DALL’AFFRANCAMENTO FISCALE ALLA NUOVA TASSAZIONE DELLE RENDITE FINANZIARIE: A TU PER TU CON L’ESPERTO

Vecchio (e più favorevole) regime fiscale sulle plusvalenze. Entro il 30 marzo bisogna comunicare al proprio intermediario se si vuole utilizzare l'"affrancamenento". Il fine? Risparmiare un bel po’ di tasse se la posizione è rilevante senza bisogno di vendere i titoli su cui si era in guadagno al 31 dicembre scorso. Ma attenzione: questo “giochino” non lo si può fare sui singoli titoli e inoltre occorre tenere in considerazioni diversi aspetti. Primo fra tutti: avere una posizione in guadagno! E possibilmente avere delle minusvalenze che se non utilizzate andrebbero definitivamente perdute. Ne parliamo con il commercialista Maurizio Barbieri dello studio tributario BFC & Associati.

 

Guida Salvafisco

 

La normativa sulla tassazione delle rendite finanziarie è stata soggetta a numerose modifiche nel corso degli anni. La versione più aggiornata dei contenuti di questo articolo e le domande più frequenti su questo tema le puoi trovare cliccando qui e scaricando gratuitamente la versione aggiornata della GUIDA SALVAFISCO alla TASSAZIONE del RISPARMIO. 

La guida Salvafisco è stata scritta da Salvatore Gaziano e Roberta Rossi, fondatori e amministratori di SoldiExpert SCF,  una società di consulenza finanziaria indipendente attiva dal 2002 sul mercato italiano online.

 

 

 

 

L’entrata in vigore a partire dal 1 gennaio 2012 del nuovo regime fiscale sulle rendite finanziarie ha aumentato in maniera sostanziosa la tassazione sui proventi derivanti da investimenti finanziari in azioni, obbligazioni, fondi comuni d’investimento, sicav, etf, etc, covered warrant, derivati, pronti contro termine, prestito titoli. Fino al 31 12 2011 questi proventi era tassati con una aliquota del 12,5%. Da quest’anno l’aliquota diventerà del 20%.

In queste settimane molti risparmiatori hanno ricevuto dal proprio intermediario una comunicazione che chiede cosa fare riguardo l’affrancamento. Cosa è ? Conviene farlo?

Numerosi risparmiatori e lettori ci hanno chiesto lumi su questo argomento e ci è sembrato perciò interessante fare un approfondimento sul tema, intervistando un esperto.

Gli aspetti fiscali non sono infatti il focus della nostra attività (ma piuttosto cercare di consigliare cosa e soprattutto quando entrare e uscire dai mercati) per quanto nella nostra esperienza abbiamo spesso visto che molti risparmiatori si concentrano spesso su questa “pagliuzza” soprattutto che sulla “trave”…. Magari sono molto attenti a come evitare di pagare meno tasse o a recuperare le minusvalenze pregresse ma poi….si preoccupano meno di evitare di perdere il 50 o il 70% del proprio patrimonio…con gestioni passive o strategie d’investimento sballate…

In ogni caso è bene sempre essere informati anche su questi aspetti e parliamo quindi in questo articolo di affrancamento e nuovo regime fiscale sugli investimenti: azioni, fondi, sicav, obbligazioni, etf, etf… Regime dichiarativo e amministrato.

L’affrancamento questo sconosciuto…

Con il passaggio della tassazione sui capital gain dal 12,5 al 20% si è introdotta una forte modifica al regime tributario e con la procedura dell’affrancamento lo Stato vuole offrire per “par condicio” a ciascun contribuente la possibilità di valutare cosa gli conviene eventualmente fare per evitare che sia eccessivamente penalizzato nel passaggio da un regime più favorevole a uno meno favorevole.

In termini tecnici per evitare di subire una maggiore tassazione su plusvalori maturati fino a quando l’imposta sostitutiva era del 12,5% un contribuente dovrebbe realizzare i maggiori o minori valori, cioè cedere le partecipazioni prima dell’avvento del nuovo regime.

Tuttavia, poiché non sempre la cessione è possibile il legislatore introduce l’operazione di “affrancamento” che consiste in una sorta di cessione figurativa della partecipazione assoggettando i plusvalori all’imposta sostitutiva vigente fino a quel momento, cioè il 12,5 per cento.

In tal modo si ottiene il riconoscimento del maggior costo fiscalmente rilevante, per cui in una futura e reale cessione verrà tassata con il 20% solo la quota di maggior valore maturata dal 2012, cioè da quando entra in vigore l’aliquota del 20 per cento.

