I consigli per non investire come un idiota: si potrebbe riassumere così l’intento della finanza comportamentale. Una branca della psicologia cognitiva che studia il modo in cui gli investitori assumono le loro decisioni in campo finanziario.
A chi è sconsigliata la lettura di questo articolo…
Quello che vi apprestate a leggere potrebbe essere il report sui vostri investimenti più importante che abbiate mai letto (e non perché l’ho scritto io ma piuttosto per quello che mi ha spiegato come mai nessuno aveva fatto con così tanta chiarezza l’autorevole persona che ho intervistato).
E può spiegarvi perché il nostro cervello (grazie alle ultime scoperte della finanza comportamentale e delle neuroscienze) può essere il più potente alleato per renderci più ricchi oppure se lo lasciamo agire in “automatico” può essere invece la fonte di molte nostre frustrazioni e perdite sonanti.
Se ora siete impegnati in 1000 altre faccende e non avete 5 minuti del vostro tempo da dedicare a come difendere e far crescere realmente i vostri risparmi nel tempo mettetevi in promemoria di leggere questo articolo più avanti e sono sicuro che non ve ne pentirete.
Avete tempo adesso? Bene, allora vi devo raccontare di un’intervista che mi è capitato di fare la scorsa settimana con uno dei più bravi e preparati psicologi cognitivisti italiani ed europei, il professore Paolo Legrenzi, Coordinatore del Laboratorio Economia Sperimentale Swiss & Global dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
“Che cosa c’entrano i miei soldi con uno psicologo, mica sono matto? “ ti starai probabilmente domandando.
Hai ragione (si dà sempre ragione ai matti per tenerli buoni 😉 ) ma se ti dicessi che quello che dice questo professore (e non solo lui) potrebbe consentirti di migliorare (e di molto) la gestione e il ritorno dei tuoi investimenti?
cos’è la finanza comportamentale?
Quando prendiamo decisioni sui nostri risparmi il nostro cervello da investitori ci gioca contro! Lo dice la finanza comportamentale.
E’ questo che studia la finanza comportamentale, una disciplina a cavallo fra economia, psicologia e le neuroscienze che da circa un decennio ha conquistato un’attenzione crescente non solo nel mondo accademico ma anche fra gli addetti ai lavori ovvero banche e società di gestione e un numero crescente di risparmiatori che vogliono “curare” o decrittare la psiche finanziaria.
E che hanno capito quello che il professor Paolo Legrenzi racconta nelle sue pubblicazioni e corsi: “La mente umana non è costruita per gestire al meglio i risparmi perché sentimenti come la paura e il rimpianto portano a effettuare scelte di investimento opposte rispetto a quanto richiederebbe l’efficienza del portafoglio. Imparare a gestire i risparmi non è come apprendere a cucinare o imparare a suonare il violino. È una cosa per cui siamo costruiti male”.
Leggete bene questa frase sopra del professore Legrenzi e rileggetela ancora.
E vi posso assicurare che se arrivate a prendere coscienza di quello che spiega in queste righe potreste fare un gran salto come investitori e il vostro patrimonio ringraziarvi!
Cosa fa la finanza comportamentale e come potremmo definirla?
La finanza comportamentale si propone di analizzare le dinamiche dei mercati finanziari, focalizzandosi sul comportamento individuale e collettivo. In sostanza, questo settore dell’economia comportamentale si dedica a comprendere le azioni degli investitori e i motivi alla base delle loro decisioni.
La finanza comportamentale riconosce che le scelte umane sono influenzate da pregiudizi cognitivi, portando a errori con conseguenze talvolta disastrose per l’individuo e, in riflesso, per i mercati finanziari.
Attraverso l’indagine di comportamenti erronei e dannosi, la finanza comportamentale fornisce una chiave di lettura essenziale per comprendere le radici di tali errori e comprendere meglio le logiche di mercato.
Qual è il presupposto della finanza comportamentale?
Per esplorare questo presupposto, è essenziale partire da una riflessione elementare ma cruciale: la natura umana non si limita alla razionalità, ma incorpora anche istinti ed emotività, determinando così frequentemente decisioni irrazionali.
