Ci sono ETF pericolosi o sono tutti strumenti sicuri?

ETF, rischiosi o sicuri? Come per azioni, obbligazioni o derivati, anche quando si investe in ETF per evitare brutte sorprese bisogna valutare bene sia le caratteristiche specifiche dello strumento sia il suo “peso” nel portafoglio

 

Gli ETF sono strumenti sicuri o ci sono ETF pericolosi a cui fare attenzione? A chi ha poca dimestichezza con gli strumenti d’investimento, ma sente la necessità di far fruttare o almeno di investire i propri risparmi, la finanza può sembrare una selva oscura. Pericoli da ogni parte, strane ombre che si aggirano per il bosco a caccia dei nostri soldi, sentieri difficili da trovare.

E la paura fa emergere fantasmi da ogni angolo. Anche fantasmi inesistenti, o quasi.  O consigli di parte e demonizzazioni che non hanno molto senso se non quello del conflitto d’interessi dell’oste che vorrebbe venderti il suo vino (anche se è più caro e scadente).

SoldiExpert SCF riceve spesso email da persone che richiedono una consulenza finanziaria indipendente, un parere o, a volte, una semplice rassicurazione. E proprio da una di queste email prende spunto questa analisi.

 

 

ETF Pericolosi: Rischi Reali o Falsi Allarmi Bancari?

 

La signora Lucia ha infatti riflettuto sul dubbio “gli ETF sono strumenti sicuri o ci sono ETF pericolosi a cui fare attenzione?” e quindi sull’opportunità di investire in ETF (Exchange Traded Funds, ovvero quote di fondi negoziabili in borsa). Timorosa di entrare nella “selva” di questi strumenti, ha espresso così le sue perplessità: “Sono interessata agli ETF visto che ho dei risparmi da investire. Ma la mia banca mi dice che gli ETF sono pericolosi, rischiosi e non adatti al mio profilo di rischio”.

La considerazione della banca è curiosa perchè esistono ETF azionari ma anche ETF obbligazionari e perfino monetari ovvero le stesse categorie dei fondi d’investimento che la stessa banca consiglia ai propri clienti.

Uno tra gli ETF pericolosi potrebbe essere un ETF azionario, ma non sarebbe più pericoloso di un fondo azionario. Così come un ETF obbligazionario spacciato come uno dei vari ETF pericolosi non sarebbe più pericoloso di un fondo d’investimento obbligazionario.

A parità di categoria, il rischio maggiore è stato osservato sui fondi sul fronte dei maggiori costi, minore capacità di restituire l’andamento delle performance dell’indice sottostante e inoltre perfino per volatilità spesso superiore.

Rischi e opportunità di strumenti d’investimento efficienti e poco costosi come gli Exchange Traded Funds, vanno naturalmente valutati attentamente e una risposta sbrigativa non basta e quindi proviamo a vedere i vari punti.

 

 

Gli ETF pericolosi sono tali per la banca che non ci guadagna

 

Vediamo di capire meglio se gli “ETF pericolosi” sono davvero tali come li definiscono le banche e quali tipi di rischio ne comporterebbe la negoziazione. Suddividiamo le tipologie di rischio in cui rientrerebbero gli ETF pericolosi in due macro-aree: un rischio “di contesto” e il rischio connesso con lo strumento in sé.

Il primo deriva sia dal profilo dell’investitore (quello che riportava la banca della signora Lucia quando diceva che gli ETF “non sono adatti a lei”), sia dal confronto con altri strumenti comparabili. Il secondo è legato alle caratteristiche “tecniche” specifiche dello strumento.

Come anticipato, gli ETF sono quote di fondi che vengono scambiate sui mercati regolamentati come se fossero azioni e che replicano normalmente l’andamento di un indice o di una strategia predeterminata. Questo è uno degli aspetti principali che differenzia gli ETF dai “fratelli maggiori”, i fondi comuni d’investimento, che invece devono essere negoziati direttamente con la propria banca o con un altro intermediario autorizzato.

