Investire in certificati significa mettere il proprio capitale in prodotti finanziari complessi, il cui comportamento non è facile da prevedere e che hanno costi all’emissione molto alti.
I certificati sono strumenti derivati strutturati, emessi da banche o intermediari finanziari, che combinano asset tradizionali con opzioni o derivati.
L’illusione di ottenere alti rendimenti con rischi contenuti è spesso smentita dai fatti. Investire in certificati ha pochi pregi e molti svantaggi. Ecco cosa bisogna valutare davvero prima di decidere di investirci.
Investire in certificati: non tutti offrono le stesse garanzie
Uno degli aspetti più critici da valutare quando si decide di investire in certificati riguarda il livello di protezione del capitale offerto.
Si può scegliere tra certificati a capitale garantito, certificati a protezione condizionata e certificati privi di qualsiasi tutela.
In pratica, solo i primi offrono una forma di sicurezza reale, perché promettono il rimborso dell’intero capitale a scadenza indipendentemente dall’andamento del sottostante. Tuttavia, si tratta di prodotti molto costosi e dai rendimenti spesso modesti.
I certificati a capitale condizionatamente protetto, invece, sono i più insidiosi perché fanno leva sull’illusione della sicurezza: la protezione dipende dal mancato superamento di una determinata soglia di prezzo (la cosiddetta barriera), che se violata annulla ogni tutela e può comportare perdite rilevanti.
Peggio ancora i certificati non protetti, vere e proprie scommesse su scenari di mercato favorevoli, del tutto assimilabili al rischio azionario ma senza i benefici di trasparenza, liquidità e dividend yield tipici delle azioni stesse.
Perchè molti risparmiatori scelgono di investire in certificati con Cedole generose?
Tra i prodotti più pubblicizzati oggi ci sono i certificati con cedola: strumenti che promettono flussi periodici, mensili o trimestrali, in grado di garantire entrate regolari anche in scenari di mercato poco favorevoli.
È facile capire perché siano così gettonati: chi ha vissuto anni di tassi a zero o chi è in cerca di rendimenti stabili pensa che investire in certificati con cedola sia una soluzione apparentemente ideale.
Tuttavia, il problema non sta nella cedola in sé, ma nel prezzo da pagare per ottenerla. In molti casi, infatti, si tratta di strumenti a capitale condizionatamente protetto: se il sottostante supera in negativo la soglia barriera, non solo si perde la cedola, ma si subisce anche una perdita sul capitale investito.
Insomma, si rischia di comprare una rendita apparente a fronte di una perdita concreta, come comprare un certificato con cedola del 30% e perdere il 30%.
L’aspetto fiscale dell’investire in certificati: minusvalenze, compensazioni e cedole “utili”
Uno dei motivi per cui molti investitori decidono di investire in certificati riguarda la fiscalità. Infatti, alcune tipologie di certificati – in particolare quelli con cedole condizionate – rientrano nella categoria dei “redditi diversi”, il che consente di compensare le minusvalenze pregresse.
Questo aspetto è particolarmente interessante in una pianificazione fiscale attenta, ma anche qui serve prudenza: le cedole incondizionate, invece, non sono compensabili e rientrano nei “redditi da capitale”.
La distinzione non è solo tecnica ma ha un impatto reale sul rendimento netto ottenuto. Ecco perché prima di investire in certificati a scopo fiscale è importante leggere con attenzione il prospetto e il KID. Per approfondire puoi scaricare la nostra Guida gratuita Salvafisco.
Cash Collect e Express: strutture sofisticate e vantaggi solo apparenti
Tra le strutture più diffuse troviamo i certificati Cash Collect, costosi e asimmetrici, e i certificati Express, dove il rischio non è percepito facilmente.
Entrambi appartengono alla categoria dei prodotti a capitale condizionatamente protetto e sono pensati per offrire cedole regolari e, in certi casi, la possibilità di rimborso anticipato.
Tuttavia, dietro queste promesse si celano condizioni complesse, come la presenza di tre differenti livelli di barriera (premio, autocall e protezione del capitale) che devono essere costantemente monitorati.
La logica di funzionamento di questi strumenti è tanto sofisticata quanto delicata: per esempio, basta che il sottostante scenda sotto la barriera premio in una singola data di rilevazione perché venga annullata la cedola, oppure che venga attivata l’autocall per chiudere anticipatamente il contratto, magari quando il certificato sta per diventare davvero interessante.
Investire in certificati a leva: guadagni moltiplicati… o perdite fulminanti
Esistono poi i certificati a leva: ecco come bruciare velocemente i propri risparmi!
Sono strumenti pensati esclusivamente per i professionisti del trading.
Investire in certificati a leva vuol dire investire in prodotti che amplificano i movimenti del sottostante secondo un moltiplicatore fisso o variabile (ad esempio 3x o 5x), trasformando piccole oscillazioni in guadagni o perdite considerevoli.
Sono strumenti da maneggiare con estrema cautela, perché basta una fluttuazione negativa per bruciare in poche ore il capitale investito.
Chi sceglie di investire in certificati a leva senza piena consapevolezza si espone a rischi elevatissimi, spesso sottovalutati nei materiali promozionali. La promessa di profitti illimitati con perdite “limitate” è più una trovata di marketing che una reale tutela.
Investire in certificati conviene davvero?
Dall’analisi emerge un quadro complesso: investire in certificati non è per tutti. Si tratta di strumenti che possono avere senso solo in casi ben selezionati e per obiettivi molto specifici, come la compensazione fiscale o la costruzione di strategie di rendimento in contesti di mercato laterali.
Tuttavia, i costi impliciti, la scarsa liquidità nei mercati secondari, la difficoltà di valutare correttamente le barriere e le reali probabilità di incasso delle cedole rendono questi prodotti difficilmente raccomandabili alla maggior parte dei risparmiatori.
Chi decide di investire in certificati dovrebbe farlo solo dopo un’attenta valutazione e possibilmente con il supporto di un consulente indipendente che non abbia alcun interesse nel collocarli.
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