La crisi russa accentua i problemi finanziari per H2O Asset Management e per i fondi H2O AM. L’emittente anglo-francese, controllata al 50,1% da Natixis, deve infatti lottare contro un mercato rivoluzionato dalla guerra in Ucraina. E dalle conseguenti reazioni dei Paesi occidentali. Che da una parte tentano di strangolare l’economia di Mosca e di affossare il rublo. Dall’altra cercano il modo di mettere in salvo i propri investimenti. Togliendoli da asset a rischio.
Non è ovviamente un problema solo di H2O AM, ma la situazione della società fondata da Bruno Crastes è particolarmente delicata. È stata infatti colpita duramente nell’estate 2020 dall’ente di vigilanza francese con il “congelamento” d’ufficio di una parte dei suoi investimenti (le obbligazioni illiquide) nei fondi d’investimento e la creazione dei side pocket . Da quel momento, chi ha potuto ha disinvestito senza perdere tempo. In tanti però si sono ritrovati con quote di fondi non più negoziabili. La stessa Natixis sta cercando di uscire da questo ingombrante investimento. La situazione macroeconomica intanto peggiora e malgrado le promesse soluzioni concrete all’affair H2O ancora non se ne vedono.
Intanto cerchiamo di capire perché con i fondi H2O AM i gestori perdono un’altra scommessa. E se H2O Asset Management sarà in grado di cavarsela anche questa volta. E, soprattutto, se chi ha investito nei fondi di H2O AM ancora bloccati riuscirà a rivedere i propri soldi.
H2O Asset Management news: “Non l’avevamo previsto”
L’ultima notizia in ordine di tempo arriva proprio da H2O AM. In un comunicato diffuso il 7 marzo 2022, infatti, la società londinese con sede operativa a Parigi elenca – in una inusuale botta di trasparenza (forse sollecitata da un’anticipazione del Financial Times che aveva “spoilerato” il nuovo incidente finanziario – tutti gli elementi economico-finanziari di questi ultimi mesi che non ha gestito al meglio. O che non è riuscita ad anticipare e che stanno mettendo in crisi la sua attività. In sintesi, H2O Asset Management news: “Non l’avevamo previsto”.
Ma è noto che negli ultimi anni ai fondi H2O problemi non sono mai mancati. Ma esattamente, cosa non è andato per il verso giusto?
Troppa Russia nei fondi. A partire dall’H2O Multibonds
“I principali contributori a questa sotto-performance – spiega la società H2O– sono quattro. Le nostre strategie Forex, che includono un’esposizione a un paniere di valute emergenti, compreso il rublo russo. La strategia di vendere obbligazioni americane, in quanto le obbligazioni USA hanno beneficiato del loro status di bene rifugio. La strategia di vendere il dollaro USA, poiché svolge una funzione protettiva in tempi di turbolenza di mercato. E per i fondi rilevanti le nostre strategie azionarie che favoriscono in particolare i titoli europei e ciclici”.
Insomma, troppa Russia nei fondi di h20 am. A partire dall’H2O Multibonds. Gran scommessa sul rublo, contrarian su dollaro e debito USA ed eccoci qui. Certo, sottolinea H2O Asset Management, chi avrebbe mai pensato che le riserve della banca centrale russa sarebbero state bloccate? Neanche fossero dei fondi d’investimento, aggiungiamo noi… Conclude il comunicato, abbiamo “ridotto l’esposizione sul debito russo”. Ma abbiamo “mantenuto la nostra esposizione sul rublo”. Secondo il quotidiano economico-finanziario francese Les Echos (che a sua volta cita fonti Bloomberg e Financial Times), l’esposizione in asset russi nel caso del fondo H2O Multibonds avrebbe raggiunto anche il 48,3% delle attività.
Lars Windhorst sotto la lente del Financial Times
SoldiExpert SCF segue con attenzione l’evoluzione di H2O AM già da qualche anno attraverso numerosi articoli, approfondimenti e interviste che potete trovare sul blog MoneyReport. Ma perché la situazione di H2O AM viene monitorata così attentamente?
Tutto è iniziato nel 2019, quando un’inchiesta del Financial Times ha rivelato che H2O ha riempito i portafogli di alcuni suoi fondi d’investimento con obbligazioni corporate non quotate del gruppo Tennor. Già denominato Sapinda, il gruppo Tennor fa capo all’imprenditore tedesco Lars Windhorst, attivo in diversi settori economico-finanziari e che controlla marchi commerciali come La Perla. Prima delle rivelazioni del Financial Times l’imprenditore stava cercando (e cerca ancora) di collocare l’indebitamento del suo gruppo, anche attraverso H2O Asset Management. Ed è questo il motivo per cui Lars Windhorst è finito sotto la lente del Financial Times proprio in quel periodo. Dopo alcuni tentativi non riusciti di sistemare le cose, Windhorst ha dichiarato che punta a liberarsi dai debiti entro la metà del 2022. In quel momento, però, la notizia che i fondi avrebbero potuto essere illiquidi si diffonde a macchia d’olio. In poche settimane H2O è subissata da una valanga di riscatti che riducono il patrimonio gestito da 30 a 16 miliardi di euro. Lars Windhorst, insomma, si rivela per H2O un investimento molto costoso.
