Secondo l’ultimo bollettino statistico della Banca d’Italia alla fine del 2012 la ricchezza finanziaria (depositi, titoli, azioni, ecc.) delle famiglie italiane era pari 3.670 miliardi di euro. Un popolo per lungo tempo di grandi risparmiatori quello italiano: secondo i calcoli dell’Ocse nel 1990 il risparmio netto delle famiglie statunitensi era pari al 7 per cento del reddito disponibile, in Giappone era pari al 13,9 per cento, in Germania al 13,7 per cento e in Italia al 21,7 per cento. I tassi di risparmio delle famiglie italiane sono via via scesi. Nel 2009 la percentuale di risparmio delle famiglie italiane era pari al 6,8% del reddito disponibile, negli Stati Uniti all’1,2 per cento e in Germania al 10,6 per cento.
PIATTO RICCO, MI CI FICCO
Nonostante tassi di risparmio calanti, la ricchezza finanziaria degli italiani fa gola a tanti perché rimane un piatto “ricco”.
Il risparmio è un business e di quelli belli grossi. Ennio Doris 72 anni patron di Mediolanum ha secondo le stime della rivista Forbes un patrimonio di 1,3 miliardi di euro. E’ il 19esimo uomo più ricco di Italia e occupa la 882esima posizione nella classifica dei miliardari del pianeta.
Secondo la Relazione Annuale 2013 della Consob l’italiano medio in tema di approccio alla finanza e agli investimenti è dotato di una scarsa “literacy”. Tradotto: mediamente gli italiani sono un popolo di analfabeti privi dei concetti base della finanza. Nel 2013 l’autorità di controllo dei mercati finanziari ha commissionato a Gfk-Eurisko un sondaggio sul livello di conoscenze in ambito finanziario e sugli atteggiamenti comportamentali più diffusi degli italiani nella fase della scelta di investimento.
Ne è emerso che solo un italiano su due conosce l’esistenza di una relazione tra il rendimento di uno strumento finanziario e il suo rischio, che metà conosce il significato della parola diversificazione dell’investimento, che uno su tre non sa che a causa dell’inflazione le somme detenute si deprezzano di valore nel tempo e che al crescere del rendimento di un prodotto finanziario aumenta anche il rischio.
L’anno scorso all’ItForum di Rimini sentii dire al Direttore Generale di Iwbank Gianluca Bisognani
“L’italiano è di un’ignoranza finanziaria mostruosa”
Pensavo stesse esagerando. A quanto pare non esagerava. Sono più ignoranti secondo il sondaggio di Gfk-Eurisko finanziariamente parlando le donne degli uomini, i soggetti residenti nelle regioni meridionali e insulari rispetto ai residenti nel nord e centro Italia e le persone con un basso grado di istruzione.
LA MISTIFICAZIONE DELLA REALTA’
Quella che la Consob chiama la scarsa literacy finanziaria degli italiani produce in Italia fenomeni surreali.
Da quelli a cui fino all’altro ieri si facevano spedire pacchi, gli italiani oggi si fanno consigliare come investire i soldi. Le Poste Italiane hanno conseguito nel 2013 ricavi per 26,3 miliardi di cui solo 4,5 per i servizi postali e commerciali: l’80% dei ricavi delle Poste Italiane deriva dalla vendita di prodotti finanziari e assicurativi. In Inghilterra Royal Mail ricava il 90% dei propri ricavi dal servizio postale e da altri servizi accessori. Lo stesso accade per la portoghese CTT – Correios de Portugal. In Italia abbiamo la Postman Sachs al posto della Goldman Sachs (eh sì perché qualche prodotto tossico leggi qui lo hanno rifilato anche alle Poste).
Poi abbiamo le banche e gli intermediari on line. Il nuovo mantra per tutti è vendere consulenza finanziaria. Le banche tradizionali guadagnano sempre meno dalla loro attività tradizionale e si stanno sempre più spostando verso l’advisory. E realtà come Fineco che inizialmente facevano i broker online, oggi vogliono proporsi soprattutto come realtà che basano i propri ricavi dalla attività di consulenza finanziaria.
Con che expertise le poste, le banche e i broker online fanno questa attività? Quali risultati storici possono vantare in questo campo? Mah tanto che importa … a vendere sono comunque bravi. E poi quanti italiani gli fanno il pelo e il contropelo che tanto sono scarsi in materia finanziaria? Così se ne vedono di tutti i colori.
