Il crollo di Wall Street del 1929 viene considerato il crac dei crac. L’evento più simile all’apocalisse dell’economia e della finanza poiché il brusco ribasso delle quotazioni innescò una serie di conseguenze drammatiche. Qualcosa che nell’ immaginario collettivo americano ricorda uno scoppio atomico: l’improvviso deprezzamento del 30% della Borsa in pochissime sedute, la serie delle bancarotte, i suicidi dei finanzieri, le ‘code del pane’ dei disoccupati.
Tra il 3 settembre del ’29, quando segnò il record, e l’ 8 luglio del ’32, quando toccò il fondo, l’Indice Dow Jones dei titoli industriali scese da 381 a 41 punti, segnando un crollo per Wall Street dell’89%. Nel periodo della Grande Depressione il tasso di disoccupazione balzò quasi al 30% negli Stati Uniti; il prodotto interno lordo crollò del 60%; gli investimenti scesero in picchiata dell’89%; la produzione automobilistica calò del 65% e il valore delle costruzioni scese del 75%.
Un vero disastro economico che iniziato nell’ottobre del 1929 vide affiorare la luce in fondo al tunnel solo a partire dal 1933 (quattro anno quindi) quando il presidente americano Franklin Delano Roosvelt impose un ‘New Deal’, avviando un intervento massiccio dello Stato nell’economia in tutti i campi.
le cause del crollo di Wal Street del 1929
La leva finanziaria fu una delle cause del crollo di Wall Street del 1929. ‘Il carattere dominante del mercato azionario degli anni ‘20 non fu la caccia selvaggia alle innovazioni speculative ma l’impiego del debito per investimenti piramidali e l’intensificarsi dei guadagni. Con i prestiti garantiti da azioni gli speculatori potevano permettersi di comprare qualsiasi cosa. La leva finanziaria non era limitata a singoli speculatori che ottenevano prestiti garantiti da azioni; divenne la struttura portante della finanza americana’ ha scritto nel suo saggio di qualche anno fa dedicato alle bolle speculative Edward Cancellor, ricordando le parole di un banchiere ‘sano’ (Paul M. Warburg)
Warburg prima dello scoppio del crac già denunciava: ‘La storia, che si ripete in modo doloroso, ha insegnato all’umanità che l’eccessiva espansione speculativa si conclude inevitabilmente in un eccesso di contrazione e nella miseria… Ma se si consente alle orge speculative di espandersi oltre misura è certo che il crollo finale non colpisce soltanto gli speculatori ma determina anche una depressione generale che coinvolge tutto il Paese’.
Washington Post e il Commercial and Financial Chronicle: imminente crollo Wall Street
L’anno prima del crollo di Wall Street del 1929 alcuni autorevoli giornali, come il Washington Post e il Commercial and Financial Chronicle, avevano iniziato in realtà a paventare il crollo del mercato azionario. Nel 1928 entrambi i quotidiani avevano messo in guardia i loro lettori: le azioni erano incredibilmente sopravvalutate e i prezzi dei titoli continuavano a salire non a causa di un miglioramento dei fondamentali delle società quotate ma a seguito dell’enorme massa di liquidità che si era riversata sulla Borsa.
Sfortunatamente la crisi era dietro l’angolo, non dietro la porta: ci furono di lì a poco quattro forti ribassi, nel giugno e nel dicembre del 1928, nel febbraio e nel marzo del 1929, ma il mercato successivamente non solo recuperò le perdite ma salì ancora. Conseguentemente il Washington Post e il Commercial and Financial Chronicle furono bollati come ‘Cassandre Ribassiste’.
I risparmiatori degli Stati Uniti si erano fatti divorare dalla passione per le azioni e del guadagno facile così come testimoniava un corrispondente britannico appena sbarcato a New York prima del crac del ’29: ‘Puoi intavolare un discorso sul proibizionismo, o su Hemingway, o sull’aria condizionata, o sulla musica, o sui cavalli, ma prima o poi il discorso scivola inevitabilmente sulla Borsa e solo a quel punto la conversazione si fa seria’.
Irving Fisher e le previsioni sballate sulla stabilità di Wall Street prima del crollo del 1929
Irving Fisher, professore di economia a Yale, fece alla vigilia del crollo di Wall Street una diagnosi diventata celebre: ‘La Borsa sembra destinata a mantenersi indefinitamente sulle vette raggiunte’.