Per il CEO di H2O Bruno Crastes “sono solo affari”
Facciamo però un passo indietro. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la finanza si sarà chiesto perché H2O ha investito così tanto nel debito di un gruppo non quotato? Un’operazione così, di solito, fa drizzare le antenne. Fa pensare a rapporti personali tra le due entità o i due management, a favori personali di qualche tipo, più che a un vero e proprio investimento. Bruno Crastes, CEO di H2O am, smentisce. In un’intervista a CityWire Selector del 20 giugno 2019, Crastes sui suoi rapporti con Lars Windhorst si giustificava così: “Non abbiamo legami, siamo professionisti e facciamo business”. E ancora: “Siamo concentrati su un unico fornitore perché quando si sceglie il debito privato, se si stipulano accordi selezionati e si ha una grande partecipazione in essi si hanno maggiori opportunità. Questa è stata la nostra strategia per avere un maggiore peso sui termini delle obbligazioni”. Quindi nessun conflitto d’interessi, per il CEO di H2O Bruno Crastes “sono solo affari”. Vi convince?
Per H2O fondi e oligarchi russi in un intreccio che FT cerca di chiarire
Se non fosse per quel ficcanaso del Financial Times la questione avrebbe potuto chiudersi lì. Due mesi dopo quelle dichiarazioni, invece, FT pubblica un articolo dal titolo “H2O backing helped Windhorst settle suit tied to ex-Putin minister”. Nell’articolo – senza mai citare Bruno Crastes – si collega Lars Windhorst a rapporti burrascosi con un oligarca russo ex ministro, vicino a Putin, tal Igor Yusufov. Questi nel 2017 avrebbe fatto causa a Windhorst cercando di congelargli i beni, accettando in un secondo momento di transare. Come? Una società di Windhorst, Chain Finance, avrebbe emesso un bond da 500 milioni di euro. Metà del quale sarebbe stato rilevato proprio da H2O Asset Management, fornendogli quindi la liquidità necessaria per chiudere una pratica pericolosa. Secondo la ricostruzione di FT, quindi, H2O avrebbe salvato Windhorst da un brutto problema. Permettendogli di fare pace con i russi e di avviare con loro investimenti nel settore energetico. Lo stesso Windhorst già nel 2014 aveva già avuto rapporti con un altro oligarca russo, Oleg Deripaska. Tutto ciò, in qualche modo, ci riporta – sarà un caso? – alla forte esposizione in rubli e in asset legati alla Russia che H2O AM non sembra intenzionata ad eliminare del tutto. Con H2O fondi, problemi e rubli sembrano sempre legati.
H2O Allegro, Adagio, Vivace: Ma la musica è stonata
I fondi di H2O Asset Management bloccati dall’AMF sono stati sette: H2O Adagio, H2O Multibonds, H2O Multistrategis, H2O Vivace, H2O Moderato, H2O Allegro e H2O Multiequities. Quasi tutti i nomi scelti da H2O richiamano l’armonia della musica e in qualche modo vorrebbero richiamare la “personalità” del fondo stesso e del suo approccio al mercato. Tuttavia, per H2O Allegro, Adagio, Vivace, ma la musica è stonata e i conti non tornano.
Il dettaglio delle percentuali di asset illiquidi contenuti nei fondi con relativa tabella lo si può trovare analizzato in modo chiaro e approfondito nell’articolo Il caso H2O si infiamma: gli illiquidi arrivano al 30% in multibonds!. In cui si evidenzia come i fondi con la maggiore percentuale di illiquidità rilevata siano stati H2O Allegro, H2O Multibonds e H2O Multistrategies.
