Distinguere tra vera e falsa consulenza finanziaria indipendente: cosa è cambiato davvero

Dalle regole della Banca Centrale irlandese ai recenti report Consob e Banca d'Italia: un’analisi su come il modello di remunerazione definisce la reale indipendenza del consulente

“Consulenza indipendente” è una delle espressioni più abusate della finanza. Nel 2020 l’Irlanda ha provato a rimettere ordine, rafforzando le regole per aiutare risparmiatori e investitori a distinguere tra vera e falsa consulenza finanziaria su base indipendente. La risposta, allora come oggi, è semplice: la differenza non sta nelle parole, ma in come viene pagato il consulente.

A distanza di alcuni anni, però, vale la pena chiedersi se quell’intervento abbia davvero cambiato le cose e, soprattutto, cosa sia successo nel resto d’Europa, Italia compresa.

All’epoca, la Banca Centrale irlandese impose a banche e consulenti obblighi molto chiari. L’obiettivo era ridurre al minimo i conflitti di interesse, rendendo trasparente chi paga chi quando viene consigliato un prodotto finanziario.

In particolare, vennero introdotti tre principi fondamentali: informare esplicitamente il cliente sulle commissioni ricevute da terzi, vietare l’uso del termine “indipendente” a chi non svolge davvero consulenza su base indipendente e limitare benefici indiretti come viaggi premio, eventi e “formazione” finanziata dalle società prodotto.

Il messaggio del regolatore irlandese era chiaro: se una consulenza viene presentata come indipendente, deve esserlo nei fatti, non solo nelle parole. L’obiettivo dichiarato era permettere ai consumatori di avere fiducia nel servizio ricevuto, sapendo che le raccomandazioni non sono influenzate da incentivi nascosti.

 

Il nodo centrale: come viene remunerato il consulente

 

A distanza di anni, questo punto resta il cuore del problema. La vera linea di confine tra consulenza su base indipendente e non, non è una dichiarazione commerciale, ma il modello di remunerazione.

Un consulente finanziario pagato esclusivamente dal cliente, senza percepire commissioni, retrocessioni o incentivi legati ai prodotti consigliati, opera in un contesto molto diverso rispetto a chi viene remunerato – direttamente o indirettamente – dalle società che quei prodotti li emettono.

È una distinzione semplice, ma spesso volutamente confusa.

 

E in Italia?

 

In Italia la consulenza in materia di investimenti è disciplinata dal Testo Unico della Finanza (d.lgs. 58/1998) e dal Regolamento Consob di attuazione, che prevedono la formalizzazione di un contratto scritto con il cliente e l’obbligo di fornire un’informativa chiara, corretta e non fuorviante sulle caratteristiche e sulle condizioni del servizio prestato.

In concreto, ciò implica che il cliente debba essere messo in condizione di comprendere la natura del servizio ricevuto e le modalità di remunerazione del consulente, distinguendo tra consulenza pagata direttamente dal cliente (a parcella) e consulenza remunerata tramite commissioni e retrocessioni sui prodotti raccomandati, come richiesto anche dalla normativa europea MiFID II recepita nell’ordinamento italiano.

 

Tra regole e realtà: perché la confusione persiste

 

Tuttavia, nella pratica, il termine “consulenza indipendente” continua a essere utilizzato in modo ambiguo anche all’interno di modelli distributivi basati prevalentemente sulle provvigioni, contribuendo a generare confusione tra servizio di consulenza e attività di collocamento di prodotti finanziari.

Questa difficoltà di comprensione emerge anche dalle indagini ufficiali.

I Rapporti Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane mostrano come una parte significativa dei risparmiatori non abbia piena consapevolezza dei costi, delle commissioni e delle modalità di remunerazione dei servizi finanziari, né riesca a distinguere chiaramente tra consulenza e vendita di prodotti.

In questo contesto, non sorprende che una consulenza percepita come “indipendente” sia spesso prestata da professionisti il cui reddito dipende in larga parte dalla distribuzione di strumenti finanziari.

Un modello che continua a rappresentare una componente rilevante della redditività di banche e reti distributive.

Come evidenziato dalla Banca d’Italia nella Relazione annuale 2024, le commissioni nette costituiscono infatti una componente strutturalmente rilevante dei ricavi delle banche italiane, contribuendo in misura significativa alla loro redditività accanto al margine di interesse.

Accanto alle commissioni dirette, anche il tema dei benefici indiretti non è mai del tutto scomparso: viaggi, eventi e iniziative presentate come “attività formative” continuano a esistere, spesso con una veste diversa ma con la stessa funzione economica: rafforzare il legame tra consulente e società prodotto, incidendo sugli incentivi che orientano le raccomandazioni di investimento.

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Perché il problema è ancora attuale

 

Il punto non è demonizzare chi lavora in banca o in rete. Il punto è un altro, molto più semplice e molto più serio: chiarezza verso il risparmiatore.

Chiarezza su come funziona il servizio, su chi lo paga e su quali interessi economici sono in gioco quando viene consigliato un investimento.

Finché il termine “consulenza indipendente” potrà essere usato in modo elastico, il rischio di confusione resterà elevato. Ed è una confusione che paga sempre lo stesso soggetto: il cliente finale.

 

Distinguere oggi tra vera e falsa indipendenza

 

Negli ultimi anni il tema è diventato ancora più rilevante. L’aumento dell’offerta finanziaria, la complessità dei prodotti e la crescente attenzione ai costi rendono essenziale capire da che parte sta il consulente finanziario. Non a parole, ma nei fatti.

Per questo vale ancora la pena approfondire come riconoscere chi offre davvero consulenza finanziaria su base indipendente e chi, invece, utilizza quel termine come etichetta commerciale.

È una distinzione che fa la differenza nel lungo periodo, soprattutto quando si parla di patrimoni, pensione e scelte finanziarie che accompagnano una vita intera.

Perché le regole possono cambiare, i nomi anche. Gli incentivi economici, invece, continuano a contare più di qualsiasi slogan.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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Esperto di pianificazione finanziaria e previdenziale

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