Strategia e disciplina nell’investire: un cambio di approccio vincente
Da anni ho deciso di filtrare in modo pesante le mie idee su quando è meglio acquistare o vendere non affidandomi più ciecamente al mio istinto o intuito nel selezionare i titoli o il cosiddetto market timing. Il risultato? Ho smesso di considerare le oscillazioni dei mercati e il susseguirsi continuo delle notizie soprattutto negative (che non mancano mai) una fonte di stress e preoccupazioni e ho potuto toccare con mano (e così tutti i miei clienti) cosa significa veramente far rendere il proprio capitale, far correre i profitti e tagliare le perdite se si opera con strategia e disciplina.
E per questo penso che le parole di questo grande studioso della finanza comportamentale (che studia da molti anni come la nostra psiche si comporta quando compie delle scelte finanziarie) valgono più di moltissimi corsi di finanza e confermano quello che molti (ma non tutti) investitori hanno capito con l’esperienza e le perdite accumulate.
finanza comportamentale: alcuni esempi concreti
Non ci credi? Ti sembra esagerato quello che dico? Non credi che il cervello nel mondo degli investimenti ci gioca contro e compie processi automatici che spesso ci fanno prendere delle solenni cantonate? E basta un momento di paura o panico a mandare a monte anche la migliore delle strategie d’investimento?
Ti posso citare prima di tutto uno studio realizzato dall’istituto di ricerca Dalbar. Che rileva che nell’ultimo ventennio l’indice della Borsa americana, lo Standard & Poor 500, ha avuto un rendimento medio annuo composto del +7,8%. Nello stesso periodo i gestori dei fondi d’investimento hanno avuto un rendimento medio di quasi 2 punti percentuali inferiore ma l’investitore medio in Usa in fondi comuni di investimento azionari ha guadagnato solo il 3,5%.
Oltre il 4% in meno rispetto all’andamento del mercato. Le ragioni? La maggior parte degli investitori (e in misura minore anche dei gestori) entra ed esce dal mercato nei momenti sbagliati, tendendo a sovrainvestire appena prima dei crolli dopo che la Borsa è salita molto e a liquidare le posizioni poco prima dei grandi rialzi. Insomma si opera senza una strategia, lasciandosi guidare dall’emotività come insegna la finanza comportamentale.
Ma sono infiniti gli esempi di errori di finanza comportamentale che commettiamo come investitori.
La maledizione dei prezzi di carico e di chi non riesce a vendere in perdita
Qualche esempio?
Avete comprato delle azioni Generali a 10 euro. Oggi valgono sul mercato 12. Potrebbero salire ma anche scendere. Non lo sapete ma decidete di passare alla cassa e chiudere la posizione. “Vendi, guadagna e pentiti” come si diceva una volta. Ora vi trovate in un’altra situazione. Avete sempre acquistato le azioni Generali (ma potrebbe essere un qualsiasi titolo, fondo o Etf) ma questa volta il vostro prezzo di carico è di 14 euro e sul mercato valgono 12 euro. Che fate? Se vi comportate come la maggior parte dei risparmiatori non venderete le azioni Generali. Il motivo? Semplice, non volete realizzare una perdita. Sarebbe come ammettere una sconfitta.
Eppure le azioni Generali sono sempre le stesse sia per il risparmiatore che le ha acquistate a 10 euro che per quello che le ha in carico a 14 euro.
Tipici errori di finanza comportamentale
Uno degli errori più comuni di finanza comportamentale compiuti dai risparmiatori è quello dell’avversione verso le perdite. “Una delle grandi scoperte scientifiche dei lavori di Kahneman (premio Nobel per l’Economia nel 2002) e Tversky è che le perdite contano più dei guadagni nella mente degli investitori. Insomma soffriamo per una perdita più di quanto riusciamo a gioire per un guadagno equivalente – spiega Legrenzi – Da qui deriva l’effetto dotazione: una cosa ci fa soffrire quando la perdiamo rispetto al piacere di quando l’abbiamo acquisita.
Se io ho le Generali in portafoglio o un qualsiasi titolo o fondo da investitore razionale non dovrei preoccuparmi del prezzo di carico ma dovrei ragionare sulle prospettive future della società e decidere in base a queste. Eppure la maggior parte dei risparmiatori resta vittima di questa illusione mentale e si lascia influenzare dal passato e così ciascun risparmiatore che ha le Generali pensa che le proprie siano diverse da quelle degli altri risparmiatori che le hanno acquistate a prezzi differenti.
E’ uno dei più forti vincoli emotivi e cognitivi ed è evidente dal punto di vista razionale l’assurdità visto che non possiamo modificare il passato e far tornare i titoli ai prezzi di carico”.
