Un po’ fondo d’investimento, un po’ hedge fund. Sono i nuovi fondi alternativi che possono essere proposti anche ai risparmiatori comuni (senza come nel caso degli hedge fund calare un gettone minimo d’ingresso di 500.000 euro) grazie alle ultime direttive Ucits che consentono a questo tipo di prodotti ( quindi con soglie d’ingresso molte basse) di attuare strategie più aggressive e coraggiose all’intermo di una rigida regolamentazione e trasparenza. Come per esempio mettersi al ribasso oppure scommettere pesantemente su un’apparente anomalia del mercato come per esempio la sottovalutazione di un titolo e la sopravvalutazione di un altro.
I cosiddetti “absolute return” sono fondi che puntano non a superare un benchmark ma ad avere performance positive in qualsiasi tipo di mercato e danno quasi carta bianca al gestore a cui non viene richiesto di replicare un benchmark ma di attuare strategie flessibili adeguate al tipo di mercato, potendo spaziare magari da azionario a obbligazionario, dal rialzo al ribasso oppure decidere se indebitarsi o meno.
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Avevamo già parlato al debutto di questa categoria di fondi e torniamo a parlare dell’argomento nonostante a vedere l’andamento nel 2011 di questa categoria particolare di fondi nonostante le buone intenzioni i risultati di questo tipo di fondi non proprio possono definirsi mediamente esaltanti. E inoltre molti di questi fondi lanciati da quasi tutte le società di gestione più importanti non sempre hanno una classe disponibile per gli investitori retail (ovvero noi comuni mortali), rimanendo ancora un mercato riservato agli investitori istituzionali.
Un peccato perché proprio fra questo tipo di fondi potenzialmente si potrebbero celare i migliori gestori di fondi autenticamente flessibili e attivi e per una quota parte del proprio patrimonio potrebbe essere interessante selezionare i migliori di questi fondi. E per questo è stato lanciato da SoldiExpert SCF all’interno del servizio di consulenza personalizzata un portafoglio dedicato alla selezione attiva dei migliori fondi absolute return e flessibili azionari e obbligazionari.
Cosa sono questi fondi un po’ particolari..
Stiamo parlando dei fondi “absolute return” ovvero a ritorno assoluto. Una definizione impegnativa poiché l’obiettivo di questa strategia è cercare di guadagnare nel tempo in tutte le condizioni di mercato: sole, pioggia e nuvoloso. Ovvero mercati laterali, rialzi e ribassi. O perlomeno fare meglio del mercato. Un’evoluzione ulteriore rispetto alle strategie solo flessibili o “total return” poiché a questa tipologia di fondi è consentito anche vendere prodotti finanziari che non possiedono oppure utilizzare parzialmente la leva finanziaria.
Se si guarda ai risultati realizzati in questi anni la strada da fare da questo tipo di fondi è però ancora in salita: una strategia long/short (come quella attuata dai nostri portafogli di SoldiExpert SCF con abbinata una strategia di copertura come quelle offerte col sito www.fibexpert.it) avrebbe ottenuta risultati mediamente migliori.
Ma non tutti i risparmiatori possono o vogliono seguire strategie anche di copertura (una delle strategie possibili tramite questi fondi) e resta quindi alto l’interesse verso questo strumento teoricamente “perfetto” per il portafoglio di molti risparmiatori che vorrebbero avere la “botte piena” e l…a “moglie ubriaca”. Essere investiti sui mercati finanziari tramite il possesso diretto o indiretto di azioni, obbligazioni, etf, materie prime e partecipare però soprattutto ai guadagni indipendentemente dall’andamento dei mercati con prodotti che possono gestire asset molto diversi con strategie diversificate.
A gennaio 2012 il patrimonio complessivo gestito dai fondi “newcits” ammontava a 43,9 miliardi di euro con sottoscrittori in prevalenza istituzionali. Con le banche in prima fila, seguite da strutture di “wealth advisoring al secondo posto e family office al terzo mentre resta ancora contenuta la platea dei privati. Rispetto agli hedge fund (e dopo la paura passata nel 2008 con molti fondi in ‘side pocket” o in liquidazione) questi fondi piacciono di più poiché garantiscono maggiore trasparenza, maggiore liquidità e limitazioni all’ uso della leva.
