Azimut e Mediolanum: investimenti cambiano, i costi restano

Un'analisi dal 2011 al 2024 sulle performance fee di Azimut e Mediolanum: investimenti e commissioni cambiano, ma i costi alti restano

Azimut e Mediolanum: investimenti che cambiano, costi che restano, facendo un confronto rispetto a 13 anni fa.

Nel 2011 due dei protagonisti del risparmio gestito in Italia, Mediolanum e Azimut, si distinguevano proprio per aver costruito gran parte dei loro utili grazie a commissioni di performance calcolate in modo molto discutibile, arrivando a incassarle persino quando i clienti erano in perdita. Oggi le cose sono cambiate?

 

Commissioni di performance: dal periodo di calcolo ai benchmark truccati

 

Quando si investe in un fondo di investimento, si può essere soggetti al pagamento di una commissione di performance, un costo aggiuntivo calcolato sui guadagni del fondo. Tuttavia, la modalità di calcolo di questa commissione nasconde delle insidie.

1. Il periodo di calcolo
La Banca d’Italia sin dal 2005 al fine di tutelare i risparmiatori ha fatto pressione affinchè la commissione di performance fosse calcolata su un arco temporale di almeno 12 mesi. Questo approccio garantisce che il gestore venga remunerato solo se il fondo ottiene un risultato positivo su base annua. Al contrario, in Paesi come Lussemburgo e Irlanda, la commissione può essere calcolata anche ogni tre mesi o mensilmente. Questa frequenza di calcolo elevata, con un “reset” periodico, può portare a un paradosso: l’investitore rischia di pagare la commissione per un guadagno di breve periodo anche se il risultato finale dell’anno è nullo o negativo: nel 2011 questo succedeva nel caso di Mediolanum: investimenti in perdita ma scattavano le commissioni di performance.

2. Il benchmark di confronto
Un altro aspetto cruciale è il benchmark, ovvero l’indice di riferimento usato per stabilire se il fondo ha ottenuto una buona performance. La commissione di performance viene pagata solo se il fondo batte questo indice. Il problema sorge quando il gestore sceglie un benchmark non coerente con la strategia del fondo, ma più facile da superare.

Ad esempio, un gestore di un fondo azionario, e questo accadeva per esempio sui fondi Azimut, poteva usare come metro di paragone un indice obbligazionario. In questo modo, il fondo può battere facilmente il benchmark e il gestore può prelevare la sua commissione, anche se la performance del fondo non è particolarmente brillante se confrontata con il mercato azionario di riferimento. Ovvero fa molto peggio del mercato.

 

Mediolanum, investimenti con costi d’oro anche in anni neri

 

Cosa è accaduto in questi ultimi lustri? Molte società di gestione del risparmio italiane… hanno scelto di domiciliarsi in Lussemburgo o Irlanda anche per evitare le regole più severe della Banca d’Italia. In questo modo, potevano calcolare le commissioni più spesso e incassarle più facilmente, anche se questo andava a discapito della tutela del risparmiatore.

Per questo motivo nonostante i mercati avessero chiuso un anno nero, scrivevamo che nel 2011 Mediolanum incassò oltre 90 milioni di euro di commissioni di incentivo e Azimut più di 30 milioni di euro. Il tutto grazie a regole di calcolo molto generose rese possibili dal fatto che i fondi principali erano domiciliati non in Italia, ma in Irlanda e Lussemburgo, dove la normativa era più permissiva.

 

Mediolanum Challenge: commissioni anche con i fondi in rosso

 

Emblematico, il caso Mediolanum. La società irlandese del gruppo, Mediolanum International Funds Ltd, gestiva i fondi “Challenge”, i più sottoscritti dai clienti. Nel 2011, su questi fondi, la società arrivò a incassare oltre 64 milioni di euro di commissioni di performance. Un paradosso: fondi come Challenge Emerging Markets Equity e Challenge Financial Equity persero nel 2011 rispettivamente il –16,5% e il –17,4%, eppure produssero commissioni milionarie per la società.

Mediolanum investimenti come venivano calcolate nel 2011 commissioni performance
Com’era possibile? Perché i fondi Mediolanum negli investimenti calcolavano nel 2011 la performance fee mensilmente, confrontando l’incremento della quota con il tasso Euribor a tre mesi (confrontando anche mele con pere ovvero panieri di titoli azionari con l’andamento del monetario), senza applicare il meccanismo dell’high water mark (che obbliga a recuperare le perdite prima di chiedere nuove commissioni). In pratica, bastava un rimbalzo di breve periodo perché scatteressero nuove commissioni, anche se nel complesso l’investimento restava in rosso.