E nella finanza comportamentale si parla in proposito anche di “effetto disposizione”: non si è disposti a vendere un asset deprezzato per la propensione a rimandare la “monetizzazione” della perdita, comportamento che di fatto concorre ad innalzare inconsapevolmente la propensione al rischio. Dunque, le perdite pesano il doppio dei guadagni nella finanza comportamentale e negli investimenti.
finanza comportamentale: la grande lezione
Le trappole della mente fra i risparmiatori e i loro soldi possono coinvolgere in positivo o in negativo anche chi si trova in mezzo come consulente o promotore finanziario. E sul campo Legrenzi, grazie alla sua esperienza e al Laboratorio di Economia Sperimentale Swiss & Global – Ca’ Foscari che gli ha permesso di incontrare direttamente solo nell’ultimo anno 1.600 tra promotori e consulenti finanziari e 500 investitori finali, si è fatto un’idea che può sembrare provocatoria.
“Il consulente finanziario non vuole scontentare il suo cliente ma si trova spesso come fra Scilla e Cariddi, dilaniato fra il bene del cliente e il bene del portafoglio. E’ questo spesso il vero conflitto d’interesse.
E questo accade perché il cliente sovente non sa qual è il bene del suo portafoglio! Per questo penso che se il portafoglio potesse scegliere si farebbe probabilmente gestire direttamente dal consulente finanziario e non dal suo proprietario”.
E per spiegare questa teoria snocciola un caso pratico che merita qualche riflessione: “Immagini che un cliente le affidi da gestire 500.000 euro. Lei giustamente diversifica i suoi risparmi. Dopo un anno fra gli investimenti effettuati alcuni sono andati molto bene, altri nella media, altri sotto la media. Come mai le dirà il cliente non mi ha fatto acquistare solo i titoli che sono saliti di più?” chiede provocatoriamente Legrenzi. In effetti è un “classico”: succede proprio così.
Il rimpianto insomma non funziona bene quando si applica alle scelte d’investimento.
La trappola della diversificazione, un caso concreto di finanza comportamentale
Insomma il concetto della diversificazione non è qualcosa che può entrare facilmente nella testa di molti risparmiatori ed è qualcosa di contro-intuitivo.
“Il ragionamento fatto è corretto in molti ambiti – spiega Legrenzi – perché se lei è un appassionato ed esperto di buona cucina e io le chiedo in quale ristorante andare a mangiare lei non mi consiglia di provare nella stessa sera ad andare in 10 locali diversi e vedere se nella media mangia qualcosa di buono! Ma nei mercati finanziari non funziona così. Nessun esperto è in grado di predire esattamente il futuro”.
Meglio quindi fidarsi di chi non si atteggia a guru (quelli che a parole sanno sempre quello che accadrà sui mercati) e chi ci consiglia di diversificare non lasciandoci in balia delle emozioni ma opera o suggerisce in base a una strategia. Razionale e misurabile nel tempo. E non in pieno conflitto d’interesse, possibilmente.
Questo esempio sulla diversificazione lo trovo geniale e ti posso assicurare che funziona proprio così e di quante volte mi sono sentito dire: “ma perché di questo titolo che è salito il 70% non ne abbiamo acquistato di più rispetto a quello che mi hai fatto vendere in perdita del 5%”!
Oppure “perché questo titolo su cui guadagniamo il 20% non lo vendiamo e portiamo a casa il profitto mentre invece quell’altro che è in perdita invece che venderlo non ne compriamo ancora così facciamo media”?
Sono alcune delle trappole che ci gioca la nostra mente e molti risparmiatori su queste trappole ci si giocano anche il proprio patrimonio. E i trabocchetti non riguardano certo solo le azioni ma anche le obbligazioni, gli strumenti del mercato monetario o le polizze assicurative.
