Investire in ETF è sempre più popolare. Il mese di settembre ha visto anche una forte crescita dei lanci di ETF focalizzati sulle obbligazioni, che hanno superato nettamente i livelli dell’anno precedente.
Secondo i dati di CFRA e Strategas, circa 120 nuovi ETF obbligazionari sono stati lanciati nel 2024, rispetto ai 79 dell’anno precedente, rappresentando il 46% di tutti i nuovi ETF lanciati. Questo aumento riflette le aspettative di un ulteriore allentamento della politica monetaria da parte della Fed e la crescente domanda di esposizione al reddito fisso.
Quando i risparmiatori confrontano la performance dei fondi “classici” gestiti attivamente, che comportano commissioni significative, con l’alternativa di investire in ETF, la scelta pende sempre più verso gli ETF, non solo negli Stati Uniti, ma ora anche in Europa, Italia compresa. Infatti, nei primi otto mesi del 2024, gli ETF hanno assorbito il 53% di tutti i flussi verso i fondi aperti in Europa, secondo quanto riportato da un recente articolo di Citywire.
In Italia sono quotati ETF che coprono tutti i comparti, dall’azionario all’obbligazionario, dalle materie prime alle criptovalute.
Quando i risparmiatori confrontano la performance dei fondi “classici” gestiti attivamente, che comportano commissioni significative, con l’alternativa di investire in ETF, la scelta pende sempre più verso gli ETF, non solo negli Stati Uniti, ma ora anche in Europa, Italia compresa.
In Italia sono quotati ETF che coprono tutti i comparti, dall’azionario all’obbligazionario, dalle materie prime alle criptovalute.
il boom degli ETF
Il 2023 è stato un anno eccezionale per il mercato degli ETF, a differenza di quello dei fondi d’investimento. Secondo il report Morningstar’s European ETF Asset Flows, la raccolta netta ha raggiunto i 143,9 miliardi di euro, segnando un aumento dell’80% rispetto al 2022, quando aveva raggiunto 79,8 miliardi di euro.
Sono soprattutto gli ETF azionari a guidare il mercato ma cresce sempre di più (e soprattutto sul mercato italiano) la quota degli obbligazionari che negli ultimi mesi hanno visto una forte crescita della raccolta grazie ai rendimenti sempre più attraenti e a costi “mini” rispetto a quelli dei fondi tradizionali.
Sempre più popolare investire in ETF in Europa
Nel 2023, gli asset in gestione degli ETF in Europa hanno raggiunto 1.640 miliardi, con un aumento del 24% rispetto ai 1.320 miliardi del 2022. Alla Borsa italiana è possibile investire in ETF accedendo ad una lista di oltre 1.850 ETF, negoziabili come se fossero azioni.
I flussi verso gli ETF azionari in Europa sono stati di 89,7 miliardi, con un aumento del 73% rispetto ai 51,8 miliardi del 2022, mentre quelli verso gli ETF a reddito fisso hanno raggiunto 57,2 miliardi, in crescita del 72%.
La popolarità degli ETF è cresciuta in Francia grazie al boom della distribuzione digitale. In Italia, si è registrato un rallentamento dei nuovi lanci, soprattutto nel segmento ESG. In Spagna, gli ETF sono adottati soprattutto dai fondi di fondi.
Amundi, principale emittente di ETF europei, ha subito deflussi dai fondi attivi per 12,4 miliardi di euro, ma ha compensato con 15,5 miliardi di incassi sugli ETF. BlackRock e Vanguard rimangono leader nella gestione passiva.
Nel 2023, il settore tecnologico ha attirato 2,7 miliardi di euro, mentre le strategie energetiche hanno visto deflussi di 2,3 miliardi. Gli ETF ESG hanno perso popolarità, scendendo dal 64% al 29% degli asset.
Novità sugli ETF: l’approvazione degli ETF “spot” sul Bitcoin in USA
Tra le novità del 2024 c’è l’approvazione negli Stati Uniti degli ETF “spot” sul Bitcoin: undici ETF offerti da altrettanti proponenti, tra i quali Blackrock e Grayscale. Investire in ETF che hanno come sottostante il Bitcoin dal 2024 è possibile.
I risparmiatori potranno investire su Bitcoin attraverso un prodotto finanziario regolamentato, l’ETF, senza la necessità di possedere wallet e chiavi crittografiche o di ricorrere ai servizi offerti dagli exchange.
Una sorta di piccolo paradosso. Nate per contestare la finanza centralizzata sull’onda del movimento “Occupy Wall Street” e di un progetto “anarco-capitalista” le criptovalute ora hanno indossato il doppio petto.
L’ Intuizione di Bogle che portò il mondo ad Investire in ETF
Gli ETF sono sul mercato finanziario dagli anni ‘90 in forma sempre più diffusa e la loro crescita si può definire ininterrotta. In realtà di fondi passivi o ETF se ne parla già nei primi studi già a partire dagli anni ’60. Chi è il papà degli ETF? Fra i pionieri c’è John Bogle, il fondatore di Vanguard, è stato il primo a dare la possibilità ai risparmiatori di investire in ETF.
Fu lui nel 1976 a lanciare il First Index Investment Trust chiamato in modo derisorio “la follia di Bogle” da molti analisti ed esperti dell’epoca. L’idea di lanciare un fondo non “gestito” che replicava l’andamento dei mercati all’epoca veniva considerata qualcosa a metà fra provocazione e lesa maestà. La maggior parte dei professionisti degli investimenti riteneva che i fondi indicizzati fossero uno stupido errore.
