Investire in criptovalute: la bolla del secolo?

Il Bitcoin continua la sua ascesa in Borsa e diffusione come moneta di pagamento. Le criptovalute sono una bolla o un investimento da non perdere?

MoneyReport, il blog di SoldiExpert SCF

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Sempre più persone ne parlano: le monete digitali come i Bitcoin, nate come fenomeno “underground”, stanno sempre più diventando “mainstream”. Investire in criptovalute conviene o è la bolla del secolo?

Le criptovalue dovevano fare la “guerra” al sistema della finanza tradizionale, ma a vedere quello che sta succedendo a Wall Street, Chicago (dove ha sede la più grande borsa di trading di strumenti derivati del mondo che ha annunciato l’intenzione di quotarne i future) e dintorni le criptovalute si candidano a diventare da fenomeno cyberpunk a roba che verrà venduta in banca per “diversificare” anche alla nostra mamma. 

Ma sono anche la nuova frontiera di tantissime truffe o promesse di guadagni facili che i professionisti delle vendite piramidali e della fiera delle illusioni sono pronti a cavalcare nei modi più fantasiosi.

 

l’ascesa delle criptovalute

 

Il mercato delle criptovalute (non solo Bitcoin ma anche  Ethereum, Ripple, Dash, Litecoin, Iota e centinaia di altre valute virtuali nate sulla scia del successo della prima valuta digitale) cresce quasi senza soste. Almeno dal punto di vista speculativo a vederne l’ascesa stellare dei prezzi. Per quattro anni consecutivi dal 2010 al 2013 non c’è nessuna “valuta” che si è apprezzata più del Bitcoin: per chi ha deciso di investire in criptovalute quattro anni d’oro più due il 2015, 2017 e 2017.

Nel 2015 la criptovaluta  n.1 (il Bitcoin) straccia tutte le altre come apprezzamento e si aggiudica un’altra medaglia d’oro. Nel 2016 il Bitcoin ha messo a segno un rialzo del +126% che ha fatto impallidire l’apprezzamento del real brasiliano (+21,9%), del rublo russo (+17,8%), del dollaro canadese (+3%) e dello yen (+2,8%).

La corsa del Bitcoin sembra inarrestabile anche quest’anno grazie a una performance del + 1060% (mentre scriviamo alle 17,49 del 29 novembre 2017 con il prezzo del Bitcoin a 11.171 dollari), anche se si sono viste cadute a piu’ riprese anche del 20% delle quotazioni nel giro di poche sedute.

In Borsa (o per meglio dire negli exchange) va alla grande, diversi negozi nel mondo accettano di essere pagati in Bitcoin e quindi, si chiedono molti investitori, se abbia senso puntare il 5-10% del capitale per investire sulle criptovalute. Intanto iniziamo a capire di cosa stiamo parlando prima di “giocarvi” (e se siete disposti anche a perdere tutto) un decimo o un ventesimo del nostro patrimonio.

 

Genesi di una criptovaluta

Con il termine criptovaluta si intende una valuta digitale, non legata come le monete tradizionali a qualcosa di fisico come cartamoneta, oro o metalli, quindi “virtuale” e la cui esistenza è definita da un algoritmo matematico.

Non vi è una banca centrale o una Zecca che batte moneta o la emette, ma il potere di “signoraggio”, se volessimo utilizzare questa metafora, appartiene teoricamente a tutti (“il popolo del web”) a determinate condizioni.

Secondo gli ideatori del sistema Bitcoin e poi delle successive criptovalute o criptomonete proprio l’assenza di una banca centrale e del sistema finanziario è da considerare fra i punti di forza di investire in criptovalute. Un progetto nato dall’incontro di informatici di cui molti simpatizzanti del movimento cyberpunk e contestatori dell’attuale sistema capitalistico e finanziario basato sulle banche.

 

Il Bitcoin e i suoi fratelli

Una criptovaluta è una moneta virtuale generata attraverso un algoritmo.

La rete Bitcoin crea e distribuisce in maniera completamente casuale un certo ammontare di monete all’incirca sei volte l’ora ai client che prendono parte alla rete in modo attivo, ovvero che contribuiscono tramite la propria potenza di calcolo (molto energivora) alla gestione e alla sicurezza della rete stessa.

A mio figlio Federico di 9 anni ho spiegato che questo procedimento assomiglia un po’ a quello che accade nel libro/film “La fabbrica di cioccolato” dove solo i cinque bambini che troveranno all’interno di una tavoletta di cioccolato “Willy Wonka” un talloncino d’oro saranno ammessi alla visita della fabbrica delle meraviglie.

