Investire in materie prime: una guida completa

Puntare sul rialzo del petrolio ma anche del granoturco o del palladio. Operare sulle commodity (tramite fondi e/o Etc) attrae sempre più risparmiatori a caccia di diversificazione e investimenti “decorrelati”. Ma è veramente così? Le insidie degli ETC e i rendimenti passati di questo mercato. Ecco tutto quello che occorre sapere per non essere spremuti come un’arancia

Investire in materie prime tramite fondi, Etf o Etc secondo un’analisi delle serie storiche passate può secondo alcuni strategist contribuire nel tempo a dare brio al patrimonio e ottenere maggiore diversificazione e decorrelazione. Ovvero guadagnare anche in periodi di alta inflazione o mercati azionari e obbligazionari in discesa. Come stanno le cose? Cosa bisogna sapere di questo mercato per approcciarlo nel modo corretto ed evitare bagni di sangue che invece sono stati numerosi in questi decenni?

Le materie prime sono uno dei mercati più antichi al mondo e restano ancora al centro dell’economia globale. Molti investitori di tutto il mondo investono nelle materie prime, con l’obiettivo di diversificare i propri portafogli e di trarre profitto dalle fluttuazioni dei prezzi.

Ma la crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato che nessun mercato (compreso quello delle commodity) può offrire un riparo sicuro in caso di tempesta perfetta.

E’ quindi consigliabile operare (con una parte limitata del proprio patrimonio) su questo mercato solo conoscendolo approfonditamente (consci dei pro ma anche dei contro sia di questo tipo di mercato che degli strumenti) e comunque affidandosi a strategie testate e basate sull’analisi di lunghi periodi storici.

Questo articolo proverà a fornire una guida essenziale ma abbastanza speriamo completa sull’investimento nelle materie prime, spiegando tutto (o quasi) ciò che c’è da sapere.

 

 

Cos’è il mercato delle materie prime

 

Il mercato delle materie prime comprende tutti i beni grezzi che vengono estratti o prodotti in natura. Questi includono per esempio oro, petrolio, zucchero, grano, cotone e molti altri. I prezzi delle materie prime sono influenzati da una serie di fattori, tra cui l’offerta e la domanda, i tassi di interesse e le fluttuazioni valutarie.

Fino a qualche tempo fa pochi risparmiatori avrebbero preso seriamente in considerazione questa possibilità. Da qualche lustro la stessa idea viene presa in considerazione da un numero crescente di risparmiatori. A favorire questo interesse certo il rialzo di questo comparto (l’indice CRB Commodity è salito quasi senza soste del 300% circa fra il maggio 2020 e il giugno 2022) ma anche il numero sempre più vasto di strumenti che consentono al piccolo risparmiatore di posizionarsi su questo mercato, una volta territorio quasi riservato esclusivamente a produttori e speculatori.

Il catalogo di strumenti per avvicinarsi a questo mercato è sempre più ampio. Non solo i “tradizionali” future trattati alle Borse di Chicago o Londra ma anche fondi d’investimento, certificati, covered warrant e sempre più Etc ovvero la versione “commodity” degli Etf. Fondi passivi che consentono di replicare l’andamento di un paniere di materie prime.

Investire sulle materie prime: vantaggi e svantaggi

 

Ma è sensato per un risparmiatore investire sulle materie prime (e come…) o è meglio lasciarlo agli addetti ai lavori? L’investimento in commodity è una classe d’investimento da prendere in considerazione come possibile diversificazione stabile e “seria” del proprio patrimonio o è solo l’ultima moda?

L’investimento nelle materie prime offre diversi vantaggi, tra cui la possibilità di diversificare il proprio portafoglio e proteggersi contro l’inflazione. Tuttavia, ci sono anche alcuni svantaggi da considerare, tra cui la fortissima volatilità del mercato delle materie prime e la possibilità di perdere denaro e stare per molti anni “sott’acqua” ovvero non rivedere i prezzi di acquisto.

 

Jim Rogers: le commodity aiutano a ridurre il rischio del portafoglio

 

Un episodio personale che ben racconta il mercato delle materie prime, vantaggi e svantaggi. Nel 2008 ho avuto modo di partecipare a una presentazione a Milano del libro “Hot Commodities, How Anyone Can Invest Profitably in the World’s Best Market” con direttamente l’autore Jim Rogers a presentarlo.

