“Una delle banche con cui lavora la mia azienda (Unicredit) ci ha proposto di investire la liquidità aziendale (destinata al TFR) su quattro fondi d’investimento Amundi. So da altri miei colleghi imprenditori che anche i loro istituti propongono spesso di investire in fondi la liquidità aziendale.
Quando è la banca a proporre degli investimenti entro subito in modalità ‘allarme rosso’ (la storia recente insegna di scandali, risparmio tradito e conflitti d’interessi infiniti…)
Per questo motivo vi chiedo come cortesia di analizzare la proposta della banca per capire la convenienza o meno e, soprattutto, i possibili costi occulti…
Insomma, il gioco vale la candela?“
R.B.
Risponde Roberta Rossi, consulente di SoldiExpert SCF Società di Consulenza Finanziaria Indipendente
Investire la liquidita’ aziendale con Unicredit: opinioni
A questa domanda ricevuta la prima ad agosto 2018 e poi da tanti altri imprenditori e responsabili finanziari su come investire la liquidità aziendale, rispondemmo qualche anno fa e abbiamo deciso di ritornare l’argomento con casi attuali. Diversi gli strumenti finanziari in cui può essere investita la liquidità aziendale come avevamo già evidenziato all’epoca: non solo i fondi e gli altri prodotti proposti spesso da alcune banche.
Esaminiamo la proposta di Unicredit del 2018 per investire la liquidità aziendale: i 4 fondi Amundi. E poi casi più recenti. Targati Unicredit e Intesa Sanpaolo.
Non tutti sanno che le banche come soggetti collocatori incassano sui fondi una percentuale non banale del costo del prodotto. Non necessariamente il fondo consigliato e’ di una società di gestione appartenente allo stesso Gruppo della banca. Le banche possono incamerare commissioni di retrocessione anche su fondo di una società di gestione terza (in questo caso Amundi). Ogni banca ha accordi di distribuzione con società di gestione dei fondi e ottiene ricavi ricorrenti per tutto il tempo in cui i fondi sono detenuti in portafoglio dai clienti.
Quando si tratta di investire con Unicredit la proposta commerciale ai clienti di questo istituto riguarda spesso i fondi Amundi. Perchè?
E’ a questa società di gestione francese controllata dal gruppo Credit Agricole che il gruppo Unicredit ha venduto nel 2017 la sua controllata nel ramo dell’asset management, Pioneer. Ecco spiegato perchè, grazie a un accordo di distribuzione decennale, agli sportelli di Unicredit facilmente vengono proposti i fondi Amundi. Per ogni fondo collocato, la banca incassa una quota parte delle commissioni di gestione del fondo.
Tale percentuale varia da banca a banca e può arrivare anche a oltre l’80% delle commissioni di gestione annuali che il risparmiatore paga. Con il fondo, l’istituto di credito incassa un guadagno ricorrente, rispetto per esempio a un conto di deposito con una remunerazione interessante (che magari la banca non offre) o l’acquisto di obbligazioni (su cui l’istituto di credito percepirebbe un incasso miserabile) o gli ETF (i fondi passivi che costano poco al cliente ma non retrocedono nulla o pochissimo al collocatore).
FONDI DI INVESTIMENTO UNICREDIT
Nel caso dei fondi proposti da Unicredit, il gestore Amundi comunica che la banca collocatrice (Unicredit) incassa il 100% delle commissioni di ingresso (se applicate) pagate dal cliente per sottoscrivere il fondo e mediamente il 60% delle commissioni di gestione che gravano sul fondo.
Per quanto riguarda il cliente, il vantaggio di comprare dei fondi rispetto al conto deposito (esistono anche quelli aziendali) e alle obbligazioni è quello di poter contare su un portafoglio molto diversificato di emittenti rispetto al conto deposito e alle obbligazioni, che presentano una maggior concentrazione del rischio.
