Nella prima parte di questa mini inchiesta (vedi qui) abbiamo parlato del fenomeno delle banche non quotate e del numero crescente di risparmiatori diventati soci della propria banca in questi anni e che oggi sempre con maggiore difficoltà, nel caso vogliano disinvestire, si trovano un muro davanti: nessun compratore. Con le banche “venditrici” che sostengono che questo sostanzialmente non è un problema più loro e che cercano in ogni modo di fare melina. O convincere il piccolo socio a non vendere e star buono perché la migliore cosa da fare è tenersi strette quelle azioni.
Un fenomeno che riguarda non solo il caso in questione sollevato da un nostro lettore su Veneto Banca ma numerose altre realtà di questo tipo come già avevamo raccontato un anno fa in un altro articolo sull’argomento che aveva scoperchiato uno squarcio su questo fenomeno e le valutazioni di queste banche (vedi qui) .
Ed è di questa mattina un reportage molto approfondito pubblicato su “Il Sole 24 Ore” a cura dell’inviato Claudio Gatti che parla di un’altra banca veneta, la Banca Popolare di Vicenza. Affrontando in modo esemplare proprio i temi che sono alla base di numerose criticità di questo tipo di istituti: i casi spinosi dei clienti a cui vengono vendute le azioni in “combo” con altri servizi, le valutazioni delle azioni delle banche non quotate “fuori mercato”, la difficoltà o impossibilità in moltissimi casi segnalati di poter rivendere le azioni, il ruolo ambiguo delle autorità di controllo ovvero Bankitalia e soprattutto Consob.
E nel supplemento de “Il Sole 24” di sabato, Plus, in un articolo a firma di Stefano Elli, si sono evidenziati i problemi di liquidità di queste azioni di banche non quotate come le valutazioni molto soggettive.
Peraltro verrebbe quasi da sorridere a vedere una pubblicità della stessa Veneto Banca che abbiamo trovato sul web dove lo slogan è “ESISTONO LEGAMI INDISSOLUBILI. NOI CI CREDIAMO”.
Ma chi ha investito i propri risparmi o si è fatto convincere dal proprio bancario di “fiducia” a impiegare i soldi in questo tipo di investimento spesso “caro e illiquido” secondo i parametri di mercato e senza informarlo adeguatamente in parole comprensibili di tutti i rischi, non ha molta voglia di sorridere.
Di seguito pubblichiamo tutta la storia che ci ha raccontato questo nostro lettore che ci ha inviato tutti i documenti a supporto.
Abbiamo naturalmente anche contattato Veneto Banca sia per email che telefonicamente alcune settimane fa per dare una loro versione ma ad oggi non abbiamo avuto alcuna risposta.
Vi lasciamo perciò ora alla lettura di questo caso e alla testimonianza di questo risparmiatore di Jesolo, il signor F.B.
“Volevo comprare una obbligazione: ho dovuto anche diventare azionista…”: la testimonianza di un nostro lettore…
“In data 9 Luglio 2013, allettato dall’offerta fattami nell’Ufficio Borsino della filiale della VenetoBanca di Portogruaro (VE) relativamente ad un Bond della stessa Banca di emissione 7 Ottobre 2013 e con un tasso fisso del 3,75% scadenza 2015, accetto di aderire alla sottoscrizione dello stesso per un importo di Euro 30.000.
In una fase di tassi calanti l’offerta fattami mi sembrava alquanto vantaggiosa per piccoli risparmiatori come mia moglie ed io.
Comunque, unica condizione postami dall’ufficio Borsino della Banca era che la sottoscrizione di 30.000 Euro comportava anche un acquisto di un terzo di tale importo in azioni della VenetoBanca.
Conosco abbastanza il mercato obbligazionario, ma confesso la mia ignoranza parziale su quello azionario.
Infatti raramente ho acquistato con mia moglie delle azioni e quando ciò è stato fatto il tempo della tenuta dei titoli non ha mai superato i tre mesi.
In ogni caso il fatto che le azioni non fossero trattate nel Mercato Primario e che, pertanto, non subissero oscillazioni quotidiane ci dava conforto.
Abbiamo quindi accettato la richiesta della Banca e sottoscritto l’acquisto di 360 azioni VENETO BANCA al prezzo di 40,75 Euro.
Rimanendo in fiducia con il responsabile dell’Ufficio borsino della VENETOBANCA di Portogruaro, dopo circa un mese, e precisamente il 7 agosto 2013, firmiamo la sottoscrizione dei 30.000 pattuiti.
Arriva così l’inizio del 2014 e con esso le brutte notizie di una prossima ricapitalizzazione della VENETO BANCA.
Allarmato da ciò mi consiglio con l’Ufficio Borsino della filiale di Portogruaro il quale, per la prima volta volta, mi fa presente la reale difficoltà ad operare la vendita dei titoli nel mercato interno della banca stessa.