Jim Rogers è un noto investitore statunitense con una grande passione per le commodity, ovvero le materie prime come il petrolio, l’oro, l’argento, il grano e così via. Rogers ha iniziato la sua carriera come analista finanziario a Wall Street negli anni ’60 e ha lavorato per diverse banche d’investimento prima di co-fondare il Quantum Fund insieme a George Soros negli anni ’70.

Dopo aver accumulato una fortuna con il Quantum Fund, Rogers ha deciso di ritirarsi dal mondo della finanza e di dedicarsi alla sua passione per i viaggi e le commodity. Ha attraversato il mondo in auto, in bici e in moto, visitando paesi come la Cina, la Russia, l’Africa e il Sud America e ha scritto diversi libri sulle sue avventure e sulle sue opinioni sul mercato delle commodity.

 

Le materie prime? Un investimento a lungo termine o da cavalcare con strategia?

 

In sintesi, Jim Rogers è un investitore con una grande passione per le commodity, che crede che le materie prime siano un’ottima forma di investimento a lungo termine a causa della loro scarsità e della crescente domanda globale. E questi sono i vantaggi principali di questa classe d’investimento che nel tempo si è mostrata spesso decorrelata (vedremo successivamente questo concetto) rispetto a forme di investimento più tradizionali come le azioni e le obbligazioni. E in un portafoglio diversificato avere in portafoglio qualcosa che si comporta in modo differente è importante.

Questo perché può aiutare a ridurre il rischio complessivo del portafoglio. E in un mondo globalizzato, dove i mercati sono sempre più interconnessi, la decorrelazione può essere una strategia valida per diminuire i rischi degli investimenti. Inoltre, la decorrelazione può essere particolarmente importante durante periodi di instabilità del mercato.

Un personaggio insomma leggendario nel mondo della finanza. Ebbene se nel 2008 uscito da quella conferenza avessi investito massicciamente sulle commodity oggi sarei ancora in perdita considerato che l’indice RJ/CRB Commodity TR (fra i più importanti) nonostante i rialzi degli ultimi anni è attualmente sotto e da quel picco è arrivato a perdere oltre il 60% con oltre un decennio di corsi in discesa.

 

Materie prime e super cicli, un turbo al rialzo e al ribasso

 

Anche per questo motivo si parla spesso fra economisti di supercicli nel mercato delle commodity perché è stata osservata una tendenza di lungo periodo in cui i prezzi delle materie prime aumentano significativamente per un periodo di tempo prolungato, spesso di diversi lustri o decenni, prima di subire una forte correzione.

Questa tendenza è stata osservata in passato, ad esempio durante il boom delle materie prime degli anni ’70, e molti esperti ritengono che il mercato delle commodity stia attraversando un nuovo superciclo.

Ci sono diverse ragioni per cui si crede che questo superciclo stia accadendo. La crescita della popolazione mondiale e lo sviluppo economico dei paesi in via di sviluppo stanno aumentando la domanda di materie prime, in particolare di quelle legate all’industria e all’agricoltura.

 

La decarbonizzazione e il consumo di materie prime

 

La scarsità delle risorse naturali, come il petrolio e il gas, sta diventando sempre più evidente, portando ad una maggiore volatilità dei prezzi e la transizione energetica verso un’economia meno dipendente dalle fonti fossili ha portato paradossalmente a un maggior consumo di molte materie prime fra cui metalli di base e metalli rari. La stessa deglobalizzazione e decarbonizzazione favoriscono secondo alcuni analisti un rialzo potenziale delle materie prime poiché la deglobalizzazione crea catene di approvvigionamento molto più complesse per le materie prime.

La decarbonizzazione si inserisce direttamente nel concetto di “greenflation” (cosi è stata definita), il forte aumento del prezzo dei materiali utilizzati nella creazione di tecnologie rinnovabili.

 

L’inflazione e i prezzi delle materie prime

 

I programmi di stimolo economico dei governi e la politica monetaria accomodante hanno aumentato l’inflazione, il che a sua volta sta spingendo i prezzi delle materie prime al rialzo.