IL VECCHIO MA VESTITO DI GIALLO: IL CASO CHE BANCA
A proposito di mistificazione della realtà, mi ha colpito ultimamente il caso di Che Banca, che pure era partita bene. Da conto deposito con un buon rendimento da qualche mese si è buttata sul Risparmio Gestito. Ovvero vende un prodotto vecchio come il fondo comune di investimento ma con un packaging nuovo, cercando di farlo apparire come un prodotto giovane e facile per risolvere il problema dell’investimento che recita una loro pubblicità “ora non sarà più un tormento”. Ho iniziato a nutrire qualche dubbio sul posizionamento di questa banca e sui dis-valori di cui si stava facendo portatrice quando ho visto lo spot ‘The marching bank’ dove una banda composta da 5 majorettes, 15 musicisti, 15 ballerini, 2 acrobati, 150 comparse e 2 cani accompagna il protagonista a depositare i suoi risparmi in Che Banca. Secondo me uno che dall’estero vede questo spot di Che Banca (anche quello del Mutuo per la Casa è assurdo) pensa: l’Italia è proprio un paese di nani e ballerine.
L’italiano? In uno spot milionario come budget (come anche i precedenti) di Che Banca c’è un ragazzo che salta salta salta…In questo spot in 2 minuti e 28 secondi viene spiegato cos’è un fondo comune di investimento grazie a dei maialini di carta. I soldi “quando si parla di investirli c’è chi non si sente davvero in grado di farlo da solo. Li affida così a qualcuno di più competente e questo si chiama risparmio gestito. Questi risparmi possono essere investiti nei fondi. I fondi consentono secondo lo spot di “cogliere le migliori opportunità, diversificando gli investimenti e riducendo così i rischi.” Trascorso 1 minuto e 42 dall’inizio dello spot finisce la lezione di finanza. E la voce fuori campo dice “Hai visto quanto è facile? Puoi cominciare a investire da subito. C’è chi li chiama fondi comuni di investimento, noi li chiamiamo semplicemente Risparmio Gestito Che Banca”.
E qui a me viene in mente un quadro di Magritte il maestro del Surrealismo che ritrae una pipa e sotto c’è la scritta “Questa non è una pipa”.
René Magritte, Questa non è una pipa, 1948
Insomma Che Banca, divisione retail di Mediobanca, si è messa a vendere fondi, anche se dipinti di giallo. I soliti vecchi fondi. E te li spaccia per un prodotto nuovo. Giovane, semplice, facile. E poi arte suprema della comunicazione ti dice che i loro esperti hanno selezionato i migliori fondi (per i risparmiatori?). Quanti fondi hanno “selezionato”? 10, 20, 50? No, oltre 1800 fondi. Chiamale se vuoi selezioni…
L’INDUSTRIA NEGAZIONISTA
Perché ci vogliamo poi ricordare di chi sta dietro a CheBanca? Il gruppo Mediobanca, il cui ufficio studi dal 1984 pubblica un’indagine annuale su fondi e SICAV di diritto italiano facenti capo agli operatori più importanti per patrimonio gestito che regolarmente manda in bestia Assogestioni. Nell’ultima edizione la 22° (luglio 2013) si legge che “i rendimenti in un’ottica di lungo periodo (dei fondi analizzati ndr) sono ancora insoddisfacenti; chi avesse investito in tutti i fondi italiani negli ultimi 29 anni avrebbe subìto, rispetto ad un impiego annuale in BOT a 12 mesi, una perdita di oltre una volta il patrimonio iniziale (aumentato nel periodo di sole 3,7 volte contro le 4,8 dei BOT). Sulla base del tasso risk free, il frutto dei fondi aperti mette in evidenza una distruzione di valore pari a circa 81 miliardi di euro nell’ultimo quindicennio.”
Insomma quelli di Che Banca (che non hanno mai chiuso un bilancio in utile dal maggio 2008) a caccia disperata di proventi ora sono diventati i paladini del risparmio gestito. Curioso, no?
RETROPENSIERI, DIMMI CHI SEI E TI DIRO’ QUALE INVESTIMENTO FARAI
In Analisi semantica di un caso pubblicitario Umberto Eco scrive
“Il discorso pubblicitario riesce convincente solo là dove gioca su sistemi di attese (opinioni, propensioni emotive, stereotipi ideologici e di gusto) già assestati. In altri termini, il discorso pubblicitario riesce a convincere l’utente solo di ciò che esso conosce (crede) o desidera già”.
