IBEX35

Indice azionario rappresentativo dell’andamento dei principali 35 titoli azionari quotati sui mercati borsistici spagnoli.

ICO

Acronimo di “Initial coin offering” (in italiano, letteralmente: Offerta di moneta iniziale) è un mezzo non regolamentato di crowdfunding (si veda nel Soldiario) nel settore finanziario. Una ICO è un’operazione attraverso cui una start-up fornisce delle criptomonete agli investitori, più comunemente conosciute come token, in ottica di investimento: è un caso abbastanza diverso dall’emissione di azioni, che avviene invece attraverso l’operazione di IPO. I token sono monete offerte durante un’ICO e possono essere considerate come equivalenti alle azioni acquistate nell’ambito di un’IPO. La grande maggioranza delle ICO emette gettoni in cambio di denaro reale (dollari, euro o altra valuta “tradizionale”), il che consente agli investitori di accedere alle funzionalità di un particolare progetto. Le ICO tendono a restare aperte per un periodo di poche settimane, fino al massimo un mese. La prima ICO avvenne nel 2013 per il lancio della criptovaluta Mastercoin: nel 2014 la criptovaluta Ethereum raccolse denaro allo stesso modo. Molte aziende e start-up hanno negli ultimi anni utilizzato le ICO per finanziare nuovi progetti (sostituendo i classici venture capital e il crowdfounding) promettendo una rivalutazione della loro nuova moneta nel futuro ma i rischi per l’investitore sono molto alti. A differenza di ciò che avviene nella similare IPO, l’acquisizione dei token non è regolamentata dal governo o da istituzioni come la CONSOB. Uno studio, pubblicato dalla società di consulenza Statis Group, ha rivelato che oltre l’80% delle Initial Coin Offering (ICO), condotte nel 2017, come controvalore, erano truffe.

Index

Un indice è un aggregato statistico che misura il cambiamento di un rapporto. Per esempio, l’indice ISTAT misura la variazione dei prezzi al consumo di un insieme di beni e servizi comunemente usati dalle famiglie. In finanza, di solito, quando di parla di indice si fa riferimento a misure di performance del mercato azionario. Per esempio, l’indice Ftse MIB è l’indice più rappresentativo della Borsa Italiana e riassume l’andamento delle 40 società più capitalizzate del listino) come variazione percentuale nel tempo. L’indice, in finanza, fa riferimento anche a misure di performance economica. Per esempio, nel caso delle banche, uno dei più importanti indici di solidità di un istituto è rappresentato dal Core Tier 1, il rapporto tra il patrimonio dell’istituto e gli impieghi che pone in relazione la tipica e maggiore fonte potenziale di rischi di perdita per la banca, gli impieghi appunto, con le risorse che sono a disposizione della banca stessa per fronteggiare le perdite.

Indici Fideuram

Gli Indici Fideuram dei Fondi Comuni sono stati istituiti nel dicembre 1983 in concomitanza con l’esordio sul mercato finanziario italiano dei fondi comuni di investimento mobiliare. Il calcolo viene effettuato giornalmente prendendo a riferimento il sistema di classificazione dei fondi adottato dall’Associazione di categoria Assogestioni (le categorie dei fondi sono pubblicate su “Il Sole 24 Ore”). Esistono infatti indici Fideuram per ciascuna delle categorie di fondi riconosciute, a cui si aggiunge l’indice generale che comprende tutte le categorie dei fondi di diritto italiano. Gli indici sono calcolati come media ponderata delle quotazioni giornaliere dei fondi rientranti in una data categoria o sottocategoria rapportate alla quotazione base e rappresentano quindi un’ottima pietra di paragone (benchmark) per valutare l’andamento medio ottenuto dai gestori dei fondi nei vari comparti azionari e obbligazionari.

INDICI MSCI

Morgan Stanley Capital International, controllata da Morgan Stanley, una delle più famose banche di affari statunitensi, è una società che dal 1970 realizza una serie di indici di carattere prevalentemente azionario, suddivisi in base a criteri geografici e settoriali. Ad oggi, MSCI ha elaborato 51 indici a carattere nazionale e 57 indici geografici aggregati, che si suddividono in indici rivolti ai mercati sviluppati (Europa, Usa, Pacifico), in Mercati Emergenti (EM) e tutti i Paesi (AC).

Inflazione

L’inflazione indica il fenomeno per il quale col passare del tempo i prezzi di acquisto dei prodotti e dei servizi tendono in genere ad aumentare. L’inflazione è quindi la velocità con cui i prezzi aumentano e il potere d’acquisto cala. Ecco perché, per esempio, qualcosa che costa $ 1 nel 1980 costa $ 2,37 nel 2005.

Information Ratio

Rapporto tra l’extra-rendimento di un portafoglio rispetto al benchmark e la sua tracking error volatility (la volatilità dei rendimenti differenziali del portafoglio rispetto ad un indice di riferimento o benchmark).

Insider Information

Le informazioni privilegiate si riferiscono a informazioni riservate su una società che non sono state divulgate pubblicamente.

Internal Dealing

Operazioni su strumenti finanziari di una società quotata o di sue controllate effettuate da persone che, all’interno della società emittente, dispongono di potere decisionale e/o di una conoscenza importante delle strategie aziendali.

Investment grade

Letteralmente “grado di investimento”, è una designazione di qualità attribuita dalle agenzie di rating alle obbligazioni che hanno un basso rischio di insolvenza dal punto di vista statistico. Le obbligazioni con questo rating di “investment grade” hanno una sorta di “bollino di sicurezza” che permette di inserirle in diversi strumenti destinati al pubblico risparmio (fondi, fondi pensione…). Un titolo che perde il grado di “investment grade” può avere brusche cadute di prezzo, perché scattano ordini automatici di vendita da parte degli investitori istituzionali, che non possono più tenere quel titolo in portafoglio. Va sempre ricordato che il rating attribuito è un giudizio discrezionale e non va preso come oro colato, ma piuttosto come una misura statistica su un ampio campione di titoli con simili caratteristiche. Nel 2008, molti investitori obbligazionari si trovarono con il cerino in mano per aver acquistato obbligazioni Lehman Brothers che figuravano nell’elenco dei titoli a basso rischio/ rendimento redatto dal consorzio bancario italiano a cui aderivano tutti i principali istituti bancari italiani denominato “Patti Chiari”. Il quale, nonostante la promessa al pubblico di monitorare costantemente la rischiosità dei titoli, non ha invece provveduto ad aggiornare la lista cagionando ingenti perdite agli investitori che in buona fede si erano fidati dell’iniziativa. In particolare, le obbligazioni Lehman Brothers hanno continuato a figurare nell’elenco di Patti Chiari con un rating A+ anche dopo il fallimento della banca statunitense, mandando definitivamente in frantumi, assieme ai risparmi di migliaia di italiani, anche la credibilità del consorzio.