In sintesi, il termine superciclo viene usato per descrivere un periodo di aumento dei prezzi delle materie prime che dura per diversi decenni prima di subire una forte correzione, ed è attribuito a diversi fattori, tra cui l’aumento della domanda, la scarsità delle risorse e la politica monetaria accomodante.

Capire naturalmente a che punto si è di un superciclo delle materie prime (se all’inizio o alla fine) non è facile come dimostra l’aneddoto che vi ho raccontato di Jim Rogers che vedeva l’inizio del superciclo rialzista nel 2007 e che naturalmente è sempre super rialzista sulle materie prime (il Rici Index, un altro degli indici di commodity più famosi, è stato ideato proprio da Jim Rogers e infatti significa Rogers International Commodity Index ed è un ampio indice di futures su materie prime).

 

 

Come investire nelle materie prime

 

Ci sono diverse modalità per investire nelle materie prime, tra cui l’acquisto di azioni di società che estraggono materie prime, l’acquisto di contratti futures e l’acquisto di fondi negoziati in borsa (ETF) che replicano l’andamento dei prezzi delle materie prime.

Operare sulle materie prime è apparentemente sempre più un “gioco da ragazzi”. Mentre ai tempi di “Una poltrona per due” gli irresistibili Dan Aykroyd e Eddie Murphy nel film diretto da John Landis per comprare e vendere succo d’arancia e scommettere sulla produzione utilizzavano future trattati alla Borsa di Chicago, ora il catalogo di strumenti si è molto ampliato.

Per comprare petrolio o pancetta di maiale in grandi quantità e scommettere sul loro rialzo non è, infatti, necessario disporre di un magazzino e occuparsi dello stoccaggio. Tutto si è finanziarizzato ed esistono varie opzioni per replicare l’andamento di prezzo di una commodity sinonimo di materie prime.

 

Come si negoziano le materie prime

 

Quando si parla di commodities ci si riferisce a contratti future, cioè a un impegno ad acquistare o a vendere, a una certa scadenza, una data quantità di una materia prima a un prezzo determinato. Inoltre, i contratti sono uniformati: risultano standardizzate quantità e qualità della materia prima, le fluttuazioni dei corsi, le scadenze. Tutto ciò fa sì che l’unica cosa su cui di fatto avviene la trattativa tra acquirenti e venditori sia il prezzo.

 

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Per posizionarsi e scommettere sull’andamento delle materie prime si potrebbero anche acquistare azioni di società che operano nel settore collegato alle materie prime ma la storia dice che questa non è una strategia sempre efficace. Sia perché si concentra il rischio su un’unica società e poi per esempio alcune compagnie petrolifere e società minerarie limitano la loro esposizione alle commodity tramite l’impiego, per esempio, a fini di copertura di contratti future, e questo rende difficile agli investitori conoscere il vero effetto che i prezzi delle commodity avranno sul loro business.

 

Future fondi e ETF per investire sulle materie prime

Nel passato uno studio di analisti americani (Gourton e Rouwenhorst)  su un periodo di 41 anni ha anzi dimostrato che è maggiore la correlazione fra i titoli dell’indice S&P 500 con l’andamento dell’indice delle materie prime che quella delle società quotate nella cui attività una parte importante è legata all’andamento delle materie prime.

E’ quindi consigliato, per posizionarsi su questo mercato, se non si vuole operare direttamente sui future (qualcosa che è più consigliato agli speculatori a tempo pieno o agli istituzionali) guardare al mondo dei fondi d’investimento o degli ETC che analizzeremo in sintesi più avanti.

 

 

Contratti futures e rischi di investire in materie prime

 

I contratti futures sono accordi per l’acquisto o la vendita di una quantità specifica di una materia prima a un prezzo stabilito in anticipo. Questi contratti sono negoziati sul mercato dei futures e consentono agli investitori di trarre profitto dalle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime. Tuttavia, il trading di futures richiede una certa conoscenza del mercato e può essere molto rischioso.