Quasi cinquant’anni di storia hanno dimostrato il contrario. Warren Buffett, forse il più grande investitore del mondo, una volta disse: “Se mai verrà eretta una statua per onorare la persona che ha fatto di più per gli investitori americani, la scelta dovrebbe ricadere su Jack Bogle”. Con il tempo il First Index Investment Trust che poi ha cambiato nome in Vanguard 500 Index Fund è diventato fra i più grandi fondi comuni d’investimento passivi (ovvero ETF) al mondo.
investire in ETF riduce il costo degli investimenti
Un fondo indicizzato, oggi considerato sinonimo di ETF, è un fondo comune di investimento a basso costo e a bassa manutenzione, progettato per seguire le fluttuazioni dei prezzi di un indice del mercato azionario, come l’S&P 500.
Gli investitori con poco capitale cercano sempre più di investire in ETF, che di fatto sono fondi d’investimento con commissioni di gestione sempre più basse.
A inizio 2021 il mercato europeo ha superato il trilione di euro di masse gestite in ETF grazie all’aumento dei corsi azionari e agli acquisti netti di questi strumenti. I risparmiatori sempre di più preferiscono investire in ETF piuttosto che comprare fondi d’investimento cosiddetti attivi o sicav. Un altro anno d’oro, dunque, con flussi superiori a quelli dei fondi.
I prodotti attivi (spesso solo fintamente), vale a dire i prodotti controllati dal gestore del fondo e venduti dalle banche e dalle reti di vendita attraverso consulenti abilitati all’offerta fuori sede, di solito costano almeno dieci volte di più degli ETF. Perché? Per remunerare il canale distributivo: la società di gestione del fondo “ringrazia” così i collocatori dei suoi prodotti ovvero banche e reti di vendita e i loro consulenti.
Le attività globali investite in ETF sono cresciute nel 2022 di 856 miliardi di dollari (un anno non proprio positivo per i mercati finanziari dove si è visto, invece, un forte deflusso dai fondi d’investimento tradizionali) portando il patrimonio gestito complessivo a 9,2 trilioni di dollari.
Investire in ETF è semplice e senza complicazioni
Investire in ETF vuol dire investire su prodotti finanziari tra i più innovativi e di successo degli ultimi decenni.
Una crescita che non mostra segnali di stanchezza tanto che il leader di mercato Blackrock con il suo marchio di fondi indicizzati iShares prevede che il capitale gestito in ETF raddoppierà quasi in cinque anni.
Gli investitori scelgono di investire in ETF perché particolarmente attratti dalle commissioni basse e dal trading semplice e senza complicazioni, come mostra un sondaggio di JP Morgan Asset Management. Gli ETF su noti indici azionari sono spesso offerti con commissioni annue dello 0,1 per cento.
Cosa dovresti considerare prima di investire in ETF? Ecco tutto ciò che è necessario sapere prima di investire in ETF per conoscere meglio questi strumenti finanziari.
LA GUIDA PIU’ COMPLETA PER INVESTIRE IN ETF
Al tema degli ETF come società di consulenza finanziaria indipendente dedichiamo da sempre in SoldiExpert SCF una particolare attenzione anche perché già nel lontano 2003 siamo stati fra le prime società in Italia a offrire portafogli ETF e a dedicare approfondimenti e analisi su questo strumento.
Le Società di Consulenza Finanziaria (SCF) sono un tipo di società specializzate in consulenza sugli investimenti, in possesso di determinati requisiti (professionalità, onorabilità, organizzativi, patrimoniali…) riconosciute espressamente nell’ordinamento italiano e soggette all’autorizzazione e vigilanza da parte dell’OCF (l’Organismo di vigilanza e tenuta dell’Albo unico dei Consulenti Finanziari).
Solo gli iscritti a questo Albo possono fornire consulenza personalizzata e solo i consulenti autonomi e le SCF (come SoldiExpert SCF) svolgono in esclusiva l’attività di consulenza esclusivamente a parcella e senza ricevere MAI compensi da emittenti o collocatori di fondi, certificati o strumenti o prodotti finanziari. Una garanzia di assoluta imparzialità.
La “guida agli ETF” gratuita che abbiamo scritto è fra le più scaricate e… copiate nella Rete e ha visto a inizio 2023 un importante aggiornamento e ampliamento. Quando ancora molti dicevano che gli ETF erano “strumenti pericolosi” e qualche venditore di banca o di reti di consulenti scorretti e in pieno conflitto d’interesse continua ancora a farlo mentre magari offre dei fondi d’investimento su cui può tosare i clienti e al cui interno magari contengono ETF!
Cosa sono gli ETF e come funzionano?
ETF è l’acronimo di Exchange Traded Fund ovvero di fondo (fund) scambiato (traded) sul mercato ovvero in Borsa (Exchange). Gli ETF possono essere di tipo azionario o obbligazionario. Tutti gli ETF hanno come obiettivo la replica di un indice di Borsa o di una strategia secondo regole predeterminate. L’obiettivo dell’ETF è ottenere esattamente il rendimento generato dai prodotti finanziari dell’indice.
Investire in ETF significa comprare fondi indicizzati che possono essere acquistati o venduti in tempo reale, come un’azione.
Gli investitori utilizzano gli ETF per acquisire quote dell’intero paniere di titoli o dell’indice. Ad esempio, se un ETF replica il Dax, verranno acquistate tutte le 40 azioni delle società dell’indice principale tedesco. Gli ETF sono negoziati solo in borsa e il loro prezzo deriva, come ogni bene, da domanda e offerta.
Qual è l’obiettivo degli ETF?