ETF e fondi, quindi si sottoscrivono attraverso ‘canali’ diversi (ETF in borsa, fondi in banca). Ciò significa che la negoziazione avrà costi diversi. In Borsa giusto il costo dell’eseguito, in banca una percentuale sul capitale investito che deve ripagare i costi della struttura di vendita e di gestione del fondo stesso. A parità di benchmark, i fondi costano quindi subito di più, anche il 2-3%.

Forse gli ETF pericolosi e rischiosi lo sono davvero, ma solo per la banca o la rete che non ci guadagna quando li vende ai clienti. Questo spiega al 90% perché in modo totalmente scorretto viene detto che tutti gli ETF sono ETF pericolosi da cui tenersi alla larga al risparmiatore.

 

 

Non Fatevi Manipolare: Gli ETF Pericolosi non sono da Temere

 

Follow the money… Seguite i soldi.  Se il risparmiatore acquistasse infatti i cosiddetti “ETF pericolosi” e non il fondo consigliato dalla banca (a parità di categoria o comparto) alla banca o alla rete non andrebbe in tasca quasi nulla se non spiccioli (la commissione di negoziazione ovvero al massimo qualche decina di euro).  Con il fondo d’investimento invece il ricavo per chi li consiglia se la sua remunerazione è legata agli incentivi (ovvero alla cosiddetta restituzione, rebate in inglese) è super ricco potendo prevedere commissioni percentuali di ingresso, ricorrenti (di gestione) e perfino di uscita e performance.

Una banca o una rete che dice che bisogna stare alla larga dagli “ETF pericolosi” e poi consiglia un fondo della stessa categoria come “più sicuro” è nel 90% dei casi in evidente palese conflitto d’interessi. Come denunciano peraltro da anni diversi sindacati bancari anche in audizioni parlamentari e non ce lo inventiamo certo noi.

Non solo, ma secondo numerose ricerche internazionali, tra cui il Morningstar Active Passive Barometer e l’S&P Index Versus Active Scorecard (SPIVA), i cosiddetti “ETF pericolosi” in realtà (a parità di benchmark) ottengono performance migliori dei fondi. 

Da questo punto di vista confrontati con i fondi d’investimento, si può dire che ETF pericolosi lo sono… per chi non li sceglie!

 

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ETF pericolosi: C’È un rischio emittente ?

 

Un ETF può fallire? Se la società che l’ha emesso va in bancarotta che cosa succede al mio ETF?  Se parliamo di ETF normali e della maggior parte degli ETF che altro non sono che dei panieri di titoli (con replica fisica quindi di quanto è contenuto) questo rischio non esiste. Il patrimonio è segregato da quello dell’emittente dell’ETF o della banca depositaria e quindi non esiste un rischio insolvenza, neanche per i cosiddetti “ETF pericolosi”. Sono quindi sostanzialmente tali e quali ai fondi d’investimento o alle sicav e quindi non si può certo dire che sono più pericolosi dei fondi.

Nel caso di ETF obbligazionari naturalmente se fra le obbligazioni in portafoglio l’emittente dovesse saltare il problema si trasferisce anche ai sottoscrittori. Questo però succede nello stesso modo anche ai fondi obbligazionari come a un ETF o a un fondo azionario se una società quotata va in default. E’ successo negli Stati Uniti a Enron, in Italia a Bio ON e diversi titoli.

Chi ha emesso l’obbligazione (una banca, un ente internazionale, una società) può infatti fallire o non essere in grado di rimborsarla (rischio default). Tuttavia, con gli ETF, anche se definiti ETF pericolosi, il rischio emittente per l’obbligazionario è poco probabile perché, come nei fondi, al loro interno sono presenti centinaia e talvolta migliaia di emittenti diversi.

 

 

GLI ETF E IL RISCHIO CAMBIO

 

ETF pericolosi o meno, quando si negoziano ETF (e stesso ragionamento vale al 100% per i fondi) che investono in strumenti denominati in valuta diversa dall’euro, in caso di vendita deve essere valutato il rischio cambio (che può essere anche un’opportunità). L’inserimento in portafoglio di un ETF, quindi, va soppesato attentamente. Meglio se con il supporto di un consulente finanziario indipendente in grado di valutare le specifiche esigenze di ogni investitore in assenza di conflitti d’interesse.