Va sempre ricordato che il mercato delle materie prime è basato soprattutto sui future ovvero contratti in cui le controparti si impegnano entro una certa data a scambiarsi un bene o a chiudere l’operazione con una di segno contrario e questo tipo di mercati è caratterizzato da due principali caratteristiche:

1) solo una piccolissima percentuale si chiude con scambi effettivi e quindi la stragrande maggioranza degli scambi è fondata sulla scommessa da parte degli operatori che partecipano a questo “gioco” di prevedere il prezzo futuro (o coprirsi da variazioni avverse come è la logica di chi opera su questi mercati per coprirsi);

2) nel mercato primario dei future è molto importante la leva finanziaria poiché con piccoli margini  è possibile muovere controvalori di decine di volte superiori.

Il risultato di questo cocktail nel breve periodo può essere una fortissima volatilità dei prezzi con rialzi o ribassi violenti anche nello spazio di pochissime sedute in presenza di notizie sulle commodity ritenute dal mercato particolarmente rilevanti.

 

Prezzi delle materie prime: contango e backwardation

 

Sui mercati a termine come quello di molte materie prime scambiate tramite il mercato dei futures ci sono poi delle “tecnicalità” che è bene conoscere. E l’effetto contango è una di queste.

L’effetto contango si verifica quando il prezzo dei futures con scadenza a una certa data è più alto del prezzo spot previsto per quella data. Questo fenomeno può avere un impatto negativo sugli investitori che detengono contratti futures a lungo termine, poiché il prezzo del contratto futuro diminuisce man mano che si avvicina la scadenza. Inoltre, l’effetto contango può comportare costi di roll-over elevati per gli investitori che desiderano mantenere la posizione a lungo termine.

Per capirci un risparmiatore può puntare su un asset che in un determinato periodo di tempo (non di pochi giorni ma di mesi o anni) passa da 10 a 12 di valore e lui perderci comunque attraverso questo meccanismo ampliato dall’effetto roll over e leva finanziaria.

 

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Il rollover nel mercato dei futures è il processo di chiusura di un contratto futures con scadenza imminente e l’apertura di un nuovo contratto futures con scadenza successiva. Questo processo viene effettuato per evitare la consegna fisica del bene sottostante e per continuare a mantenere la posizione aperta. Il rollover può influire sul trading poiché comporta il pagamento di commissioni e interessi.

In generale, l’effetto contango (esiste anche il fenomeno opposto che si chiama “backwardation”) su numerose materie prime (l’oro ne soffre molto meno e infatti in molti portafogli alcuni grandi investitori preferiscono concentrarsi su questa commodity) e può essere un rischio per gli investitori che detengono contratti futures a lungo termine questo contribuisce a spiegare perché l’investimento in molte materie prime ha un profilo di rischio superiore.

 

Investire nelle materie prime con i fondi comuni di investimento o gli ETC

 

E’ possibile investire sul mercato delle materie prime tramite fondi d’investimento attivi o passivi (i cosiddetti ETF o più propriamente ETC di cui qui potete scaricare una guida dedicata) e tipicamente i fondi d’investimento investono in un paniere di società quotate operanti nel settore delle materie prime (energia, estrazione mineraria, materiali edili..) mentre invece gli ETC (acronimo di Exchange Traded Commodities) replicano l’andamento l’andamento dei prezzi delle materie prime. Negli ETC legati alle materie prime i gestori anziché acquistare le azioni delle società o le risorse vere e proprie, come l’oro o il grano, acquistano future, opzioni e altri strumenti finanziari in una combinazione che simula un indice di commodity. La parte non investita (e che può essere anche rilevante poiché la maggior parte degli investimenti effettuata è a leva) viene investita in titoli obbligazionari.

Questi ETC sono costituiti quindi da una serie di contratti futures o di materie prime fisiche e consentono agli investitori di trarre profitto dalle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime senza dover acquistare contratti futures.

Alcuni di questi ETC possono essere anche a leva finanziaria e i rischi già forti si amplificano a dismisura e durante il crollo del mercato petrolifero dopo lo scoppio della pandemia alcuni di questi ETC sono crollati quasi a zero ricordando come dovrebbero essere gestiti solo da investitori informati dai rischi e dalle caratteristiche di ciascun strumento o affidarsi al parere di consulenti finanziari esperti e certificati e non al “sentimento” o alla dritte lette sui forum da nickname tipo Trottolino 85.