L’obiettivo che si propone un ETF è realizzare una performance identica a quella di un indice azionario, o obbligazionario o di un paniere di titoli quotati appartenenti a uno stesso settore (per esempio l’energia) attraverso tecniche di costruzione di portafogli di ETF più o meno intelligenti o sofisticate.
Poiché replicano un indice, il prezzo degli ETF è quasi parallelo al rispettivo indice. Inoltre, aspetto importante per gli investitori è che i costi di gestione non arriveranno mai ai livelli degli “avversari”, i fondi di investimento (ndr), uno dei vantaggi di cui parleremo più avanti.
Investire in ETF a replica fisica e a replica sintetica
Esistono, come spieghiamo più dettagliatamente nella nostra guida, due tipi di ETF in base al metodo di replica dell’indice: ETF fisico ed ETF sintetico. L’ETF a replica fisica, acquista tutti, o una parte, dei titoli contenuti nell’indice: questa è chiamata replica fisica completa o parziale. La composizione dell’ETF si adatta automaticamente se l’indice cambia. Ad esempio, se una nuova società entra nel Dax e quindi ne sostituisce un’altra, l’ETF a replica fisica sostituirà di conseguenza le azioni del precedente indice tedesco.
Investire in ETF è sicuro perchè al pari dei fondi comuni di investimento gli ETF hanno un patrimonio autonomo e separato da quello della società che li gestisce e quindi non è “aggredibile” da nessuno. Ciò significa che se la società di fondi o la banca sono insolventi, l’ETF può essere trasferito a un’altra società. In questo modo l’investimento è assicurato dato che l’istituto fallito non ha accesso ai beni.
In cosa differiscono gli ETF a replica sintetica rispetto a quelli a replica fisica?
Investire in ETF a replica sintetica significa clonare la performance di un indice usando strumenti derivati. Il gestore dell’ETF in questo caso non compra i titoli che compongono un indice per replicarne la performance, ma si mette d’accordo con una controparte per farsi pagare la performance dell’indice. Per assicurarsi che non sia insolvente, e quindi non sia in grado di pagare la performance dell’indice, la controparte acquista titoli a garanzia dell’operazione di swap.
In parole povere, si tratta di un’operazione di scambio, che promette risparmi di costo per l’ETF rispetto all’acquisto dei titoli che comporterebbe dei costi di transazione e di movimentazione del portafoglio.
Il gestore di un ETF a replica sintetica assegna i titoli disponibili nell’indice a una controparte, di solito una banca. In cambio, quest’ultima si impegna a pagare per la performance dell’indice inclusi i dividendi. E ci sono comunque dei titoli dati a garanzia che non sono proprio “coriandoli”.
Rispetto alla tipologia precedente, gli investitori sopportano il rischio di insolvenza della banca (rischio di controparte). Investire in ETF a replica sintetica è più rischioso che investire in ETF a replica fisica. Di conseguenza, negli ultimi anni molti investitori si sono sempre più rivolti verso gli ETF a replica fisica. E’ bene ricordare per spezzare una lancia a favore degli ETF a replica sintetica che chi fornisce le garanzie sono spesso banche o istituti di primo piano.
Investire in ETF intelligenti grazie agli ETF Smart Beta
Tante le novità sul fronte degli ETF negli ultimi anni. Un tempo vi erano solo ETF totalmente passivi che si limitavano a clonare un indice comprando i titoli che lo compongono in base alla capitalizzazione di mercato. Da qualche anno questo settore ha iniziato a produrre anche degli ETF più intelligenti. Investire in ETF Smart Beta significa fare particolari selezioni dei titoli inclusi in un indice in base a determinati fattori (“factor”) di tipo qualitativo o quantitativo (per esempio azioni con maggiori dividendi o titoli del paniere con minore volatilità oppure con performance migliore negli ultimi X mesi).
Sul tema degli ETF Smart Beta abbiamo dedicato un capitolo di approfondimento nella guida gratuita “Capire gli ETF“.
Differenza tra ETF, ETC, e ETN
Qualsiasi investitore interessato ad investire in ETF deve conoscere qual è la differenza tra ETF, ETC e ETN.
Investire in ETF (Exchange Traded Fund) significa diversificare il proprio capitale su un paniere diversificato di titoli azionari e/o obbligazionari, mentre gli ETC concentrano il proprio investimento su un unico asset, riconducibile sempre a una o a un paniere di materie prime. ETC è infatti l’acronimo di Exchange Traded Commodities e le commodities sono proprio le materie prime.
In Borsa è infatti possibile investire in ETC (Exchange Traded Commodities) consente di scommettere al rialzo o al ribasso su quasi tutte le materie prime come il petrolio, lo zucchero, la soia. Perfino il succo d’arancia è scambiato in Borsa (chi ha visto il film “Una poltrona per due” non può aver dimenticato la singolar tenzone sul succo d’arancia).
Gli ETN sono invece simili a delle obbligazioni che replicano l’andamento di un determinato indice. Il sottoscrittore acquisisce dall’emittente dell’ETN un diritto a farsi pagare la performance di un sottostante. Investire in ETN (Exchange Traded Notes) significa speculare direttamente sul sottostante (ad esempio una materia prima o una valuta). L’emittente dell’ETN si impegna a pagare al sottoscrittore la performance della materia prima o della valuta su cui ha investito. Il rischio controparte negli ETN è quindi più elevato perché riconducibile all’emittente: investire in ETN è più rischioso che investire in ETF perchè il rischio controparte è maggiore.
È questa, in sostanza, la differenza tra ETF, ETC e ETN.