Come tutti gli strumenti finanziari quotati in borsa, anche gli ETF, seppure non siano ETF pericolosi sono soggetti alle oscillazioni dei mercati, quindi il prezzo delle quote varia costantemente. Questo tipo di rischio, però, è un rischio non legato alla struttura dello strumento in sé ma al titolo o al paniere di titoli su cui investe. Replicando pedissequamente il proprio benchmark, l’ETF si espone al rischio a cui è soggetto il benchmark stesso.

Per fare un esempio, ETF sull’oro o sull’indice S&P500 beneficeranno (o saranno penalizzati) dalle variabili che influenzano il prezzo del metallo giallo o delle azioni USA. E questo capita anche a un fondo d’investimento ed è la volatilità (ovvero fluttuazioni anche imprevedibili delle quotazioni) che accomuna tutti gli strumenti finanziari quotati. Indipendentemente dallo strumento e dal contenitore tutti i titoli azionari, obbligazionari, i fondi, gli ETF o i certificati risentono della dinamica generale dei mercati. Se il mercato sale o scende il nostro investimento ne risentirà.

 

 

ETF a replica sintetica e fisica: sono ETF PEricolosi?

 

Per quanto riguarda i rischi dello strumento “in sé” dobbiamo entrare un po’ di più in argomento tecnico. Parliamo infatti di ETF a replica sintetica e a replica fisica: queste due tipologie di ETF sono soggette a rischi leggermente differenti, sebbene questo non comporti che siano per forza ETF pericolosi.

ETF a replica fisica significa che replicano l’andamento del benchmark (per esempio un singolo titolo o un indice) attraverso il possesso “fisico” (in realtà digitalizzato) dei titoli che lo compongono. Per esempio, un ETF fisico sul FTSE MIB avrà in portafoglio i 40 titoli dell’indice italiano.

ETF a replica sintetica, invece, indica la replica del benchmark indiretta, cioè effettuata da un intermediario incaricato dall’emittente dell’ETF attraverso un contratto Swap. In questo caso, con i soldi raccolti dagli investitori l’emittente darà vita a un paniere “collaterale” con il cui rendimento, accanto a una commissione prestabilita, pagherà l’intermediario per il servizio. In cambio riceverà il rendimento del paniere-benchmark.

Se gli ETF a replica fisica, comprano cioè direttamente i titoli che fanno parte degli indici, negli ETF  a replica sintetica invece chi li gestisce non compra direttamente i titoli del comparto seguito ma investe in titoli diversi (il cosiddetto collaterale). La replica dell’indice di riferimento avviene grazie a un contratto di swap (una sorta di baratto finanziario).

 

 

IL RISCHIO di CONTROPARTE

 

Un’istituzione finanziaria si impegna di fatto a garantire che ci penserà lei a consegnare il rendimento dell’indice in cambio del pagamento di una commissione.  A differenza degli ETF a replica fisica qui può esistere quindi un rischio controparte ovvero la possibilità che l’intermediario finanziario (di solito una grande banca o intermediario finanziario internazionale) non riesca a far fronte agli impegni assunti.

Gli ETF a replica sintetica non sono necessariamente ETF pericolosi, ma sono leggermente più rischiosi di quelli a replica fisica (finora più nella teoria che nella realtà). Gli emittenti degli ETF sintetici in questi casi hanno comunque adottato numerose misure per aumentare il livello di protezione offerto ai sottoscrittori.

Un meccanismo complesso, che evita all’emittente la necessità di detenere e gestire direttamente il paniere-benchmark dell’ETF. Ma che aggiunge allo strumento sia un “rischio controparte”, sia un rischio connesso con la struttura finanziaria del paniere collaterale.