ecco alcuni consigli per evitare di investire come un idiota
Gli esperti di finanza comportamentale chiamano queste trappole “illusioni cognitive” e fra queste alcune delle conseguenze più comuni sono per esempio:
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- Rifiutarsi di chiudere una posizione in perdita, anche rendendosi conto che questo può portare ad ulteriori perdite senza avere così mai una via d’uscita;
- “Bloccarsi” in un’opinione o convinzione sulla direzione del mercato o di un titolo del tipo “ora andrà solo su oppure solo giù”. Da un punto di vista psicologico, ciò equivale a tentare di controllare il mercato con le proprie aspettative, del tipo “Io ho ragione, il mercato sta sbagliando tendenza” e questa volontà di incaponirsi può costare molto cara perché come diceva un grande economista come J.M. Keynes “I mercati possono rimanere irrazionali più a lungo di quanto voi possiate rimanere solventi“;
- Volersi “vendicare” contro il mercato dopo aver subito una perdita, imbastendo operazioni sempre più ardite per cercare di recuperare immediatamente l'”onta” subita;
- Vendere i titoli troppo presto o troppo tardi per effetto del trattare non con par condicio i guadagni e le perdite. Con il risultato di vendere troppo presto i titoli in attivo comportandosi all’opposto sui titoli su cui si è in perdita che così si tendono a tenere troppo a lungo in portafoglio con la speranza di recuperare le perdite
Errori di finanza comportamentale: ulteriori consigli per gli investimenti
Ecco ulteriori trappole comportamentali, riconosciute dagli esperti di finanza comportamentale, da aggiungere alle precedenti:
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- Essere eccessivamente euforici o depressi con risultati catastrofici in tutti e due i casi perché una persona euforica può risultare eccessivamente propensa al rischio mentre una persona tendenzialmente depressa potrebbe sovrappesare i rischi e investire alla fine in modo distorto i propri risparmi;
- Avere una paralizzante paura del nuovo e assecondare la forte tendenza tutta umana di mantenere lo status quo. E così anche se insoddisfatti della banca o promotore che ci seguono la pigrizia e l’ansia del nuovo tendono a non farci prendere nessuna decisione o affrontare un qualsiasi cambiamento confidando in qualche “miracolo” e che tutto si aggiusti da solo;
- Investire col senno di poi e pensare che quanto è accaduto in passato nei mercati finanziari si ripresenterà tale e quale anche nel futuro. Peccato che quando si investe non vada quasi mai a finire come ipotizzato e come nel gioco del Monopoli esistono le carte “imprevisti” e “probabilità”. Occorre quindi diffidare sempre, anche di se stessi, quando ci viene la tentazione di affermare che era ovvio che i mercati salissero o scendessero oppure che quel titolo sarebbe solo salito;
- Farsi prendere dalla frenesia dal compra-vendi (un fenomeno ben conosciuto nell’ambito del trading online e del Forex) che alla fine rende sicuramente ricchi gli intermediari ma poveri in canna i trader e i risparmiatori colti da questo iper attivismo che può avere anche risvolti clinici nei casi più gravi.
Le trappole mentali quando si investe secondo la finanza comportamentale
Eppure ci sono ancora tanti risparmiatori che credono ai guru e non vogliono credere a chi gli prospetta soluzioni facili del tipo “metti i tuoi soldi qui e vedrai che guadagnerai con sicurezza”! E naturalmente buona parte dell’industria finanziaria conosce i suoi “polli” e spara nonostante tutto (ovvero omettendo di dire che nella maggior parte dei casi queste previsioni non si realizzano) report e previsioni perché in questo modo fornisce l’immagine di sapere tutto quello che accade, comunica un falso senso di sicurezza e trasmette così l’idea che delegargli la gestione del proprio denaro sia la soluzione più razionale.
Perché se sono numerose le trappole mentali in cui cadiamo come investitori queste possono essere usate anche contro di noi (si pensi a tutto il marketing finanziario costruito sui prodotti con cedola o dove si usano come specchietto per le allodole le parole “garantito” o “assicurato”).
Francamente quando ho iniziato a investire in Borsa e poi a fare questo mestiere non sapevo di essere “malato” ma dopo aver collezionato diverse perdite anche sonore in base a ragionamenti che mi sembravano… razionali ho capito che c’era qualcosa di sbagliato e dovevo cambiare registro.
“Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettare risultati diversi” diceva Albert Einstein
Potevo ostinarmi a investire nella “vecchia maniera” e ritenere che il mercato dovesse andare nella direzione che io prevedevo (ritenendo per esempio che un titolo o un mercato da me individuato come ‘sottovalutato’ non poteva fare altro che salire) oppure cercare di adeguarmi, utilizzando un approccio completamente differente e basato su regole precise di entrata e uscita e dove non contassero le sensazioni ma le probabilità. Smettere di fare il piccolo o grande guru, insomma.
E così ho fatto. Iniziando da allora a guadagnare veramente sui mercati e trasformando nel tempo questa mia passione pure in un lavoro.
gli investitori e il rischio di overconfidence
Sono numerose le trappole ma le parole del professor Legrenzi ci indicano anche dei possibili rimedi perché una volta conosciuta la “malattia” è più facile trovare una terapia.
