I Piani Individuali di Risparmio (PIR) sono dei “contenitori fiscali” che investono la stragrande maggioranza del proprio patrimonio su azioni e obbligazioni di aziende italiane. La particolarità dei PIR è che possono godere di importanti benefici fiscali nel momento in cui l’investitore, trascorso un quinquennio dalla sottoscrizione del prodotto, sia in guadagno.

Trascorsi 5 anni dall’investimento iniziale, se il PIR è in guadagno, l’investitore puo’ venderlo ed è esonerato del pagamento delle tasse sulle plusvalenze realizzate.

 

LA Tassazione delle rendite NEI PIANI INDIVIDUALI DI RISPARMIO

 

In Italia la tassazione del capital gain, ovvero dei guadagni realizzati facendo trading sulle azioni o operando su fondi comuni di investimento o ETF, si porta via il 26% del profitto realizzato su questi investimenti. Ci sono alcuni prodotti finanziari come i PIR, acronimo di Piani Individuali di Risparmio, che godono di una tassazione agevolata se mantenuti per 5 anni, ma espongono l’investitore al rischio di avere un portafoglio eccessivamente concentrato sul mercato domestico.

Può essere PIR compliant, quindi consentire alla fine del quinquennio di non pagare le tasse, un conto corrente dedicato, un fondo comune di investimento, una polizza assicurativa o una gestione patrimoniale.

La forma può cambiare, ma la sostanza deve essere sempre quella: nei Piani Individuali di Risparmio l’investimento prevalente deve essere in società con una stabile organizzazione in Italia.

 

 

Come Investe un PIR?

 

Per godere delle agevolazioni fiscali (esenzione dopo 5 anni dell’imposta sul capital gain), il Piano Individuale di Risparmio deve investire almeno il 70% del patrimonio in azioni o in obbligazioni di aziende italiane quotate o europee con “stabile organizzazione” in Italia, con un limite alla concentrazione pari al 10% massimo su ogni titolo.

Di questo 70% investito su aziende “Made in Italy”, il 30% (quindi il 21% dell’investimento complessivo) deve essere composto da società non presenti nell’indice di Borsa Italiana FTSE MIB 40, che riunisce le aziende più capitalizzate.

Un quinto del patrimonio di un PIR deve essere investito in società che fanno parte del Ftse Italia Mid Cap (composto dalle prime 60 società italiane per capitalizzazione escluse le prime 40) o dello STAR (un indice che raggruppa le società di medie dimensioni con una capitalizzazione inferiore al miliardo di euro) e perfino società non quotate.

Un vincolo che ha lo scopo di far affluire il denaro anche su aziende medio-piccole, ad esempio quelle quotate all’AIM, il mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese.

 

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Durata dei PIANI INDIVIDUALI DI RISPARMIO

 

I Pir sono investimenti a medio termine perché per godere dell’esenzione dell’imposta sul capital gain il risparmiatore deve mantenere l’investimento in un Piano individuale di Risparmio per almeno 5 anni. Se lo interrompe prima perde tutti i benefici fiscali.


Costi e rischi dei Piani Individuali di Risparmio

In base ai primi prodotti PIR lanciati sul mercato, il costo di gestione è di circa l’1,75% annuo e un discreto numero di questi fondi propone anche delle commissioni di ingresso massime del 2% oltre a commissioni di performance.

Il rischio principale dei Piani Individuali di Risparmio è dato dalla concentrazione dell’investimento su un mercato geograficamente limitato come quello italiano e storicamente molto volatile (con violenti sbalzi soprattutto per le azioni al rialzo e al ribasso).

 

Idea di Investimento


La necessità di investire stabilmente almeno il 70% del patrimonio su aziende italiane quotate o europee con “stabile organizzazione” in Italia rende i PIR prodotti pericolosi nelle fasi di discesa del mercato perché il gestore non può diminuire l’esposizione.

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Tutte le principali banche e reti di vendita offrono Piani Individuali di Risparmio sottolineando la convenienza fiscale di questi prodotti finanziari. In realtà il beneficio fiscale offerto da questi prodotti può essere interamente annullato dai costi che ogni anno il sottoscrittore paga come commissioni di gestione se sottoscrive un fondo, una gestione o una polizza assicurativa PIR compliant.

 

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Ci sono stati periodi in cui i PIR avrebbero perso il 70% di quanto investito. Di questo 70%, il 30% (quindi il 21% dell’investimento complessivo) deve essere composto da società non presenti nell’indice di Borsa Italiana FTSE MIB 40, ovvero società che fanno parte del Midex o dello STAR e perfino società non quotate.

Un vincolo che ha lo scopo di far affluire il denaro anche su aziende medio-piccole, ad esempio quelle quotate all’AIM, il mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese.  Su ciascuna società, il PIR non può investire più del 10% del proprio patrimonio.

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