In Italia banche intoccabili e Authority sono sotto scacco

Di fronte al tracollo borsistico delle banche italiane, ai deficit di capitale di alcuni istituti e al rischio che molti investitori siano chiamati a saldare il conto dell’ammanco, è da tempo partita la caccia al colpevole. Tra i principali imputati le Autorità di Vigilanza. Intervista a Massimo Scolari, presidente di Ascosim ed ex Bankitalia che spiega come in Italia le Autority sono come Don Abbondio, strette tra due poteri forti (le banche e il Governo) e che per cambiare le cose bisogna andare alla radice del male.

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Trent’anni di carriera spesa a ricoprire posizioni di vertice in banche e sim di consulenza. Uomo delle istituzioni ma estremamente attento ai temi della tutela del risparmio, Massimo Scolari, Presidente di Ascosim (l’Associazione delle Società di Consulenza Finanziaria di cui SoldiExpert SCF fa parte) e presidente del Cda di Compam Fund, Sicav di diritto lussemburghese, ci è sembrato la persona adatta per parlare della crisi del settore bancario e della polemica sulle responsabilità delle Autorità di Vigilanza in molti casi di risparmio tradito. Scolari, ex Bankitalia e in passato membro del Consultative Working Group Investor Protection & Intermediaries dell’ESMA, ha scritto recentemente un articolo sulla protezione del risparmio e le responsabilità in cui afferma che se le banche avessero applicato in modo rigoroso le regole esistenti in vigore da anni sulla consulenza in materia di investimenti si sarebbero evitate “la stragrande maggioranza delle consistenti perdite patrimoniali sofferte dagli investitori in obbligazioni subordinate e azioni di banche non quotate venute alla luce negli ultimi mesi.” In questa intervista Scolari interviene sull’accusa rivolta a Consob e Banca d’Italia di non aver tutelato adeguatamente i risparmiatori e di aver “dormito” sulle sofferenze bancarie e spiega perché in Italia le Authority hanno sempre avuto le armi spuntate. Mentre le banche per ragioni politiche e storiche sono divenute intoccabili.

 

Massimo Scolari
Massimo Scolari Presidente di Ascosim

 

Roberta Rossi: Le banche italiane sono attualmente nell’occhio dei ciclone per la dose massiccia di crediti deteriorati che hanno nei loro bilanci (360 miliardi di NPL, Non Performing Loans). Secondo Elke Konig, Presidente dell’Autorithy che puo’ “risolvere” qualsiasi banca europea sottoposta alla vigilanza della Bce, il problema andava affrontato molti anni fa e colpevolmente questo non è stato fatto. Secondo il nostro Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il problema non è stato affrontato semplicemente perché è recente e nel 2011 e 2012 non sussisteva. Se si vanno a leggere i report dell’epoca e le analisi delle agenzie di rating era evidente che la marea dei crediti deteriorati stava montando, che le banche italiane stavano facendo troppo pochi accantonamenti e che il merito creditizio di alcuni istituti era sceso sotto il livello di guardia. Non si è reso conto di nulla chi doveva vigilare? Il problema veramente non c’era?

 

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Nell’articolo pubblicato su MoneyReport.it il 10 08 2012 venivano analizzati i rischi del settore bancario italiano stretto tra crisi economica e sofferenze in aumento e già quattro anni fa doppie rispetto alla media europea

 

Massimo Scolari: Sia la Banca d’Italia sia la Consob avevano chiarissimo il problema. E avrebbero dovuto essere più incisive, insistenti e continuative nel fare pressione sulle banche affinchè ripulissero i loro bilanci. Non solo in sede ispettiva, anche nelle comunicazioni ufficiali avrebbero dovuto far sentire di più la propria voce. Ma il problema dei crediti deteriorati non è scoppiato negli ultimi 12 mesi. La caduta del Pil iniziata dalla crisi di Lehman Brothers e la crisi economica del nostro Paese non poteva determinare esiti diversi sui bilanci delle banche.

Rossi: Quando una banca non è ben gestita, come puo’ intervenire l’ Authority di Vigilanza?

Scolari: La Banca d’Italia ha da poco il potere di sostituire il Consiglio di Amministrazione di una banca. In passato poteva solo fare pressione affinche’ questo avvenisse. Ma tutto dipende da chi siede nel Cda della Banca. E da quali legami ha con la politica. Il caso di Banca Etruria insegna. L’organo di Vigilanza delle banche puo’ anche sospendere pro tempore una banca dal concedere crediti se la banca non ottempera a una buona gestione. Puo’ revocare a un soggetto vigilato la licenza di creare e collocare ai propri clienti prodotti finanziari. Puo’ anche erogare delle sanzioni, ma nelle realtà piccole queste multe hanno un grande impatto economico. Nelle banche grandi banche invece l’ammontare della sanzione è ridicolo rispetto alle dimensioni del business. Quindi alcuni banchieri scientemente fanno il calcolo di quanto gli costa mettersi in regola per evitare le sanzioni e poi decidono che gli conviene rischiare la “multa”.

