La MIFID2 ha introdotto precisi oneri di rendicontazione in capo a coloro che prestano l’attività di consulenza finanziaria. Il rendiconto costi e oneri con la MIFID 2 è diventato un documento indispensabile da produrre e esibire al cliente. Un cambiamento epocale.
Fino a qualche anno fa il mondo di coloro che venivano all’epoca definiti promotori finanziari vivacchiava tutto sommato tranquillo.
Le spese e le provvigioni sui prodotti finanziari consigliati li conoscevano quasi solo loro e il cliente non aveva una grande visibilità dei costi pagati.
Consulenza finanziaria non era sinonimo di trasparenza. Soprattutto perché il reale calcolo del rendimento depurato dai costi effettivi applicati sui prodotti era fumoso e poco comprensibile ai più. Come pure – in generale – le informazioni fornite ai clienti. Si poteva quindi ben dire per la consulenza finanziaria: rendiconto costi e oneri Mifid 2 questo sconosciuto.
MIFID 2 costi in chiaro
Poi, tra 2018 e 2019, appunto, il ciclone MIFID 2: le normative riscrivono completamente le regole e spazzano via le ragnatele, cercando di ripulire tutti gli angolini polverosi del mondo della consulenza.
Consulenza finanziaria e rendiconto costi e oneri MIFID 2 sono ora strettamente legati e il secondo contiene tutte le informazioni che l’intermediario è obbligato a darvi. Informazioni che devono essere messe nero su bianco e inviate al vostro indirizzo (per posta o per email o nella modalità che avete indicate) e non più tardi della fine del mese di aprile per quanto riguarda l’anno precedente.
Tante le novità della normativa MIFID fra cui quella che i promotori finanziari che lavorano per le banche sono diventati nell’ordinamento italiano “consulenti finanziari autorizzati all’offerta fuori sede” (un nome più lungo no?). Il promotore o consulente indipendente viene invece ora ufficialmente definito “consulente finanziario autonomo”.
CONSULENTI INDIPENDENTI E “FUORI SEDE” ALLA PROVA DEL Rendiconto Mifid
Forse chiamarlo “indipendente” pareva brutto, come dare un giudizio negativo su chi invece offre consulenza non indipendente. E se è autonomo deve essere iscritto all’Albo tenuto e vigilato dall’OCF, che sia una persona fisica o una società (SCF). Finalmente, verrebbe da dire: anche in Italia la consulenza solo a parcella (fee only) diventa un modello riconosciuto.
In questo modo le cose sono più chiare. Gli “autorizzati fuori sede” lavorano per le reti bancarie, cercando di mantenersi in equilibrio su un filo molto sottile e pericolosamente oscillante. Il filo che collega l’interesse dei loro clienti a quello, in costante conflitto col primo, della banca per cui lavorano. Come ammettono molti di loro stessi. E, in fin dei conti, con l’interesse del loro stesso portafoglio.
Sì, perché la banca dei “fuori sede” ha accordi commerciali per la distribuzione ai loro clienti di prodotti finanziari di terzi (da cui riceve una percentuale). Oltre al fatto che la banca stessa emette e colloca inoltre prodotti propri su cui evidentemente qualcosa guadagna. Un ambito molto delicato, quindi.
Perché se pur la normativa – come leggerete – dà regole molto precise, nella consulenza finanziaria fornita da banche e reti esiste il rischio che il rendiconto Mifid relativo alla rendicontazione di costi e oneri sostenuti dai risparmiatori sugli investimenti consigliati non sia presentata in modo chiaro o addirittura non sia nemmeno segnalata. Questo perché con la trasparenza i clienti scoprirebbero i costi vivi sostenuti e magari potrebbero fare dei confronti con servizi concorrenti.
Ma è invece diritto di ogni risparmiatore pretendere questa rendicontazione dettagliata, ed è dovere di ogni banca, rete o consulente fornirla. Consulenti indipendenti e i “fuori sede” alla prova del rendiconto Mifid, quindi.