Che cosa desidera il consumatore di prodotti finanziari? Ho provato a fare una mia assai personale e assolutamente non esaustiva classificazione basata sull’esperienza.
C’è quello che
1) Desidera la GALLINA SUBITO
2) Quello che pensa di essere più FURBO degli altri e cerca le scorciatoie.
3) Il COLTO che cerca la teoria finanziaria perfetta che tutto spiega.
4) Il GARANTITO che ha paura di qualsiasi tipo d’investimento in cui ci sia una dose di rischio.
Analizziamoli uno per uno per scoprire cosa li (s)muove dal profondo e dove li fa andare ovvero da quali format finanziari sono irresistibilmente attratti.
Quello della “gallina subito” E’ attratto dai fondi a cedola, dai conti di deposito con interessi anticipati e dalle obbligazioni con la prima cedola già predefinita molto alta e poi le successive chissenefrega. Questo consumatore di prodotti finanziari è molto sensibile a qualcosa che faccia leva su una gratificazione molto vicina nel tempo. I prodotti che hanno queste caratteristiche del contentino subito sono qualcosa per dirla con Eco che lui “desidera già”.
Il “furbo” è attratto dalle obbligazioni che rendono tanto, dai depositi ad alto rendimento, dai bond in valuta se promettono un rendimento molto superiore a quello offerto da obbligazioni in euro. Probabilmente non ha mai sentito il detto che “In finanza non esistono pasti gratis”.
Il “colto” è attratto dalle teorie finanziarie che spiegano tutto soprattutto se supportate da studi accademici. E’ molto informato ma anche molto insoddisfatto perché, per quanto s’ingegni, questa teoria perfetta sulla carta quando la implementa nella realtà mostra qualche criticità.
Il “garantito” è una persona molto spaventata dall’investimento finanziario, rifugge il rischio come la peste, e qualsiasi prodotto che abbia una qualche tipo di garanzia fa presa su di lui.
QUELLO DELLA GALLINA SUBITO
Questi quattro tipi di consumatori finanziari hanno un problema. Quello della gallina subito ha un problema di orizzonte temporale. Probabilmente questo problema non riguarda solo la scelta dei prodotti finanziari.
Chi guarda alla gallina oggi e non guarda all’uovo domani ha un tasso di sconto molto elevato ovvero attribuisce poca importanza alle cose che avvengono lontane nel tempo e molta a quelle che avvengono vicino nel tempo. Questo tratto si acquisisce molto presto in età preadolescenziale. In Svezia è stato misurato il tasso soggettivo di sconto di un campione di bambini di tredici anni: chi di loro era caratterizzato da un tasso di sconto molto elevato ha avuto in seguito una carriera scolastica peggiore e nella vita lavorativa ha ottenuto redditi più bassi e carriere interrotte da episodi di disoccupazione più frequenti.
Chi ha un tasso di sconto soggettivo molto elevato è come se accorciasse l’orizzonte quindi pensa poco al futuro, non risparmia abbastanza per la vecchiaia, non investe in istruzione e in tutto ciò che ha un ritorno differito nel tempo. Con quali risultati? Inferiori a quelli di una persona che ha un orizzonte temporale più di medio termine.
In Borsa l’impazienza è una pessima virtù: i prodotti che staccano subito una parte del rendimento spesso (è il caso per esempio dei fondi a cedola) pur di accontentare questo bisogno profondo dell’investitore di avere subito un premio per il suo investimento, possono intaccare il suo capitale, e dare ritorni anche negativi.
Questo non c’è scritto nelle brochure pubblicitarie che finiscono nelle mani dei potenziali sottoscrittori. Cosa che non dovrebbe avvenire giacché in queste brochure è scritto “Questo documento contiene informazioni riservate ai clienti professionali e non è destinato ai clienti al dettaglio o ai potenziali clienti al dettaglio”. Regolarmente però avviene: qualche giorno fa mi è arrivata un’email di un risparmiatore che mi chiedeva lumi su uno di questi prodotti con allegata una di queste brochure. Peccato che le magagne di questi prodotti nella brochure non siano dette. Sono scritte solo sul prospetto informativo che però nessuno legge. Anche quello del resto richiede tempo e il nostro amante della gallina subito di tempo da investire ne ha poco.
