Prima di comprare in banca o ricevere dal proprio consulente una raccomandazione di acquisto su un prodotto o strumento finanziario, il risparmiatore deve compilare il questionario Mifid.
Lo scopo del questionario Mifid è valutare l’esperienza e la conoscenza in materia di investimenti del soggetto che si accinge a comprare un prodotto finanziario come un’azione, un’obbligazione, un fondo o un ETF. Ma questo non basta.
Che cos’è il questionario MIFID
Il questionario Mifid, che è redatto in modo autonomo dalle singole banche, deve contenere delle domande sulla situazione finanziaria dell’investitore. Per esempio ha debiti? a quanto ammonta il suo patrimonio mobiliare e immobiliare?
Attraverso il questionario Mifid l’intermediario finanziario deve valutare oltre alla conoscenza ed esperienza dell’investitore, la tolleranza alle perdite, gli obiettivi dell’investimento e il suo orizzonte temporale. Per esempio il risparmiatore è più orientato alla crescita del capitale o alla conservazione del patrimonio?
In sintesi se non compilate il questionario Mifid non potete acquistare prodotti finanziari. Con il questionario Mifid vengono valutate dell’investitore
- l’esperienza e la conoscenza in materia di investimenti
- situazione economica e finanziaria
- obiettivi investimento e tolleranza al rischio
Questionario Mifid: a cosa serve?
In base a questo set di risposte cui ogni banca può assegnare il punteggio che vuole secondo logiche “multivariate”, i clienti di un istituto vengono “profilati” ovvero gli viene assegnato un punteggio che rende alcuni prodotti finanziari “adatti” e quindi “consigliabili” dalla banca e altri “non adatti”. Potrebbero essere troppo rischiosi per voi o troppo complessi.
I prodotti non adatti rispetto al profilo Mifid dell’investitore (per esempio perché troppo rischiosi o complessi) non possono essere né acquistati dal risparmiatore ne raccomandati dalla banca al cliente.
La compilazione del questionario Mifid è un obbligo previsto dalla normativa europea per la tutela degli investitori, al fine di garantire che gli investimenti proposti dalla banca o dal consulente siano adeguati alle esigenze e alle caratteristiche dell’investitore.
Questionario Mifid: durata
Il questionario di profilazione Mifid è stato introdotto dalla direttiva europea Mifid (Markets in Financial Instruments Directive) e ha lo scopo di valutare la conoscenza e l’esperienza degli investitori al fine di garantire che gli investimenti siano adeguati al loro profilo di rischio e alle loro esigenze finanziarie.
Il questionario Mifid ha una durata di circa 2 anni trascorsi i quali vige l’obbligo di ricompilazione da parte del cliente pena l’impossibilità di fare nuovi investimenti o ricevere nuove raccomandazioni.
Questionario di profilazione Mifid: è obbligatorio compilarlo?
Spesso su consiglio della stessa banca o del consulente o su richiesta dello stesso investitore il questionario Mifid non viene compilare direttamente dal cliente. Questa modalità di compilazione espone il cliente a dei rischi. In particolare potrebbero essergli consigliati dei prodotti inadeguati rispetto alla sua tolleranza al rischio. O troppo complessi.
Può capitare che il questionario sia solo firmato dal cliente ma compilato dall’impiegato allo sportello per consentire di stare nei parametri richiesti per il prodotto finanziario che la banca in quel momento vuole collocare. Oppure può anche accadere che a fronte di un risparmiatore anziano con profilo moderato o cautelativo la banca giudichi comunque congruo rifilargli prodotti finanziari non proprio prudenti o con un periodo di detenzione dello strumento raccomandato superiore ai 10 anni.
A ciascun investitore la sua patente con il questionario Mifid
Situazioni di questo tipo in cui il risparmiatore si fa aiutare nella compilazione del questionario Mifid “se no non può comprare niente” dicono alcuni impiegati in banca non sono l’eccezione. Dimostrano purtroppo una grande occasione mancata su uno strumento che servirebbe proprio ad assegnare a ciascun risparmiatore una sorta di “patente” (senza crearne altre) per comprendere qual è il suo corretto profilo di rischio, la sua conoscenza finanziaria reale e quali sono i suoi obiettivi.
Oggi ciascuna banca, società di intermediazione o soggetto abilitato può far compilare il questionario Mifid “della casa”. Non esiste un modello unico approvato dalla Consob che sa perfettamente (avendo pubblicato anche degli studi) come, pur essendo stati fatti passi avanti, ancora oggi questo strumento presenta diverse pecche per come viene utilizzato allo sportello e per il fatto che “banca che vai, questionario che trovi”.
Alcune banche e reti possono favorire con domande e pesi opportuni che il profilo complessivo sia più rischioso di quello di altre per favorire il consiglio di prodotti più rischiosi che tipicamente sono più costosi. Si parla fra addetti ai lavori e profilature “opportunistiche” e qualche volta la Consob è già intervenuta sul tema ma il problema non è evidentemente di facile soluzione avendo lasciato le maglie così larghe nella creazione dei questionari da parte degli intermediari.
le associazioni dei consumatori: vogliamo un unico questionario
Nessun algoritmo unico e questionario uniforme deve essere adottato dalle banche per profilare i propri clienti. Da diversi anni diverse associazioni dei consumatori, sindacati di personale bancario oltre che addetti ai lavori hanno chiesto (inascoltati) di intervenire sulla regolamentazione del questionario Mifid. Chi lavora sul campo sa benissimo che è dalla compilazione e dai risultati di questo questionario che può dipendere poi il collocamento anche selvaggio di prodotti finanziari inappropriati e in conflitto d’interesse.