Per chi cerca rendimenti del proprio patrimonio in parte decorrelati questi fondi dovrebbero avere una marcia in più ma cè ancora cautela anche fra gli addetti ai lavori nell’investire massicciamente su questi fondi perché la storia è ancora recente e in un anno come il 2011 di “alfa” (ovvero di capacità di fare molto meglio del mercato) se nè vista poca nei momenti in cui ce nera più bisogno. E per inserirli non basta fidarsi di quello che scrive il venditore nelle slide di presentazione (si sottoscriverebbero tutti altrimenti convinti di aver risolto per sempre il problema della gestione della ricchezza) ma saperli selezionare e monitorare con attenzione.
I fondi a ritorno assoluto mantengono quello che promettono? Sono la nuova frontiera del risparmio gestito? Vanno messi in portafoglio? C’è da fidarsi o è bene (come al solito) saper valutare i differenti prodotti, le società di gestione che li lanciano e il “momentum” di mercato? Quali sono le tendenze più importanti ? Ci sono anche Etf che consentono di replicare alcune di queste strategie?
Parliamo di seguito in modo analitico di questi argomenti con Stefano Gaspari, direttore di MondoAlternative, uno dei massimi esperti italiani dell’argomento. A capo di un osservatorio privilegiato sul mondo dei fondi speculativi (continua per gli abbonati).
GAZIANO: Nel 2011 i fondi Ucits alternativi hanno sofferto come raccolta, chiudendo l’anno con deflussi per circa 1,5 miliardi di euro a livello europeo. Teoricamente in un anno disgraziato per molti mercati finanziari proprio questi fondi dovevano trainare la raccolta ma non è accaduto. Come spiegare questo andamento?
Sempre parlando di flussi e deflussi colpisce comunque il forte afflusso sulle strategie “managed futures”, “credit long short” e “alternative beta”. Puoi dirci qualcosa di più di queste strategie e sul perché stanno attirando così interesse e quali sono i fondi che più hanno riscosso successo? A vedere l’andamento medio di queste categorie (rispettivamente -4,47%, -2,24% e 4,48%) non si spiegherebbe altrimenti un simile interesse…
“Per quanto riguarda la strategia Managed futures i fondi attivi in questo stile d’investimento assumono sia posizioni long (lunghe) che short (corte) su contratti future relativi a indici di azioni, di bond, valute e di materie prime, solitamente utilizzando un modello di trading proprietario di tipo sistematico. Questi fondi detengono i contratti future per un periodo di tempo che può variare dal breve al lungo termine, a seconda del tipo di strategia implementata.
I dati riportati nella domanda riguardano gli indici delle strategie sopra menzionate che presentano al loro interno una grande dispersione di rendimenti. Quindi, a nostro avviso, esiste una correlazione tra la performance realizzata e la raccolta di questi prodotti. Infatti, i fondi che sono cresciuti maggiormente a livello di masse in gestione (vedi tabella allegata), hanno anche registrato ottime performance nel 2011 e nei primi due mesi del 2012″.
Sui 237 fondi Ucits alternativi da voi monitorati (tralasciando ora l’andamento delle singole differenti strategie) la performance media di questi fondi è stata del -4,10% con un andamento molto difforme fra i migliori (intorno al + 12-14%) e i peggiori (addirittura -30-40%). Se guardiamo al dato medio non c’è un po’ di delusione a vedere questi risultati? Vengono proposti dalle case di gestione come il “prodotto” più avanzato, in grado di generare risultati interessanti nel tempo a fronte di mercati al rialzo e al ribasso ma poi nella realtà sembrerebbe secondo alcuni osservatori che poi la montagna (tranne le dovute eccezioni) partorisca un topolino… O è ancora troppo giovane la storia di questo comparto per trarne delle considerazioni generali e più che guardare al solo risultato è meglio concentrarsi anche su altri parametri come la bassa volatilità?