Nell’estate del 1929 l’argomento principale di conversazione tra gli americani (non solo quelli appartenenti alla middle class ma anche stimati intellettuali) era quindi diventato Wall Street. La gente, anziché lavorare, affollava gli uffici dei broker per seguire minuto per minuto le quotazioni di Borsa. E’ proprio riflettendo su un simile fenomeno di infatuazione delle folle per le azioni che, secondo la leggenda, Joseph Kennedy (il padre del presidente assassinato) evitò la bancarotta paventando il crollo di Wall Street.
Un mattino del 1929 il suo lustrascarpe rifiutò la mancia, giudicandola troppo misera. ‘Signore, ieri mattina ho guadagnato 250 dollari in Borsa. Sì tenga pure i suoi 5 cents, non mi servono’. Lo speculatore consumato fece il seguente ragionamento: ‘Se il mio lustrascarpe ne sa più di me c’è qualcosa che non va nel mondo della finanza’. Il giorno stesso liquidò tutto il suo portafoglio azionario.
Il 3 settembre 1929 un consulente finanziario del Massachusetts, tale Roger Babson (che nella realtà da diversi anni aveva anticipato un possibile forte calo mentre i mercati superavano continuamente nuovi massimi), aveva tuonato contro i pericoli insiti nella sopravvalutazione del mercato azionario e aveva preannunciato che entro poche settimane Wall Street avrebbe vissuto il giorno più nero della sua storia. Nessuno gli prestò ascolto.
Il New York Times avverte che il crollo delle borse nel 1929 è vicino
Il presidente della Fed, la Banca Centrale Usa, Charles Mitchell osservò: ‘La situazione negli Stati Uniti è assolutamente solida, nulla può fermare il movimento positivo del mercato’. Tutto questo mentre il mitico professore Irving Fisher dichiarava che ‘il mercato azionario entro pochi mesi sarà più alto del livello attuale’. Nonostante le ottimistiche previsioni di Fisher (che nel ribasso poi perse la fortuna propria e quella della moglie), pochi giorni dopo ci fu una forte discesa del mercato. In realtà neppure l’economista più influente del secolo, John Maynard Keynes, seppe prevedere il crollo di Wall Street. Ne subì un grave danno, ma si rifece in seguito.
Timidamente il New York Times azzardò in quei primi giorni di ottobre del 1929 che il crollo di Wall Street non era più dietro l’angolo ma dietro la porta. Nuovamente la notizia non produsse alcun effetto: il 21 ottobre gli scambi erano ai livelli massimi. Nei giorni successivi il mercato subì una decisa inversione di tendenza. La gente si innervosì e iniziò a vendere e fu l’inizio della valanga. Vendite in moltissimi casi obbligati perchè molti risparmiatori operavano con soldi a prestito ed erano obbligati a chiudere le posizione. Un crollo del 50% in poche settimane (vedi sotto la cronaca di quei giorni). Un ribasso che quando si placava faceva a pensare a molti che più in giù di così non si poteva andare e che gli interventi governativi avrebbero potuto interrompere la spirale.
La Grande Depressione seguita al crack di Wall Street
Nella primavera del 1930 il mercato diede timidi segnali di ripresa, ma in giugno iniziarono nuovamente i ribassi e proseguirono per l’intero mese. Fu l’inizio di quella che passò alla storia come ‘la Grande Depressione’. Nell’autunno del 1930 arrivò l’ondata di fallimenti delle banche: oltre 600 dei più prestigiosi istituti di credito americani furono spazzati via, trascinando nel disastro anche coloro che a Wall Street non avevano investito nemmeno un cent.
Gli Usa toccarono il livello più basso della crisi nell’inverno del 1932. Il mercato azionario era ridotto a 1/6 (-84%) rispetto all’apice del 1929 e si stimarono in oltre 12 milioni i disoccupati in questa fase.
Una crisi che divenne planetaria e coinvolse anche le economie e le Borse del Vecchio Continente per diversi anni. Compresa l’Italia. E nonostante i buoni propositi di Benito Mussolini all’indomani del crac di Wall Street: ‘… gli uomini e le istituzioni del fascismo possono affrontare qualsiasi crisi, anche se improvvisa’. Ma l’onda lunga della crac dell’ottobre 1929 a Wall Street arrivò anche in Italia.