Perché come ci insegna la finanza comportamentale il più comune fra i vizi capitali degli investitori (dai quali sarebbe bene non cadere in tentazione) è l’overconfidence ovvero l’eccessiva fiducia in se stessi, ovvero pensare di possedere più informazioni della media. Insomma pensare di saperne più degli altri.
E nell’attuale società dell’informazione dove siamo bombardati da notizie e consigli di ogni tipo anche e soprattutto nel mondo finanziario soffrire di “overconfidence” è quasi la regola: ci viene fornita una giustificazione a tutto e crediamo spesso di avere l’illusione del controllo. Ovvero avere un controllo personale sugli eventi che va ben al di là del reale.
E’ l’eccessiva sicurezza che spesso ci induce a un’eccessiva movimentazione o a prendere decisioni avventate. Ma attenzione. Nella vita avere un overconfidence elevato, ovvero avere molta fiducia in se stessi, è qualcosa di positivo e sano. E’ qualcosa che dà sicurezza e imprenditorialità. “Ma quando si parla di soldi tutta questa sicurezza può ritorcersi contro – spiega lo psicologo cognitivista – Stimare cosa faranno i mercati finanziari da qui a fine anno o quale sarà il valore dell’euro può portare a prendere grosse cantonate anche perché nessuno sa quello che potrebbe esattamente accadere. Insomma l’overconfidence è qualcosa di sano per noi esseri umani tranne che nelle scelte finanziarie”.
Come rimediare a queste trappole della nostre mente? Come porre un freno alle “emozioni” cattive che ci fanno commettere molti errori quando investiamo e che sono in grado di annullare anche i migliori consigli?
I bias cognitivi nella finanza comportamentale
Oggigiorno, più che di trappole mentali della finanza comportamentale, si parla di “bias cognitivi”. Questi sono pattern di pensiero distorti che possono influenzare le decisioni finanziarie degli investitori.
Abbiamo già analizzato prima il bias dell’avversione alle perdite e quello dell’overconfidence, definendoli come errori o vizi tipici di finanza comportamentale. Tuttavia, è opportuno citarne ulteriori esempi di bias cognitivi per sottolineare l’importanza di comprendere e gestire questi fenomeni, per essere investitori più consapevoli e informati.
Un esempio classico è il “bias di conferma”, dove gli individui cercano o interpretano le informazioni in modo da conformarsi alle loro convinzioni preesistenti, trascurando segnali contrari. Altrettanto significativo è il bias da ripetizione, che emerge quando si attribuisce maggiore credibilità alle informazioni ripetute frequentemente.
Il “bias dell’ancoraggio” rappresenta un altro bias importante da considerare, poiché gli individui possono essere influenzati eccessivamente da valori di riferimento arbitrari, come il prezzo di acquisto di un’azione.
E ultimo, ma non per importanza, è il bias dell’effetto gregge, o effetto di gruppo, emerso per la prima volta in uno studio del 1971 condotto dallo psicologo Irving Janis. Questo bias si verifica quando si dà maggiore fiducia al giudizio della maggioranza o del gruppo circostante rispetto al proprio, poiché ogni individuo tende a conformarsi all’opinione percepita come consensuale.
Comprendere e gestire questi bias di finanza comportamentale diventa fondamentale per affrontare il complesso mondo della finanza in modo più consapevole ed equilibrato.
finanza comportamentale: la gestione dei risparmi
Robert Deel, un trader americano di successo fondatore di Tradingschool.com ha provato a disegnare l’equazione del successo:
Autodisciplina + conoscenza + esperienza + abilità = successo + profitti.
Ed essere disciplinati e muoversi non in base alle emozioni e all’istinto (che spesso quando si investe ci fa commettere errori) è la piccola ma grande verità condivisa non solo dagli psicologi e studiosi della finanza comportamentale ma anche dai più grandi trader.
Per questo motivo in SoldiExpert abbiamo sposato un approccio non discrezionale e per ovviare alle trappole più comuni commesse da tutti gli investitori la strada più corretta è quella, secondo noi, di muoversi secondo una strategia completamente programmata sin dall’inizio, capace di adattarsi ai differenti scenari del mercato.
Indipendentemente se seguirete nel tempo le nostre strategie o se invece troverete una vostra strada alternativa avere una DISCIPLINA è fondamentale. E combattere prima di tutto i demoni della nostra mente, poi quelli del mercato.