Ma conviene o non conviene farlo? Dipende come si vedrà dalla lettura di questo Report..
Chi lo desidera può, infatti, attraverso l’affrancamento beneficiare ancora del più vecchio (e favorevole) regime fiscale sulle plusvalenze e risparmiare anche un bel po’ di tasse se la posizione è rilevante.

A patto di avere un portafoglio titoli con il segno più davanti. E facendone richiesta al proprio intermediario entro il 30 marzo 2012..
Chi è in guadagno sui titoli detenuti può infatti decidere con quale regime fiscale essere tassato senza bisogno di vendere i titoli ma facendoseli valutare al prezzo segnato l‘ultimo giorno dell’anno e su questo pagare le tasse. Con un notevole risparmio rispetto al 2012. Il fisco tasserà infatti la plusvalenza latente con la vecchia e più favorevole aliquota fiscale. Facciamo un esempio.

Il contribuente che ha un titolo comprato a 70 nel 2011 e che al 31 12 2011 valeva 100 e oggi vale 105 può o tassare l’eventuale plusvalenza con l’aliquota attuale del 20% quando venderà il titolo o tassare al 12,5% il guadagno di 30 (cioè quello realizzato fino al 2011) grazie alla procedura dell’affrancamento. In questo caso il nuovo prezzo di carico del titolo diventerà 100 e questo prezzo costituirà la base per la plusvalenza futura, che sarà tassata al momento della vendita del titolo al 20%.

Detta così la procedura appare estremamente “easy” e conveniente per chiunque abbia titoli in guadagno al 31 12 2011. Così (purtroppo) non è. Il contribuente non può selezionare lui i titoli da affrancare.

La procedura di affrancamento deve infatti essere applicata obbligatoriamente su tutto il portafoglio titoli del cliente, sia sui titoli in guadagno sia su quelli in perdita e nel calcolo della posizione fiscale complessiva del contribuente si considerano anche eventuali minusvalenze pregresse.

E se il cliente anziché una plusvalenza ha una minusvalenza può non essere più conveniente affrancare i titoli. E qui casca l’asino….

Fare tutti questi calcoli per capire se conviene chiedere alla propria banca di regolare i conti col fisco prima della vendita effettiva dei titoli per godere di una tassazione più favorevole non è esattamente alla portata di tutti come spiega in questa intervista il commercialista Maurizio Barbieri dello studio tributario BFC & Associati.

L’ ABC DELL’AFFRANCAMENTO

Grazie all’affrancamento il contribuente può decidere per i titoli posseduti al 31 12 2011 di usufruire del vecchio e più favorevole regime fiscale. Il contribuente può pagare con l’affrancamento le tasse sui titoli detenuti alla fine dell’anno scorso senza doverli vendere (ma attuando una sorta di “cessione con riacquisto” dei titoli al 31 12 2011) e usufruire così della più conveniente aliquota fiscale del 12,5% rispetto a quella ora in vigore del 20%.

Il contribuente non può selezionare lui i titoli su cui avvalersi di questa procedura. L’affrancamento deve essere applicato obbligatoriamente su tutto il portafoglio titoli del cliente, sia sui titoli in guadagno sia su quelli in perdita e nel calcolo della posizione finanziaria complessiva del contribuente si considerano anche eventuali minusvalenze pregresse.

TITOLO AFFRANCATO, NUOVO PREZZO DI CARICO CALCOLATO
Il prezzo di riferimento ai fini del calcolo delle minus e plus valenze sui titoli in portafoglio a fine anno è reperibile sull’ estratto conto titoli di dicembre. Con l’affrancamento, ai titoli in portafoglio verrà attribuito un nuovo prezzo di carico, ovvero proprio quello rilevato alla fine del 2011 e su tale nuovo prezzo verrà calcolato il nuovo capital gain.

Le plusvalenze originate dalla procedura di affrancamento saranno assoggettate all’aliquota del 12,50% e l’imposta sarà prelevata direttamente dal conto corrente del cliente che dovrà avere la provvista necessaria disponibile.

CHE FINE FANNO LE MINUS…
Tutte le minusvalenze accantonate alla fine dell’anno 2011, in regime amministrato saranno portate in deduzione delle plusvalenze realizzate successivamente, per una quota pari al 62,50% del loro ammontare. Tutte le minusvalenze realizzate a partire dal 1° gennaio 2012 saranno riconosciute per il loro intero ammontare.

