INVESTIMENTI, IL RISCHIO C’E’. Intervista a Salvatore Gaziano

Su “La Voce di Romagna” un’intervista a Salvatore Gaziano, direttore Strategie d’investimento di SoldiExpert SCF dove si parla di titoli di Stato italiani, obbligazioni strutturate, fondi comuni d’investimento e dimensioni ottimali, Etf vantaggi e svantaggi, indicatori di rischio (Var) e consulenza finanziaria indipendente…

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Su “La Voce di Romagna” un’intervista a Salvatore Gaziano, direttore Strategie d’investimento di SoldiExpert SCF dove si parla di consulenza finanziaria indipendente,  titoli di Stato italiani, obbligazioni strutturate, fondi comuni d’investimento e dimensioni ottimali, Etf vantaggi e svantaggi e indicatori di rischio (Var). Eccone il testo. 

INVESTIMENTI, IL RISCHIO C’E’…
Da “La Voce di Romagna” del 9 0ttobre 2013 a cura di Simone Mariotti

 

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Oggi è con noi Salvatore Gaziano, direttore Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF, che da quasi 30 anni segue la finanza e Piazza Affari. Giornalista fra i fondatori del quotidiano Borsa&Finanza, è stato direttore editoriale di Millionaire, fondatore del sito Bluinvest.com e dal 2001 del sito BorsaExpert.it (adesso SoldiExpert SCF). Scrittore e collaboratore di vari portali finanziari e riviste. Da Soldionline.it a MF e Capita. Con lui parleremo soprattutto di rischio.

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Da inizio 2013 i titoli di stato europei, compresi quelli italiani prevedono le CAC (Clausole di Azione Collettiva – prevedono in certi casi la modifica delle condizioni di emissione, come tasso, capitale scadenza). Secondo lei i piccoli investitori ne sono consapevoli? In caso di problemi seri ci saranno delle sorprese?

Salvatore Gaziano (SoldiExpert SCF) : “In caso di problemi gravi seri di banche sistemiche oppure di uno Stato è evidente che per le dimensioni degli attivi delle banche o del debito pubblico di un Paese come l’Italia è molto difficile trovare un eroe che all’ultimo secondo salda tutti i debiti come nel gioco per bambini “tana libera tutti”. Fuor di metafora e i recenti casi della Grecia, di Cipro, della banca olandese SNS e anche in parte di Monte dei Paschi di Siena insegnano che oltre un certo livello se una grande banca italiana o addirittura lo Stato avessero seri problemi di sostenibilità del debito e accesso ai mercati occorrerebbe prendere provvedimenti straordinari. Ogni crisi è diversa ma un contributo dei creditori (azionisti, obbligazionisti subordinati, depositanti sopra i 100.000 euro) o dei contribuenti potrebbe essere richiesto perché soprattutto le “formiche” tedesche e dei paesi del nord Europa non credo che accetterebbero di pagare interamente i debiti delle “cicale” né lo Stato italiano col fardello di debiti che già ha può permettersi di salvare nessuna banca sistemica”.
Di recente avete messo in guardia sulle allettanti emissioni di bond indicizzati, in particolare una molto pubblicizzata di Mediobanca. Qual è l’aspetto più problematico di questo tipo di obbligazioni?

SG: “Quell’obbligazione citata collocata a 100 (e poi scesa fino a 90 sul mercato e risalita nelle ultime settimane ma ben sotto il prezzo del collocamento) ha il classico meccanismo di molte obbligazioni strutturate. Cedola iniziale molto alta per il primo anno come specchietto per le allodole e poi cedole successive legate al verificarsi di un evento (tipo l’andamento di un indice) dove solitamente chi le colloca sfrutta l’asimmetria informativa e ci guadagna un botto sul collocamento. E purtroppo se uno non è del mestiere (o non si fa consigliare da un professionista serio) non sa giudicare se il prezzo di offerta è quello giusto. E anche la normativa europea e di riflesso quello italiana e la nostra Consob alla fine sembrano essere scritte per fare gli interessi delle banche e non dei risparmiatori che dovrebbero tutelare invece con una trasparenza finanziaria molto maggiore”.