Rossi: Sembra che a comandare siano più le banche che le Authority in Italia…

Scolari: In effetti è così e questa è la vera pillola avvelenata della grande crisi del debito sovrano del 2011. Quando i compratori esteri avevano ridotto i loro acquisti del debito pubblico italiano (tra giugno e dicembre 2001 gli investitori esteri riducono il loro investimento in titoli italiani di 92 mld di euro ndr) sono state chiamate le banche in soccorso. E questo le ha rese forti. Le banche hanno salvato l’Italia comprando massicciamente titoli di Stato italiani e sono diventate quasi intoccabili agli occhi dei Governi. E prima di tutte le aste del debito pubblico c’erano contatti tra il Ministero dell’Economia e le Tesorerie delle Banche per assicurarsi che tutto l’ammontare venisse collocato.

 

Banche e debito pubblico
Nella seconda metà del 2011 l’Italia rischia il default e gli investitori esteri iniziano a vendere massicciamente i titoli del debito pubblico italiano. Le banche italiane colmano questo gap di domanda e aumentano in modo consistente l’esposizione al debito pubblico italiano (Infografica massimomucchetti.it)

 

Rossi: Ci sono stati altri aiutini delle banche al Governo?

Scolari: Nessuno parla più dei debiti non pagati della Pubblica Amministrazione verso le imprese. Questi debiti se li sono accollati in parte le banche che hanno anticipato i soldi . E anche nei confronti dei fondi all’editoria quando lo Stato è stato costretto a tagliare il sostegno pubblico alcune banche nei confronti dei giornali di partito ne hanno preso il posto come finanziatori.
In questo quadro le Authority di Vigilanza quando vogliono intervenire si trovano così un blocco fatto da banche, governo e partiti. Per questo molte situazioni sono degenerate.

Rossi: Diversi commentatori affermano che di fronte a certe situazioni di crisi, come nel caso delle Popolari Venete, sarebbe meglio il bail in alla ricapitalizzazione.

Scolari: Se una banca perde il 20% della propria raccolta in pochi mesi, ha perso la cosa più importante per poter andare avanti: la fiducia dei propri clienti. Senza questa una banca non può stare in piedi. Ma in Italia il bail in non lo vuole nessuno. Né Banca d’Italia che viene considerata la mamma di tutte le banche e non ne vuole far fallire nessuna. Né il Governo ne’ il sistema bancario vogliono il bail in perché non vogliono il mercato.

Rossi: Con la vigilanza delle banche sottoposta alla Bce sono emerse le esigenze di ricapitalizzazione di molti istituti di credito. Non possono essere venuti tutte fuori negli ultimi 12 mesi…

Scolari: La vigilanza della Bce è spietata e non guarda in faccia a nessuno. E’ questo che è cambiato. E i controlli la Bce li fa anche coinvolgendo gli ispettori della Banca d’Italia. Non è che questi sono diventati bravi negli ultimi anni o mesi. Lo sono sempre stati ma prima questo lavoro non glielo facevano fare.

Rossi: In effetti già nel 2001 l’ispezione della Banca d’Italia alla Popolare di Vicenza aveva fatto emergere problemi di tutti i tipi: azioni collocate a un prezzo enormemente superiore a quello delle banche popolari quotate, scarsa redditività dell’attività caratteristica, crescita per linee esterne che non rispondeva a un progetto unitario, debitori la cui capacità di rimborso era sovrastimata, Cda che approvava in modo acritico le proposte dei vertici, collegio sindacale che non svolgeva un’azione incisiva…perché le Authority hanno aspettato 15 anni per intervenire? Molti risparmiatori avrebbero potuto salvarsi…

Scolari: I vertici erano evidentemente molto potenti, intoccabili. Nei confronti di un’Authority italiana potevano fare la voce grossa. Oggi con la Vigilanza passata alla BCE tutto questo non c’è più. Gli ispettori della Banca d’Italia sono sempre gli stessi ma il Presidente di una banca non puo’ esercitare alcuna pressione su un politico affinchè gli tolga la morsa della BCE. La vigilanza della BCE ha fatto emergere una arretratezza drammatica dal punto di vista informatico delle banche italiane per questo anche in Borsa soffrono così tanto. Hanno buttato troppi soldi negli sportelli e troppo poco nell’information technology.

Rossi: Più che affilare le armi per competere sul mercato, le banche si sono preoccupate di occupare il territorio per diventare l’unico referente delle imprese e dei risparmiatori…

Scolari: Le imprese sono state portate a finanziarsi solo attraverso le banche che potevano deciderne la vita e la morte. Allo stesso modo verso i risparmiatori le banche hanno avuto un potere di collocamento assoluto. Nel 2014 la Consob ha aperto con l’ABI un tavolo di consultazione relativamente alla distribuzione alla clientela retail dei prodotti complessi, comprese le obbligazioni subordinate. L’Authority ha dovuto fare una parziale marcia indietro perché le banche avevano fatto muro. I dirigenti della Consob e di Bankitalia non sono meno bravi di quelli esteri, non sono meno indipendenti, , ma a volte vengono contrastati da interessi politici e per questo non riescono ad essere incisivi. Nel 2008 l’allora Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi disse che bisognava separare l’attività di gestione del risparmio dall’attività creditizia. Entrambe facevano capo alle banche e questo non era un bene. Occorreva allineare gli oneri a carico dei risparmiatori alle caratteristiche dei prodotti e alle condizioni dei mercati. Il suo invito rimase lettera morta.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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