Il questionario Mifid è uno strumento a protezione degli investitori
La profilazione della clientela ai fini della valutazione di adeguatezza, così come definita nel quadro normativo europeo, rappresenta uno degli strumenti più rilevanti per la tutela dell’investitore che decida di avvalersi del servizio di consulenza finanziaria per gli investimenti e del servizio di gestione del portafoglio.
Questa è la teoria ma la realtà ci dice nel passato e anche nel presente che ci sono intermediari e consulenti che rispondono loro al posto dei loro clienti, cercando di manipolare le risposte per “alzare la profilatura” con l’obiettivo di piazzargli magari prodotti o strumenti finanziari più rischiosi e/o disallineati con l’interesse del cliente.
perdite su investimenti: tira fuori il questionario Mifid
Sempre più risparmiatori fanno ricorso all’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) dopo aver subito perdite su strumenti finanziari consigliati dalla loro banca. In questi casi, è molto importante il profilo emerso dal questionario Mifid che la banca fa firmare al cliente prima di poter consigliare un prodotto finanziario.
Inutile lamentarsi di aver subito perdite quando dal questionario è emerso un profilo da leone, perché «il risparmiatore, firmando il questionario, si assume la responsabilità del suo contenuto, in virtù del principio di autoresponsabilità» ha chiarito qualche tempo fa l’Arbitro per le Controversie Finanziarie a Plus Il Sole 24 Ore.
Se però il risparmiatore riesce a dimostrare che il questionario non lo ha redatto lui di suo pugno ma qualcuno che lavora per la banca, il giudizio dell’Arbitro può volgersi a favore del cliente. Obbligando la banca a risarcire le perdite in quanto rea di aver consigliato un prodotto inadatto al suo profilo di rischio.
Come fa il cliente a dimostrare di non aver compilato il questionario Mifid? Vale sempre la regola di presunzione – chiarisce l’Arbitro per le Controversie Finanziarie. Se una persona anziana o con scarse conoscenze finanziarie, risulta un lupo di Wall Street per la banca, se il risparmiatore si ritrova con prodotti rischiosi o con orizzonte temporale troppo lungo, la banca ne potrebbe rispondere. Così come se la banca non può dimostrare di aver fornito al risparmiatore informazioni complete e sufficienti sui rischi di un investimento.
Errori di massa nella profilazione Mifid dei clienti: il caso Azimut
Con delibera 21165 del 27 novembre 2019 la Consob ha sanzionato Azimut Capital Management per diverse violazioni “nel sistema di profilatura della clientela che non avrebbero consentito la corretta e completa individuazione delle caratteristiche degli investitori, non essendo stati adottati presidi idonei a mitigare il rischio connesso all’autovalutazione da parte degli stessi”.
Manchevolezze, scriveva la Consob, che hanno portato a “una generalizzata polarizzazione della clientela nelle classi di rischio più elevate“ che avrebbe riguardato circa il 90% degli investitori. E’ stato poi contestato il sistema di mappatura dei prodotti, che “non è risultato pienamente idoneo a determinare correttamente il profilo di rischio dei prodotti stessi e, nello specifico, degli oicr (fondi ndr) di case terze”. Infine, l’indice dell’autorità di vigilanza dei mercati ha puntato il dito sul “processo di valutazione dell’adeguatezza” e su “carenze riscontrate attinenti alla mancanza di coerenza tra le caratteristiche della clientela e la tipologia di operazioni poste in essere“.
Per queste violazioni l’organo di vigilanza ha comminato una multa alla società gia’ sanzionata nel 2017 per la violazione delle norme in materia di profilatura della clientela, mappatura dei prodotti e valutazione dell’adeguatezza.
Quei certificates inadatti al profilo Mifid del cliente: intermediario costretto a risarcire
Famoso sulla profilatura Mifid il caso di una banca che ha eseguito (non si conosce se su iniziativa dell’intermediario o del cliente) un ordine di acquisto per centinaia di migliaia di euro di certificates. Su questo portafoglio il cliente ha riportato una perdita del 50% di quanto investito salvo poi essere accusata (dal cliente) di avergli fatto comprare prodotti complessi non adatti al suo profilo di rischio (che dal questionario MIFID risultava essere medio).
La Cassa di Risparmio di Bolzano ha dovuto risarcire quasi 250.000 euro a un risparmiatore altoatesino che nel 2007 aveva investito 500.000 mila euro in certificati il cui valore si era dimezzato.
Il risparmiatore, un ricco altoatesino con un patrimonio di quasi 3 milioni di euro aveva investito in un’unica tranche 550 mila euro in 12 certificates, tutti prodotti classificati come speculativi e ad alto rischio quando la sua propensione al rischio era solo “media”. In primo grado la banca è stata condannata a risarcire solo 120 mila euro per “responsabilità contrattuale” perché la banca non aveva sufficientemente informato circa la “non adeguatezza” dei titoli al grado di rischio individuale. Il risparmiatore però non si era accontentato e aveva fatto ricorso. In appello il risarcimento a carico della banca è stato raddoppiato a 250.000 euro. La Cassa di Risparmio di Bolzano ha deciso di ricorrere in Cassazione.
Questionario Mifid e consulenza su investimenti: i tuoi diritti
La normativa MIFID2 obbliga il soggetto che presta consulenza in materia di investimenti o gestione di portafoglio a raccomandare servizi di investimento e strumenti finanziari che siano adeguati al cliente in funzione della sua tolleranza al rischio.
I consigli inadeguati al profilo di rischio dei cliente rischiano di costare molto cari alle banche (e non solo).
Attenti quindi a cosa firmate perché poi in Tribunale quello che avete firmato può giocarvi contro. O a favore.