Se quindi la domanda è se ha senso investire la liquidità aziendale su dei fondi rispetto ad acquistare singoli titoli, la risposta è sì, soprattutto quando la liquidità aziendale da investire è nell’ordine delle decine di migliaia di euro. Ma se l’obiettivo è la diversificazione, il fondo è l’unica possibilità? Ovviamente no. Lo svantaggio del fondo d’investimento per investire liquidità aziendale è rappresentato dai maggiori costi rispetto per esempio ai più convenienti ETF (puoi approfondire scaricando la guida ETF minori costi maggiori profitti) che difficilmente vengono proposti in banca. Perchè? Lo abbiamo visto prima: i fondi sono gravati da alti costi che vengono girati in dosi robuste alla banca collocatrice.
Bene, come ha fatto questo imprenditore, a cercare quindi di fare una seria analisi dei costi e benefici della soluzione proposta.
INVESTIRE CON UNICREDIT AI RAGGI X
Esaminiamo nel dettaglio i quattro fondi proposti dalla banca.
Il fondo Amundi S.F. Diversified Short-Term Bond E Cap EUR (isin LU1499628912) ha i seguenti costi:
– Commissione di gestione 0,60%
– Commissione di ingresso da 0 al 2,5% (il collocatore in questo la banca può decidere se scontargliela interamente)
– Commissioni di performance: overperformance rispetto a Eonia+175bps
Amundi Funds II Opt. Yield Short-Term E Cap EUR (isin LU1533943269) è un fondo obbligazionario flessibile ed più rischioso del precedente con costi di gestione dello 0,90% e di entrata fino al 4%.
Amundi Target Controllo Dis A EUR (isin IT0004022494) un obbligazionario flessibile con una piccola quota di azionario pari al 10%. Costava ogni anno al cliente lo 0,80% come commissioni di gestione.
Amundi Funds II Pioneer Flex. Opps E Cap EUR Hdg (isin LU1530827150) investito in azioni per quasi 2/3 del capitale può assumere rischi valutari (è autorizzato ad acquistare titoli in qualsiasi valuta). Insomma un investimento più audace per la liquidità che l’azienda deve custodire per liquidare ai dipendenti il trattamento di fine rapporto. E anche abbastanza costoso visto che su questo fondo le commissioni sono pari a 1,50%.
LIQUIDITA’ AZIENDALE: I CONSIGLI DELLA BANCA
Nel caso esaminato la banca ha consigliato al proprio cliente di investire la liquidità dell’azienda su una sola tipologia di prodotto: il fondo comune di investimento. Senza esaminare altre alternative di investimento della liquidità aziendale meno costose per il cliente. Qualche esempio? Il conto deposito, le obbligazioni o gli ETF. Il sospetto che la banca potrebbe aver suggerito l’investimento perché è conveniente per lei… prima che per il cliente, ha obiettivamente qualche ragione di esistere.
Abbiamo fatto una simulazione riguardo questo portafoglio consigliato su come si sarebbe comportato dal 2018 fino a fine marzo 2024, poiché 2 dei fondi consigliati all’epoca all’azienda non sono oggi più quotati e sotto potete vedere il confronto.
La linea azzurra rappresenta il portafoglio costruito con i fondi proposti dalla banca confrontato solo a scopo didattico con un portafoglio (linea blu) composto con ETF soprattutto obbligazionari. Nel grafico sottostante ecco cosa avrebbe ottenuto questo portafoglio consigliato per la liquidità aziendale in banca e cosa si sarebbe potuto ottenere, semplicemente replicando quello che ha fatto il mercato.
La differenza è significativa (oltre il 10%) e suggerisce a qualsiasi investitore l’importanza di capire prima di tutto cosa gli viene consigliato. La domanda da farsi è se si sta ricevendo una vera consulenza.
Un altro consiglio di Unicredit sulla liquidità aziendale
Un altro imprenditore cliente di Unicredit si è visto nell’ultimo anno consigliare da Unicredit un investimento differente. Ci ha chiesto un’opinione nel nostro servizio di check-up finanziario.
