L’unico fronte su cui l’Italia può vantare di avere un fisco light, è quello delle tasse di successione.
A chi dice che siamo un “paradiso fiscale” per le eredità, bisogna però ricordare che non in tutto il mondo si paga quando il patrimonio familiare passa di mano. In Australia, Austria, Canada, Norvegia, Svezia, Russia sono state abolite le tasse di successione. Negli Stati Uniti si pagano, ma tra gli anni Settanta e il 2013 sono state dimezzate con grande disappunto di 120 miliardari americani (da Bill Gates a Warren Buffet) che hanno firmato una petizione per ripristinarle. Ma per ora non sono stati accontentati.
Italia, un paradiso fiscale per le eredità?
In Italia, dove il contribuente forse si sente già un pochino vessato dal fisco, non c’è stata una levata di scudi (nè dei “ricchi”, nè dei “poveri”) per reintrodurle dopo che nel 2001 il Governo Berlusconi aveva abolito le tasse di successione. Nè una sollevazione popolare quando nel 2006 il governo Prodi le ha reintrodotte, anche se in modo più tenue rispetto al 2000. Su questo fronte i maligni amano ricordare che quando erano state abolite le tasse di successione nel 2001 da Berlusconi, il Professore ne aveva approfittato qualche anno dopo per fare una “piccola” donazione esentasse ai propri figli (870 mila euro). Tiene famiglia pure lui.
L’aliquota vigente in Italia (dal 4 all’8 per cento in funzione del tipo di parentela) è molto bassa rispetto ad altri Paesi europei dove le tasse a doppia cifra sull’eredità sono da tempo una realtà. In Germania sono pari al 30% per i discendenti diretti e per il 50% sui discendenti indiretti. In Francia riducono del 45% il patrimonio trasferito agli eredi diretti e del 60% nel caso dei discendenti indiretti. Nel Regno Unito oltre i 325 mila euro di imposte si lasciano all’erede da pagare tasse per il 40% del valore dei beni mobiliari e immobiliari.
Tasse di successione, quanto si paga oggi
In Italia i coniugi e i parenti in linea retta pagano appena il 4% di tasse contro il 5-45% previsto dalla Francia e la forchetta tedesca che prevede tasse dal 7 al 30%. Inoltre sul primo milione di euro trasferito, coniuge figli e genitori non pagano nulla.
In Francia la franchigia è di 100 mila euro e in Germania è 400 mila euro per i figli e 500 mila euro per i coniugi. Quindi in Italia chi trasmette in successione a coniuge figli o genitori 1 milione di euro non paga tasse di successione, mentre in Francia le si paga su una base imponibile di 900 mila euro e nel caso della Germania l’imposizione viene calcolata su 600 mila euro se sono i figli a succedere e su 500 mila euro se è il coniuge.
Per il governo modificare l’attuale regime di tassazione delle successioni (abbassando l’attuale franchigia di 1 milione di euro per esempio a 100 mila euro) e alzando le aliquote (dal 4% al 20%) potrebbe significare, considerando i numeri in ballo, incassare qualcosa come 1.200 miliardi in 30 anni.
I calcoli per arrivare a questa cifra sono presto fatti. La ricchezza degli italiani secondo i dati di Banca d’Italia nell’ultima rilevazione (2020) tra immobili e investimenti è pari a oltre 10.000 miliardi di euro. Secondo alcune stime oltre il 64% della ricchezza totale degli italiani è detenuta da over cinquanta. Considerando una speranza di vita di 82 anni, entro trent’anni 6.400 miliardi di euro passeranno in successione.
Se fosse abbassata la franchigia dall’attuale 1 milione di euro a 100 mila euro e l’aliquota passasse dall’attuale 4% al 20% lo Stato potrebbe incassare 1.280 miliardi da qui a trent’anni di tasse di successione.
aliquota tassa di successione. fisco light in italia
Uno studio comparato del dott. Andrea Barabino del Consiglio dell’ Ordine dei Commercialisti di Torino pubblicato qualche tempo fa mostra che in Europa le tasse di successione variano dal 40% al 60% del patrimonio.
Le aliquote attualmente in vigore in Italia (dal 4 all’8% con la franchigia di 1 milione di euro) sono quindi modeste rispetto agli altri Paesi europei. L’ipotesi che in Italia nei prossimi anni si assisterà a una “rimodulazione” (sono questi i termini che verranno usati) delle tasse di successione quindi non è peregrina. E viene considerata una delle ipotesi da valutare con attenzione.