ETF e fondi di investimento: quali sono le differenze?
Non c’è dubbio che i due termini siano strettamente correlati. Quali sono quindi le differenze tra ETF e fondi di investimento? La risposta sta nei dettagli.
Exchange Traded Fund significa che il fondo è negoziato in borsa. Investire in ETF significa letteralmente comprare fondi negoziati in Borsa. Non è definito se l’investimento avviene in modo attivo o passivo. I fondi di investimento (ad eccezione di quelli che si dichiarano indicizzati ovvero index fund ma che sono di fatto quasi spariti) sono presentati come “attivi” ovvero gestiti, adeguati e ottimizzati da un gestore di fondi o per meglio dire da un comitato d’investimenti che può selezionare in modo totalmente arbitrario (per questo si dice “attivo”) i titoli da detenere sul fondo indipendentemente dal loro peso sull’indice. Il gestore di un fondo si presuppone faccia un costante lavoro di ricerca, analisi e selezione per costruire il portafoglio e controllarlo quotidianamente.
Negli ETF il portafoglio varia solo quando l’indice cambia o si ricompone. Dal punto di vista teorico la “narrativa” della gestione attiva sembra convincente, nella realtà i fondi si comportano molto peggio degli ETF nella stragrande parte dei casi per diverse ragioni. Tra queste rientra l’impatto dei costi e il fatto che poi sostanzialmente molti gestori, cosiddetti attivi, o prendono scelte che si rivelano peggiori di quelli passivi o fingono di essere attivi ma poi di fatto replicano gli indici, ma con costi solo maggiorati per consentire al “circo” di spartirsi commissioni robuste fra un’infinità di soggetti.
Aspetto curioso è che tra tutti i soggetti della catena di collocamento dei fondi di investimento la società di gestione dei fondi in realtà è quella che trattiene meno di tutta questa serie di caricamenti che verranno fatti pagare ai risparmiatori.
L’impatto dei costi e il vantaggio di investire in ETF
Questa differenza tra ETF e fondi di investimento è una delle ragioni per cui nei portafogli consigliati da SoldiExpert SCF il peso degli ETF rispetto a fondi è nettamente maggioritario pur non essendo naturalmente dei “talebani” secondo cui “tutti i fondi sono da buttare”. Ma la parte “core” del portafoglio secondo noi (e non solo) per il medio lungo periodo è nettamente più furbo averla con ETF rispetto ai fondi.
E a proposito di fondi dopo un gran lavoro dell’Ufficio Studi di SoldiExpert SCF è nato il SoldiExpert Fund Rating! Uno strumento messo gratuitamente a disposizione dei risparmiatori (è sufficiente registrarsi qui) con cui analizziamo più di 13.000 fondi in classe retail confrontandoli con i benchmark e assegnando un voto da 0 a 10.
La classificazione data ai fondi deriva da un indice di proprietà che restituisce un valore sintetico di punteggio dei fondi d’investimento (o sicav) analizzando il loro storico degli ultimi 5 anni, quando possibile, e sono comunque considerati solo i fondi con almeno 3 anni di vita; un lieve sovrappeso viene dato all’andamento negli ultimi 12 mesi, per tenere conto anche in parte dell’andamento più recente.
L’indice valuta principalmente i due aspetti che un risparmiatore ha più a cuore, ovvero quanto un fondo ha reso (la performance) e quanto sia rischioso, in particolare, nelle fasi avverse di mercato (il drawdown). Puoi vedere questo breve video in cui spieghiamo che cos’è e come funziona il nostro SoldiExpert Fund Rating!
Investimenti passivi contro investimenti attivi
Sebbene la maggior parte degli ETF disponibili sia negoziata passivamente, ci sono alcuni ETF a gestione attiva. In tal caso, è il gestore che prende le decisioni di investimento.
I fondi indicizzati, d’altra parte, seguono sempre un indice. Ciò significa che sono sempre passivi. Solo quando il fondo indicizzato è quotato in borsa è un ETF.
Investire in ETF significa quindi replicare integralmente l’andamento di un indice secondo regole predeterminate (e per questo vengono definiti anche fondi passivi) a differenza dei tradizionali fondi d’investimento dove il gestore ha teoricamente più carta bianca e seppure deve dichiarare il suo mercato di confronto (benchmark) può discostarsene in modo anche significativo tramite la cosiddetta gestione attiva che dovrebbe (teoricamente come vedremo) caratterizzare la sua azione rispetto a quello di un ETF.
Per rimarcare le differenze tra ETF e fondi di investimento riportiamo questo dato interessante.
Nel 1989 è stato scambiato il primo ETF negli Stati Uniti mentre in Europa i risparmiatori hanno potuto investire in ETF solo dagli anni 2000. Da quando sono stati lanciati, gli ETF hanno iniziato a togliere quote di mercato ai più tradizionali fondi comuni di investimento.
Una crescita che secondo le analisi di Moody’s (una delle società di ricerca e analisi più importanti del settore mondiale) andrà evidentemente a togliere quote di mercato a fondi d’investimento e sicav con gli ETF che passeranno dal 15% al 22% delle masse gestite mondiali nel 2025. Ecco quanto pesano le differenze tra fondi e ETF!
Confronto di costi e prestazioni: investire in ETF vs investire in fondi tradizionali
Sempre più società di gestione dei fondi stanno decidendo di offrire anche i propri ETF. Tuttavia, in molti Paesi, inclusa l’Italia, non è sempre facile per molti risparmiatori vedersi proporre questi strumenti rispetto a fondi d’investimento o certificati, a causa del conflitto d’interesse secondo la stessa commissaria ai servizi finanziari dell’Unione Europea, Mairead McGuinness. Che ha provato senza riuscirci 2 anni fa a provare a cambiare il quadro normativo respinta però dai forti interessi in campo.
