Alla larga dai fondi target o a scadenza, trappole mangiasoldi con l’illusione della cedola

I fondi a scadenza sono spesso presentati come una buona soluzione d’investimento. In realtà sono spesso caricati di costi esorbitanti e vengono battuti a mani basse dagli ETF

I fondi o scadenza o  target (o, più correttamente, “fondi target data”) possono essere un buon modo di gestire gli investimenti in questa fase storica? E cosa s’intende esattamente quando si parla di fondi target? Lo scopo di questa analisi di SoldiExpert SCF è quello di aiutarvi ad avere gli elementi utili per valutarli con consapevolezza.

Questa categoria di fondi sono stati “progettati” come obiettivo per aumentare e proteggere il capitale in vista di una specifica “data di scadenza”.  Sulla carta questi fondi hanno quindi la particolarità di modificare l’asset allocation in funzione della distanza temporale dalla “data di scadenza” e tipicamente di diventare più conservativi e prudenti in prossimità della scadenza e più aggressivi magari nella parte iniziale d’investimento.

Nel tempo dovrebbero quindi attuare una strategia di progressivo de-risking del portafoglio diminuendo gradualmente per esempio l’esposizione azionaria poichè nell’ultimo periodo vicino alla scadenza sarebbe in teoria inappropriato aumentare i rischi sulle azioni con il rischio… se le cose non vanno bene di non poter recuperare poi le perdite.

Questa è la teoria ma la realtà (anche dei mercati) è cosa diversa e per diverse ragioni che ora vi esporremo come consulenti finanziari indipendenti il nostro giudizio su questo tipo di fondi è largamente negativo e secondo noi (dati alla mano) è  meglio stare alla larga dai fondi target, trappole spesso mangiasoldi con l’illusione della cedola.

 

Target data O FONDI A SCADENZA, ronzini con l’handicap

 

I mercati storicamente guardano al bicchiere mezzo pieno e non in modo insensato. Perché nel medio lungo periodo la maggior parte delle aziende quotate hanno dimostrato di generare profitti attraversando fasi anche avverse. Secondo l’economista Robert Shiller, gli utili reali per azione sono cresciuti a un tasso annuo del 3,5% in 150 anni. E questo spiega perché nel tempo l’investimento azionario si sia rivelato come una delle forme di destinazione dei risparmi tra le più redditizie.

A patto di essere investitori pazienti, ben diversificati e non gravati da costi eccessivi. Come quelli che pesano sui fondi target.

Perché se l’handicap con cui si parte è notevole (e pesa ogni anno) è ben difficile gareggiare con qualche chance di successo.

Usiamo qui la parola “handicap” in senso ippico. Perché chi ha la passione dei cavalli sa che questo termine indica da diversi secoli quelle corse in cui i cavalli partenti vengono disposti a distanze diverse (trotto). O caricati con pesi diversi (galoppo). Nel caso dei cavalli, l’utilizzo dell’handicap ha, quindi, uno scopo positivo, che è quello di parificare tendenzialmente le possibilità di vittoria di tutti i partecipanti. E se i fondi fossero cavalli, si potrebbe dire: target data, ronzini con l’handicap.

Nel mondo degli investimenti non c’è infatti nessuna evidenza che l’handicap, che molti prodotti del risparmio gestito fanno pagare ai partecipanti, generi migliori risultati per il risparmiatore. Anzi. Ed è ciò che accade per la maggior parte dei fondi d’investimento. Tramite costi ricorrenti più elevati e talvolta anche con costi aggiuntivi di ingresso e di uscita.

Tutte le ricerche ed evidenze statistiche dimostrano infatti il contrario: più spendi meno otterrai mediamente come rendimenti. E appunto il caso dei fondi d’investimento a scadenza (i cosiddetti “target data” o fondi target) ne è un ottimo (o pessimo) esempio.

 

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Fondi A SCADENZA da evitare QUASI come la peste

 

Salvatore Gaziano, Direttore investimenti di SoldiExpert SCF, ne ha parlato in un’analisi sui fondi target che è stata ripresa dal settimanale economico Affari & Finanza de La Repubblica.

Nell’analisi viene evidenziato come i fondi target si siano dimostrati, nella stragrande maggioranza dei casi, una destinazione pessima per i risparmiatori. Per quanto siano stati venduti con grandi premesse e promesse. Come dire: fondi target date da evitare come la peste

Sulla carta i fondi target date (cioè a scadenza) sembrerebbero essere infatti ottimi strumenti. Ma nella realtà, vedendo i fondi di questo tipo distribuiti in Italia, è qualcosa da cui stare alla larga. Perché i risultati dei fondi target date sono stati spesso molto deludenti rispetto ai fondi tradizionali. E ancora di più rispetto agli ETF sottostanti.