Nel primo caso l’intermediario (solitamente una banca) potrebbe infatti non essere in grado di rispettare il contratto. Nel secondo si può trattare di strutture di ingegneria finanziaria molto complesse. Come si vede, quindi, nel caso di ETF a replica sintetica e fisica, due rischi un po’ diversi tra loro devono essere considerati. La normativa europea prevede comunque che il paniere collaterale copra almeno il 90% del valore patrimoniale netto dell’ETF.

 

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Con gli ETF la liquidità si misura grazie allo spread

 

Torniamo in borsa e diamo un’occhiata alla lista degli ETF negoziati in tempo reale su uno dei principali mercati, per esempio l’ETPlus di Borsa Italiana o lo Xetra europeo.

Molti ETF sono soggetti ad intensa attività di scambio, altri molto meno. Gli ETF sono sicuri o c’è qualche problema? Nessun problema: per gli ETF, la liquidità ha un significato importante. Alcuni ETF possono infatti essere poco “liquidi”, cioè poco scambiati, scarsamente interessanti per gli investitori, mentre altri sono molto richiesti e quindi molto liquidi. Cosa cambia per l’investitore?

Con gli ETF, liquidità è sinonimo di facilità di trovare un compratore o un venditore al livello di prezzo che ci interessa. Se gli ETF fossero illiquidi, potremmo non riuscire a negoziarli alle nostre condizioni e questo li potrebbe associare maggiormente alla categoria di ETF pericolosi. Ciò avviene anche sulle azioni (soprattutto con società a ridotta capitalizzazione), ma anche su tanti altri strumenti. L’interesse per una determinata tipologia di benchmark, infatti, può diminuire o intensificarsi a seconda dei momenti storici per tante ragioni diverse.

 

Come riconoscere gli ETF liquidi da quelli illiquidi?

 

Meglio quindi puntare su ETF storicamente liquidi. Come riconoscerli? Con gli ETF, la liquidità si misura grazie allo spread, differenziale tra prezzo “in denaro” (in acquisto) e prezzo “in lettera” (in vendita). Uno spread molto ridotto solitamente indica una buona liquidità. Viceversa, uno spread eccessivamente ampio può diventare un campanello d’allarme e far pensare a ETF pericolosi poiché illiquidi. Di fatto lo spread è un costo implicito e quindi fra diversi ETF della stessa categoria o comparto meglio privilegiare quelli con lo spread più basso. Tipo lo 0,1-0,2% di distanza fra migliore proposta di acquisto e di vendita. Normalmente sono quelli con le maggiori masse sotto gestione.

Pochi lo sanno ma Borsa Italiana ogni mese pubblica un osservatorio con le statistiche mensili di tutti gli ETF quotati in cui è calcolato anche lo spread medio osservato e un consulente finanziario indipendente può aiutarvi sicuramente a costruire un portafoglio diversificato e con gli strumenti più corretti per i vostri obiettivi.

 

 La guida per investire con gli ETF La guida per investire con gli ETF

 

 

Gli ETF pericolosi diventano tali quando la borsa si ferma?

 

Il rischio operativo è comune a tutti gli strumenti negoziati in borsa, non solo ai cosiddetti ETF pericolosi, in particolare sulle borse telematizzate. Può esservi infatti un blocco delle contrattazioni, sia per disposizione del gestore o delle autorità di vigilanza, sia per problemi tecnico-informatici.

Il blocco della negoziazione (abbastanza remoto, in verità) è temporaneo. Tuttavia la durata può non essere facilmente prevedibile. Nel caso sia disposto da un’autorità, è solitamente legato a eventi particolari o a singoli titoli, quindi non si può dire che ETF sono rischiosi solo per questo specifico motivo.

Un esempio recente viene dalla borsa di Mosca. Pochi giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, al crollo del listino ha fatto seguito (28 febbraio 2022) la chiusura improvvisa della Moskovskaya Birzha, che ha riaperto il 24 marzo 2022 vietando però la vendita di titoli da parte degli investitori esteri e fra gli effetti delle sanzioni gli ETF come tutti i fondi d’investimento che detenevano azioni o obbligazione russe hanno visto sospese le quotazioni su tutti i listini occidentali, di fatto congelando l’investimento.

