Consulenza finanziaria: il rendiconto costi e oneri MIFID 2, questo sconosciuto

La normativa europea ha da tempo introdotto l’obbligo di fornire ai clienti un documento completo che sveli costi e oneri della consulenza finanziaria. Un obbligo rispettato a fatica e non sempre in modo trasparente dagli intermediari. Ecco perché è meglio un consulente indipendente

MoneyReport, il blog di SoldiExpert SCF

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Con il rendiconto costi e oneri MIFID 2 introdotto dall’omonima direttiva sono stati definiti precisi oneri di rendicontazione in capo a coloro che prestano l’attività di consulenza finanziaria. Il rendiconto costi e oneri MIFID 2 è diventato un documento indispensabile da produrre ed esibire al cliente. Un cambiamento epocale.

Fino a qualche anno fa il mondo di coloro che venivano all’epoca definiti promotori finanziari vivacchiava tutto sommato tranquillo. Le spese e le provvigioni sui prodotti finanziari consigliati le conoscevano quasi solo loro e il cliente non aveva una grande visibilità dei costi pagati.

Consulenza finanziaria non era sinonimo di trasparenzaSoprattutto perché il reale calcolo del rendimento depurato dai costi effettivi applicati sui prodotti era fumoso e poco comprensibile ai più. Come pure – in generale – le informazioni fornite ai clienti. Si poteva quindi ben dire che, per quanto riguarda la consulenza finanziaria, il rendiconto dei costi e oneri MIFID 2 rimaneva un concetto sconosciuto.

Siamo molto felici che in Italia ci sia finalmente da qualche anno un Albo (quello dell’OCF) che funziona bene e una normativa che regola il settore della consulenza finanziaria. Sulla carta abbiamo moltissime norme sensate e diversi principi dettati dalla normativa europea, la MIFID 2, entrati in vigore già dal gennaio 2018. ​Ma la realtà è più complessa di così.

 

 

MIFID 2 costi in chiaro

 

Poi, tra 2018 e 2019, appunto, il ciclone MIFID 2: le normative riscrivono completamente le regole e spazzano via le ragnatele, cercando di ripulire tutti gli angolini polverosi del mondo della consulenza.

Consulenza finanziaria e rendiconto costi e oneri MIFID 2 sono ora strettamente legati e il secondo contiene tutte le informazioni che l’intermediario è obbligato a darvi. Informazioni che devono essere messe nero su bianco e inviate al vostro indirizzo (per posta o per email o nella modalità che avete indicate) e non più tardi della fine del mese di aprile per quanto riguarda l’anno precedente.

Tante le novità della normativa MIFID fra cui quella che i promotori finanziari che lavorano per le banche sono diventati nell’ordinamento italiano “consulenti finanziari autorizzati all’offerta fuori sede” (un nome più lungo no?). Il consulente indipendente viene invece ora ufficialmente definito “consulente finanziario autonomo”.

 

 

CONSULENTI INDIPENDENTI E “FUORI SEDE” ALLA PROVA

 

Forse chiamarlo “indipendente” pareva brutto, come dare un giudizio negativo su chi invece offre consulenza non indipendente. E se è autonomo deve essere iscritto all’Albo tenuto e vigilato dall’OCF, che sia una persona fisica o una società (SCF). Finalmente, verrebbe da dire: anche in Italia la consulenza solo a parcella (fee only) diventa un modello riconosciuto.

In questo modo le cose sono più chiare. Gli “autorizzati fuori sede” lavorano per le reti bancarie, cercando di mantenersi in equilibrio su un filo molto sottile e pericolosamente oscillante. Il filo che collega l’interesse dei loro clienti a quello, in costante conflitto col primo, della banca per cui lavorano. Come ammettono molti di loro stessi. E, in fin dei conti, con l’interesse del loro stesso portafoglio.

Sì, perché la banca dei “fuori sede” ha accordi commerciali per la distribuzione ai loro clienti di prodotti finanziari di terzi (da cui riceve una percentuale). Oltre al fatto che la banca stessa emette e colloca inoltre prodotti propri su cui evidentemente qualcosa guadagna. Un ambito molto delicato, quindi.

Perché se pur la normativa – come leggerete – dà regole molto precise, nella consulenza finanziaria fornita da banche e reti esiste il rischio che il rendiconto costi e oneri MIFID 2 sostenuti dai risparmiatori sugli investimenti consigliati non sia presentato in modo chiaro o addirittura non sia nemmeno segnalato. Questo perché con la trasparenza i clienti scoprirebbero i costi vivi sostenuti e magari potrebbero fare dei confronti con servizi concorrenti.