Secondo un rapporto dell’ESMA il costo medio di investire in ETF azionari tra il 2018 e il 2022 è stato dell’0,4% con una performance del 6,7%, mentre i fondi azionari tradizionali hanno percepito una commissione dell’1,7% per una performance del 4,9%.
Investire in ETF conviene?
Per capire se investire in ETF conviene bisogna fare riferimento ai vantaggi che questi strumenti finanziari hanno. In tre parole, i vantaggi nell’investire in ETF sono: minori costi, maggiore trasparenza e facile accessibilità.
Chi vuole investire su un paniere di titoli (azionari/obbligazionari/su un settore o paese…) può comprare ETF o fondi comuni di investimento. Rispetto ai fondi gli ETF sono negoziati in tempo reale come le azioni e hanno costi di gestione molto più contenuti. Se un fondo azionario ha un costo mediamente annuo complessivo di gestione e altro del 2,5% e un fondo obbligazionario dell’1,5% nel caso degli omologhi ETF questo costo può essere più basso anche di un 80%!
Il vantaggio più evidente che porta a dire che investire in ETF conviene è quindi l’essere più economici dei tradizionali fondi di investimento gestiti attivamente.
Vantaggi di investire in ETF
La gestione attiva da parte di un fondo costa commissioni che ne riducono il rendimento. Oltre alla commissione iniziale per l’acquisto, spesso è prevista una commissione di gestione e una partecipazione agli utili.
Ciò può portare rapidamente a un rapporto spese totali (TER) di circa l’1,9 percento, o maggiore (ndr).
Il motivo per cui gli investitori con meno soldi preferiscono investire in ETF anche con piani di risparmio ovvero PAC, è che costano molto meno dei fondi comuni di investimento.
Il TER per gli ETF è in media nettamente inferiore allo 0,5 per cento. E i grandi ETF che replicano indici come il Dax o l’EuroStoxx 50 a volte hanno anche una commissione annua inferiore. Inoltre, non vi è alcuna partecipazione agli utili da parte del provider con gli ETF ovvero “commissioni di performance o di incentivo” che alcuni gestori di fondi soprattutto italiani ma esterovestiti (Lussemburgo e Irlanda) calcolano spesso in modo iniquo per il risparmiatore e di cui spesso in questi lustri abbiamo scritto.
ETF: strumenti trasparenti e di facile accesso
A parte il costo, chi è interessato a investire in ETF spesso enfatizza la trasparenza del prodotto. Rispetto ai fondi di investimento, negli ETF le performance sono considerate più trasparenti in termini di calcolo. Mentre la performance del gestore del fondo influenza principalmente il livello di reddito dei fondi attivi, gli ETF si basano esclusivamente sul mercato. Lui imposta l’asticella. I piccoli investitori e le istituzioni sono trattati allo stesso modo dalla società di fondi. Entrambi devono acquistare le loro azioni alle stesse commissioni di mercato.
Un altro vantaggio che determina se investire in ETF conviene è legato all’accessibilità. L’accesso agli ETF negoziati in borsa è praticamente privo di barriere. Gli investitori possono investire in ETF negoziandoli sul mercato tramite banche dirette o broker online. Gli ordini possono essere eseguiti immediatamente al valore dell’indice corrente, in molti casi non sono nemmeno previste commissioni di custodia. Negli Stati Uniti, alcuni fornitori stanno ora rinunciando alle commissioni di transazione per gli ordini. Tuttavia, resta da vedere se la tendenza si estenderà anche all’Europa.
Come investire in ETF?
Dopo aver chiarito le caratteristiche principali di questi strumenti finanziari la domanda che un risparmiatore può farsi è “come investire in ETF”?
Gli ETF sono quotati sulla Borsa Italiana e sono negoziati da qualsiasi banca online e istituto di credito tradizionale operante in Italia. Nello scegliere la banca con cui investire in ETF è importante tenere conto dei costi di negoziazione che richiede il proprio intermediario in funzione del capitale investito.
Ecco alcuni consigli utili per investire in ETF e trarne il miglior vantaggio, almeno in termini di costi.
Come ottimizzare gli investimenti in ETF
Se il capitale da investire in ETF è inferiore ai 1000,00 euro bisogna optare per una banca che abbia una commissione minima per operazione molto contenuta (massimo 3/5euro e in Italia si contano sulle dita di una mano).
Da valutare nel caso si voglia di investire in ETF cifre molto al di sotto di 1000,00 euro, un broker a commissioni zero.
Al contrario, tanto più i valori da investire in ETF sono superiori ai 10.000,00 euro per ETF, quanto più è importante scegliere una banca che preveda una commissione fissa per operazione (diverse banche applicano commissioni fisse di 5/8/10 euro per operazione) o una commissione massima per eseguito (di solito è intorno ai 20,00/25,00 euro).
Il risparmio di costi su un acquisto di un singolo ETF per decine di migliaia di euro può essere molto rilevante. Poniamo infatti di comprare un ETF per un controvalore di 40.000,00 euro. Se la nostra banca prevede costi di negoziazione del 2 per mille senza massimo, spenderemo 80,00 euro per operazione mentre se operassimo con una banca che ha una commissione massima per operazione di 20,00 euro (e online ce ne sono parecchie) risparmieremo il 75% di commissioni.