 

Gli ETC che investono sulle materie prime

 

Per le ragioni esposte nei paragrafi precedenti investire sugli ETC sulle materie prime espone a maggiore volatilità dei prezzi (il drawdown ovvero la massima perdita negli ultimi 20 anni è stata del 56% per l’ETC che replica l’andamento delle materie prime e del 42% per l’indice dei fondi d’investimento) e naturalmente in presenza di fasi rialziste sulle materie prime l’esposizione alle commodity può offrire maggiori ritorni (da inizio 2020 a metà 2022 il rendimento degli ETC triplicava mentre quello dei fondi raddoppiava).
Esistono poi ETF che replicano l’andamento di paniere di società operanti per esempio nel settore energetico, dell’estrazione d’oro (Gold Miners) o nel business delle materie prime e anche questi consentono naturalmente l’esposizione al tema delle materie prime con costi più bassi dei fondi e quasi sempre maggiori rendimenti a parità di sottostante.

 

Differenze tra ETF e ETC

 

La strumento sempre più trattato dai risparmiatori (anche italiani) per posizionarsi sul mercato delle materie prime è l’ETC. Si differenziano dagli ETF dal punto di vista giuridico poiché gli ETC al contrario degli Etf, non sono Oicr (ovvero Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio dove il patrimonio dell’emittente è distinto da quello dei sottoscrittori) ma titoli emessi da una società veicolo a fronte di un investimento diretto o indiretto in materie prima. Gli Etc sono quindi degli strumenti di debito assistiti da un collaterale e per loro natura possono anche investire su una singola materia prima, possibilità non prevista per gli Etf che devo avere, per motivi regolamentari, un determinato grado di diversificazione.

Va sempre poi ricordato che i mercati più importanti delle commodity utilizzano come valuta di riferimento il dollaro e quindi ci si espone a un rischio valuta.

Quindi normalmente se il dollaro si deprezza del 20% e il petrolio o l’oro salgono del 20% chi detiene quelli Etc non guadagnerà nulla se non ha attuato una strategia di copertura del rischio cambio. Ma le problematiche più tipiche di un ETC sono legate al fatto di replicare sostanzialmente un derivato. Se questo non è un gran problema per alcune commodity dove è presente un “phisical” sottostante (come molti ETC sull’oro fisico) questo può diventarlo nel caso di altri beni per l’effetto contango di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente.

 

 

Le materie prime più popolari

 

Ci sono diverse materie prime che sono particolarmente popolari tra gli investitori.

Le commodity più trattate come scambi a livello mondiale includono il petrolio, l’oro, il gas naturale, l’argento, il rame, il caffè, lo zucchero e la soia. In particolare, il petrolio è la commodity più scambiata al mondo.

L’oro è una delle materie prime più conosciute e apprezzate (vedi in merito l’ebook che abbiamo dedicato al tema) ed è possibile investire sul metallo giallo in innumerevoli modi sia in modo diretto (monete d’oro, lingotti) che indiretto attraverso ETC (di fatto dei certificati garantiti) che hanno come sottostante il possesso di lingotti d’oro fisico custoditi in caveau di primarie banche internazionali oppure tramite ETF o fondi che hanno come sottostante le società aurifere. Aziende (come Newmont Corporation, Barrick Gold, Franco-Nevada, Agnico Eagle Mines, Wheaton Precious Metal, l’australiana Newcrest Mining…) che operano nel settore minerario e si basano sull’estrazione di metalli preziosi, in particolare oro.

 

La guida per investire con l'oro La guida per investire con l'oro

 

Sul mercato petrolifero è possibile investire con un’esposizione tramite ETC sul prezzo del petrolio (a Milano ne sono quotati una ventina fra cui alcuni anche a leva sia al rialzo che al ribasso) o sulle azioni delle società petrolifere. Va naturalmente ricordato prima di investire in società petrolifere (i big del settore sono Exxon Mobil, Chevron, Shell, la francese TotalEnergies, BP, l’italiana ENI), è importante considerare i rischi associati all’industria del petrolio, tra cui la volatilità dei prezzi del petrolio e la sensibilità alle fluttuazioni del mercato globale. Inoltre, l’industria del petrolio è soggetta a pressioni ambientali e sociali sempre più forti, che potrebbero influire sulla redditività delle società petrolifere.