Unicredit ha consigliato a un imprenditore di investire la liquidità aziendale su un titolo Unicredit a tasso fisso in euro scadenza 31.05.2028 (codice ISIN IT0005545287). Ha anche consigliato un deposito vincolato che come leggiamo sul foglio informativo di Unicredit consiste in una “operazione di deposito di una somma che rimane vincolata, a favore della Banca, sino alla scadenza concordata e che produce interessi a favore del Cliente, al tasso e con le modalità pattuite fino alla scadenza del vincolo. La durata massima è di 12 mesi.”
Unicredit per investire la liquidità aziendale ha proposto un suo certificato di deposito e un’obbligazione da lei emessa.
Quali sono i rischi delle obbligazioni Unicredit e di depositare i soldi presso la banca? Ovviamente il rischio di controparte, cioè l’eventualità che la banca non sia in grado di rimborsare, in tutto in parte, le somme depositate unitamente alle competenze maturate. Ovviamente si tratta di una eventualità remota. Ma perchè, da buon manuale dell’investitore, non consiglia all’imprenditore una corretta diversificazione del rischio oltre a consigliare solo “roba sua”? Perchè Unicredit consiglia le sue obbligazioni e i suoi certificati di deposito concentrando l’ingente liquidità aziendale su un unico rischio controparte?
Ma le altre banche cosa consigliano? Non possiamo sapere cosa consigliano tutte le banche ma ci è capitato recentemente un altro caso.
Intesa SP e i consigli per investire la liquidità aziendale
Un imprenditore cliente di Intesa Sanpaolo si è visto consigliare per investire la liquidità aziendale oltre ai classici certificati di deposito della banca anche un certificato. Emesso da chi? Indovinate un po’.
Il certificato è ISP DIG EUIBOR3M25 codice isin XS2612296686. E’ un certificato che a scadenza rimborserà il capitale e al verificarsi di determinate e come al solito, complicatissime condizioni, ed è per questo che non ci piacciono i certificati, una eventuale cedola aggiuntiva. A quali condizioni? Leggiamo nel documento contenente le informazioni chiave che “il prodotto offre la possibilità di ricevere il pagamento di uno o più Importi Digital nel caso in cui il Valore di Riferimento dell’Attività Sottostante, nella relativa Data di Valutazione Digital, sia pari o superiore al Livello Digital. L’Importo Digital è pari a Euro 20 e sarà corrisposto nella relativa Data di Pagamento Digital. Altrimenti, nel caso in cui il Valore di Riferimento dell’Attività Sottostante, nella relativa Data di Valutazione Digital, sia inferiore al Livello Digital, non sarà corrisposto alcun Importo Digital nella relativa Data di Pagamento Digital.”
Penso che per la maggior parte delle persone questa spiegazione sia arabo infatti come è scritto nel documento che spiega le informazioni chiave di questo certificato “state per acquistare un prodotto che non è semplice e può essere di difficile comprensione.”
Una scommessa per investire la liquidità aziendale: il certificato Intesa Sanpaolo
Vogliamo tradurre come funziona questo certificato ISP DIG EUIBOR3M25 codice isin XS2612296686 emesso da Intesa Sanpaolo e consigliato per investire la liquidità aziendale? E’ un prodotto garantito che restituisce il capitale a scadenza. Ovviamente se non fallisce l’emittente, evento improbabile. Oltre a garantire il rimborso a scadenza, il certificato potrebbe pagare anche 4 cedole durante la sua vita. La durata del certificato è due anni: è stato emesso a maggio 2023 e scade a maggio 2025.
Il certificato pagherà cedole del 2% ogni semestre se a certe date, chiamate date di rilevazione (e poste ogni sei mesi dall’emissione del certificato avvenuta il 30 05 2023), l’Euribor sarà superiore al valore Digital posto a 2,5%. Se invece alle date di rilevazione l’Euribor a tre mesi non sarà superiore a 2,5%, il certificato non erogherà nessuna cedola.