Prendiamo tempo fino all’Assemblea generale dell’aprile 2014 che sancisce la ricapitalizzazione della VENETO BANCA, portando, tra l’altro, il valore delle azioni da 40,75 a 39,50 Euro.
Per me e mia moglie è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: abbiamo dato mandato di vendita il 12 maggio 2014 presso la Filiale di Portogruaro.
Dopo di ciò il nulla: nessuna risposta sulla tempistica di rimborso e nessuna risposta, quanto meno, sulle intenzioni della Banca stessa sul merito.
Logicamente io e mia moglie non diamo alcun benestare all’acquisto di nuove azioni al prezzo scontato di 36,50 Euro in misura di una ogni tre vecchie detenute.
La fiducia nella Banca per noi non c’era più, pertanto che senso aveva per noi comprare altre sue azioni?
Comunque una comunicazione dalla VENETO BANCA ci arriva puntuale a fine giugno: ci si chiedeva, dalla Sede centrale, via posta, se volevamo aderire all’acquisto di nuove azioni incuranti della nostra volontà di uscire dal libro soci.
E noncuranti del fatto che dietro ogni lettera vi sia una famiglia che i soldi li misura in base alla fiducia che rivolge alla banca stessa.
E poi ancora il nulla!
Nel frattempo la ricapitalizzazione della VENETO BANCA procede, a leggere i giornali, in modo trionfale: 474 milioni di nuova emissione compreso il nuovo prezzo al ribasso delle vecchie in dotazioni ai soci. Conversione di 350 milioni di un un prestito obbligazionario convertendo in azioni. Vendita, infine, del pacchetto di maggioranza della Banca Intermobiliare. E tanti nuovi azionisti che sottoscrivono l’aumento di capitale a leggere i comunicati stampa trionfali di questa operazione.
Insomma qualcosa come 800 milioni di Euro sono entrati nelle casse della VENETO BANCA fra aumento di capitale e rimborso forzato delle obbligazioni convertibili, mentre noi con le nostre 360 azioni, disposti a venderle a qualsiasi prezzo, se potessimo, restiamo con il cerino acceso in mano.
Da aggiungere, poi, che abbiamo fatto due raccomandate all’Ufficio Reclami della sede centrale della VENETOBANCA, in Montebelluna: datate 19 maggio 2014 (con copia conoscenza alla Banca d’Italia ed alla Consob), e l’altra 14 agosto 2014.
Nel frattempo nessuna risposta dalla VENETO BANCA ma la Banca d’Italia e la Consob, invece, mi scrivono dicendo tra l’altro che nulla possono sui rapporti azionari. Ma almeno loro rispondono. Mentre la VENETOBANCA tace.
La ciliegina sulla torta per me e mia moglie arriva nel leggere che la VENETO BANCA premia, a ricapitalizzazione avvenuta, con un premio straordinario, i suoi quasi 6000 dipendenti con un bonus una tantum di 1.050 Euro di media. Totale 6.000.000 di Euro ai dipendenti mentre noi ancora con il cerino acceso in mano, nonostante si aspetti una qualche notizia da maggio.
Veniamo poi a sapere dalla fonte autorevole Consob che a giugno 2014 i reclami pervenuti in sede Ufficio Reclami stesso della sede centrale sono circa 400, a partire dal giugno dell’anno prima: e per 400 reclami di azionisti vari non danno alcuna risposta?
Ormai sconfortati io e mia moglie, in ultima istanza, analizziamo lo Statuto Sociale di VENETOBANCA e veniamo così a conoscenza del fatto che l’articolo 17 prevede la possibilità dal parte della Banca stessa di un riacquisto delle proprie azioni in misura limitate al fondo preposto non superiore comunque al 10% del capitale sociale.
Parlasi comunque di un capitale sociale di oltre tre miliardi e mezzo di Euro: non penso che 400 azionisti siano tali da mettere in crisi la banca con le loro richieste.
Ma, udite udite, la risposta alla fine arriva dalla VENETO BANCA: qualche settimana fa.
Mi si dice che la Banca affronterà fiduciosa lo stess test della BCE ad ottobre prossimo avendo Cor Tier 1 oltre l’11%. Ma esclude la possibilità di fare leva sul fondo di riacquisto interno delle azioni proprie”.
Lo vuole l’Europa ?
“Ho parlato di persona con la banca e ho chiesto che mi riacquistino le azioni. La risposta? Una velata minaccia…”
Qualche settimana fa dallo stesso cliente abbiamo ricevuto un ulteriore aggiornamento sulla sua vicenda mentre preparavamo questo pezzo. Il cliente è riuscito a ottenere un appuntamento di persona. Ecco il resoconto che ci ha inviato:
“Interpellato dal Direttore Territoriale della Veneto Banca mercoledì scorso, via telefonica, prendo con lui appuntamento presso la sede della stessa Banca in Piazza Brescia – Jesolo .
