Rientro dei cervelli: come far fruttare i risparmi fiscali

Nonostante il cambio della normativa, restano corpose le agevolazioni fiscali per il rientro dei cervelli. Un risparmio che vale la pena di ottimizzare con una pianificazione finanziaria e soluzioni di investimento adeguate ad assicurare un agiato futuro tenore di vita. Leggi la nostra analisi.

Lo scorso dicembre 2023 il governo Meloni ha modificato i benefici fiscali precedentemente spettanti ai cervelli di rientro in patria dopo anni di lavoro all’estero. Il decreto attuativo della riforma della fiscalità internazionale modifica sia le aliquote di tassazione sia i requisiti per i richiedenti. Vediamo quali sono e come sfruttare al meglio i benefici fiscali per il proprio benessere futuro.

 

i cervelli di rientro in italia pagano meno tasse

 

Nonostante alcune modifiche introdotte partiamo subito dicendo che comunque i cervelli di rientro in patria dopo aver lavorato all’estero pagano meno tasse per i successivi cinque anni.

E’ bene ricordare che la nuova legge non ha alcun effetto retroattivo e che pertanto chi beneficia già delle agevolazioni in essere fino al 2023 non sperimenterà alcun cambiamento rispetto ai benefici di cui gode.

Vediamo ora di vedere come cambiano requisiti e agevolazioni a partire dal 2024. Prima di passare in rassegna i punti chiave delle agevolazioni vorremmo sottolineare un concetto chiave. E’ molto importante infatti essere consci del fatto che mettere a frutto il risparmio fiscale può massimizzare e ottimizzare i propri investimenti nel medio e lungo periodo grazie a una pianificazione finanziaria efficiente e lungimirante.

 

 

cosa dice la normativa sul rientro dei cervelli

 

Un primo requisito per la tassazione agevolata del rientro dei cervelli è di aver lavorato all’estero almeno 3 anni. Rispetto alla precedente normativa è necessario dunque aver vissuto e lavorato fuori dall’Italia per un anno in più, rispetto ai due precedenti.  Nulla cambia invece per quanto riguarda la durata dell’agevolazione che permane per 5 anni.

Il secondo requisito richiesto è quello per cui il datore di lavoro in Italia sia diverso dal precedente datore quando si era espatriati. La ratio probabilmente sottostante a questo requisito, ed è solo una nostra logica supposizione, è che si vuole separare nettamente e concretamente il prima e il dopo. Qualora invece si rientri in Italia all’interno della stessa multinazionale o per lo stesso gruppo industriale si può comunque beneficiare dei vantaggi fiscali ma occorre che il periodo passato all’estero non sia di soli 3 anni ma sia di ben 6 anni. Questo per evitare che il trasferimento possa apparire opaco agli occhi dell’agenzia delle entrate che potrebbe ritenere che la riassegnazione sia un semplice mascheramento e non un effettivo cambio di lavoro e di residenza.

Come terzo requisito troviamo la elevata qualificazione e specializzazione dei lavoratori rientranti. Cosa significa questo?  In sostanza si tratta del fatto che è necessario essere in possesso di un titolo di studio almeno pari alla laurea triennale e inoltre rientrare nelle classifiche ISTAT all’interno di determinate qualifiche di inquadramento che è bene verificare prima caso per caso.

 

 

tassazione agevolata sul reddito da lavoro

 

La percentuale su cui si applica la tassazione agevolata del reddito da lavoro è pari al 50%, elevabile al 60% in caso di figli minori. Rispetto a quanto previsto in precedenza, in cui venivano differenziate le percentuali di agevolazione a seconda del fatto che ci si trasferisse in regioni a minor vivacità economica, la nuova normativa non prevede distinzioni geografiche. Un beneficio maggiore viene infatti concesso ai genitori con figli minori a carico o che avranno figli durante i cinque anni dell’agevolazione.

 

tetto massimo al reddito per avere accesso alle agevolazioni

 

Mentre in passato era possibile usufruire dei benefici fiscali riservati agli impatriati indipendentemente dal livello di reddito, la nuova normativa prevede che la tassazione agevolata possa essere applicata solo a importi non superiori a 600 mila €.

Questo significa sostanzialmente che è stato messo un tetto massimo al reddito per il quale è possibile usufruire delle agevolazioni per il rientro dei cervelli probabilmente anche nell’ottica di contenere comunque i benefici fiscali per coloro che sono destinatari di redditi particolarmente elevati.

Tutti i dettagli, i casi specifici, eccezioni ed eventuali proroghe possono comunque essere approfondite direttamente sul testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale. 

 

 

pagare meno tasse e investire meglio e di più

 

Il risparmio fiscale per chi rientra in Italia può essere dunque abbastanza corposo e il nostro consiglio è quello di farlo fruttare con un’adeguata pianificazione finanziaria che tenga conto delle esigenze prospettive personali e dei progetti familiari di medio e lungo periodo.

Poter disporre di flussi reddituali netti superiori alle proprie esigenze di spese consente di allocare il risparmio su strumenti fruttiferi di medio e lungo periodo che permetteranno in futuro di godere di un capitale aggiuntivo o di una ulteriore rendita che andrà ad affiancarsi a quello pensionistico.

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