Di cosiddetti “flash crash” (crolli tecnico-operativi improvvisi) in questi anni sono poi stati registrati in molte borse, dovuti a errori di grandi trader o alla massiccia attivazione di sistemi automatici di vendita.

L’impossibilità di vendere o acquistare un titolo nel momento voluto può effettivamente causare un danno. Ma di per sé non giustifica il dubbio se gli ETF sono sicuri o se gli ETF sono rischiosi quando la borsa si ferma. In questo caso è un problema che riguarda tutti gli strumenti quotati, non solo gli ETF.

 

 

ETF A LEVA? MEGLIO EVITARLI SE SIETE DEGLI INVESTITORI PRUDENTI

 

Esistono poi anche degli ETF a leva: cosa significa, cosa sono? Sono panieri di titoli che moltiplicano per 2 o 3 volte per esempio al rialzo al ribasso l’andamento degli indici che replicano. Usano quindi la leva finanziaria per moltiplicare le oscillazioni dei loro indici di riferimento.

Se volete per esempio investire sull’azionario Usa perché credete che salirà con un ETF normale se l’indice azionario statunitense salirà del 10% voi otterrete come ritorno all’incirca quella percentuale. Nel caso di un ETF a leva 2 al rialzo (long in inglese) non il 20% magari ma ben più del 10%. Naturalmente le cose potrebbero andare anche nel senso opposto. Per questo, gli ETF a leva sono strumenti da considerarsi come ETF pericolosi e particolarmente rischiosi (e ne esistono sia long che short ovvero che operano al ribasso e sono detti anche inversi). Oltre che molto tecnici poiché l’andamento può divergere anche dagli indici per vari fenomeni fra cui il compounding,

Vanno maneggiati con molta cura e noi come consulenti finanziari indipendenti non li consigliamo nei nostri portafogli. Il meccanismo di leva bisogna sempre ricordarsi che può funzionare anche in senso inverso. Portando il risparmiatore a subire anche perdite pesantissime che possono arrivare all‘annullamento del capitale o al delisting. Negli ultimi 3 anni questo evento si è verificato per esempio per alcuni ETC long a leva sul petrolio e poi più recentemente degli ETC Short a leva sul nickel.

 

 

Gli ETF non sono piu’ rischiosi della maggior parte dei fondi

 

Ricapitolando la maggior parte degli ETF, anche se definiti ETF pericolosi, non è assolutamente più pericolosa o rischiosa dei fondi d’investimento similari. Peraltro sono sempre più numerosi fondi d’investimento che detengono all’interno del loro paniere ETF come sottostante (invece che singoli titoli) e anche in percentuali significative. E’ quindi difficile comprendere (se il motivo non è il conflitto d’interessi) come mai gli stessi ETF che vengono da alcune banche e reti buttati fuori dalla porta poi invece possano rientrare dalla finestra.

Oramai fra i colossi del risparmio gestito i maggiori emittenti di ETF sono spesso società che offrivano un tempo solo fondi d’investimento. Black Rock, Amundi, Templeton hanno deciso di puntare anche su questo mercato. Nei mercati finanziari più evoluti e trasparenti è qui che sono diretti i flussi più importanti degli investitori. Compresi gli istituzionali (fondazioni, compagnie assicurative, fondi pensione…)

Per saperne anche di più sugli ETF, è disponibile la guida gratuita di SoldiExpert SCF “ETF, come investire oggi i tuoi risparmi con minori costi e maggiori profitti” e il nostro team di consulenti è a disposizione con la nostra consulenza patrimoniale se desiderate ristrutturare o rivedere un portafoglio basato sui fondi e volete confrontarlo con uno costruito in modo diversificato e avanzato con gli ETF, richiedere una seconda opinione e nel caso non lo avete mai fatto richiedere un nostro check up gratuito.

 

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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Responsabile Ufficio Studi di SoldiExpert SCF

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