COSTI E ONERI MIFID2
Per farla breve, la normativa europea nota come Mifid 2 impone a chi fa consulenza finanziaria di fornire ai clienti informazioni estremamente dettagliate. Anzi, più che dettagliate: dirompenti. Infatti, per la consulenza sugli investimenti il rendiconto Mifid 2 è obbligatorio.
Questa novità ha messo in subbuglio le banche, le grandi Sim di gestione e le reti di consulenti, che improvvisamente hanno dovuto mettersi a nudo.
Rivelare i costi nascosti della consulenza sugli investimenti nelle pieghe dei contratti, le percentuali grattate qui e là al cliente attraverso tanti piccoli escamotage sviluppati in decenni di attività, rendere trasparente il modo con cui viene effettuato e comunicato il calcolo rendimento. Tutto nero su bianco nel rendiconto Mifid 2.
E poiché il settore non sarebbe tanto ricco se non galleggiasse su un mare di ricche commissioni, l’obbligo di rendiconto rivela una verità che finora è stato possibile solo immaginare: i clienti forniscono al mercato bancario della consulenza finanziaria margini molto grassi e anche dell’ordine di diversi punti percentuali. Costi annui (quindi ripetuti) che possono diventare esorbitanti e che si scontrano fragorosamente con il cliente tipo italiano che secondo le ricerche dichiara di “non pagare nulla per la consulenza finanziaria ricevuta dalla propria banca”. Il costo è in effetti ben occultato nel costo dei prodotti consigliati (fondi d’investimento, certificati…), ma c’è e anche talvolta molto pesante.
Risparmiatori come mucche da mungere? Non esageriamo. Sicuramente, però, investitori che pagano caro una consulenza investimenti che potrebbero avere spendendo meno e senza scontrarsi con costosi conflitti d’interesse. Se solo leggessero attentamente il rendiconto Mifid 2…
Con la Mifid 2 il vero CALCOLO rendimento degli investimenti diventa chiaro
Per chi fosse appassionato di diritto, le dirompenti norme UE di cui stiamo trattando sono state recepite in Italia nella Parte II, Titolo I, Capo I, Art. 36 del Regolamento Consob 20307/2018 (e successive modifiche) di attuazione del decreto legislativo 58/1998 (Testo Unico della Finanza o TUF) in materia di intermediari. Insomma, con la Mifid 2 il vero rendimento degli investimenti diventa chiaro. Vediamo i punti essenziali.
Le informazioni fornite al cliente dei servizi di consulenza finanziaria, soprattutto per quello che riguarda il tema rendimento investimenti, devono essere “corrette, chiare e non fuorvianti”. Ovvio, forse, ma evidentemente è stato necessario scriverlo. Queste informazioni, poi, devono essere “fornite in tempo utile” e “in forma comprensibile” nel rendiconto costi e oneri.
Devono inoltre “consentire al cliente di comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari che sono loro proposti, nonché i rischi a essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti con cognizione di causa”.
Per questo le informazioni devono dettagliare le strategie proposte, i rischi e il tipo di strumenti proposti. Solo con queste informazioni è possibile arrivare a un calcolo rendimento comprensibile.
INFORMAZIONI SU COSTI E ONERI
L’elemento che però più di tutti interessa i clienti (e, non dimentichiamoci, il più dirompente), è il punto d) del citato articolo 36, relativo a “costi e oneri connessi”.
A questo proposito, le principali informazioni su costi e oneri sono le seguenti:
- dell’eventuale consulenza finanziaria;
- dello strumento finanziario raccomandato o offerto in vendita;
- per il servizio di investimento;
Queste informazioni devono essere presentate almeno in forma aggregata (“per permettere al cliente di conoscere il costo totale e il suo effetto complessivo sul rendimento”), ma devono comunque essere disponibili in forma analitica su richiesta.
Tutto questo deve essere infine comunicato almeno una volta all’anno, in modo da poter seguire con attenzione il rendimento degli investimenti.