 

Azimut: 34 milioni di fee con i fondi in rosso

 

Non troppo diverso il caso di Azimut, che con la sua società lussemburghese AZ Fund Management SA incassò nel 2011 34 milioni di euro di commissioni di incentivo, nonostante una performance media netta per i clienti pari al –6,9%. Anche qui il calcolo era effettuato su base trimestrale e non su risultati complessivi o confrontati con benchmark di mercato.

 

La fuga all’estero delle Sgr e il vantaggio delle regole leggere

 

Queste pratiche spiegano perché molte società italiane abbiano preferito spostare la gestione all’estero: in Italia la regolamentazione imponeva che le performance fee fossero calcolate solo rispetto a benchmark coerenti e su base almeno annuale. All’estero, invece, la flessibilità era tale da consentire commissioni anche su oscillazioni effimere.

Il risultato è stato un modello di business estremamente redditizio per le società e i loro azionisti. E’ ancora così?

 

Azimut, la stretta sulle commissioni del 2019: meno variabili, più fisse

 

Nel 2019 Azimut ha annunciato di aver modificato il sistema di calcolo delle commissioni di performance sui propri fondi lussemburghesi, in seguito all’adozione delle nuove normative e delle linee guida IOSCO.

IOSCO (International Organization of Securities Commissions) è l’organismo internazionale che riunisce le autorità di vigilanza dei mercati finanziari di tutto il mondo. Sul tema delle commissioni di performance, IOSCO ha fissato standard precisi per garantire maggiore equità e trasparenza nei confronti degli investitori. Tra le raccomandazioni principali figurano: il calcolo delle performance fee su base annuale anziché mensile o trimestrale, l’utilizzo di un benchmark coerente con la strategia del fondo e l’adozione di meccanismi come l’high water mark, che impongono il recupero delle perdite prima di addebitare nuove commissioni.

Il nuovo metodo adottato da Azimut – basato su un calcolo annuale rispetto a un benchmark con l’aggiunta di uno spread differenziato per categoria di prodotto – ha comportato una riduzione delle commissioni variabili applicate ai clienti, in linea con queste indicazioni.

Contestualmente, però, le commissioni di gestione sono aumentate di circa 50 punti base, con l’effetto di riequilibrare l’impatto complessivo sui costi. In altre parole, se le performance fee sono state ridotte, il TER (Total Expense Ratio, cioè il costo complessivo a carico dell’investitore) è rimasto sostanzialmente invariato grazie all’aumento dei costi fissi.

 

Dalle variabili alle fisse, ma il conto per i clienti Azimut non scende

 

“Ci allineiamo alle best practices indicate dalle linee guida IOSCO sul tema delle performance fees, mantenendo un TER sostanzialmente inalterato”, aveva dichiarato nel 2019 il presidente Pietro Giuliani, sottolineando come la mossa consentisse ad Azimut di essere conforme alle nuove regole senza intaccare la redditività complessiva.

Dal punto di vista del risparmiatore, tuttavia, il risultato finale cambia poco: il costo totale del fondo resta pressoché lo stesso, semplicemente spostato da una voce variabile a una voce fissa. Un aggiustamento formale che risponde alle nuove regole, ma che non alleggerisce davvero il peso delle commissioni sugli investimenti.

La consulenza finanziaria di Azimut rimane molto pesante come costi, come abbiamo avuto conferma visionando un’informativa 2023 su costi e oneri di un risparmiatore, cliente di Azimut, che ha chiesto nel 2024 un check-up finanziario. Come si può vedere dalla tabella, estratta dall’informativa al cliente su costi e oneri, per il servizio di consulenza e commercializzazione prestato da Azimut e per gli strumenti finanziati inclusi nel portafoglio il cliente ha pagato oltre il 4%.

Nel caso del rendiconto costi e oneri che abbiamo potuto visionare i costi hanno dimezzato i rendimenti: a fronte di una performance del 7,62% il rendimento netto per il cliente al netto dei costi e degli oneri fiscali è stato meno della metà per via dei costi.

 

Estratto al 2023 di un rendiconto costi e oneri di un cliente Azimut

 

 

Azimut introduce tetti e benchmark, ma le fee restano salate

 

Nel 2024 il bilancio consolidato del gruppo Azimut ha riportato commissioni di performance (chiamate commissioni di gestione variabili) di quasi 46 milioni di euro. E se consideriamo che la raccolta è esplosa, le commissioni di incentivo sono crollate per il gruppo guidato da Pietro Giuliani.