IL FURBO
E’ attratto da tutti i prodotti che offrono extra rendimenti rispetto alla media. Va in banca o dal proprio consulente e chiede:
”Quali obbligazioni mi consiglia? Quanto rendono?” E se quello della banca o il suo consulente gli dice “Guardi con i tassi attuali se sta su titoli con scadenza cinque anni più del 2% netto non ottiene su emittenti solidi…” Lui dice “Ma io voglio di più, io desidero guadagnare il 3,5% netto cos’ha che mi faccia ottenere questo rendimento?” Lo sventurato deve rispondere “Beh può allungare la scadenza diciamo andare sui trentennali o comprare questo bond emesso da questa società con un rating un po’ più basso, oppure ci sono le obbligazioni in valuta”. Il furbo finalmente contento dice “Perfetto, dove devo firmare?”
Il furbo esce dalla banca a testa alta. E’ contento: anche questa volta ha trovato la scorciatoia. A volte è una vittoria di Pirro. Perché il rischio che sta correndo è molto elevato. Il maggior rendimento si paga sempre con un maggior rischio. E se si acquistano obbligazioni con trent’anni di durata, bond di emittenti chiacchierati, o titoli in valuta per spuntare quell’uno e mezzo in più all’anno senza sapere bene cosa si sta facendo, forse proprio furbi non si è. Il tallone D’Achille del furbo è la conoscenza: non conosce bene la relazione tra il rischio di un prodotto finanziario e il suo rendimento. Anche lui del resto di tempo da perdere ne ha poco perché ama le scorciatoie e appena si presentano le agguanta al volo. Nel frattempo i suoi soldi li agguanta qualcun altro.
IL COLTO
S’informa tantissimo, legge e fa in continuazione confronti. A lui il tempo non basta mai: è alla ricerca della teoria perfetta. Analizza e spesso prova qualsiasi tipo d’investimento con una teoria sottostante che sembra sensata. Compra un periodo solo azioni con alto dividendo (in effetti, ha senso se distribuiscono alti dividendi, sono società che vanno benissimo o no?) poi per anni segue la teoria dei “Dogs of the Dow” (compro i titoli con il rapporto migliore tra dividendo e prezzo) poi scopre gli “Hedge Funds” (sulla carta perfetti, guadagnano sia quando il mercato sale sia quando scende, visto che possono andare sia long sia short), poi si prende una cotta per le torte finanziarie (il portafoglio perfetto: è fatto da quattro asset da tenere lì e al massimo ribilanciare annualmente).
Esaurite le teorie decide di passare dall’altra parte del banco: inizia a frequentare corsi. Alla fine non combina quasi niente come rendimento dei suoi capitali perché ogni anno segue una teoria diversa, ma non si massacra mai.
E’ in assoluto il Cliente più difficile da accontentare: bisognerebbe prenderlo e resettarlo come un pc. Ha la testa infarcita da talmente tante nozioni, a volte in contrasto tra loro, che non sa più che fare. E più si informa e più va in loop: perché cerca di trovare una teoria semplice per un problema complesso.
IL GARANTITO
E’ una persona profondamente avversa al rischio che ha il sacro terrore di perdere i propri soldi. Spesso finanziariamente è poco preparata. Se gli va bene, guadagnerà sempre pochissimo, se gli va male, scambierà per garantito qualcosa che in realtà non lo è. Come hanno scoperto molti anni fa i sottoscrittori di alcuni prodotti venduti alle Poste (https://soldiexpert.com/moneyreport/name/5478)
L’ECO FINANZIARIO
“Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra”
Cesare Pavese
Certi prodotti finanziari sono strutturati apposta per irretire il cliente rappresentandogli l’investimento in modo speculare rispetto al suo immaginario. Come un’eco questi prodotti risuonano in lui.
Alexander Cabanel, Eco, 1887
“Questo prodotto è esattamente quello che stai cercando” gli dice la pubblicità del prodotto. E il consumatore lo compra perché a livello profondo lui quel prodotto lo desiderava già. Prima che glielo proponessero, perché toccava le sue corde più sensibili: la gratificazione immediata, nel caso di chi cerca la gallina subito, l’extra rendimento nel caso del furbo, la solida teoria accademica nel caso del colto, l’assenza di qualsiasi rischio nel caso del garantito.