Come ti calcolo il rendimento dell’investimento: un’informazione preziosa
A questo punto dovrebbe essere tutto facile, finalmente il cliente scopre come viene fatto il calcolo rendimento dell’investimento e quanto gli costa il servizio di consulenza finanziaria. Quindi analizzando i documenti fornitigli si può regolare: confronta le tariffe, capisce bene se e quanto perde/guadagna e perché.
In realtà, purtroppo, le cose non stanno proprio così. E questo per due ragioni importanti: il frequente disinteresse dei clienti per le informazioni che riceve e le strategie degli intermediari (non lo diciamo noi) per tenere in ombra o cercare di occultare il più possibile i costi reali del servizio di consulenza e l’impatto di questi sul rendimento finale.
Quali costi effettivi e complessivi sostieni nella consulenza finanziaria : un’informazione preziosa, che spesso però non viene comunicata nel modo giusto.
Nel primo caso, accade spesso che il cliente riceva il rendiconto ex post Mifid 2 (cioè su ciò che è stato fatto fino a quel momento dal consulente) e non lo legga o lo legga in modo superficiale. Salvo poi accorgersi solo dopo tempo che, nel calcolo del rendimento, i risultati ottenuti siano decurtati di un 3%, 4% o 5% di oneri, commissioni e spese varie. Indipendentemente dal fatto che i risultati siano positivi o negativi, soggetti all’instabile andamento dei mercati.
A questo proposito, un piccolo esempio per far capire l’importanza dei numeri. Con un capitale investito di 100.000 euro, pagando il 3% di commissioni all’anno come costo del servizio (indipendentemente dal risultato ottenuto), significa che ogni anno si deve pagare all’intermediario 3.000 euro. Che in cinque anni diventano 15.000, in dieci anni 30.000 (quasi il 30% del capitale iniziale!) e così via.
Quindi, effettuando un investimento con obiettivi a dieci anni, sarà necessario considerare che l’investimento stesso deve essere in grado di ripagare questi costi. Altrimenti il capitale, tra oneri e inflazione, evaporerà progressivamente.
SERVE UNA CONSULENZA FINANZIARIA PERIODICA
I rendiconti Mifid relativi al calcolo del rendimento dell’investimento, poi, possono essere presentati attraverso vari sotterfugi, come testimoniato da varie ricerche indipendenti (Politecnico di Milano, Il Sole 24 Ore Plus..), immersi in mille pagine di pubblicità, nascosti in newsletter o spiegati in modi fumosi. Per esempio, non sempre è facile comprendere quanto guadagna l’intermediario dalle retrocessioni che gli arrivano dagli emittenti di prodotti finanziari che vengono proposti ai clienti, e quanto questo impatta sul calcolo del rendimento.
Pratiche abbastanza diffuse, ma che progressivamente le Autorità di Vigilanza si stanno sforzando di eliminare, cercando di sanzionare i comportamento scorretti e poco trasparenti.
L’investitore deve pretendere quanto gli è dovuto in termini di trasparenza (se l’intermediario non lo fa non è un buon segno evidentemente) e se avesse dubbi sul suo rapporto di consulenza con una banca, con una rete di consulenti o con una Sim, quello che potrebbe fare sarebbe richiedere periodicamente una consulenza indipendente una tantum di verifica. In modo da capire se i piani e gli investimenti proposti e il calcolo rendimento (costi esclusi e inclusi) dell’investimento sono davvero trasparenti e in linea con gli obiettivi ipotizzati. In questo caso il consulente indipendente o la SCF può diventare una sorta di “supervisore” dell’intermediario a cui il cliente è abituato ad appoggiarsi. Avere una seconda opinione è sempre utile.


Per approfondire:
Consulenza finanziaria indipendente e non indipendente
Conflitti di interesse e finanza
Rendiconto su costi e oneri Mifid II
Rendiconto sui costi degli investimenti