 

Produrre bitcoin è come lavorare in miniera digitale

Per produrre Bitcoin (il procedimento di “mining”) è necessario quindi disporre del software e dell’hardware necessario per poter processare milioni di dati e l’ottenimento di Bitcoin è una sorta di premio che viene assegnato a chi partecipa con successo alla gestione dell’infrastruttura digitale, la cosiddetta blockchain, e ne risolve per primo la convalida di un “blocco”.

Un sistema di verifica aperto  che non ha bisogno del benestare delle banche e di un’autorità centrale per effettuare una transazione è considerato un vantaggio per chi decide di investire in criptovalute.

Blockchain è quindi il protocollo di comunicazione che consente la creazione del bitcoin e ne è la prima e più importante implementazione.

 

In finanza sono tutti ladri? In finanza sono tutti ladri?

 

Bitcoin e blockchain non sono la stessa cosa ed esisteranno sempre più implementazioni in capo alla blockchain non correlate ai Bitcoin. Dai contratti smart al mondo assicurativo e bancario, dai pagamenti digitali al registro delle transazioni notarili e della pubblica amministrazione. Le possibili applicazioni della blockchain sono pressochè infinite e in tutto il mondo delle start up, ma anche delle imprese e attività tradizionali, si stanno sviluppando sempre più progetti per sfruttare questa tecnologia digitale.

Comprese le banche che dal Bitcoin secondo i progetti originari dovevano essere estromesse e sconfitte e oggi invece sempre più (fra quelle che più investono in ricerca & sviluppo) studiano e investono sulla tecnologia blockchain perché sempre più convinte che questo protocollo potrà rivoluzionare molti settori.

Nella blockchain sono registrate tutte le transizioni fatte in Bitcoin dalla prima volta che è stato utilizzato (2009) ad oggi. Un libro contabile aperto e controllabile da tutti la cui copia viene condivisa tra tutti gli utenti Bitcoin.  E questo spiega un altro dei motivi del successo dell’infrastruttura che c’è dietro il Bitcoin ovvero la blockchain: l’impossibilità di hackerare o manipolare i registri della blochchain su cui sono registrate le transizioni fatte in bitcoin è un punto di forza per chi sceglie di investire in criptovalute. Non esiste un luogo fisico e nemmeno unico dove sono registrate tutte le transazioni, ma queste una volta convalidate vengono propagate a tutti gli aderenti.

 

Tutti pazzi per il bitcoin

Ci sono in pratica tre modi per entrare in possesso di un Bitcoin:

1)        produrli con il “mining” che è come tentare di aprire una cassaforte tentando diversi miliardi di combinazioni possibili utilizzando software e hardware propri o partecipando a “mining pool” ovvero gruppi di migliaia di “bitcoin miners” al lavoro su piattaforme di calcolo distribuito;

2)        L’altro modo per entrare nel “Monopoli” delle monete virtuali è quello di acquistarle da chi le negozia attraverso apposite piattaforme. E’ il lato che maggiormente interessa un sempre più elevato numero di persone attratte dalle possibilità di guadagnare forti cifre da questa attività. Per investire in criptovalute le acquistano e le rivendono attraverso piattaforme di trading (exchange) come se si trattasse di una valuta o di un’azione a fini speculativi;

3)        accettarli come mezzo di pagamento tramite il commercio ovvero vendendo prodotti o servizi e accettando come moneta di pagamento i bitcoin;

Minare Bitcoin significa utilizzare software e hardware (esistono anche società che affittano i loro server in “clouding” per questa produzione) per cercare di “vincere” i Bitcoin risolvendo problemi di calcolo complessi che hanno anche il compito di validare le transazioni effettuate. E’ una strada oggi sconsigliata da molti perché anti-economica poiché l’algoritmo alla base del Bitcoin accresce la complessità dei rebus che le macchine devono risolvere (l’algoritmo si autocalibra per assegnare un Bitcoin ogni 10 minuti) man mano che maggiori valute digitali arrivano sul mercato, mentre si fa forte la competizione di chi si cimenta in questo settore dove si possono celare naturalmente anche vari tipi di truffe.

Il Bitcoin è una truffa?

Secondo uno che di truffe se ne intende, il “Lupo di Wall Street” Jordan Belfort portato, magistralmente sugli schermi da Leonardo di Caprio, investire in criptovalute come il Bitcoin “E’ la più grande truffa di sempre, che esploderà in faccia alla gente”.

