Private equity

Private equity è un’espressione che indica l’attività di investimento in azioni di aziende non quotate da parte di società finanziarie specializzate, che operano per accompagnarne la crescita o l’eventuale quotazione in Borsa. Fondi come questi raggruppano un ampio spettro di operazioni e aziende di tutte le taglie.

Offerto sempre più spesso anche a investitori retail attraverso fondi proposti dalle reti bancarie o di private banking, il private equity viene presentato come un’alternativa “intelligente” al mercato azionario: rendimento superiore, accesso a società non quotate, e meno correlazione con gli indici di Borsa.

Ma dietro questa narrazione si celano una lunga serie di rischi, vincoli, costi e mancanza di trasparenza. Per chi sta valutando un servizio di private equity: ecco le cose che devi sapere prima di investire.

Cosa significa davvero investire in private equity

Il private equity consiste nell’investire in società non quotate, solitamente attraverso fondi chiusi che raccolgono capitali da investitori istituzionali e privati.

L’obiettivo dichiarato è quello di generare rendimenti superiori nel lungo periodo, grazie a una gestione attiva e a un’attenta selezione delle aziende target.

Tuttavia, questi fondi sono spesso illiquidi, con orizzonti temporali di 7-10 anni e con la possibilità che il capitale resti bloccato anche più a lungo se non si riesce a vendere le partecipazioni. Investire in private equity vuol dire quindi legarsi mani e piedi a un veicolo opaco, sperando che la gestione produca risultati concreti.

Costi elevati, trasparenza scarsa e tanti conflitti di interesse

Uno degli aspetti più problematici per chi decide di investire in private equity riguarda i costi: oltre alle commissioni di ingresso, spesso i fondi prevedono fee di gestione annua e commissioni di performance molto elevate.

In alcuni casi, come spiegato nel nostro articolo, l’impatto cumulato dei costi può ridurre il rendimento netto anche del 40-70% nel lungo periodo. Ma non è solo una questione di spese.

La scarsa trasparenza sulle valutazioni e l’uso di stime arbitrarie su asset non quotati rendono difficile per l’investitore capire quanto valgono davvero le partecipazioni in portafoglio. In un settore dove il conflitto di interesse tra chi propone il prodotto e chi lo sottoscrive è forte e poco regolamentato, la cautela è d’obbligo.

Il contesto attuale del private equity: tassi in rialzo e raccolta in calo

Nonostante la narrazione di molti soggetti interessati, il momento per investire in private equity non è dei più favorevoli.

Con l’aumento dei tassi d’interesse, i costi di finanziamento per le operazioni di leveraged buyout sono saliti, riducendo la redditività degli investimenti in private equity.

Questo ha portato a un aumento dell’utilizzo di “fondi di continuazione”, una tecnica per spostare asset invenduti da un fondo all’altro, spesso senza reali plusvalenze.

Tutti segnali che indicano come oggi il private equity sia più un business per chi lo gestisce sia per chi vi investe.

Fondi di private equity: rischio alto, utilità discutibile

Molti fondi proposti al pubblico retail, come quelli delle reti bancarie o delle SGR italiane, hanno promesso rendimenti elevati con la scusa della diversificazione. Ma nella realtà, spesso questi prodotti non hanno generato i risultati attesi, mentre i costi restano.

I fondi di private equity sono il nuovo (vecchio) sogno a caro prezzo da vendere ai risparmiatori. Infatti alcuni fondi chiusi del passato di questa tipologia sono stati addirittura ritirati o hanno mostrato rendimenti deludenti.

Anche i cosiddetti “fondi di fondi” aumentano i costi per l’investitore, sommando le spese del fondo di partenza a quelle dei fondi target in cui investono. Investire in private equity attraverso questi strumenti richiede dunque un’attenta valutazione, specialmente se il patrimonio personale è limitato o si ha bisogno di mantenere un certo grado di liquidabilità.

L’alternativa degli ETF: più trasparenza, liquidità e meno costi

Per chi volesse comunque esporsi al private equity ma con strumenti più trasparenti e liquidabili, gli ETF tematici rappresentano una valida alternativa.

Questi fondi replicano indici composti da società quotate che operano nel settore del private equity, come Blackstone, KKR o Partners Group.

Offrono esposizione indiretta al comparto con vantaggi non trascurabili: bassi costi di gestione, quotazione in Borsa e possibilità di disinvestire in qualsiasi momento. È chiaro che anche qui il rischio non manca, ma per molti investitori può essere un modo più efficiente e meno vincolante di investire in private equity.

Investire in private equity conviene?

In definitiva, investire in private equity può sembrare una scelta “intelligente” per chi cerca rendimenti decorrelati dai mercati tradizionali.

Ma i vincoli di uscita, la scarsa trasparenza, i conflitti d’interesse e i costi elevati rendono questa opzione adatta solo a una piccola fascia di investitori molto esperti e con una disponibilità patrimoniale ampia.

Prima di impegnarsi in questi strumenti, è essenziale conoscere bene il funzionamento dei fondi e farsi affiancare da un consulente che non abbia interessi nel loro collocamento.

Vuoi capire se conviene davvero investire in private equity nel tuo caso? Richiedi una consulenza indipendente personalizzata.