Ma è invece diritto di ogni risparmiatore pretendere questa rendicontazione costi e oneri MIFID 2 dettagliata, ed è dovere di ogni banca, rete o consulente fornirla. Consulenti indipendenti e i “fuori sede” alla prova del rendiconto MIFID, quindi.

 

 

COSTI E ONERI MIFID2

 

Per farla breve, la normativa europea nota come MIFID 2 impone a chi fa consulenza finanziaria di fornire ai clienti informazioni estremamente dettagliate. Anzi, più che dettagliate: dirompenti. Infatti, per la consulenza sugli investimenti il rendiconto costi e oneri MIFID 2 è obbligatorio.

Questa novità ha messo in subbuglio le banche, le grandi Sim di gestione e le reti di consulenti, che improvvisamente hanno dovuto mettersi a nudo.

Rivelare i costi nascosti della consulenza sugli investimenti nelle pieghe dei contratti, le percentuali grattate qui e là al cliente attraverso tanti piccoli escamotage sviluppati in decenni di attività, rendere trasparente il modo con cui viene effettuato e comunicato il calcolo del rendimento. Tutto nero su bianco nel rendiconto MIFID  2.

E poiché il settore non sarebbe tanto ricco se non galleggiasse su un mare di ricche commissioni, l’obbligo di rendiconto rivela una verità che finora è stato possibile solo immaginare: i clienti forniscono al mercato bancario della consulenza finanziaria margini molto grassi e anche dell’ordine di diversi punti percentuali.

Costi annui (quindi ripetuti) che possono diventare esorbitanti e che si scontrano fragorosamente con il cliente tipo italiano che secondo le ricerche dichiara di “non pagare nulla per la consulenza finanziaria ricevuta dalla propria banca”. Il costo è in effetti ben occultato nel costo dei prodotti consigliati (fondi d’investimento, certificati…), ma c’è e anche talvolta molto pesante.

Risparmiatori come mucche da mungere? Non esageriamo. Sicuramente, però, investitori che pagano caro una consulenza investimenti che potrebbero avere spendendo meno e senza scontrarsi con costosi conflitti d’interesse. Se solo leggessero attentamente il rendiconto costi e oneri MIFID 2…

 

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Le informazioni diventano chiare nel rendiconto costi e oneri MIFID 2

 

Per chi fosse appassionato di diritto, le dirompenti norme UE di cui stiamo trattando sono state recepite in Italia nella Parte II, Titolo I, Capo I, Art. 36 del Regolamento Consob 20307/2018 (e successive modifiche) di attuazione del decreto legislativo 58/1998 (Testo Unico della Finanza o TUF) in materia di intermediari. Insomma, con il rendimento costo e oneri Mifid 2 dovuto all’omonima direttiva il vero rendimento degli investimenti diventa chiaro. Vediamo i punti essenziali.

Le informazioni fornite al cliente dei servizi di consulenza finanziaria, soprattutto per quello che riguarda il tema rendimento investimenti, devono essere “corrette, chiare e non fuorvianti”. Ovvio, forse, ma evidentemente è stato necessario scriverlo. Le informazioni fornite al cliente, poi, devono essere “fornite in tempo utile” e “in forma comprensibile” nel rendiconto costi e oneri MIFID 2.

Devono inoltre “consentire al cliente di comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari che sono loro proposti, nonché i rischi a essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti con cognizione di causa”.

Per questo le informazioni devono dettagliare le strategie proposte, i rischi e il tipo di strumenti proposti. Solo con queste informazioni è possibile arrivare a un calcolo rendimento comprensibile.

 

 

COSTI E ONERI MIFID 2: le principali informazioni

 

L’elemento che però più di tutti interessa i clienti (e, non dimentichiamoci, il più dirompente), è il punto d) del citato articolo 36, relativo a “costi e oneri connessi”.
A questo proposito, le principali informazioni nel rendiconto costi e oneri MIFID riguardano l‘eventuale consulenza finanziaria, lo strumento finanziario raccomandato o offerto in vendita e il servizio di investimento.

Queste informazioni devono essere presentate almeno in forma aggregata (“per permettere al cliente di conoscere il costo totale e il suo effetto complessivo sul rendimento”), ma devono comunque essere disponibili in forma analitica su richiesta.

Il rendiconto costo e oneri MIFID 2 deve essere infine comunicato almeno una volta all’anno, in modo da poter seguire con attenzione il rendimento degli investimenti.