 

 

Le materie prime offrono una vera diversificazione?

 

Nell’ultimo decennio sono numerosi gli studi accademici (e non) che hanno affrontato l’argomento se le materie prime offrono una vera diversificazione. I fautori dell’investimento in commodity vedono in prima fila Jim Rogers, l’eccentrico ex socio di Soros e co-fondatore del Quantum Fund che da qualche anno promuove attivamente l’investimento in materie prime, avendo anche dato il nome a un indice specializzato (Rogers International. Commodity Index abbreviato comunemente con l’acronimo Rici).

Fra gli studi più completi sull’argomento quello commissionato dalla società Pimco nel 2006 alla società indipendente Ibbotson Associates con l’obiettivo di valutare proprio pro e contro di un investimento strategico nelle materie prime da considerare come un asset allocation da affiancare ad azioni ed obbligazioni.

 

Uno studio dimostra che investire in materie prima conviene

 

Il risultato? Largamente favorevole a considerare l’investimento in commodity come qualcosa da inserire in portafoglio per i vantaggi offerti da questa asset class. La ricerca ha infatti evidenziato come nel tempo (il periodo di analisi ha toccato il periodo 1970-2004) detenere una quota di materie prime (l’esposizione in questo studio è stata ottenuta simulando di replicare l’andamento degli indici più rappresentativi come il GSCI, il Dj-Aig, il RJ-Crb e quello di Gorton e Rouwenhorst) avrebbe consentito di ottenere rendimenti leggeremente più elevati, diversificazione e decorrelazione rispetto alle altre asset class, una copertura contro l’inflazione e di una migliore gestione dei rischi / rendimenti in asset allocation strategica.

Nel corso del periodo 1970-2004 le materie prime hanno fornito, infatti, il più alto rendimento (superiore anche alle azioni Usa e pari al +12,38% annuo composto) ma anche offerto una sorta di ciambella di salvataggio nei periodi difficili, ovvero quando le azioni invertivano al ribasso la loro tendenza.

Ad esempio, nel periodo di 35 anni presi in esame Ibbotson, ci sono stati otto anni in cui le azioni Usa hanno prodotto rendimenti negativi ma chi avesse in quel periodo nelle materie prime avrebbe invece ottenuto il miglior ritorno positivo (+19% a fronte di un’inflazione del periodo del +6,27%). E questa decorrellazione positiva è stata osservata anche nel biennio in cui i rendimenti obbligazionari sono stati negativi.

“Storicamente le commodity come una forma di assicurazione sul portafoglio e un’eccellente diversificazione” scrivono gli autori di questo studio.

Che arrivano a consigliare una percentuale di questa asset class di circa il 9% per i portafogli “conservativi”) e del 22-23% per quelli più aggressivi.

 

L’andamento dei fondi che investono sulle materie prime

 

Tutto bene, allora? In realtà come ha ben scritto Ambroise Bierce nel “Dizionario del diavolo” quasi un secolo alla definizione di “sfortuna” vale ancora la sua spiegazione: “il tipo di fortuna che non manca mai”. Lo studio di Pimco era stato pubblicato nel 2006 e il 2007 segnava anche il lancio del primo fondo di questa importante società di gestione americana proprio nel comparto materie prime con il varo del Commodity Plus Strategy Fund e del PIMCO Commodity Real Return.

Fondi attivi nati con l’obiettivo di cavalcare questo mercato tramite un’esposizione all’indice Dow Jones Ubs Commodity tramite derivati su materie prime con l’obiettivo di sfruttare “le inefficienze sul mercato” e il mega ciclo sulle commodity.

Peccato che se si analizzano le performance dal lancio di questi fondi gestiti da gestori professionisti si vedrà che l’andamento è stato sia stato pesantemente negativo (con perdite anche di circa il 50% nel decennio 2010-2020) fino al rally partito post pandemia che ha trovato il suo culmine al momento nel giugno 2022 (nell’ultimo anno il fondo Pimco Commodity Real Return ha perso circa il 30%).

