Investimenti ESG: il rischio di essere finanziariamente insostenibili

Scatta l'obbligo per gli intermediari di chiedere ai clienti le preferenze sulla sostenibilità dei loro investimenti. Tutti vogliamo salvare il pianeta ma saranno gli investimenti ESG a salvare il nostro portafoglio? L'opinione di SoldiExpert SCF sui rischi degli investimenti ESG

R. ha ricevuto dalla sua banca l’invito a rispondere a un questionario obbligatorio sugli investimenti ESG. Al cliente vengono chieste le sue preferenze riguardo la sostenibilità. Il cliente è confuso e scrive alla Posta del Portafoglio, la rubrica del settimanale Il Domani, in cui rispondo alle domande finanziarie dei lettori.

Le confesso che sono confuso su cosa rispondere – scrive R. – anche perché l’ad della banca dove ho i miei risparmi ho letto che ha guadagnato 7,5 milioni di euro nel 2021 alla faccia della sostenibilità. Di certo ho capito che negli investimenti ESG c’è soprattutto un costo maggiore per i risparmiatori. E nessuna sicurezza di “salvare il pianeta”. Nè di ottenere risultati migliori (o di correre meno rischi) con gli investimenti ESG rispetto agli investimenti tradizionali. Cosa ne pensa?

Di seguito la mia risposta

Gentile R.

Il tema è di grande attualità anche perché da metà agosto tutti gli intermediari e consulenti finanziari sono stati obbligati da un regolamento dell’Unione Europea (SFDR) nei nuovi questionari a porre precise domande ai loro clienti riguardo la “sostenibilità” ovvero se vogliono che i propri portafogli siano (e quanto) sostenibili. Ovvero quanti investimenti ESG avere in portafoglio: pochi o tanti?

 

 

Investimenti ESG cosa sono e cosa chiedono le banche ai clienti

 

I risparmiatori in pratica, dovranno dire, alle banche e ai propri consulenti nel nuovo questionario Mifid o di profilazione, se vogliono che con i loro soldi si privilegino o meno (e in che misura) prodotti e strumenti finanziari che promuovano caratteristiche ambientali o sociali o di corporate governance. E sta per environment quindi ambiente, S per social quindi socialmente non dannosi e G per governance quindi come è organizzata un’azienda sul fronte delle per esempio retribuzioni o le minoranze. Investimenti ESG in portafoglio sì o no?

Detta così tutti (o quasi) vorremmo avere in portafoglio aziende virtuose che rispettano maggiormente l’ambiente, i dipendenti, i clienti e gli azionisti.

In realtà non è così facile distinguere il grano da loglio e sono emersi nell’ultimo anno diversi casi anche clamorosi di “greenwashing” ovvero dare una bella “pennellata” di verde e sostenibile per costruirsi un’immagine ingannevolmente positiva.

 

 

ESG negli investimenti è possibile?

 

L’ex capo degli investimenti sostenibili di Black Rock, Tariq Fancy, ha ampiamente sconfessato la “mistica ESG” della stessa azienda in cui ha lavorato e poi ha dato le dimissioni, sostenendo che si trattava di un “pericoloso placebo che danneggia l’interesse pubblico”.

Secondo il professor Aswath Damodaran della New York University – considerato fra i massimi esperti al mondo di valutazioni aziendali – troppe cose non tornano. Alla domanda se ESG negli investimenti è una cosa possibile ecco cosa ha risposto. “Credo che ESG sia, in sostanza, una truffa che sta arricchendo consulenti, società di rating e gestori di fondi, mentre non fa quasi nulla per le aziende e gli investitori che afferma di voler aiutare, e ancor meno per la società” ha dichiarato provocatoriamente.

Nel mondo finanziario sono esplosi diversi scandali nel mondo sul fenomeno del greenwashing (ovvero di società anche di gestione che dicevano che nei loro fondi selezionavano società verdi ed ESG che verdi ed ESG non erano). Tanto che diversi risparmiatori si rivolgono a società di consulenza indipendenti come SoldiExpert SCF per chiedere un parere sugli investimenti ESG che gli hanno proposto visto che l’etichetta “investimento sostenibile” ormai compare su un numero sempre maggiore di prodotti.

 

 

Investimenti sostenibili o greenwashing?

 

Clamoroso è stato, qualche mese fa, il caso di DWS, il braccio nel risparmio gestito di Deutsche Bank, che secondo gli agenti della BaFin, l’autorità che vigila sui mercati tedeschi, avrebbe etichettato “verdi” e “sostenibili” prodotti che non avevano le giuste credenziali come investimenti ESG. Le indagini sono ancora in corso, ma il danno d’immagine è già rilevante, tanto che si è dimesso il numero uno di Dws, Asoka Wöhrmann.

Negli Stati Uniti, a maggio, la SEC ha presentato le regole su come vuole dare un’occhiata più da vicino a quei fondi che usano i termini “ESG”, “Sostenibile” o “Low Carbon” ovvero con basse emissioni di CO2.

Secondo l’accusa, diversi fondi di investimento che sono andati male si erano dotati di queste parole d’ordine degli ESG sostenibili per raccogliere più soldi dai risparmiatori senza che la loro strategia di investimento fosse davvero cambiata. E la SEC ha multato alcune banche importanti (BNY Mellon fra queste) per aver travisato o informato in modo inadeguato i clienti sugli investimenti ESG.