COME SI ESERCITA L’OPZIONE DI AFFRANCAMENTO
I contribuenti che seguono il regime del risparmio amministrato (la maggior parte) e che vogliono esercitare l’opzione dell’affrancamento devono farne richiesta scritta al proprio intermediario entro il 31 03 2012 (per chi ha più conti la richiesta va fatta per ogni dossier titoli) attraverso la sottoscrizione di un apposito modulo. L’intermediario provvederà poi ad applicare e versare l’imposta che sarà prelevata direttamente dal conto corrente e dovrà avere la provvista necessaria disponibile.

Per i contribuenti che si trovano in regime di risparmio dichiarativo l’opzione si esercita direttamente nel modello Unico 2012. Le tasse del 12,5% sui proventi finanziari relativi a titoli in portafoglio al 31 12 2011 devono essere versate entro il termine per saldare le imposte sui redditi che sono dovute in base alla dichiarazione.

Ma spesso solo da un confronto con un professionista si può trovare una risposta ai molti dubbi e domande che questa procedura fa sorgere. Ne parliamo con Maurizio Barbieri , commercialista dello studio tributario BFC & Associati. Che chiarisce nell’intervista un punto essenziale.

Capire se conviene richiedere questa procedura è tutt’altro che semplice. Ogni caso fa a sé. Maggiore è il numero e la varietà di asset detenuti maggiore è la complessità del calcolo. L’affrancamento può essere utile soprattutto a chi è in guadagno sui titoli in essere al 31 12 2011 e ha minusvalenze pregresse in scadenza nel 2011 (se non utilizzate queste minusvalenze andrebbero perse). Ma anche in questo caso chi decide di affrancare i titoli detenuti al 31 12 2011 corre un rischio.

Con l’affrancamento il nuovo prezzo di carico dei titoli aumenta rispetto a quello effettivo di acquisto. Per effetto dell’affrancamento ai titoli in portafoglio al 31 12 2011 viene attribuito un nuovo prezzo di carico quello al 31 12 2011. Se questi titoli nel 2012 scendono anziché salire a causa dell’affrancamento il risparmiatore potrebbe trovarsi nella spiacevole situazione di aver pagato le tasse su un guadagno non effettivamente realizzato. Vediamo perché.

Domanda: A chi conviene esercitare la procedura di affrancamento e per chi invece non è conveniente esercitare questa opzione?
Risposta:In linea di massima la procedura risulta conveniente se produce una plusvalenza che, come si è visto, sconta un’imposta sostitutiva del 12.50% con il vantaggio di applicare la nuova aliquota del 20% solo sulle plusvalenze maturate dall’ 01/01/2012.
Potrebbe essere conveniente anche in presenza di minusvalenze pregresse prossime alla scadenza (ad esempio formatesi nel 2007 ed in scadenza nel 2011) che, se non utilizzate in compensazione di plusvalenze, andrebbero definitivamente perdute.
In ogni caso la convenienza deve essere verificata in funzione della composizione degli investimenti effettuati e dipende anche da fattori imprevedibili (l’eventuale plusvalenza al 31/12/2011 è solo latente e potrebbe tradursi in una minusvalenza in tempi successivi)”.

D Se l’ affrancamento fa emergere delle minusvalenze sul portafoglio titoli anziché delle plusvalenze ha senso esercitarla? Se le perdite sono superiori ai guadagni l’affrancamento produce un danno?
R “L’affrancamento potrebbe far emergere minusvalenze su tutte le attività finanziarie incluse nel rapporto ed in questo caso non si vede la necessità di esercitarlo. Peraltro la minusvalenza potrebbe nascere dalla sommatoria fra plus e minus ed in questo caso potrebbe avere la sua utilità. Comunque non si può parlare di danno ma se il risultato è la sommatoria di sole minusvalenze non si ha interesse a esercitarlo (in quanto comporta una valorizzazione del portafoglio al 31/12/2011 più bassa dei valori di carico, con il rischio di avere plusvalenze più significative in futuro)”.

D Chi esercita l’affrancamento può dedurre integralmente le perdite realizzate nel 2011 o nei quattro anni precedenti o latenti al 31 12 2011 sui titoli detenuti, mentre chi non esercita questa opzione potrà dedurre queste perdite a partire dal 2012 solo per il 62,5% del loro ammontare?
R Sì. Questo perché il legislatore ha voluto evitare di utilizzare, a fronte di redditi tassati al 20%, crediti fiscali maturati nell’interno del periodo di vigenza della tassazione al 12,50%”.