Il valore del bitcoin al 31 dicembre 2016 era di 968 dollari per unità mentre quando scriviamo è di oltre 11.000 dollari dopo essere oscillato tra settembre e ottobre da 5000 a 2800 dollari.

Più cresce il valore del bitcoin, più le persone tendono ad avvicinarsi alla criptomoneta e come in una sorta di catena di Sant’Antonio diventa sempre più elevato il numero di persone che ne sono attratte e fanno salire la domanda e il prezzo.

 

E’ passata alla storia la vicenda di un programmatore di nome Laszlo Hanyecz che 7 anni fa speso 10.000 Bitcoin comprando due pizze della catena Papa John quando valevano pochi centesimi di dollaro. Oggi il loro valore sul mercato sarebbe di oltre un centinaio di milioni di dollari.

Il Bitcoin, come del resto anche le monete tradizionali seppure non in questa misura così amplificata, è estremamente suscettibile di variazioni. Non avendo una sorta di Banca Centrale o Autorità di Controllo a cui affidarsi, il Bitcoin ha nella volatilità il suo punto debole, ma anche di forza per chi ama investire in criptovalute ricercando un investimento speculativo.

 

L’ascesa e la caduta di Mt.Gox

Già alla fine del 2013 il valore del Bitcoin è salito di dieci volte in due mesi portandosi sopra i 1.150 dollari, ma poi un clamoroso episodio di presunto hackeraggio sulla piattaforma Mt. Gox, il più popolare servizio di wallet e exchange della moneta digitale al tempo, ne aveva fatto precipitare la quotazione sotto i 400 dollari in poche settimane. Investire in criptovalute espone a attacchi informatici: gli hacker più volte sono riusciti a rubare bitcoin contenuti nelle piattaforme di scambio.

Mt. Gox nel 2014 era fra le piattaforme di scambio più utilizzate di Bitcoin. Chi acquista Bitcoin non può possederli fisicamente e li detiene tramite “wallet” (portafogli) creati su servizi online che possono offrire anche un servizio di transazione e un servizio di exchange. In questo caso accadde che in circostanze ancora non chiarite oggi dalla giustizia giapponese dove questa piattaforma era basata il più popolare cambiavalute (exchange) della moneta digitale andò in bancarotta e chi aveva i propri Bitcoin depositati li vide sparire.

Mt. Gox era infatti uno dei maggiori “cambiavalute” e faceva anche da banca per gli utenti, conservando digitalmente i loro depositi. I Bitcoin si possono, infatti, custodire, a livello personale, in due forme diverse: su uno dei tanti exchange online o su un borsellino digitale salvato sul proprio pc.

Chi li aveva acquistati e depositati sulla piattaforma Mt. Gox da un giorno all’altro li vide sparire e la società giapponese al tempo accusò di essere stata oggetto di un attacco di hacker che avevano rubato digitalmente buona parte del “magazzino” per un valore di 450 milioni di dollari Usa dell’epoca. Nessuna tutela naturalmente per i possessori di Bitcoin spariti: ecco uno dei rischi numero 1 di investire in criptovalute.

Utenti disperati anche perché poi hanno visto moltiplicare  il valore e diversamente dal fallimento di una banca tradizionale non esiste alcuna copertura per i depositanti o possessori di Bitcoin. E qualcosa di simile è accaduto una settimana fa con un’altra criptovaluta dove in una notte sono stati derubati 31 milioni di controvalore in dollari Usa da un “wallet” (portafoglio) digitale.

 

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Un incidente di percorso nella storia quello di Mt. Gox del Bitcoin e uno dei primi forti segnali che il mondo delle valute digitali non è solo il Paese delle Meraviglie o quello del Bengodi.

La rete Bitcoin consente, infatti, il possesso e il trasferimento teoricamente “anonimo”  delle monete; i Bitcoin possono essere trasferiti irrevesibilmente attraverso Internet verso chiunque disponga di un “indirizzo Bitcoin” e chiunque può vendere, acquistare o accettare Bitcoin ovunque si trovi senza bisogno di banche o gestori di pagamenti intermedi.

Teoricamente è possibile acquistare tutto tramite Bitcoin e non solo nel mondo digitale. Dalle pizze agli immobili. Ma anche armi e droghe è stato documentato come succede d’altra parte anche con le valute tradizionali seppure in modo meno opaco.