Come sostiene Alan Miller, fondatore della società inglese SCM Direct non esiste un modo “perfetto” per investire eticamente.

 

 

Investimenti ESG: senza rischio?

 

Uno degli argomenti forti negli scorsi anni dei propagandisti ESG a senso unico (spesso venditori) era che finalmente si poteva “guadagnare bene, facendo del bene”.

Come avevo facilmente ipotizzato nelle mie analisi la sovra-performance degli anni passati degli indici cosiddetti ESG rispetto a quelli tradizionali era un effetto della forte presenza di titoli soprattutto tecnologici e dell’assenza di titoli legati ad alcuni settori.

Se si depennano dalla lista migliaia di titoli per favorire solo investimenti ESG sulla presunta ipotesi che esistano società migliori di altre o settori migliori di altri, si mette comunque in discussione uno dei principi chiave della diversificazione. E bisogna essere disposti anche a pagarne le conseguenze.

 

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In tema di concentrazione basti pensare che l’indice MSCI World (il più importante indice delle azioni mondiali) contiene circa 1.540 singoli titoli, la variante SRI (ovvero delle aziende etichettate come “Socialmente Responsabili”) solo 373.

Il portafoglio ESG è così sostenibile eticamente ma finanziariamente insostenibile perché troppo poco diversificato? E’ un dubbio che ci viene frequentemente quando agli sportelli bancari vengono proposti solo fondi “circular economy” o “climate action” come ci ha segnalato un risparmiatore che ha richiesto una consulenza una tantum. Della sua banca si fida ma fino a un certo punto e ha preferito chiedere il parere di un consulente indipendente.

 

 

Il boom ESG negli investimenti

 

A partire dal 2020 c’è stato un vero e proprio boom dei fondi ESG da parte di quasi tutte le società di gestione che hanno sempre bisogno di nuovi argomenti di vendita per intercettare la raccolta.

Il potente sell-off dei titoli tecnologici (arrivati da inizio anno a perdere oltre il 30% mentre i titoli energetici “sporchi e cattivi” salivano del 40%) ha rivelato un rischio dell’investimento etichettato come più “sostenibile” che molti avevano sottovalutato.

Non sono certo ostile ai temi etici e ambientali e agli investimenti ESG, ma anch’io non sopporto i temi di facile presa, senza andare mai nel pratico.

 

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Per esempio, gli azionisti di Amazon (uno dei titoli maggiormente presenti nei portafogli sostenibili) all’ultima assemblea hanno respinto la proposta avanzata da alcuni soci di aumentare la trasparenza fiscale del colosso e-commerce, obbligandolo a pubblicare le tasse pagate in ogni Paese. Stessa sorte è toccata alle risoluzioni che chiedevano indagini indipendenti sulle condizioni di lavoro, sulle relazioni sindacali e sui rapporti con i clienti finali.

 

 

Rating ESG: chi lo assegna

 

Quando si parla di ESG occorrerebbe trattare anche questi casi, dalle mega retribuzioni di certi banchieri all’allegra fiscalità delle multinazionali, e non parlare solo di emissioni di carbonio, ma curiosamente non c’è invece grande dibattito su certi temi.

C’è poi il problema dei rating o scoring ESG che è spesso totalmente opinabile. Chi decide cosa sono gli investimenti ESG cosa è “green” o “sostenibile” e cosa invece non lo è?

Dave Rolley, gestore di fondi di Loomis Sayles, in una conferenza di qualche mese fa, ha ricordato come un fornitore leader di questi rating aveva assegnato un rating “BBB” alla Russia e un rating “CCC” a General Motors, nonostante il piano estremamente ambizioso del colosso automobilistico di trasformarsi in un produttore leader di veicoli elettronici ecologici.

Rolley ha anche notato ironicamente che l’ultima volta che aveva controllato, il CEO di General Motors, Mary Barra “non aveva invaso 3 Paesi”.

 

Investimenti ESG: fuffa marketing? l’opinione di SoldiExpert SCF

 

Chi esprime spiccate preferenze ESG con questo andazzo deve avere chiaro, quindi, che in linea teorica non è assolutamente detto che si trovi in portafoglio società che lo siano veramente nella sostanza o all’opposto potrebbe non vedere inclusi titoli interessanti, ma che per motivi spesso difficili da decifrare sono stati invece “bannati”.

Secondo l’associazione dei più importanti gestori di fondi d’investimento in Europa (Efama) e’ di dubbia applicazione anche per il disallineamento delle tempistiche. Nessun prodotto di finanza sostenibile soddisferà pienamente le preferenze originariamente dichiarate da un cliente.

Per questo motivo concordo pienamente con lei signor R. che la confusione in questa materia è ancora grande sotto il cielo se si prova solo un po’ a scavare sotto la crosta.

Come SoldiExpert SCF ovvero come società di consulenza finanziaria  su base solo indipendente ci siamo naturalmente adeguati alla normativa sulla SFDR  (cercando di presentare ai nostri clienti nel modo più obiettivo possibile il tema ovvero pro e contro da valutare) ma l’indagine che abbiamo condotto sul fenomeno da oltre un anno e mezzo si è rivelata interessante perché evidenzia le diverse lacune e incongruenze di una normativa che soffre di diversi problemi (anche di tempistica) se si prova a grattare sotto la patina splendente e rassicurante del “wishful thinking”.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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