori e superando illusioni e ostacoli”. Le case sono l’investimento preferito dagli italiani semplicemente perché non vedono ogni giorno il valore del proprio immobile pubblicato sul giornale. Nessuna oscillazione, nessun dolore.
Poi però arrivano momenti come questi in cui se vuoi vendere devi accettare perdite del 20/30% del valore dell’immobile. Sempre che si riesca a trovare un compratore disposto ad acquistare. Merce rara di questi tempi. E il suo investimento si rivela per quello che è: un’illusione. Per investire bisogna superare le illusioni. E anche tanti ostacoli. Soprattutto trappole mentali che ci portano a scelte sub ottimali.
Investire? Un paradosso
“Una persona risparmia per ridurre l’incertezza del suo futuro – spiega Legrenzi – e tuttavia al contempo questa persona è costretta a collocare i suoi risparmi in forme di investimento che a loro volta hanno un futuro incerto”. La prima domanda che mi viene fatta da chi non conosce il funzionamento dei mercati finanziari è quanto si guadagnerà. La risposta è altrettanto onesta: non lo sappiamo prima. Ma l’investimento finanziario in titoli mobiliari è di gran lunga preferibile ad altri investimenti alternativi. Che ci illudono di essere buoni investimenti solo perché non essendo quotati non oscillano di valore. Hai a cuore i tuoi risparmi?
Allora dimenticali è meglio
Il secondo ostacolo che si frappone alla gestione ottimale del proprio patrimonio è anch’esso un paradosso. “Sarebbe meglio per il benessere dei nostri risparmi che non ci stessero troppo a cuore – propone provocatoriamente Legrenzi – seguire con apprensione gli alti e i bassi dei propri risparmi innesca errori nella scelta dei momenti di entrata e di uscita dai mercati finanziari e ci spinge a detenere una percentuale bassa o nulla di azioni.”
Insomma manchiamo di prospettiva “Prendiamo decisioni troppo basate sui tempi corti” sostiene Legrenzi. Ed è difficile dargli torto. Dopo un rialzo delle Borse, torna prepotente la voglia di azioni. Al contrario quando i mercati scendono di azioni non se ne vorrebbe detenere nessuna. Il meccanismo è identico: si estende un momento passeggero a un trend secolare. Si ragiona sui “tempi corti”.
Secondo Legrenzi per uscirne vivi da queste trappole della mente dovremmo fare come Ulisse con le sirene. Passare loro vicino ma dopo esserci tappati le orecchie e fatti legare a un palo per non cedere alle loro illusioni. Se non abbiamo imparato a difenderci dalle nostre emozioni quando investiamo, soprattutto dal dolore delle perdite, ci ricorda il professore di finanza comportamentale, è meglio separarsi dalla gestione del proprio denaro.