Nel libro “I persuasori occulti” Vance Packard dice che il consumatore rimane come accecato dall’idea di cui la pubblicità si fa portatrice. Perché gli risuona dentro. Materializzando il suo desiderio.
IL CANTO DELLE SIRENE
Bisogna smettere di desiderare? E se non si riesce? Si fa come Ulisse. Lui le sirene voleva ascoltarle ma non caderne vittima così si fece legare a un palo e ordinò ai suoi uomini di tapparsi le orecchie con la cera per non udire il loro canto.
John William Waterhouse, Ulisse e le Sirene, 1891
“Non possiamo chiedere alle sirene di smettere di cantare, ma possiamo smettere di ascoltarle”.
E di farci sedurre. Magari cercando di capire quali sono i nostri punti deboli. Anche per investire bene il proprio patrimonio ci vuole forza. E “le parti molli” sono un grosso ostacolo. Occorre allenarsi ogni giorno per aumentare la propria resistenza alla paura di chiudere posizioni in perdita e al desiderio di chiudere troppo presto le posizioni in guadagno. Bisogna imparare ad “avere la vista lunga” com’è lungo il tempo che molti investitori hanno davanti. Perché investire, è come correre la maratona e come dice Giacomo Leone, uno che se ne intende, visto che ha vinto nel 1996 quella di New York
“E’ tutta una questione di testa. Devi conoscerti molto bene se vuoi vincere. Nella maratona per esempio devi imparare a rallentare la corsa quando stai bruciando troppo calorie. Se no al trentesimo chilometro sei finito. E ci sono ancora 12 chilometri al traguardo. L’importante è arrivare a fine corsa, non essere il primo al trentesimo chilometro. Vale anche per chi investe”.
La resistenza è fondamentale. Il tempo dell’investimento anche. L’avidità e la paura sono il vero nemico. Lo sa molto bene l’industria del risparmio gestito. Che su queste caratteristiche difettose nel software dell’homo “economicus” campa da anni. Bisogna imparare a resistere alle ninfette della finanza che vogliono sedurci parlando alla nostra pancia. Occorre diventare insensibili al canto delle sirene che sanno come fare leva sui nostri punti deboli. E l’arte e la cultura possono esserci d’aiuto perché rappresentano e studiano la condizione umana.
IL PRIMO VERO LAVORO DI UN INVESTITORE E’ DENTRO SE’ STESSO
Da secoli il Drago è l’archetipo dei nostri “basic istinct”: è l’animale tellurico per eccellenza perché nasce dalle viscere della terra. Nell’iconografia antica l’eroe fa da contrappeso al drago. La lotta tra l’uomo e il drago è spesso raffigurata nei quadri antichi. Come in questo del 1400 di Paolo Uccello che si chiama “San Giorgio e il Drago”.
Paolo Uccello, San Giorgio e il Drago, 1456 circa
Si racconta che San Giorgio, il guerriero cristiano, è sulla via di casa quando viene a sapere del rapimento della Principessa da parte del Drago. Immediatamente parte per l’impresa.
E io me lo immagino sudato, con l’armatura che gli pesa, accaldato, anche un po’ stanco visto che stava per rientrare ma un guerriero è un guerriero e poi chissà la povera Principessa come sarà terrorizzata da quella bestia…io penso che San Giorgio si aspettasse di trovarla almeno in lacrime invece nel quadro di Paolo Uccello la scena si presenta così…ok il drago c’è ed è veramente spaventoso ma…perché la Principessa non è il lacrime, non ha paura, è serafica e tiene il Drago al guinzaglio? E quel gesto della mano sinistra come dire “Ecco qui c’è il drago fai quello che devi: uccidilo” E San Giorgio lo uccide.
Come osserva Luigi Ciorciolini critico e regista
“Tutta la rappresentazione è organizzata per coppie di opposti: Bene contro Male; Luce/Ombra, Vita/Morte, Destra/Sinistra; Alto/Basso; Verticale/Orizzontale; Vicino/Lontano; Dicibile/Indicibile; Natura/Cultura; Realtà/Fantasia; Solare/Lunare; Cosmo/Caos… e difficilmente l’Uccello non è ricorso a queste coppie per meglio far intendere il ruolo dei personaggi e il loro portato nella raffigurazione.”
