I piani individuali di risparmio
Definizione di piani individuali di risparmio
I piani individuali di risparmio (PIR) sono strumenti introdotti in Italia nel 2017 per incentivare l’investimento nell’economia nazionale. Offrono vantaggi fiscali a chi investe in strumenti finanziari legati a imprese italiane, in particolare piccole e medie imprese (PMI), a fronte di alcuni vincoli.
Il beneficio principale è l’esenzione da imposte su capital gain e successione, a condizione che l’investimento sia mantenuto per almeno cinque anni.
In teoria, un’opportunità per i risparmiatori. Nella pratica, però, il bilancio è meno entusiasmante. i vantaggi esistono, ma sono accompagnati da costi elevati, vincoli rigidi e rendimenti spesso deludenti. Citando un famoso film, esiste tra i PIR: il buono, il brutto e il cattivo.
La funzione dei Piani individuali di risparmio
I PIR si presentano come “contenitori fiscali” che convogliano risorse verso il sistema produttivo italiano. Per ottenere le agevolazioni, il 70% del portafoglio dei piani individuali di risparmio deve essere investito in strumenti emessi da aziende italiane, di cui almeno il 25% in PMI quotate su mercati come l’Euronext Growth Milan.
Questa impostazione li rende strumenti mirati, ma anche strutturalmente poco diversificati rispetto a un portafoglio globale.
Piani individuali di risparmio: Requisiti e limiti
I PIR prevedono:
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una durata minima di 5 anni per beneficiare della fiscalità agevolata;
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un limite massimo annuo di 40.000 euro (fino a un massimo totale di 200.000 euro);
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l’obbligo di rispettare vincoli sulla composizione geografica e settoriale del portafoglio.
I piani individuali di risparmio sono quindi adatti a chi può vincolare il capitale per diversi anni e desidera investire principalmente sull’Italia.
Costi e criticità
Molti piani individuali di risparmio distribuiti da banche e SGR presentano costi di gestione elevati, spesso superiori al 2% annuo. In alcuni casi, si sommano ulteriori oneri poco visibili, come le commissioni di ingresso, di uscita o di performance.
Nel tempo, questi costi possono erodere gran parte dei vantaggi fiscali, rendendo l’investimento meno conveniente rispetto ad alternative più efficienti, come gli ETF.
Con i fondi PIR si fa un regalo a banche e reti: in 5 anni un fondo PIR medio può mangiare fino al 14% del capitale in costi, vanificando in gran parte il beneficio fiscale.
Inoltre, molti piani individuali di risparmio sono investiti in fondi multi-asset poco trasparenti, con performance inferiori al mercato. Tra le delusioni, Mediolanum Flessibile Sviluppo Italia tra i peggiori PIR.
Diversificazione e rischio Paese
Il vincolo di concentrazione sull’Italia comporta un’esposizione maggiore al cosiddetto “rischio Paese”. Inoltre, la presenza obbligatoria di PMI può aumentare la volatilità e ridurre la liquidità del portafoglio.
Per chi cerca una strategia globale, i PIR risultano quindi limitati e poco flessibili, anche se fiscalmente agevolati.
Cosa trovi in questa sezione
In questa sezione raccogliamo articoli, analisi e confronti sui piani individuali di risparmio: come funzionano, quali sono i costi, in quali casi possono essere utili e quando invece conviene valutare strumenti alternativi.
La guida critica ai fondi PIR spiega come in Italia non sia possibile creare piani individuali di risparmio fai-da-te con ETF a basso costo, come avviene in altri Paesi. Il risparmiatore è quindi costretto a scegliere tra i prodotti confezionati dalle SGR, con poca trasparenza e margini alti per chi li vende.
Se stai pensando di investire in un PIR, o se ne hai già sottoscritti e vuoi capire se sono davvero vantaggiosi per te, qui trovi contenuti pensati per aiutarti a decidere con maggiore consapevolezza.