Dove comprarli e quali sono i maggiori fornitori mondiali di ETF?
Nell’aprile del 2021, Yves Perrier, ex capo del gestore patrimoniale Amundi, ha annunciato l’acquisto di Lyxor, uno dei principali fornitori di ETF in Europa. E il gruppo francese è diventato il secondo fornitore europeo di ETF con quasi 155 miliardi di euro di asset in gestione. La quota di mercato dovrebbe aggirarsi intorno al 14%.
Il numero uno dei fornitori rimane BlackRock tramite iShares, anche nel mercato europeo degli ETF gestisce un patrimonio di circa 576 miliardi di euro con la sua divisione ETF “iShares”.
I n.1 in Europa come masse gestite sono BlackRock (con iShares), Amundi, DWS e poi Vanguard e UBS come si può vedere in questa tabella.
In Italia attualmente i risparmiatori possono scegliere tra oltre 1.850 ETF. Secondo la piattaforma justetf, “iShares Core S&P 500”, “iShares Core MSCI World” e “Vanguard S&P 500” sono tra i più grandi ETF in termini di volume di masse sotto gestione (oltre 120 miliardi di euro a inizio marzo 2023).
Investire in ETF con volumi elevati e indici comprovati
La raccomandazione generale per gli investitori privati è di investire in ETF con volumi elevati come masse sotto gestione e indici comprovati al fine di ridurre il potenziale “spread” (ovvero la differenza fra prezzi in acquisto e in vendita e che rappresenta un costo implicito). Può capitare che anche gli ETF siano chiusi, ovvero liquidati, poiché l’emittente valuta magari che le masse sono troppo basse e in questi casi il consiglio è liquidarli comunque prima della liquidazione dove il controvalore verrà comunque ripartito fra tutti i sottoscrittori.
Investire in ETF significa piace ai risparmiatori perchè essendo fondi negoziati in borsa è possibile conoscere il loro valore di mercato in ogni istante (a differenza dei fondi comuni di investimento).
Per chi non ha bisogno di flussi cedolari è meglio investire in ETF ad accumulazione. Un ETF ad accumulazione reinveste i profitti e quindi aumenta direttamente il patrimonio investibile. Quest’ultimo beneficia dell’effetto dell’interesse composto ed è preferibile dal punto di vista finanziario anche se molti risparmiatori subiscono “il fascino della cedola” talvolta in modo perverso e irragionevole e comprano ETF a distribuzione che pagano i dividendi o gli interessi al proprietario (a seconda che siano ETF azionari o obbligazionari).
Gli svantaggi e i rischi DI INVESTIRE IN etf
Nello stabilire se investire in ETF conviene o meno è importante soppesare i vantaggi con gli svantaggi e i rischi. L’attività dell’ETF anche se con margini molto bassi rispetto a quella dei fondi di investimento si sta rivelando redditizia per gli emittenti. La fine della crescita non sembra essere in vista, soprattutto in Europa. Stephen Cohen, capo della divisione europea ETF di Blackrock, aveva dichiarato qualche tempo fa: “In Europa, solo il 10% del denaro gestito è finora investito in ETF“.
La mancanza di liquidità degli ETF che investono in mercati altamente ultra-specializzati è talvolta oggetto di critiche. Ipoteticamente, se un mercato di nicchia si esaurisse, gli investitori si siederebbero sui loro soldi, poiché è probabile che non si possano trovare acquirenti per gli ETF.
Rispetto ai fondi gli ETF hanno come svantaggio teorico quello di essere passivamente investiti sull’indice che si propongono di replicare. In caso di movimenti ribassisti del mercato in cui investono la perdita subita dall’investitore che compra un ETF rispetto a un fondo potrebbe essere superiore in confronto a un fondo dove il gestore ha più libertà di discostarsi dall’indice e magari diminuire l’esposizione in modo più discrezionale.
Scriviamo che questo è però un vantaggio teorico dei fondi (o sicav) rispetto agli ETF perché la realtà ci dice che la maggior parte dei fondi non attua nei fatti una gestione realmente attiva e quindi oltre il 95% dei fondi d’investimento nel tempo restituisce agli investitori risultati peggiori del mercato come performance e senza nemmeno apprezzabili riduzioni della volatilità.
L’impatto dei costi sui rendimenti a lungo termine
Come dimostriamo con il nostro Fund Rating investire in ETF è spesso più profittevole che sottoscrivere fondi comuni di investimento perchè nell’85% dei casi un ETF ottiene risultati migliori.
E questo significa quindi che i cosiddetti fondi “stupidi” come gli ETF o cloni battono quasi sempre su quasi tutti i comparti (e sono stati pubblicati in questi anni decine di ricerche anche accademiche sull’argomento) i fondi d’investimento e questo naturalmente anche per effetto del semplice minore carico commissionale. Investire in ETF si rivela quindi spesso vincente rispetto a comprare fondi comuni di investimento. Un fondo d’investimento azionario globale può costare anche il 2,5%-3% anno mentre si può investire in ETF sullo stesso comparto spendendo solo lo 0,2%.
Se ogni anno prelevi per il servizio di gestione del risparmio il 2,5% o lo 0,5% a parità di andamento replicato è evidente che chi paga lo 0,5% annuo si ritroverà dopo 10 anni oltre un 20% in più del capitale! Un concetto elementare ma che evidentemente la maggior parte di chi colloca o vende fondi d’investimento non ha troppo interesse a spiegare perché in quel 20% di “caricamenti” ci ricava una bella fetta di commissioni personali.