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Operazione H2O Side Pocket
Qualunque siano però i motivi dello sbilanciamento “russo” da parte di H2O AM a favore del gruppo Tennor, ciò che conta davvero sono le ricadute concrete sugli investitori. Nel 2020, di nuovo il Financial Times, che non molla la presa, parla di profonde svalutazioni degli asset in portafogli. E solleva dubbi sulla gestione dei fondi H2O. Dubbi che vengono portati al Parlamento inglese, che sollecita gli enti francesi (in cui H2O ha la sede operativa UE) a intervenire. Potrebbero esserci per H2O side pocket in arrivo? Così è. Il 28 agosto 2020 l’Autorité de Marchés Financieres (AMF) entra a gamba tesa e scopre che la parte illiquida dei fondi supera ormai la soglia consentita del 10%. I fondi vengono sospesi (quindi soggetti a divieto di negoziazione e riallocazione) e riorganizzati. Scatta l’operazione H2O Side Pocket. La parte che contiene gli asset liquidi rimane attiva e mantiene lo stesso codice ISIN, mentre gli asset illiquidi di ogni fondo vengono immessi in nuovi prodotti non negoziabili. Si tratta appunto dei cosiddeti “side pocket”, caratterizzati da un nuovo ISIN e da una denominazione che contiene appunto la sigla “SP”. Sono di fatto dei fondi congelati di cui non viene più comunicata la valorizzazione. In questo caso si può parlare di H2O side pocket.
Gli H2O funds vengono divisi in due parti
La divisione in parte “sana” e parte illiquida dei fondi H2O diventa operativa a ottobre 2020. Gli H2O funds vengono divisi in due parti, con una parte illiquida (side pocket) che ammonta a 1,64 miliardi di euro. Per poi scendere a circa 1 miliardo per effetto della difficoltà da parte di Tennor di ripagare il debito contratto e relativa svalutazione. La parte liquida, invece, torna a essere aperta a sottoscrizioni e riscatti, gestita secondo una rinnovata strategia che non prevede più investimenti in private debt. La fuga dei clienti spaventati dalla situazione è però evidente. Come anticipato, in un anno la masse gestite da H2O attraverso i fondi citati passano da 30 a 16 miliardi di euro. A questo si aggiunge nel 2020 il crollo dei mercati. Gli H2O funds “recintati” mostrano una performance in calo dal 26,54% al 44,06% rispetto alle precedenti stime del NAV (net asset value). Altri arrivano a perdere oltre il 50%.
Un bruttissimo risveglio per i sottoscrittori dei fondi H2O AM, tra i quali vi sono numerosi italiani. Per H2O Asset Management Italia è stata infatti per molto tempo sinonimo di ottimo mercato. La gestione molto aggressiva dei fondi aveva infatti portato negli anni precedenti a realizzare ottime performance. Se poi si considera le commissioni prese per farli sottoscrivere ai clienti, si capisce banche e reti del calibro, tra gli altri, di Azimut, Banca Generali, BPER, BNL BNP Paribas, Fineco, IWBank, Mediolanum e Widiba (fonte Il Sole 24Ore) li abbiano “spinti” con decisione. Gli H2O funds ai venditori sembrano piacere molto…
Una telefonata tra amici per salvare H2O Multistrategies & C.
A questo punto immaginiamoci Bruno Crastes di H2O che alza il telefono e chiama Lars Windhorst di Tennor: “Amico mio, io ti ho fatto un favore coi tuoi amici russi e ti ho aiutato a rimettere in sesto il tuo gruppo, ma adesso tu mi devi ricomprare il debito o qui andiamo tutti a picco”. Probabilmente una telefonata così, una telefonata tra amici per salvare H2O Multistrategies e gli altri fondi, non c’è mai stata. Ma il senso dei contatti tra le due società deve essere stato questo. Il primo risultato di questo scossone è l’annuncio della ristrutturazione del debito di Tennor anche a favore di H2O: il debito contratto con la società controllata da Natixis viene sostituito da un bond a brevissima scadenza di 1,45 miliardi di euro remunerato al 4,5% e rimborsabile “a inizio 2022” (i dettagli non sono stati resi noti). Tuttavia, il rimborso tarda ad arrivare e prosegue la frenetica attività di Lars Windhorst per tirare fuori il suo gruppo dal pantano finanziario in cui è invischiato. Chi è rimasto con i soldi congelati attende ancora con trepidazione un concreto segnale positivo. Nel frattempo, sui rapporti tra H2O e Natixis notizie ufficiali ne circolano poche. E i fondi, a partire da H2O Multistrategies, problemi continuano ad averne.
H2O fondi, notizie dalla Francia
E i francesi che s’incazzano, cantava Paolo Conte nel brano dedicato alle vittorie del grande Bartali. Ma così vale anche i clienti d’Oltralpe di H2O. Su H2O fondi, notizie dalla Francia infatti ne arrivano, i particolare dal comitato di risparmiatori e private banker coinvolti (Collectif Porteurs H2O) che sta valutando la possibilità di una causa collettiva. “Il blocco delle pubblicazioni mensili – ha commentato l’avvocato Dominique Stucki, che difende in Francia il Collectif – conferma la nostra convinzione che i side pocket probabilmente non valgono più nulla”. A questo si aggiunga che la società di revisione KPMG ha comunicato che i conti di sei dei fondi di H2O Asset Management sono impossibili da certificare.