“Tracciando un bilancio del 2011, vediamo che si è trattato di un anno decisamente più difficile per i gestori alternativi rispetto alle previsioni, poiché dominato dalla presenza di un importante rischio sistemico, molto più accentuato nel secondo semestre, e dal livello di volatilità intra-day più elevato degli ultimi 50 anni, che si è tradotto in un forte aumento della correlazione tra le diverse asset class. Un fattore ben rappresentato dall’andamento del RORO Index, elaborato da Hsbc, che mostra le continue e repentine inversioni di tendenza (risk on / risk off), il cui impatto ha fortemente ridotto il valore aggiunto dell’analisi fondamentale e della gestione attiva del portafoglio.
Non tutti i fondi Ucits alternativi sono disponibili anche per il pubblico retail degli investitori privati: ragioni di marketing, difficoltà di realizzare accordi con le principali banche o piattaforme online, mercato poco ricettivo… quali sono secondo te le ragioni che spiegano un’offerta tutto sommato ancora limitata per l’investitore retail a questo tipo di fondi?
“Innanzitutto da una nostra recente indagine sulla tipologia della clientela risulta che su un campione di 41 società di gestione che amministrano fondi Ucits alternativi per un totale di circa 13 miliardi di euro in gestione, il 39,4% degli asset proviene dal segmento degli intermediari (Sim, accordi di collocamento con banche), il 37,5% da investitori istituzionali diretti e solo il 19,1% proviene da clientela privata diretta. Questi dati confermano che gli Ucits alternativi, sono strumenti finanziari relativamente recenti e quindi ancora poco conosciuti al pubblico retail, che adottano strategie complesse e che necessitano di essere ben compresi dal cliente prima di essere sottoscritti: per questi motivi si rivolgono principalmente agli investitori sofisticati. Dal nostro osservatorio privilegiato, però, stiamo notando un leggero aumento dell’interesse da parte della clientela privata: quindi, a nostro avviso, nei prossimi 12 mesi vedremo il proliferare di fondi Ucits alternativi con classi dedicate alla distribuzione retail da parte delle società di gestione. Analizzando anche la ripartizione geografica degli asset degli Ucits alternativi notiamo che il 22,1% della raccolta proviene dalla Svizzera, il 21,1% dal Regno Unito, il 20,1% dall’Italia e l’11,8% dalla Germania”.
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Già alcuni anni fa parlavamo degli Etf che puntavano a replicare anche strategie absolute: come si è evoluta la situazione, quali novità e risultati arrivano su questo fronte?
“Sul fronte degli Etf sempre più emittenti stanno lanciando prodotti che intendono replicare indici di strategie hedge. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati immessi sul mercato da JpMorgan e Source che hanno lanciato l’Etf Jp Morgan Macro Hedge Us Tr Source che mira a fornire un’esposizione di lungo termine e a basso costo alla volatilità, attraverso una strategia sistematica sviluppata dalla banca americana. Recentemente anche Rbs ha lanciato l’Rbs Market Access Cta Index Etf che punta a replicare l’andamento di un indice composto esclusivamente da gestori Cta.
Qual è la quota secondo te corretta da allocare nel proprio patrimonio in questo tipo di fondi? Vale sempre il consiglio del 5-10%? E un investitore privato può da solo facilmente trovare “luce” in questa giungla di offerte, strategie, andamenti o è meglio che prima di sottoscrivere uno o più di questi fondi abbia qualche accortezza?
“I fondi Ucits alternativi a nostro avviso devono essere inseriti in un portafoglio con una quota massima del 10/15% a secondo del profilo di rischio/rendimento del cliente stesso. Come detto sopra i fondi Ucits alternativi sono attivi in diverse strategie hedge, sono prodotti “sofisticati” che richiedono molta attenzione da parte dell’investitore sia privato che professionale per la selezione di questi strumenti. Sarebbe opportuno che venissero analizzati con attenzione tutti i diversi fattori di rischio: di mercato, di liquidità e operativo. Alla luce di questi aspetti è importante che l’investitore privato, prima di procedere a qualsiasi tipo di investimento in questi prodotti, venga consigliato da un consulente finanziario e non segua l’approccio del “fai da te”.