Quella dei fondi target è una tipologia di fondi che diverse banche e reti italiane hanno collocato (e continuano a collocare) ai risparmiatori. Ma nelle nostre analisi di portafoglio, in una scala Mercalli dei prodotti più costosi e inefficienti, i fondi target date meritano sicuramente fra le più alte posizioni nel podio dei “peggiori”.

Fondi che potrebbero essere consigliati a vostra madre o a vostro zio, e magari anche a voi. Che molti risparmiatori che si rivolgono a SoldiExpert SCF hanno spesso in portafoglio, ma che andrebbero evitati quasi come la peste. Perché qui gli “handicap” si sommano spesso in modo quasi geometrico.

 

 

Fondi azionari o fondi obbligazionari a scadenza

 

Cosa sono innanzitutto i fondi a scadenza o fondi target? Chiamati anche target data o target data fund, sono una delle diverse tipologie di fondi comuni d’investimento. Dovrebbero essere caratterizzati per la scadenza predefinita e per la gestione attiva. In essi il gestore combina solitamente in un unico prodotto azioni e obbligazioni in base all’andamento dei mercati e alla data di rimborso. Più che di fondi azionari o fondi obbligazionari a scadenza si tratta spesso di fondi bilanciati dove le componenti azionarie e obbligazionarie vengono miscelate con una riduzione progressiva di quella azionaria.

Nati originariamente sul mercato statunitense questo tipo di fondi sono stati pensati per un risparmiatore che guarda alla pensione. Quindi con orizzonti temporali medio-lunghi. Per esempio, alcuni fondi di Vanguard lanciati negli Usa nel 2017 si sono dati come obiettivo il 2065. Qualcosa che ha più senso dei fondi target venduti in Italia con orizzonti temporali di 5-7 anni…

I fondi a scadenza dovrebbero quindi vedersi calibrare la parte azionaria e obbligazionaria in base anche all’orizzonte temporale. Più elevata all’inizio la parte azionaria, più prudente alla fine. Il mix di asset e grado di rischio del portafoglio di un fondo a scadenza diventano infatti tipicamente più conservativi man mano che ci si avvicina alla data obiettivo.

Ad ogni modo, che siano fondi obbligazionari a scadenza, fondi bilanciati a scadenza o fondi azionari a scadenza, il nostro giudizio negativo non cambia.

 

 

Fondi a scadenza con cedola

 

Questi fondi a scadenza sono caratterizzati da un periodo di sottoscrizione della durata tipicamente di qualche settimana. Solo durante questo periodo gli investitori possono aderire al fondo. Ciò consente ai collocatori di usare la tecnica di marketing della “scarsità”, che sembra funzionare ancora bene per mettere pressione alla sottoscrizione. Si parla spesso di obiettivi di rendimento attraenti ma obiettivo è una cosa, garanzia un’altra… e in piccolo qualche asterisco spiegherà che non c’è alcuna garanzia di rendimenti perchè se volete una garanzia (limitata) compratevi un tostapane e non un fondo d’investimento.

I fondi a scadenza con cedola all’italiana hanno una durata prestabilita, normalmente tra i cinque e i sette anni. Un periodo troppo breve per ragionare correttamente in termini di orizzonte temporale e non a testa o croce. Può essere obbligazionario o bilanciato e “distribuire cedole periodiche”. Peraltro con un target di pochi anni ovvero con scadenza a 5 o 7 anni se per ipotesi il mercato azionario crolla magari 2 anni prima della scadenza per una pandemia o lo scoppio di una guerra e poi magari risale… il fondo target l’anno successivo si troverà con la quota azionaria abbassata e quindi le possibilità di recupero teoriche molto limitate.

La distribuzione di cedole dei fondi target talvolta è però spesso solo uno specchietto per le allodole. Visto che queste cedole possono essere prelevate anche dallo stesso capitale con la beffa di dover pagare su di esse la tassazione del capital gain.

Avrete quindi capito che questi fondi target, non esclusi i fondi a scadenza con cedola, sono in molti casi un concentrato quasi puro di marketing finanziario per convincere il risparmiatore che è possibile la quadratura del cerchio.