In questa lotta tra opposti il guerriero rappresenta la luce e la ragione, il drago, il buio e l’istinto. Un paesaggio fertile e verdeggiante fa da sfondo al guerriero. La terra arida e una caverna buia sono il luogo in cui si muove il drago. Il quadro di Paolo Uccello rappresenta la vittoria della cultura sulla natura, della ragione sull’istinto. Per trafiggere e uccidere il drago, l’eroe deve elevarsi. Questa lotta avviene sotto l’occhio vigile di una donna imperturbabile, che guarda il guerriero e tiene al guinzaglio il drago. Sembra trovarsi a suo agio con entrambi. La Principessa ha legami con l’Eroe solare che sta aspettando affinché compia quel gesto e con il Drago, che tiene al guinzaglio, con cui ha un vincolo di parentela, attraverso la Madre Terra. In “L’homme et ses symboles” Joseph L. Henderson scrive
“La lotta fra l’eroe e il drago rappresenta il tema archetipo dell’Io sulle tendenze regressive. Nella maggior parte delle persone, il lato tenebroso, negativo, della personalità’ resta inconscio; l’eroe, al contrario, deve rendersi conto che l’ombra esiste che egli può trarne forza. E’ necessario che si accordi con i suoi poteri distruttivi, se vuole diventare abbastanza temibile per vincere il drago. ”.
La lotta tra l’eroe e il drago non rappresenta un quindi un conflitto tra due entità separate, ma un dissidio interno all’individuo, dove il drago rappresenta l’istinto e il guerriero la ragione.
La Principessa è la figura che costringe il guerriero a fare i conti con se stesso, con le sue parti molli, le sue debolezze, le sue ignoranze che lo spingono in una posizione di debolezza, orizzontale, a vivere in una caverna, chiuso, senza un orizzonte, su un terreno sterile, preda dei suoi istinti “basic” di sopravvivenza. Ma allora chi salva chi? E’ San Giorgio che salva la Principessa o è la Principessa che salva San Giorgio da sé stesso? Costringendolo in qualche modo a compiere un percorso interiore per sollevarsi e elevarsi da terra?
Altri miti (Teseo sconfigge il Minotauro grazie al filo di Arianna che gli permette di uscire dal labirinto) altre opere (nella Divina Commedia di Dante, Beatrice guida il Poeta nel suo viaggio tra Inferno, Purgatorio e Paradiso) raffigurano una donna che accompagna l’eroe nel suo percorso. Ed è il lavoro che cerco di fare con i miei clienti.
L’industria finanziaria (come qualsiasi altro tipo d’industria) può rivolgersi a voi in due modi parlando alla vostra testa (cultura) o alla vostra pancia (natura). Può cercare un consenso critico frutto di una vostra attenta valutazione o un’adesione acritica rivolgendosi ai vostri istinti. Le conseguenze di chi segue la pancia e permette ai propri istinti di prevalere sulla ragione e la conoscenza sono quelle raffigurate nel quadro di Paolo Uccello. E’ l’eroe che ha dietro di se’ l’orizzonte più lungo dove c’è la terra più fertile. Il drago vivrà sempre in una buia caverna.
La mancanza di un corretto orizzonte temporale, la fretta di guadagnare quando un titolo sale, la paura di perdere che spinge alcuni a tenere in portafoglio titoli che non fanno che scendere, l’impazienza di voler ottenere subito un risultato, la difficoltà a stare fermi in alcuni momenti di mercato, l’ansia continua per le notizie che ci bombardano ogni giorno, l’enorme impatto che i media danno alle giornate “no” in Borsa, rischiano di mettere a dura prova tanti guerrieri.
Quando s’investe avere la testa giusta è fondamentale. Avere una cultura finanziaria di base anche. E avere un buon consulente finanziario che spieghi come le ninfette della finanza cercano di irretirvi ogni giorno costruendovi prodotti che come le Sirene di Ulisse sembrano fatti apposta per sedurvi e per puntare ai vostri istinti più bassi. Guadagni miracolosi. Rendimenti fissi e garantiti. Cedole elevate già dal primo anno dell’investimento.
Investire è una fatica. Occorre disciplina, perseveranza e forza. Una donna spesso lo sa. Perché capisce che oltre a un lato visibile della persona che ha davanti, c’è il suo inconscio, le sue parti molli, che possono indurlo a scelte ripetutamente sbagliate. Io mi alleno ogni giorno per rafforzare le mie parti molli (e non solo camminando) e cerco nel mio lavoro di aiutare i clienti a fare altrettanto. Perché per investire, ci vuole anche un fisico bestiale.