 

La spesa? Con il Bitcoin non puoi sempre farla

La terza forma per ottenere Bitcoin (anche se paradossalmente è quella meno frequente seppure è quella per cui era nato il processo di creazione delle criptovalute) è quella del commercio vero e proprio ovvero chi accetta i Bitcoin come mezzo di pagamento.

Il 3 gennaio 2009 vengono emessi i primi Bitcoin e avviene la prima transazione nella criptovaluta. Da allora sempre più attività online (e non solo) hanno iniziato ad accettare il Bitcoin come mezzo di pagamento seppure quello che doveva essere il principale utilizzo per cui è nata questa moneta elettronica non si può dire che ha sfondato da questo punto di vista. La maggior parte degli scambi avviene per motivi speculativi e il numero degli esercizi commerciali o siti che li accetta è bassissimo. Se avete un’attività commerciale e fate un comunicato dove annunciate che da ora in poi accettate che i vostri clienti vi potranno pagare in Bitcoin avete ottime probabilità che la stampa (e non solo del settore) parli di voi.

 

Bitcoin: bolla o non bolla?

Risale al seicento il primo grande crack finanziario della storia in cui migliaia di investitori speculando sui bulbi di tulipano nel 1636 e 1637 in Olanda ne videro il prezzo aumentare di 200 volte, salvo poi assistere impotenti in pochi giorni del 1637 al crollo repentino.

Quando senza una ragione apparente improvvisamente il pallino del mercato passo dagli acquirenti ai venditori. Fino ad allora molti speculatori avevano costruito fortune eccezionali a spese dell’avidità altrui grazie a quella che divenne all’epoca una vera e propria mania di massa. Le vendite iniziali generarono dapprima nervosismo, poi timore e infine panico e quando la bolla scoppiò i prezzi crollarono di oltre il 90%, portando anche al fallimento un gran numero di persone che si erano pure indebitate per inseguire questo sogno di ricchezza. Allora gli speculatori dei bulbi erano convinti che la passione per questo fiore sarebbe durata per sempre e ogni mercante o cittadino avrebbe voluto possedere tulipani a qualsiasi prezzo.

Una storia che ancora oggi ci dice molto su come crescono e scoppiano le bolle speculative (il prezzo di un bulbo di tulipano arrivò all’equivalente del prezzo di un lussuoso appartamento al centro di Amsterdam ) e che più di qualche economista e banchiere ha iniziato ad accostare all’ascesa del prezzo delle criptovalute come il Bitcoin, la moneta digitale più famosa.

C’è qualche fondamento?

Shiller: il Bitcoin è una bolla

In un’intervista a Milano Finanza, il Professor Robert Shiller, premio Nobel e docente alla prestigiosa università di Yale, autore di “Esuberanza Irrazionale” libro uscito nel 2000 in cui si pronosticava lo scoppio della bolla della new economy (cosa che poi in effetti avvenne), sul Bitcoin ha le idee piuttosto chiare

“In questa fase il Bitcoin è il migliore esempio di bolla per l’entusiasmo che suscita. La gente adora la narrativa sottostante…il punto è che si tratta di una storia immaginaria che va ad alimentare la frenesia delle persone. Tuttavia qualche elemento reale c’è. La tecnologia sottostante…al momento però resta solo una storia e dunque una bolla”.

Conclusioni

Quale sarà il destino futuro del bitcoin e delle altre criptovalute è impossibile da decrittare soprattutto sul fronte dell’andamento dei prezzi e dal punto di vista speculativo di chi si interroga dove arriveranno i prezzi di queste monete. E ci si domanda quando si parla di investire nelle criptovalute se siamo di fronte a un’opportunità di guadagno colossale o piuttosto a una sorta di vera e propria bolla speculativa 3.0 dopo quella dei titoli della new economy del 1999.

Come ben insegna la storia della bolla dei tulipani in Olanda anche se si è dei fan del sistema delle blockchain, o si crede che ci sia un futuro per le monete elettroniche, esistono indubbiamente sempre più rischi e non solo opportunità.

Lo studio della finanza comportamentale insegna che Paura ed Avidità sono i due sentimenti che guidano le scelte estreme di molti investitori e la psicologia delle emozioni supera le valutazioni dettate solo dalla razionalità.

E questo riguarda sia i “vecchi” che i “nuovi” investimenti e chi desidera investire nelle criptovalute dovrebbe sicuramente prima di tutto conoscere in cosa investe e darsi delle regole altrimenti il rischio di essere “tosato” diventa sempre più elevato.