 

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I gestori dei fondi A SCADENZA

 

Originariamente questo tipo di fondi a scadenza, o fondi target date, rimborsava ai sottoscrittori le quote. Alcune società di gestione, però, per non perdere il “malloppo” hanno iniziato a prevedere che alla data “target” gli asset vengano ricollocati in un altro prodotto della stessa casa. Geniale…

Tra i n°1 dei gestori dei fondi target date in questo mercato si trovano Eurizon, Amundi, Anima, Arca, DWS e Gestielle o Fineco da qualche anno con la serie FAM Smart Defense si.è buttata in questo mercato con tutto il suo peso e armamentario di marketing finanziario.

Al risparmiatore che sottoscrive i fondi a scadenza possono essere applicati costi di ingresso. E quasi sempre anche di uscita, nel caso in cui volesse svincolarsi prima della “scadenza”. Oltre a costi di gestione annuali e, talvolta, anche di performance. Anche qui calcolati, in diversi casi che abbiamo analizzato, in modo discutibile.

Una serie di handicap… che pesano e non poco e nel grafico sottostante potete vedere l’andamento medio dei fondi a scadenza comparato con l’andamento di differenti mix azionari e obbligazionari con sottostanti ETF globali.

Abbiamo calcolato i portafogli che vedete di ETF bilanciato, dinamico o prudente semplicemente simulando l’andamento dei principali indici mondiali. In particolare, azionari (MSCI World) e obbligazionari (Bloomberg Global Aggregate Governativi e Corporate Investment Grade). Con mix 50% e 50% o 25%/75% e 75%/25%.

Cosa è successo sul mercato, insomma, al fine di fare un confronto brutale. Ma in grado di rendere l’idea della distruzione di valore che avviene mediamente con i fondi target date. Che fanno rimpiangere i vecchi fondi bilanciati, molto meno infidi, al confronto.

 

Fondi target a confronto con gli ETF

 

 

FONDI A SCADENZA per “mungere” i clienti

 

Attualmente, in circolazione ci sono circa 500 fondi target o fondi a scadenza, di cui circa 300 sono già arrivati a scadenza. Qualcosa evidentemente non va mediamente in questa tipologia di fondi. Che costituiscono sicuramente un prodotto “cash cow” (“vacca da mungere” tradotto brutalmente in italiano) per chi li colloca. Target date fund per “mungere” i clienti, insomma. Ma che offrono quasi sempre bassi vantaggi, alti costi e tanti vincoli a chi li sottoscrive. Che tipicamente lo fa perché si fida… dell’intermediario o collocatore che sa usare evidentemente le “parole giuste” per farli sottoscrivere.

I fondi a scadenza o target date fund sono prodotti del risparmio gestito in cui il conflitto d’interessi è evidentemene più elevato fra collocatori e risparmiatori.

Questo tipo di fondi è quindi (lo avrete capito) nella nostra lista nera e molte banche e reti amano collocarli evidentemente perchè per chi li colloca sono prodotti d’oro:  consentono di bloccare per molti anni il risparmiatore in prodotti da cui difficilmente uscirà (grazie alle commissioni di uscita), sono molto più difficili per il risparmiatore da confrontare con il mercato  e con dei “benchmark”, permettono un bello “storytelling”, consentono anche di applicare fantasiose commissioni di performance (non tutte le società di gestione lo fanno ma alcune sì e in questo modo riescono a prelevare ulteriori spese senza magari alcun reale valore aggiunto creato), generano commissioni annui mediamente più elevate e pazienza se confrontati con i rispettivi mercati di riferimento (azionari e obbligazionari) si comportano come fondi spesso nettamente peggio del mercato dove investono.

Tuttavia, anche quando li “scoviamo” nei portafogli di chi si rivolge a noi in qualità di consulenti indipendenti e invitiamo i possessori a liberarsene al più presto, nell’80% dei casi chi li ha sottoscritti spesso non lo fa. Perché, ci spiegano di solito, che significherebbe “sostenere il costo di uscita anticipato”, spesso anche dell’1%.

E molti risparmiatori a quel punto preferiscono aspettare la “scadenza” e puntare su un recupero futuro dei mercati. Anche se la cosa è totalmente irrazionale dal punto di vista finanziario. Visto che mediamente la zavorra di costi che si pagano sui fondi target è ben superiore. E i risultati reali ottenuti nel tempo, inferiori.

Ma chi colloca questi strumenti sa evidentemente bene il fatto suo e continua con successo a collocarli a dispetto dei numeri e delle evidenze.

 

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