Pensate a Benjamin Graham, economista considerato il padre del “value investing” e mentore di Warren Buffett, che affermava già negli anni ’50: “Il maggior problema nonchè il peggior nemico di ogni investitore è se stesso”. Ancora non era nata la finanza comportamentale e già aveva centrato un punto fondamentale su cui prima o poi ciascun investitore consapevole si trova a fare i conti.
l’importanza di avere una strategia quando si investe
“La differenza tra il successo e il fallimento nell’arte di investire con successo è la stessa che c’è tra un uomo che conosce e segue delle regole ben precise e gli uomini che tentano di indovinare. Il trading non ha nulla a che vedere con la sorte e la cabala. Il successo è legato al disciplinato rispetto delle regole e di una strategia d’investimento, in altre parole è legato al metodo…
L’unica via per governare le nostre decisioni è eliminare le emozioni o ridurne l’impatto per quanto è possibile. Dobbiamo allora formarci una DISCIPLINA ovvero la capacità di rispettare le regole, quelle regole dal cui rispetto dipendono appunto le nostre performance di traders. Prima di prendere posizione sul mercato è indispensabile stabilire con precisione a che prezzo vogliamo comprare, a che prezzo vogliamo vendere e quindi quanto vogliamo guadagnare e quanto siamo disposti a perdere se abbiamo preso la decisione sbagliata.
Sul mercato vincono coloro che hanno un trading regolato da una ferma disciplina e perdono quelli che si lasciano prendere dall’euforia nei momenti di guadagno o dal panico nei momenti di perdita”.
Queste parole le hanno scritte Gian Paolo Bazzani, amministratore di Saxo Bank Italia e Dimitri Stagnitto, psicologo e appassionato di trader e le condivido al 100%.
Avere una strategia (possibilmente stabilita a priori e non condizionata quindi dall’emotività) è perciò importante e questo spiega il successo crescente nel mondo degli investimenti dei trading system ovvero software che in base all’andamento dei prezzi o di altre variabili segnalano le condizioni più opportune per acquistare o vendere.
i consigli dell’esperto di finanza comportamentale
Il cervello dell’investitore non cade solo vittima dell’euforia o della depressione ma anche dell’immobilismo. Soprattutto quando l’investimento riguarda grandi cifre (sia in assoluto sia in relazione al patrimonio personale). Come rimanere in questi casi razionali e non farsi giocare brutti scherzi dal cervello?
Secondo il professor Legrenzi è importante in questi casi farsi aiutare da un esperto. Che è colui che ti sa far vedere le cose con occhi anche differenti. “Il cervello tira brutti scherzi e i peggiori vengono dal proprio. Certo a forza di prendere ‘bidonate’ si può imparare ma una scorciatoia può essere quella di chiedere aiuto a chi ha più esperienza nell’aiutarci a decidere per il meglio per il nostro patrimonio”.
Paura e avidità, depressione o euforia sono sentimenti di finanza comportamentale che sempre sono esistiti e sempre esisteranno: fanno parte della mentalità umana quando si trova a “scommettere” sui mercati finanziari.
Ma il modo giusto per affrontare questi sentimenti che ci possono giocare pesantemente contro quando investiamo è ricorrere prima di tutto all’esperto che ci è più vicino e farlo ragionare.
Consigli razionali e personalizzati
Chi fa il nostro mestiere o opera nella consulenza finanziaria indipendente e non fornisce consigli in libertà può essere un alleato importante per chi vuole operare con la testa, mettendo un freno agli “spiriti animali”. E cerca soluzioni razionali, collaudate e non basate sull’emotività.
Da molti anni il mio mestiere è aiutare gli investitori piccoli o grandi a far fruttare i propri risparmi con consigli calibrati per ciascuno su quali azioni, obbligazioni, fondi o Etf acquistare o vendere. Non consigli generici o in libertà come tanti che fanno questo mestiere ma precisi segnali di acquisto e di vendita in base all’andamento dei mercati poichè credo fortemente che o si è flessibili o si è sbranati da questi mercati. Per questo ho realizzato ha realizzato un ebook scaricabile gratuitamente che illustra gli sbagli e le convinzioni errate di chi si avvicina alla borsa senza la necessaria preparazione, aiutando a evitare di caderne vittima e a migliorare la gestione degli investimenti. Si chiama “I 15 temibili errori che ti impediscono di guadagnare in Borsa“.