Come è messo l’imprenditore che lo ha comprato a luglio 2023 oggi su consiglio della banca? Il certificato è sotto del 4% rispetto al prezzo di acquisto. Ha ottenuto però il pagamento di una cedola del 2% lo scorso 30 novembre 2023 e alle prossime tre date di rilevazione a seconda se il valore dell’Euribor a tre mesi sarà sopra o sotto 2,5% prenderà una cedola del 2% o zero.
Il rendimento a scadenza di questo certificato non è quindi noto, ma frutto di una scommessa sul valore ogni sei mesi dall’emissione del certificato, del valore dell’euribor a 3 mesi: sopra o sotto 2,5%?
Alla prima data di rilevazione scommessa vinta, il certificato ha pagato la cedola, ora bisogna vedere cosa succede alle prossime date di rilevazione. Cosa succede se l’imprenditore avesse bisogno di liquidare adesso? Nonostante la cedola incassata, ricaverebbe meno soldi di quanti ne ha investiti e farebbe più fatica rispetto ad altri possibili investimenti a uscire dall’investimento, in quanto il prodotto è poco scambiato.
E la banca? Alla banca è andata bene: su ogni 1000 euro venduti di questo certificato guadagna 76 euro (7,6%) come è scritto nel KID.
Il risparmiatore avrebbe avuto migliori alternative? Beh avrebbe potuto comprare per esempio un titolo governativo con scadenza 2 anni, sicuro, scambiato e con un rendimento certo a scadenza. Cosa l’abbia spinto a a preferire il certificato non è dato sapere.
ETF PER INVESTIRE LA LIQUIDITA’ AZIENDALE
Le banche o le reti di consulenza non tanto casualmente, consigliano ai propri clienti spesso poche fattispecie in cui potrebbe essere investita la liquidità e fra queste soprattutto pacchetti di fondi d’investimento, propri certificati di deposito e anche certificati. Quando fuori ci sono tante alternative: ETF, conti deposito, obbligazioni.
Un banale confronto per esempio tra il pacchetto di fondi Amundi proposto da Unicredit e due ETF con lo stesso livello di rischio avrebbe facilmente evidenziato che anche grazie ai minori costi, il portafoglio di ETF performava meglio. Perchè allora la banca non li consigliava?
Sul fondo, in quanto collocatore, la banca ha diritto a una robusta retrocessione dal gestore del fondo dei costi continuativi che il cliente paga su questo strumento finanziario oltre che eventuali commissioni di ingresso. Vendendo al cliente il fondo Amundi, la banca (Unicredit) ottiene un guadagno ricorrente. Orientativamente pari a circa il 60% dei costi di gestione che gravano sul prodotto proposto.
Unicredit propone poi solo i fondi del gruppo Amundi. In tre casi su 4 i fondi consigliati al cliente non sono i migliori della propria categoria. Purtroppo ancora oggi le banche tradizionali, anche di caratura nazionale, collocano prodotti di una sola o di poche società di gestione con cui hanno rapporti commerciali di retrocessione o societari. Naturalmente la cosa è consentita dalla normativa. La banca non sta commettendo alcuna violazione da questo punto di vista. Nella documentazione contrattuale fornita al cliente (e dovrebbe avvenire anche in quella pre-contrattuale) la banca deve offrire visibilità di tutti i costi che gravano sul cliente e i potenziali conflitti d’interesse.
GESTIONE LIQUIDITA’ AZIENDALE: GLI STRUMENTI PIU’ ADATTI
Se si vuole investire la liquidità aziendale sarebbe meglio poter contare su una scelta non limitata ma personalizzata. Magari affidandosi a un consulente che non prende retrocessioni sui prodotti raccomandati. Non limitandosi ad analizzare una sola società di gestione ma tutti i prodotti disponibili sul mercato. Quando si devono prendere decisioni sulla gestione della liquidità aziendale, quali sono gli strumenti più adatti? Ce ne sono diversi.