Da qualche anno le commissioni di performance dei fondi Azimut sono calcolate su un benchmark di mercato, anche se sempre un po’ annacquato (mettendo per esempio un 10% di un indice monetario + 10% come il Bloomberg Euro TSY-Bills 0-3 M). Inoltre è stato introdotto un tetto massimo, perché le commissioni variabili non possono superare il 20% dell’importo delle commissioni di gestione. In taluni casi, si legge nel KID di un fondo Azimut come AZ Equity – Global ESG FoF (codice isin LU1867654276) che costa il 5% all’anno, può essere applicata una commissione di performance anche quando la performance del prodotto è negativa. Le commissioni di incentivo sono calcolate ogni tre mesi: non proprio un periodo favorevole per il sottoscrittore.

Alcuni passi avanti, ma alla fine il conto per il cliente Azimut rimane salato.

 

Mediolanum, 376 milioni di performance fee addebitate ai clienti

 

Sono sempre le controllate estere a fare la commissione grossa. Il bilancio 2024 del Gruppo Mediolanum evidenza ricavi da commissioni di performance di 376 milioni di euro. Il valore conseguito al 31 dicembre 2024 è riconducibile per 351,0 milioni di euro alla controllata irlandese Mediolanum International Fund e per 25,7 milioni di euro alla controllata italiana Mediolanum Gestione Fondi.

Nel 2018 Mediolanum ha introdotto un nuovo metodo di calcolo delle commissioni di performance per ridurre il loro impatto, ma in un contesto di aumento delle commissioni di gestione ricorrenti (proprio come Azimut).

Lo scopo è chiaro: mantenere invariato il margine della banca.

 

Mediolanum, investimenti in quattro fondi con costi record

 

In una informativa su costi e oneri relativa al 31 12 2024 abbiamo trovato nel portafoglio di un cliente Mediolanum investimenti con costi superiori al 4% annuo: sul fondo MBB Global Leaders LHA Eur (isin IE00BJYLJ930) il cliente ha pagato il 4,57% incluse commissioni di performance dello 0,91%.

 

estratto rendiconto costi e oneri cliente mediolanum investimenti

 

 

Il fondo MBB US Collection La eur (isin IE0005372184) è invece costato il 4,60% di cui l’1,16% di commissioni di performance. Detenere il fondo MBB US Coupon strategy collection SB EUR (IE00B658BK73) è costato il 4,16% al cliente nel 2024 inclusi costi di performance dell’1%.L’importo effettivo della commissione di performance si legge nel KID di questi prodotti varia a seconda dell’andamento dell’investimento.

In pratica Mediolamum calcola le commissioni di performance semplicemente sull’incremento di valore del fondo senza nessun benchmark di riferimento ma usando un meccanismo di High Water Marked ovvero di non far pagare più volte per lo stesso risultato. Il concetto però è chiaro: se c’è un profitto la banca ha diritto ha una congrua fetta.

 

Azimut e Mediolanum: investimenti e commissioni cambiano, ma i costi restano

 

Viene in mente la celebre frase del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, quando Tancredi, il giovane nipote del principe di Salina, dice: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Una battuta che racchiude l’essenza del romanzo e della Sicilia ottocentesca, dove le trasformazioni politiche del Risorgimento finiscono per lasciare intatti i rapporti di potere.

E così accade anche nel risparmio gestito: sarà pure cambiato il criterio di calcolo delle commissioni di performance, ma per i clienti di Azimut e Mediolanum (le 2 società che abbiamo esaminato in questo report) i costi sugli investimenti restano sempre elevati.

Non sorprende che, di fronte a rendiconti in cui emergono spese consistenti sugli investimenti, una minoranza silenziosa di risparmiatori scelgano di rivolgersi a società di consulenza finanziaria indipendenti come SoldiExpert SCF che non possono offrire una consulenza “ristretta” (ovvero solo sui fondi distribuiti dalla casa), non possono ricevere commissioni di retrocessione sui prodotti o strumenti consigliati e offrono unicamente consulenza a parcella con una trasparenza (e riduzione) dei costi che ha consentito a questo modello di diventare quello dominante nei Paesi finanziari più evoluti nel mondo (Stati Uniti, Gran Bretagna…).

 

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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