Il gettito fiscale proveniente dalle tasse di successione è molto basso in Italia: appena lo 0,1% del PIL stima l’Ocse contro una media dello 0,5% nei paesi avanzati. L’Italia è quasi un paradiso fiscale, sia per la modestia delle aliquote, sia per il rilevante importo delle franchigie. Negli altri Paesi occidentali la tassazione è infatti molto più elevata (con Stati però molto meno spendaccioni ma questo non c’è bisogno che ve lo diciamo…).
Esempio di calcolo della tassa di successione
Con la legislazione attuale fino a 1 milione di euro di beni immobili e mobili trasmessi non c’è alcuna tassa da pagare e oltre questa cifra si paga il 4%. Se le tasse di successione dovessero essere portate al 20% e la franchigia scendere a 100.000 euro il conto per i nostri figli o eredi potrebbe essere salato (se si trasmettono beni mobili quindi facilmente liquidabili). O salatissimo (nel caso si trasmettano esclusivamente beni immobili quindi case e abitazioni).
Vediamo un esempio pratico di un padre che trasmette il proprio patrimonio ai figli. Le tasse di successione gravano sul totale del patrimonio trasferito, che si tratti di abitazioni o di investimenti finanziari.
calcolo tassa successione: eredi in grado di pagare?
Dall’esempio numerico si evince che in caso di aumento delle tasse di successione al 20% con franchigia di 100 mila euro, trasferendo 500 mila euro gli eredi si troveranno a pagare 80 mila euro di tasse di successione. Non proprio poco: un quinto del patrimonio del defunto va allo Stato. E si costringono gli eredi a tirare fuori 80 mila euro. Se l’eredità è composta da almeno 80 mila euro di beni non immobilizzati quindi liquidabili ci può anche stare.
Ma se si trasferiscono case e abitazioni, gli eredi devono essere in grado di reperire soldi freschi per una cifra non proprio irrisoria. Che diventa man mano più alta maggiore è il valore complessivo dell’eredità trasferita e maggiore è il peso degli investimenti immobiliari rispetto a quelli mobiliari. Per investimenti mobiliari si intendono liquidità, fondi comuni di investimento, sicav, azioni e obbligazioni che a differenza degli immobili trovano un compratore sul mercato in tempi rapidi.
Nel caso in cui l’aumento delle tasse di successione dovesse divenire realtà occorre quindi fare una stima della propria ricchezza totale. Assicurandosi che almeno la parte non costituita da immobili, difficilmente vendibili in tempi brevi, consenta ai propri eredi di far fronte alle tasse di successione. Occorre anche valutare tutto il proprio patrimonio alla luce di questo eventuale inasprimento delle tasse di successione. Se costituito da soli beni immobili che per di più i figli non useranno interamente forse è meglio ripensare all’eredità che gli si sta lasciando. Potrebbe essere un tantino pesante.
come evitare la tassa di successione
Evitare di pagare le tasse di successione è possibile? Ci sono dei veicoli di ottimizzazione fiscale che non sono attualmente gravati da questo balzello. Sono interessanti soprattutto per quel 30% di ricchezza degli italiani liquida (denaro contante o parcheggiato su conti deposito). O liquidabile (tutto ciò che è quotato in Borsa quindi azioni, fondi, sicav, bond a meno di non essersi cacciati in situazioni limite).
Gli immobili sono oggettivamente un problema a meno di non disporre di patrimoni di diversi milioni di euro.
Tra le varie proposte di banche e intermediari consigliamo come società di consulenza finanziaria indipendente di valutare tre cose:
1) i costi dello strumento proposto: non devono essere tali da annullare il beneficio fiscale. Si pagheranno per diversi anni, quindi una differenza tra i vari strumenti dello zero virgola ha un impatto importante sul patrimonio che poi lasceremo ai nostri eredi;
2) la flessibilità, ovvero mutatis mutandis la possibilità di rivedere le proprie scelte e di adattarle alle nuove situazioni che si sono create. E’ importante quindi non perdere la disponibilità del proprio patrimonio. Alcuni strumenti lo blindano definitivamente o prevedono commissioni di uscita così pesanti da rendere difficile cogliere eventuali opportunità alternative che si sono venute a creare;
3) l’efficienza fiscale di uno strumento è certo un elemento importante per decidere se sottoscriverlo, ma la distruzione di ricchezza che si può avere se il patrimonio non è investito in modo flessibile e attivo può fare molti più danni del beneficio fiscale che caratterizza lo strumento.