E in Italia? Cosa può fare il cliente italiano che ha in portafoglio i side pocket di H2O AM, oltre che aspettare, sperare e avere pazienza?
Per chi conosce un po’ il girone dei dannati dei fondi in side pocket non c’è in verità molto da fare poiché è questo un film che si ripete spesso. Agli sfortunati possessori di quote vengono date informazioni col contagocce per guadagnare tempo e tenerli buoni. Come la metafora della rana bollita insegna, chi è dentro ne resta imprigionato e fatica a reagire.
Su questo tema, SoldiExpert aveva intervistato su RadioBorsa l’avvocato Massimo Cerniglia per cercare di capire se vi fossero gli estremi per agire contro la società di gestione H2O e/o i collocatori. Ascoltate quindi il suo interessante intervento. E tenete a mente che su H2O am e gli illiquidi, notizie in futuro non mancheranno.
Valutare i fondi h2o: il fund rating
Sapere a quanto vengano valorizzati ora i fondi side pocket di H2O Asset Management, gli h20 am illiquidi, non è facile. Di fatto la loro valorizzazione può essere comunicata solo dalla stessa società emittente. Solitamente ciò viene fatto mensilmente, ma in casi come questo è difficile aspettarsi tanta sollecitudine. Emerge quindi la possibilità che i fondi H2O separati (side pocket) non verranno mai più liquidati (in un’intervista esclusiva a Les Echos, il CEO di H2O AM, Bruno Crastes, non ha escluso fra le righe del tutto questa possibilità).
Vale la pena sottoscrivere i fondi H2O?
Per valutare un fondo d’investimento può essere utile paragonarlo a una media dei fondi della stessa categoria. In questo caso però il fondo ha in pancia asset non negoziabili in borsa e quindi questa strada risulta più ardua.
Per la parte quotata dei fondi H2O AM uno strumento utile può essere il SoldiExpert Fund Rating. Si tratta di una database di oltre 13.000 fondi analizzati e giudicati anche sulla base dei risultati finora ottenuti e del rischio. Anche, perché la potenza di questo strumento rispetto ad altri molto diffusi, è che le performance vengono ulteriormente confrontate rispetto a un investimento passivo come un ETF o al benchmark di categoria. Questo per rispondere a una domanda fondamentale dell’investitore: mi conviene davvero pagare di più per un fondo a gestione attiva, cioè pagare l’esperienza di un gestore, se questo poi non riesce a fare meglio del benchmark?
Il nostro giudizio sui Fondi H2O
Date quindi un’occhiata alle nostre pagelle di investimento per capire se i fondi H2O o altri possono essere un buon affare per voi o se lo sono solo per chi ve lo ha proposto. Poi, se volete, potete contattarci liberamente e fissare un video-appuntamento per ricevere senza impegno un check up gratuito. Un team di consulenti finanziari indipendenti (che non prendono soldi da nessuno per consigliare fondi o altri asset su cui investire) sarà a vostra disposizione per supportarvi. Per quanto riguarda H2O AM, ciò che abbiamo visto è che la parte liquida e attiva dei fondi H2O è fortemente negativa a uno e tre anni, ma generalmente positiva su un orizzonte di cinque anni. Questo perché prima della discesa dei mercati del 2020 la strategia di gestione aggressiva di H2O aveva pagato molto. Salvo poi non essere più stati in grado di adeguarsi alle variazioni successive.
Fiducia nel mago o nella consulenza?
Se avessimo preso in considerazione l’H2O Multibonds a metà 2019 e avessimo analizzato le principali 10 posizioni, avremmo visto che la società di gestione generava il cosiddetto “alfa” (ovvero la capacità di fare meglio del mercato) dalle posizioni al rialzo e al ribasso soprattutto sulle valute o sui tassi con un forte effetto leva (anche oltre 10 volte il capitale di partenza, aperte su diverse posizioni contemporaneamente sia al rialzo sia al ribasso). E per chi sottoscrive un simile fondo, capire come vengono realizzati i guadagni è impossibile: può solo fidarsi dei gestori e sperare che il gestore sia un mago nello sfruttare la leva su tassi e valute, che non sbagli mai un colpo (scrivevamo già alcuni anni fa prima che scoppiasse il caso) e che non si trovi mai in nessuna situazione imprevista. E che, infine, sia in grado di ottenere le performance positive indipendentemente dalle masse che gestisce. Cosa niente affatto banale, come purtroppo si è verificato.
Per approfondire la vicenda dei fondi h20 am illiquidi e le dichiarazioni del management H2O AM, oltre che sugli obblighi e l’attività dei consulenti indipendenti in situazioni come queste, vi consigliamo di leggere anche questi due articoli:
Fondi H2O: disgelo in vista per i side pocket? La fredda verità