 

Il calcolo del rendimento nel rendiconto costo e oneri MIFID 2

 

A questo punto dovrebbe essere tutto facile: tramite il rendiconto costi e oneri MIFID 2 il cliente finalmente scopre come viene fatto il calcolo rendimento dell’investimento e quanto gli costa il servizio di consulenza finanziaria. Quindi analizzando i documenti fornitigli si può regolare: confronta le tariffe, capisce bene se e quanto perde/guadagna e perché.

In realtà, purtroppo, le cose non stanno proprio così. E questo per due ragioni importanti: il frequente disinteresse dei clienti per le informazioni che riceve e le strategie degli intermediari (non lo diciamo noi) per tenere in ombra o cercare di occultare il più possibile i costi reali del servizio di consulenza e l’impatto di questi sul rendimento finale.

 

Monitorare i costi e oneri MIFID 2: un’esempio pratico

 

Accade spesso che il cliente riceva il rendiconto costi e oneri Mifid 2  ex post (cioè su ciò che è stato fatto fino a quel momento dal consulente) e non lo legga o lo legga in modo superficiale. Salvo poi accorgersi solo dopo tempo che, nel calcolo del rendimento, i risultati ottenuti siano decurtati di un 3%, 4% o 5% di oneri, commissioni e spese varie. Indipendentemente dal fatto che i risultati siano positivi o negativi, soggetti all’instabile andamento dei mercati.

A questo proposito, un piccolo esempio per far capire l’importanza dei numeri. Con un capitale investito di 100.000 euro, pagando il 3% di commissioni all’anno come costo del servizio (indipendentemente dal risultato ottenuto), significa che ogni anno si deve pagare all’intermediario 3.000 euro. Che in cinque anni diventano 15.000, in dieci anni 30.000 (quasi il 30% del capitale iniziale!) e così via.

Quindi, effettuando un investimento con obiettivi a dieci anni, sarà necessario considerare che l’investimento stesso deve essere in grado di ripagare questi costi. Altrimenti il capitale, tra oneri e inflazione, evaporerà progressivamente.

 

 

Le pressioni commerciali Persistono

 

I principali sindacati bancari (Fabi, First Cisl, Cgil, Uilca e Unisin) continuano a denunciare le pressioni commerciali sui dipendenti bancari, evidenziando la priorità delle aziende nel focus sui collocamenti.

Diverse banche proclamano la centralità del cliente quale elemento fondante ed essenziale. Nei fatti continuano però ad agire seguendo strategie improntate in maniera determinante alla centralità del profitto” hanno più volte in questi anni denunciato quelli della Fabi, la Federazione Autonoma dei Bancari Italiani, il principale sindacato bancario in Europa.

I prodotti più venduti da banche e reti fra quelli del cosiddetto risparmio gestito? Fondi d’investimento (sempre più spesso nella formula “target”, ovvero a scadenza), certificati d’investimento, polizze assicurative finanziarie unit linked composte come sottostanti magari da fondi di fondi (e ancora di fondi in alcuni casi), fondi pensione assicurativi (PIP)…

Sono questi i prodotti o strumenti più convenienti per chi li colloca, ma ben difficilmente (rispetto ad altri strumenti comparabili) per chi li sottoscrive. Sono infatti i prodotti che pagano ai collocatori le provvigioni più elevate e non vi è alcuna equazione “più costa, più rende” come è ampiamente riconosciuto quando si parla di strumenti finanziari in base alle evidenze empiriche (e non alle parole in libertà). Un 2% in più di costi all’anno in 35 anni si mangiano oltre la metà del patrimonio di partenza.

 

 

Consulenza Finanziaria: Trasparenza Necessaria

 

C’è purtroppo un’ampia serie di soggetti finanziari come emerge da diverse ricerche indipendenti e “mistery shopper” che cerca di  tenere celati ai clienti tutta una serie di costi che gravano sul patrimonio dell’investitore, senza che questi riceva in cambio alcun beneficio. E questi costi spesso servono a remunerare soprattutto la catena distributiva, ovvero di vendita.

A un risparmiatore, un vero consulente finanziario (e non un venditore che si presenta come consulente) dovrebbe presentare diverse proposte e confronti e che comprendano anche strumenti e prodotti meno costosi e più efficienti. ​

Questo non succede quasi mai (tranne che per un pugno di consulenti finanziari che lavorano per banche e reti e che hanno scelto senza compromessi di puntare esclusivamente alla sola consulenza a parcella e che spesso sono ostacolati e visti di male occhio), perchè il sistema basato sulle provvigioni e gli incentivi (“inducement” in inglese) è quello che fa più ricchi di tutti… tranne il sottoscrittore. ​

 

 Il conflitto d’interessi regna spesso sovrano

 

Il conflitto di interessi nel settore finanziario è ancora una realtà, nonostante la normativa europea che cerca di limitarlo come fatto con il rendiconto costi e oneri MIFID 2. Le pressioni commerciali e la mancanza di trasparenza sono evidenti, e molte proposte per migliorare la situazione sono state vanificate dagli interessi delle banche e delle reti di vendita.