Dai conti deposito, alle obbligazioni, agli ETF, alle polizze assicurative finanziarie che in alcuni casi (se i costi sono naturalmente low!) semplificano la vita a coloro che devono decidere come investire la liquidità aziendale. Grazie alla riduzione dei movimenti contabili delle polizze rispetto all’acquisto diretto di titoli. Nell’ambito della propria offerta SoldiExpert SCF, società di consulenza iscritta all’Albo dei consulenti, offre alle aziende indicazioni su come investire la liquidità aziendale, in funzione delle specifiche esigenze dell’impresa che ne fa richiesta.
Il servizio è remunerato a ore e rientra nei servizi di consulenza una tantum offerti da SoldiExpert SCF sull’investimento della liquidità aziendale in cui un consulente senior specializzato in queste tematiche aziendali è in grado di confezionare dopo aver sentito il responsabile amministrativo dell’azienda e gli azionisti interessati una raccomandazione di investimento personalizzata.
Gli ETF sono un’alternativa di investimento low cost rispetto ai fondi per investire la liquidità aziendale.
I conti deposito dopo avere per anni ridotto la generosità degli interessi offerti sono diventati nuovamente interessanti con l’aumento dei tassi previsto. Sono pochissimi tuttavia quelli che offrono soluzioni per le aziende. C’è poi il mercato delle obbligazioni dirette che è tornato a offrire rendimenti positivi anche su emittenti molto sicuri. Conti deposito ad alto rendimento e obbligazioni con rating elevato possono rappresentare una buona alternativa per investire la liquidità aziendale rispetto ai certificati e ai certificati di deposito.
Investire la liquidità aziendale: una soluzione facile
Vi è poi da esplorare il tema delle polizze pensate per le aziende che non sono più solo quelle costosissime proposte in molte banche con sottostanti fondi comuni di investimento. Prodotti che possono drenare anche il 3% all’anno di costi. Oggi sul mercato sono disponibili prodotti assicurativi a capitale parzialmente protetto con sottostanti ETF che possono offrire anche una parte di capitale garantito per investire la liquidità aiendale.
Le polizza assicurative con sottostanti ETF sono in grado di coniugare bassi costi con semplificazione contabile e efficienza fiscale. Nel caso infatti di fondi o di ETF acquistati dall’azienda, la tassazione avviene due volte. Oltre all’imposta sul capital gain, la plusvalenza viene tassata anche come reddito d’impresa.
Polizze low cost per investire la liquidità aziendale
I premi versati in polizza invece rappresentano un investimento finanziario da iscrivere tra le immobilizzazioni finanziarie quale credito verso l’impresa di assicurazione. Oppure come titoli con deroga all’applicazione del costo ammortizzato. Con evidente semplificazione delle scritture amministrative.
Inoltre nel caso della polizza l’imposta sul capital gain si paga nel regime del risparmio assicurativo al momento del riscatto. La plusvalenza viene calcolata rispetto al capitale conferito. Questa plusvalenza verrà tassata come reddito di impresa alla fine del periodo di investimento e non tutti gli anni come nel caso di fondi e ETF.
Analizzare diverse opportunità di investimento, confrontare tra loro prodotti che rispondono alle stesse esigenze, poter contare su soluzioni personalizzate è fondamentale quando si investe. Ed è altrettanto importante capire bene se la proposta di investimento avviene in modalità “consulenza indipendente” in cui il consulente è remunerato a parcella dal cliente e non riceve retrocessioni di alcun tipo sul prodotto consigliato e la “consulenza dipendente” in cui chi propone l’investimento riceve dal distributore e fornitore del prodotto una retrocessione.
Riguardo la gestione della liquidità aziendale il nostro consiglio è valutare quindi più strumenti. Un consiglio privo di conflitti d’interesse visto che sui prodotti finanziari suggeriti SoldiExpert SCF non può ricevere per legge alcuna retrocessione di alcun tipo. Ecco perchè nel nostro contratto di consulenza è chiaramente scritto che prestiamo consulenza finanziaria su base indipendente.