Prezzo di negoziazione e spread
Un elemento che potrebbe essere visto come uno svantaggio e far riflettere se investire in ETF conviene è il prezzo.
Quando vengono negoziati gli ETF possono esporre diversi prezzi in acquisto e in vendita laddove l’ETF non è molto scambiato, penalizzando l’investitore che paga in acquisto un prezzo più alto di quello di mercato e in vendita ottiene un prezzo più basso di quello atteso. Investire in ETF può essere svantaggioso quando a causa degli scambi ridotti sullo strumento la distanza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita è elevata.
E questo è il cosiddetto “spread” (può variare dallo 0,1% allo 0,6% sugli ETF più illiquidi) ed è quindi un costo implicito di un ETF che andrebbe comunque sommato a quello determinato delle commissioni di gestione. Certo è da sottolineare che non è un costo paragonabile con gli avversari fondi.
Prestito titoli e rischi correlati
Inoltre, per Stefanie Hehn, professoressa presso l’Università di Economia e Società di Ludwigshafen, il prestito titoli degli ETF è potenzialmente più rischioso di investire in ETF acquistandoli direttamente. I fondi prestano regolarmente parte dei titoli in essi contenuti a terzi. Questi ultimi vendono le azioni nella speranza di poterle riacquistare sul mercato ad un prezzo inferiore.
Se il “mutuatario” diventa insolvente, viene depositata una garanzia, simile agli swap. Secondo Hehn, tuttavia, questi non sono necessariamente liquidabili in fasi di mercato turbolente e fornitori di ETF semi-seri.
Alla fine, c’è ancora il rischio che numerose forme di investimento sugli ETF, ma che non riguarda solo l’investire in ETF ma anche sui fondi, sulle azioni e sulle obbligazioni possano, in particolari condizioni di mercato, rendere la vita difficile ai risparmiatori.
Poiché gli ETF seguono senza eccezioni lo sviluppo dell’indice, il successo dell’investimento dipende dalla corrispondente performance finanziaria. “In altre parole: chiunque creda nella crescita economica a lungo termine è in linea di principio un sostenitore degli ETF” secondo la professoressa Hehn.
Che succede in caso di problemi della banca o dell’emittente?
E in caso di presenza di problemi della banca o dell’emittente? C’è il rischio per chi decide di investire in ETF? No. E questo fa si che diventi un vantaggio nel caso si voglia investire in ETF. Gli ETF quotati su Borsa Italiana come i fondi d’investimento, hanno un patrimonio separato rispetto a quello delle società che ne hanno curato o curano le attività di costituzione / gestione / amministrazione / marketing ecc.
Pertanto, investire in ETF non espone a un rischio di insolvenza in caso di problemi con la banca o con l’emittente, neppure nel caso in cui le società appena menzionate risultino insolventi.
Cosa si rischia sugli ETF in altri casi? Naturalmente investire in ETF espone al rischio che le azioni, le obbligazioni e gli altri strumenti in cui è investito il patrimonio degli ETF perdano valore.
Il patrimonio dell’investitore rimane al sicuro
Al pari dei fondi comuni tradizionali quindi gli ETF rappresentano un patrimonio “segregato”, che resta di proprietà dell’investitore (anche nel caso di default della banca che li detiene). In altri termini gli ETF non sono esposti al rischio di insolvenza dell’emittente (che si limita a gestire il denaro investito) o della banca depositaria (che custodisce il denaro investito), perché il patrimonio del fondo non rientra nella massa fallimentare.
Ma a portare sempre più acqua al mulino degli ETF è l’industria tradizionale del risparmio gestito che in alcuni casi sta puntando massicciamente sui replicanti, tanto è vero che una delle più grandi società di gestione del mondo, Black Rock, già possiede il Europa la quota più importante del mercato degli ETF, con la società iShares, come già detto prima. E sempre più fondi d’investimento utilizzano nelle proprie strategie come sottostanti gli stessi ETF. Un bel paradosso.
Tassazione e fiscalità degli ETF
Un risparmiatore che vuole investire in ETF deve conoscere tutti i dettagli anche sui temi di tassazione e fiscalità. Investire in ETF non è molto vantaggioso in termini fiscali: tutti i proventi (positivi) realizzati vendendo un ETF in guadagno sono considerati ai fini fiscali “reddito di capitale”. In caso di plusvalenza ovvero di operazione in guadagno per gli ETF come per i fondi comuni di investimento e le sicav questi non possano essere mai compensati con minusvalenze pregresse.
Tutte le eventuali minusvalenze conseguenti a investire in ETF sono trattate come “reddito diverso”.
Come compensare e gestire le minusvalenze negli ETF
Se invece si decide di investire in ETF e si realizzano delle minusvalenze, potranno essere recuperate entro i successivi 4 anni solo con “redditi diversi”: ottenuti quindi non con la compravendita di fondi, sicav o ETF ma con altri strumenti come azioni o obbligazioni (escludendo naturalmente le cedole e di fatto nel mondo obbligazionario gli zero coupon).
Sia i proventi positivi che le minusvalenze derivanti dall’investire in ETF vengono calcolate sulla differenza tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di vendita dell’ETF, indipendentemente dal valore del NAV dell’ETF che non risulta quindi più rilevante ai fini fiscali. Nel caso la posizione si sia formata sulla base di molteplici acquisti, il prezzo di acquisto è calcolato come “prezzo medio ponderato per la quantità”, ovvero sulla base dei prezzi di acquisto realizzati sul mercato e ponderati per le quantità.