Al colloquio, oltre al Direttore Territoriale, signor G.F.F, vedo in sua compagnia un’altra persona che si qualifica come Responsabile di Area Veneto Banca, signora K.V.
Dopo i soliti convenevoli, il Direttore, arrivato al dunque, mi dice che tempi certi per il risarcimento delle azioni non ve ne esistono, rassicurandomi sul fatto che io, come gli altri 400 azionisti che si sono rivolti all’ufficio reclami dell’ Istituto fino al giugno 2014, risultino essere una ” pulce ” rispetto agli 88.000 azionisti che hanno dato fiducia alla Banca stessa.
Ribadisco, pertanto, che io non ho più fiducia nella Veneto Banca e pertanto credo che una pulce da risarcire come me non sia di alcun peso per la Banca stessa, come gli altri 400 in attesa di risolvere come me questioni analoghe.
La risposta del Direttore è una velata minaccia di revocarmi il mutuo che ho inscritto con la Banca stessa, in sfregio a qualsiasi norma di Legge.
Rimango letteralmente esterrefatto di tanta arroganza, mentre per il risarcimento delle azioni Veneto Banca la ennesima affermazione del Direttore Territoriale ad una mia espressione di paura di non poter vedere più i soldi dei risparmi di famiglia investiti in azioni che ho richiesto ancora in maggio 2014 di saldarmi, è stata: ” Spero che Lei si Sbagli! “. In pratica, la certezza di non perdere i soldi investiti in azioni, neanche esisterebbe per la Banca.
Incredibile ma vero, e spero che questa mia mail contribuisca ad aprire gli occhi ai tanti azionisti Veneto Banca che non hanno magari idea in che tipo di investimento senza uscita ci si è infilati quando si prova a voler disinvestire”.
La storia del signor F.B. e della sua famiglia sicuramente continua. E ribadiamo quello delle azioni illiquide di molte banche non quotate non riguarda solamente questo istituto ma è un fenomeno ampio come dimostra questa mattina l’inchiesta molto ricca di Claudio Gatti su “Il Sole 24 Ore” prima citata che intervista anche uno dei periti “indipendenti” che valutano le azioni di queste banche (mettiamo le virgolette perchè è chiaro che ricevono un mandato e un compenso da parte delle banche che commissionano queste perizie e quindi l’indipendenza è qualcosa di teorico che bisogna poi vedere quando non si scontra con la realtà) e la testimonianza di quello che accade in una banca simile come la Banca Popolare di Vicenza.
E vi informeremo naturalmente di tutte le novità riguardo a questo caso e crediamo che questa storia meritava di essere raccontata. Abbiamo nel precedente articolo anche preparato alcune domande che ci piacerebbe rivolgere naturalmente oltre ai vertici di Veneto Banca anche a quelli di Banca Popolare di Vicenza e in particolare:
- Come mai in base agli ultimi aumenti di capitali il numero di azionisti continua stranamente a salire: adesione spontanee o “spintanee” ?
- Dallo statuto la banca ha facoltà di riacquistare le azioni proprie (fino al 10% del capitale) ma non ne mostra volontà ci dice questa storia e compra “tempo”: perché e fino a quando ?
- E se per ipotesi Veneto Banca (o Banca Popolare di Vicenza) dovesse un giorno unirsi spontaneamente o spintaneamente con un’altra banca sotto pressione della Banca d’Italia e questa banca aggregante è quotata e ha multipli borsistici di un quarto inferiore a quelli di come sono state valutate fino ad oggi le azioni di queste banche che cosa accadrebbe ai possessori di azioni della banca non quotata?
Ben difficile immaginare che il nuovo azionista paghi i prezzi con cui sono state valutate unilateralmente dalla banca non quotata le proprie azioni piuttosto che quelli di mercato, no? Dai Medici e anche prima la storia ci dice che i banchieri italiani sono stati fra i pionieri nel settore, hanno inventato il debito sovrano, sono stati innovatori nel campo della contabilità e quindi ci sarà sicuramente una risposta.
Noi aspettiamo. Ma se intanto per i piccoli azionisti che vogliono uscire dalla banca di cui hanno acquistato le azioni si trovasse un modo trasparente e veloce e non punitivo ne saremmo lieti.Una modesta proposta: magari le si riacquistino ai prezzi a cui sono state valutate dai piccoli azionisti che vogliono disfarsene e le se si usino per pagare integralmente (invece che il cash) i compensi del top management di queste banche, i loro periti e super consulenti.Sarebbe un bel segnale molto apprezzato.