D Il contribuente può chiedere alla banca se gli conviene esercitare l’opzione di affrancamento? Può in altre parole richiedere una simulazione alla propria banca degli effetti di questa procedura sul suo portafoglio e poi decidere se esercitarla o meno?
R “Premesso che le banche non hanno alcun obbligo, né di natura contrattuale né di natura consuetudinaria, per esperienza ritengo sia difficile che siano disposte ad effettuare simulazioni di sorta, salvo che il cliente non abbia la necessaria forza contrattuale”.

D Chi deve fare da sé i calcoli per valutare se gli conviene esercitare l’opzione di affrancamento come deve procedere se opera in regime di risparmio amministrato? E per chi opera in regime di risparmio dichiarativo?
R “Premesso che spesso è assolutamente irrealistico il “fai da te”, nei due casi i calcoli da fare sono gli stessi nel senso che la plusvalenza tassabile (o la minusvalenza) va ricercata nella differenza fra il valore di carico (acquisto) degli asset finanziari ed il valore di mercato al 31/12/2011. Solitamente nei rapporti di amministrazione o custodia può essere compresa una moltitudine di strumenti finanziari e quindi la difficoltà può essere rilevante”.

D Quale dei regimi fiscali (amministrato dichiarativo e gestito) consente una miglior compensazione tra minus e plus valenze?
R Nel regime amministrato e nel dichiarativo non è possibile compensare redditi di natura diversa (redditi di capitale e redditi diversi) mentre nel regime gestito è consentita la compensazione totale, anche se la tassazione avviene sul maturato quindi anche con questo regime possono pagarsi tasse negli altri regimi non dovute. Nel regime dichiarativo e nell’amministrato infatti la tassazione avviene sul realizzato e quindi si pagano le tasse su plusvalenze effettivamente realizzate. Non c’è a priori una convenienza di un regime fiscale rispetto a un altro”.

D Possono essere oggetto di affrancamento i titoli che non hanno subito variazioni di aliquota (titoli di stato e emessi da Paesi appartenenti alla White List)?
R “I titoli di stato nazionali e quelli di paesi White List non hanno necessità di affrancamento non essendo stata variata l’aliquota di tassazione (12,50%). Occorre tener presente però che se tali titoli sono inclusi in un rapporto amministrato, anch’essi devono essere affrancati”.

D Un risparmiatore che ha più conti presso un intermediario può in deroga alla regola generale dell’applicazione dell’imposta sostitutiva sulla totalità dei rapporti scegliere su quali conti usufruire di questa procedura?
R Si ritiene che il risparmiatore, in presenza di più rapporti o dossier, possa scegliere quale affrancare (all’interno del rapporto, però, l’affrancamento deve essere totale)”.

D Data la distinzione nel regime fiscale italiano sui proventi finanziari tra redditi da capitale e redditi diversi quali sono gli strumenti più penalizzati da un punto di vista fiscale quanto a compensazione tra minus e plusvalenze?
R “I fondi e le sicav perché le plusvalenze sono comunque tassate e non sono compensabili con minus e plusvalenze pregresse. Anche sugli Etf il regime fiscale è piuttosto penalizzante”.

D Mentre se si opera su azioni, obbligazioni, derivati si possono compensare tra loro minus e plus?
RSì”.

D Meglio gli Etf o gli Etc sul fronte fiscale?
R “Gli Etf sono Organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) assimilabili ai Fondi comuni di investimento e Sicav mentre gli Etc sono strumenti finanziari emessi da una società veicolo. Il trattamento fiscale previsto per questi ultimi è uguale a quello delle azioni o degli strumenti derivati: plusvalenze tassate come redditi diversi al netto di eventuali crediti d’imposta pregressi; le perdite sono compensabili con i profitti realizzati nei quattro anni successivi. Sugli Etf invece, essendo fondi, maturano redditi di capitale (per dividendi o incrementi di valore delle quote) e redditi diversi (plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla differenza tra i prezzi di compravendita ed il NAV (Net Asset Value) delle quote. Sotto il profilo fiscale i redditi che derivano dagli Etc e dagli Etf nel regime amministrato sono soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta da parte dell’intermediario”.

D Nel recente passato tramite le sicav si potevano compensare minus e plusvalenze andando avanti a forza di switch e passando da un comparto all’altro. Ora non è più così, giusto, col provvedimento entrato in vigore da Ferragosto?
RSì questa a procedura non è più possibile. All’atto dello switch si pone in essere una procedura di vendita/acquisto con le conseguenze del caso”.

D Il regime del risparmio dichiarativo consente maggiori compensazioni rispetto all’amministrato?
R “In linea generale non vi è differenza ma, tenuto conto che nel regime del risparmio amministrato possono confluire strumenti finanziari molto diversificati, è presumibile che si possano verificare maggiori compensazioni”

 

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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