La tassazione sugli ETF, in particolare quella sui guadagni derivanti dalla vendita di un ETF può arrivare al 26% se l’ETF detiene solo strumenti azionari in portafoglio. Se, invece, nell’ETF sono presenti titoli a fiscalità agevolata (per esempio titoli di stato) il fisco ha la mano tanto più leggera quanto più questi titoli sono presenti nel portafoglio degli ETF.
ETF: un nuovo regime fiscale all’orizzonte?
La tassazione degli ETF è simile a quella dei fondi d’investimento: il sistema attuale è molto penalizzante visto che non prevede, fra le numerose distorsioni, la compensazione fra guadagni e perdite. Qualcosa potrebbe cambiare con la riforma fiscale annunciata dal governo.
Secondo l’attuale vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo, questo groviglio assurdoavrebbe dovuto sparire leggendo il testo approvato alla Camera il 2 agosto 2023 in cui si dichiarava che si sarebbe andati al riordino della tassazione sul risparmio anche sugli ETF. In sintesi, si diceva che sarebbe stata definita un’unica categoria di redditi di natura finanziaria, soggetta a tassazione in base al principio di cassa e con possibilità di compensazione (attualmente entro i 4 anni successivi). Sarebbe sparita quindi l’attuale distinzione tra redditi di capitale (gli interessi e i dividendi) e redditi diversi di natura finanziaria (il capital gain) e tutti i proventi da investimento sarebbero stati tassati finalmente con le stesse regole. La riforma della tassazione è finita in cavalleria.
Le assurdità dell’attuale impostazione in vigore dal 1997 (la cosiddetta Riforma Visco dal nome del ministro all’epoca alle Finanze) sono senza fine e perverse. In nessun Paese al mondo si è arrivati a concepire un simile dedalo di complicazioni e questa distinzione fra redditi di capitale e redditi diversi (talvolta assolutamente opinabili).
Come funziona la tassazione degli ETF in Italia oggi?
Vediamo come avviene la tassazione degli ETF oggi in questa tabella.
Esistono degli ETF migliori in assoluto su cui investire?
Ci teniamo a dire che gli ETF non sono la panacea (come non tutti i fondi d’investimento sono da “rottamare”) e non sono sinonimo di guadagni sicuri ma per l’industria del risparmio gestito tradizionale (e soprattutto italiana) sono una bella spina nel fianco. Per i risparmiatori investire in ETF è un’opportunità da valutare perché possono consentire una diversificazione eccezionale low cost e con un buon consulente si possono usare come “mattoni” per costruire l’asset allocation ideale che è differente per ciascun risparmiatore.
Ci sono ormai migliaia di ETF quotati sulla Borsa Italiana e occorre avere un metodo per selezionare quelli più interessanti per investire in ETF al meglio. Secondo l’esperienza di SoldiExpert SCF anche una strategia che oggi è “in” può diventare “out” e viceversa dato che i mercati possono cambiare (e molto) nel tempo. E scottarsi seriamente non è infrequente quando si opera sui mercati finanziari in base all’emotività e agli umori del mercato.
I nostri portafogli consigliati per investire in ETF
SoldiExpert SCF da anni opera su questo mercato (è stata fra le prime società di consulenza indipendente in Italia a proporre portafogli di ETF) e offre portafogli consigliati di ETF azionari/obbligazionari indicando ai propri clienti quali comprare e quali secondo noi sono quelli giusti per investire.
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Inoltre, consigliamo come movimentare il portafoglio di ETF secondo un approccio unico e innovativo e basato su più strategie differenti (anche di tipo attivo e flessibile) che ha l’obiettivo di far ottenere al risparmiatore il miglior rapporto rischio/rendimento e selezionando gli strumenti più interessanti.
Quali sono i migliori ETF su cui investire?
Nel caso della nostra consulenza usiamo molto gli ETF sia nei portafogli modello che nella consulenza personalizzata dove la nostra “libreria” è composta da numerosi portafogli di ETF sia azionari che obbligazionari che utilizziamo d’intesa con il cliente e in base alla sua propensione al rischio e obiettivi.
Gli ETF con sottostanti titoli azionari presentano una rischiosità adatta a un investitore più aggressivo che punta a una crescita elevata nel tempo del proprio patrimonio, mentre per chi vuole seguire un approccio di investimento più prudente è consigliabile optare per ETF di tipo obbligazionario.
I nostri servizi di consulenza forniscono consigli operativi precisi su cosa comprare e vendere, come gestire posizioni già detenute e forniamo precise indicazioni operative sulla costruzione di un portafoglio con aggiornamenti regolari da parte degli analisti e consulenti finanziari indipendenti nei servizi di consulenza ricorrente.
I nostri portafogli modello
Nel caso dei nostri portafogli modello (ovvero consulenza generica e senza alcuna personalizzazione) il nostro portafoglio ETF Focus Azionario l’approccio è comunque diversificato e prevede l’utilizzo anche di ETF obbligazionari o liquidità (ma anche ETC collegati all’oro fisico) per limitarne la volatilità in funzione dell’andamento dei mercati e come logica di diversificazione e protezione.
Anche nel portafoglio ETF Focus Obbligazionario operiamo con una logica basata su diversi approcci (in sintesi uno strategico e uno tattico) per offrire la massima diversificazione con costi contenuti. Un portafoglio quindi che investe sulle obbligazioni di tutto il mondo governative, corporate, high yield, inflation linked e convertibili dove ciascuno strumento viene selezionato e seguito nel tempo, consigliando ai sottoscrittori non solo il portafoglio iniziale ma tutti gli aggiustamenti consigliati nel tempo con poche operazioni mensili suggerite all’anno.
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