Lo scorso anno e mezzo la commissaria dell’Unione Europea per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness, aveva proposto di dare “una scossa al sistema”, arrivando addirittura a proporre di vietare gli incentivi o commissioni che le banche pagano ai consulenti finanziari per la vendita dei loro prodotti.

La proposta della McGuinness nonostante queste motivazioni non è evidentemente piaciuta a banche, assicurazioni e reti di vendita di prodotti finanziari. Anche se inizialmente la proposta di vietare gli incentivi per la vendita di prodotti finanziari sembrava promettente, è stata ulteriormente “annacquata” dal Parlamento europeo che ha deciso di optare per un pacchetto più “light” rendendola inefficace.

Ora, con l’arrivo della Retail Investment Strategy (RIS) alla prossima assemblea plenaria del Parlamento UE fissata per il prossimo lunedì 22 aprile, sorgono anche dubbi legittimi sulla fattibilità della sua approvazione entro la fine dell’attuale mandato, soprattutto considerando il muro quasi inespugnabile eretto da banche, fondi, assicurazioni, e il loro potere letterale di dettare legge anche al Parlamento convincendo parlamentari di tutti gli schieramenti a sposare le loro tesi. ​

 

 I resoconti costi e oneri MIFID 2 ex ante ed ex post

 

La trasparenza sui costi e gli oneri MIFID 2 nel settore finanziario è ancora una chimera, nonostante le normative che cercano di imporla.

Molte banche e reti di consulenza tardano ad inviare resoconti dettagliati ai clienti, violando i termini stabiliti dalle direttive europee. Lo testimonia anche l’ultima inchiesta pubblicata su Plus-24 Ore del Sole 24 Ore di sabato 13 aprile che illustra le criticità ancora presenti nella comunicazione dei costi e oneri d’investimento agli utenti da parte degli intermediari finanziari.

Anche quando questi resoconti costi e oneri MIFID 2 vengono forniti, sono spesso complessi e nascosti tra documenti di lunghezza eccessiva, rendendo difficile per i risparmiatori comprendere i costi effettivi.

Inoltre, alcuni intermediari potrebbero non conteggiare chiaramente tutti i costi e oneri MIFID 2 o omettere di indicare il loro impatto sul rendimento finale, violando le normative vigenti.

Questa mancanza di trasparenza non solo danneggia i risparmiatori, ma crea anche un ambiente di concorrenza sleale tra gli operatori del settore.

 

 

SERVE UNA CONSULENZA FINANZIARIA indipendente

 

I rendiconti costi e oneri MIFID 2 relativi al calcolo del rendimento dell’investimento, poi, possono essere presentati attraverso vari sotterfugi, come testimoniato da varie ricerche indipendenti (Politecnico di Milano, Il Sole 24 Ore Plus..), immersi in mille pagine di pubblicità, nascosti in newsletter o spiegati in modi fumosi. Per esempio, non sempre è facile comprendere quanto guadagna l’intermediario dalle retrocessioni che gli arrivano dagli emittenti di prodotti finanziari che vengono proposti ai clienti, e quanto questo impatta sul calcolo del rendimento.

Pratiche abbastanza diffuse, ma che progressivamente le Autorità di Vigilanza si stanno sforzando di eliminare, cercando di sanzionare i comportamento scorretti e poco trasparenti.

Noi di SoldiExpert SCF ci siamo distinti come una delle prime Società di Consulenza Finanziaria indipendente in Italia da oltre 23 anni, credendo nella Rete e nella vera consulenza patrimoniale venendo remunerati esclusivamente tramite parcella e offrendo consulenze dirette e prive di conflitto d’interesse agli investitori.

L’investitore deve pretendere quanto gli è dovuto in termini di trasparenza (se l’intermediario non lo fa non è un buon segno evidentemente) e se avesse dubbi sul suo rapporto di consulenza con una banca, con una rete di consulenti o con una Sim, quello che potrebbe fare sarebbe prenotare una consulenza gratuita di 30 minuti in modo da capire se i piani e gli investimenti proposti e il calcolo rendimento (costi esclusi e inclusi) dell’investimento sono davvero trasparenti e in linea con gli obiettivi ipotizzati.

In questo caso il consulente indipendente o la SCF può diventare una sorta di “supervisore” dell’intermediario a cui il cliente è abituato ad appoggiarsi. Avere una seconda opinione è sempre utile.

 

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