E in diverse stangate finanziarie che sono emerse negli ultimi anni e mesi e che offrivano come specchietto per le allodole vere o presunte criptovalute non a caso i risparmiatori italiani si sono purtroppo distinti per l’alto numero di creduloni.

“Non compro mai un titolo che non sono sicuro di capire” recita un saggio detto di Warren Buffett, uno degli investitori più ricchi del mondo.

I mari anche della finanza digitale sono sempre più popolati di squali e trappole come insegnano le sempre più numerose frodi finanziarie che si moltiplicano intorno al mondo delle criptovalute in tutto il mondo.

Investire in criptovalute presenta molti rischi perchè sono fuori da una regolamentazione chiara dal punto di vista legale e fiscale e questo consente lo sviluppo di un vero Far West popolato anche da iniziative e personaggi di tipo banditesco protetti dall’anonimato sul web.

Il pubblico a cui ci può rivolgere per investire in criptovalute è poi infinito e questo secondo i sostenitori del rialzo a razzo del bitcoin e delle criptovalute offre la possibilità di salite dei prezzi ancora impressionanti poiché c’è un mercato enorme da “servire” (spesso composto anche da persone con bassissima educazione finanziaria) per vendere o realizzare questo “sogno” digitale.

Chi investe può conseguire ingenti guadagni o prendere  sonore bastonate finanziarie.

Nessuna autorità di vigilanza (in Italia la Consob) e nel mondo controlla chi offre la possibilità di investire in criptovalute, infatti, la correttezza della procedura di acquisto e la solidità dell’azienda che vuole reperire capitali e quindi siamo in un terreno caratterizzato dalla più totale mancanza di regole e di trasparenza.

Va anche detto che il sistema finanziario e bancario ha un atteggiamento ambivalente nei confronti delle criptovalute e se il discorso della blockchain sembra conquistare sempre più fan anche all’interno di questo mondo e numerose società di venture capitale ci hanno investito (con capitali anche bancari) su bitcoin e dintorni la tentazione di cavalcare questa bolla o moda è forte.

Già sono scambiati in alcuni mercati finanziari regolamentati prodotti che hanno come sottostante il bitcoin e come scopo quello di permettere di investire in criptovalute. Diverse società da tempo hanno iniziato a richiedere di poter emettere anche fondi d’investimento (ETF) il cui sottostante siano per esempio Bitcoin e il CME (Chicago Mercantile Exchange) ma anche il Nasdaq stanno lavorando per quotare i future sui bitcoin. E questo evento potrebbe forse essere quello che potrebbe rappresentare (se la storia insegna..) il massimo della bolla speculativa quando anche il vostro vicino di casa vi dirà che tramite la sua banca di provincia ha acquistato un pacchetto di bitcoin per diversificare.

Se l’idea iniziale era quello di generare una quantità limitata e certa di bitcoin (e creare un circuito totalmente alternativo a quello della finanza ufficiale) quello che stiamo vedendo oggi è la finanziarizzazione più estrema. La moltiplicazione dell’offerta di strumenti finanziariper investire in criptovalute potrebbe esplodere ed essere una delle ragioni dello scoppio  della bolla.

L’effetto “scarsità” alla base del “Bitcoin Project” sta evidentemente andando a farsi benedire visto che con la nascita a breve del mercato dei derivati (già in realtà qualche certificato lo consente) sarà possibile andare anche short (ovvero vendere allo scoperto) quantità infinite di bitcoin e moltiplicare l’offerta.

Anche perchè dal punto di vista di “valuta alternativa” quello che doveva essere l’obiettivo originario della creazione del Bitcoin e poi delle altre criptovalute siamo ben lontani dall’utilizzo effettivo su larga scala, anzi.

Ben pochi commercianti o consumatori accetterebbero di essere pagati con una valuta che un giorno vale 10, un altro 7 e un altro 12…. Oggi i bitcoin come le altre criptovalute sono negoziati (al di fuori delle transazioni illegali) al 99% con un obiettivo evidente: rivenderli a un prezzo più alto. Investire in criptovalute è in questo momento un’operazione altamente speculativa. Chi lo fa sa (o dovrebbe sapere) che questo è il meccanismo tipico secondo la storia finanziaria delle bolle speculative e prima o poi (impossibile determinare il momento in cui la “festa” finisce) arriva lo scoppio della bolla e il crollo verticale.

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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Esperto di pianificazione finanziara e previdenziale

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