Tasse di successione su immobili
Chi fosse interessato a valutare questi aspetti trova naturalmente in SoldiExpert SCF anche la nostra consulenza indipendente su questi argomenti (per maggiori informazioni si veda qui ) grazie all’esperienza maturata sul campo nell’analisi dei migliori veicoli e prodotti finanziari per gestire anche questo tipo di problematiche.
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Per chi preferisce fare da solo il consiglio è di pensare a bocce ferme a quello che lasceremo ai nostri eredi. Il 70% della ricchezza finanziaria degli italiani è composta da beni immobili. Se le tasse di successione dovessero aumentare i nostri eredi pagheranno su questi beni pesanti tasse. E se non lasceremo anche investimenti liquidabili per farvi fronte potremmo creargli qualche problema. Occorre fare quindi una valutazione del proprio patrimonio tra beni immobili e investimenti, calcolare l’impatto delle tasse di successione (prevedendo anche un loro inasprimento). Quindi valutare se il carico di tasse da pagare è sostenibile. E in secondo luogo se i beni che lasceremo ai nostri eredi siano veramente utili alla loro vita o un inutile e costoso fardello. Se proprio si deve morire, meglio almeno lasciare un buon ricordo, no?
ottimizzazione fiscale della successione
Nel caso si andasse verso un inasprimento in Italia delle tasse di successione occorre iniziare a pensare al carico fiscale che potrebbe gravare sui nostri eredi. Con l’obiettivo di capire se sono in grado di pagare queste tasse. In caso contrario valutare di modificare la composizione del proprio patrimonio per potervi fare fronte (meno immobili più investimenti).
A oggi la tassa di successione colpisce tutti i beni del defunto con poche eccezioni fra cui le polizze vita che hanno punti di forza e di debolezza, e sono le somme che un soggetto riceve a seguito della morte dell’assicurato e i titoli di Stato italiani, come BOT, BTP, CTZ e CCT dove lo Stato, evidentemente in conflitto d’interessi, fornisce un pass piuttosto pesante a chi detiene patrimoni mobiliari milionari. E naturalmente questa esenzione concessa ai detentori di titoli di Stato non trova riscontro nei regimi fiscali successori degli altri Paesi dell’Unione Europea.
Ci sono anche i PIR i piani individuali di risparmio ma non li consigliamo come consulenti indipendenti per via dei costi elevati e della scarsa diversificazione del portafoglio che si aggiunge ad altri difetti dei PIR.
pro e contro dell’aumento delle tasse di successione
Chi è favorevole all’aumento della tasse di successione ama citare l’economista francese Piketty e il suo best seller “Il Capitale nel XXI secolo”. Se i ricchi pagano troppo poche tasse vi è il rischio che le disuguaglianze e l’immobilismo sociale aumentino e la società anziché crescere si polarizzi e cristallizzi (per dirla in due parole c’è il rischio che si torni all’800).
Non tutti gli economisti concordano sulla tesi di Piketty che la madre delle disuguaglianze sociali sia la bassa imposizione fiscale sui beni trasferiti per via ereditaria. E abolire le tasse di successione non significa necessariamente rinunciare allo stato sociale. Alcuni paesi del Nord con un welfare molto sviluppato le hanno eliminate nel 2014. Molti si chiedono poi a cosa dovrebbero servire maggiori tasse se devono essere gestite da uno Stato che in questi anni non ha brillato per trasparenza e efficienza nella gestione della cosa pubblica. Se il denaro deve passare da dei ricchi fannulloni a dei poveri fannulloni la tassazione della ricchezza avrebbe partorito un topolino.
Sul tema tasse di successione da tempo al Ministero dell’Economia si susseguono i dossier per studiare una “razionalizzazione del prelievo”. L’obiettivo è fare più gettito soprattutto se le condizioni dei conti pubblici dovessero rendere necessario l’utilizzo anche di questa leva.
Giova però ricordare che finché esisteranno Paesi (soprattutto confinanti) a fiscalità “accomodante” la leva fiscale rischia di agire in modo non proprio chirurgico su chi si vorrebbe colpire. Chi ha maggiori risorse può ricorrere più facilmente a professionisti specializzati nella “pianificazione fiscale e successoria”. La possibilità che si assista a una fuga dei patrimoni o al loro riparo in veicoli fiscali esentasse non è una faccenda da sottovalutare.