Ci sono fondi comuni di dimensioni colossali sul mercato (decine/centinaia di miliardi di dollari), che hanno raccolto molto per via dei loro successi di performance, e che probabilmente ora sono meno agili nella gestione. C’è una dimensione ottimale o una soglia limite (min o max) per mantenere l’efficienza di gestione? Voi come vi orientate quando create un portafoglio fondi?

SG:Quando si parla di questi fenomeni spesso ci troviamo di fronte a fondi d’investimento che nel passato hanno ottenuto dei buonissimi risultati (penso per esempio a quelli della società francese Carmignac) e per questo i venditori li spingono, vendendo in un certo modo le performance passate usando una tecnica di vendita collaudata. Ma tutti dovrebbero sapere che queste performance non sono garanzia di eguali rendimenti futuri. E paradossalmente più un fondo “buono” diventa grande più è difficile replicarne i risultati passati. Per questo motivo noi come ufficio studi di SoldiExpert SCF nella selezione dei fondi guardiamo certo alle performance passate perché fra un brocco e un purosangue preferiamo sempre puntare sui secondi. Ci sono maggiori evidenze statistiche che continuino a primeggiare. Ma nel contempo ogni settimana monitoriamo l’andamento dei fondi, li compariamo ad altri e nel caso modifichiamo la composizione, cambiando o società di gestione o completamente settore perché i mercati finanziari cambiano incessantemente. E un tema d’investimento o un fondo “5 stelle” oggi non è assolutamente detto che lo sarà domani”.

Gli Etf sui bond emergenti hanno fatto molto peggio dei fondi di recente e non di poco. Durante la crisi del 2008 invece alcuni EFT allargarono paurosamente lo spread denaro/lettera. Sono strumenti che possono nascondere delle insidie impreviste per il piccolo investitore?

SG:I fondi possono avere una diversificazione maggiore degli Etf e questo può essere un vantaggio e anche il problema denaro/lettera non è da sottovalutare se si opera con una strategia non passiva. E per questo è importante scegliere fra i più scambiati. Dal punto di vista fiscale poi il trattamento degli Etf è penalizzante. Per questo ritengo che gli Etf non siano la panacea proposta da qualcuno per quanto sono comunque degli strumenti interessanti perché per esempio alcune aree e settori si possono coprire solo con questi strumenti. E per patrimoni medio piccoli un discreto ripiego se non si opera con una piattaforma di fondi ampia online come offerta e condizioni”.

A proposito di rischio un indicatore chiave molto di moda da anni è il Var (Value at Risk). E’ bene fidarsi ciecamente delle simulazioni con le quali si costruiscono coni di confidenza, stime delle perdite ecc… molto usate da banche, promotori e consulenti per stabilire i livelli di adeguatezza degli investimenti?

SG:Interessanti ma sopravvalutati. Aiutano a dare un tocco di scientificità all’investimento finanziario agli occhi del risparmiatore ma sono soprattutto fantascienza. Puoi trovare un fondo o un’ azione con un “risk indicator” basso e poi come è successo alla Parmalat assisterne in poche settimane al tracollo più totale. E anche il più bravo gestore del mondo può “impazzire”: abbiamo visto fallire con crac spaventosi fondi speculativi di premi Nobel che erano fondati proprio su simili concetti. Quello che invece è più importante o trovare o cercare (e fanno in pochi) da soli o col proprio consulente finanziario per i proprio investimenti un metodo di controllo del rischio. “Come mi comporto se lo scenario si modifica rispetto a quello stabilito?” I mercati non vanno dove vogliamo noi: siamo noi che dobbiamo adeguarci ai mercati”.

Simone Mariotti (www.simonemariotti.com) per La Voce di Romagna del 9/10/2013

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