L’ennesima dimostrazione insomma che fare troppo affidamento sulle performance del passato non è mai un sicuro indizio per il futuro.

 

Le correlazioni tra mercato azionario e materie prime

 

Significativo in proposito un nuovo intervento sul tema di un gruppo di economisti americani (Bahattin Buyukahin, Michael S. Haigh e Michel A Robe) che sul “The Journal of Alternative Investments” dell’autunno 2010 (il saggio in inglese è scaricabile integralmente qui ) analizzavano ancora le correlazioni fra investimenti in azioni e materie prime, arrivando a conclusioni simili allo studio effettuato da Ibboston Associates per conto di Pimco ma con l’importante annotazione che proprio quando servirebbe di più la decorrelazione o diversificazione spesso non si materializza…

La “tempesta perfetta” avvenuta nel 2008 e che si è abbattuta nei mercati finanziari e che ha visto il crollo quasi sincronizzato di tutti i mercati, dall’azionario all’obbligazionario, dalle materie prime all’immobiliare, dagli hedge fund all’arte ha, infatti, fatto un improvviso falò del concetto di “decorrelazione” del mercato delle commodity rispetto a quello azionario.

 

Crolli epocali del mercato delle materie prime: l’indice RICI e la grande crisi

 

Tornando al 2008 basterà ricordare che l’indice RICI è passato dal massimo di 41,84 di inizio luglio a un minimo di 15,52 nel febbraio 2009. Un’escursione negativa del -63%! E fra le cause addotte dagli esperti in quei frangenti (se si vanno a rileggere i report di Goldman Sachs o Credit Suisse di quelle settimane) non solo la “liquidazione di posizioni a lungo sul mercato» oppure la diminuzione dell’attrattività del settore «alla luce della debolezza strutturale dell’economia mondiale» ma anche la “vulnerabilità alla speculazione” costituita non solo da hedge fund e operatori professionali in crisi di liquidità per effetto dei riscatti (ovvero deflussi) ma da comuni risparmiatori  “entrati nel settore grazie alla crescente disponibilità di strumenti come Etf e Certificati che consentono un investimento diretto e senza costo” come adombrano alcuni studiosi (Robles, MiguelTorero, Maximo von Braun, Joachim) in uno studio scaricabile qui.

Insomma i risparmiatori come il ragionier Fantozzi capace di attirarsi la nuvola di pioggia anche nel più assolato deserto? Sarebbe poco corretto affrontare la questione in questi termini.


Investire sulle materie prime o commodity secondo i consulenti finanziari di SoldiExpert SCF

 

La storia finanziaria dimostra che più diminuisce l’avversione al rischio verso un mercato e maggiori sono le aspettative di “facili guadagni” maggiori sono invece i rischi di subire delle perdite anche violente. Quindi per quanto può essere interessante investire anche nel comparto del materie prime e può apparire un’idea strategica anche sensata se lo si fa con l’obiettivo di ottenere guadagni “facili” o sicura protezione in fasi di forti discese dei mercati è bene farci sopra una bella pensata.

 

Consulenza Una-tantum Consulenza Una-tantum

Per questi motivi la nostra considerazione come consulenti finanziari indipendenti è che può avere certo senso diversificare in piccola parte anche sul mercato delle commodity tramite soprattutto ETC o ETF.

Ma solo a patto di calibrare bene la quota da dedicare a questo tipo di investimenti e decidere magari con il proprio consulente la quota eventualmente “strategica” e quella “tattica” e su questa avere una strategia definita ex ante di entrata e di uscita (questo è quello che facciamo noi in diversi portafogli per la consulenza continuativa personalizzata dove prevediamo l’esposizione selettiva in base al contesto del mercato all’oro o all’indice delle commodity o a un paniere di società del settore dell’energia).

Avendo naturalmente sempre chiara  una conoscenza dei pro e contro di questo mercato (caratterizzato da tantissime variabili) e degli strumenti a disposizione spesso caratterizzati da meccanismi che possono rivelarsi molto penalizzanti per i risparmiatori che li acquistano a occhi chiusi.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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